LE PARABOLE DI GESU':
   I DUE DEBITORI

Luca pone questa parabola in un’occasione ben precisa: Gesù si trova a mensa, invitato da un fariseo di nome Simone. «Ed ecco che una donna, una peccatrice di quella città, saputo che Gesù si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo, stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato pensò tra sé: “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice”» (Luca 7,37-40).

Un episodio dei tanti, narrati nei Vangeli, che ci fanno vedere la misericordia di Gesù verso i peccatori e le peccatrici che si pentono e, per contrasto, la presunzione dei farisei che condannano volentieri gli altri ritenendo giusti solo se stessi, e quindi fanno gli scandalizzati verso Gesù; anzi, arrivano a beffeggiarlo, accusandolo (come in questo caso) di non saper distinguere i giusti dai peccatori.
Ma l’episodio non si riduce solo al giudizio nei riguardi di Gesù che “non conosce” la peccatrice. E proprio qui che Gesù dimostra di conoscere le intenzioni dei cuori. In fin dei conti, il fariseo ha invitato Gesù – probabilmente – solo per giudicarlo; ed è su questa posizione presuntuosa che Gesù fissa l’attenzione, al punto che si mette dalla parte della peccatrice per evidenziare il suo sincero pentimento e per far notare la non rettitudine del fariseo che lo aveva invitato.

Difatti, dopo avere narrato la parabola (che esamineremo tra poco), Gesù fa notare come l’atteggiamento della peccatrice fosse più sincero e generoso di quello del fariseo che lo aveva invitato. Passiamo perciò subito al commento di Gesù, e poi approfondiremo la parabola. Dice Gesù al fariseo (di nome Simone): «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per lavarmi i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai versato il profumo sul capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo ti dico: i suoi molti peccati sono perdonati, perché ha molto amato. Invece, colui al quale si perdona poco ama poco» (Luca 7,44-47).

Amare di più

Ho preferito descrivere prima, quasi per intero, l’episodio, perché apparisse subito con chiarezza il clima, l’ambiente, nel quale Gesù ha narrato la parabola. Vediamo una peccatrice pentita che non si vergogna di buttarsi ai piedi di Gesù per ottenere il suo perdono; non si vergogna di manifestare il suo pentimento (e quindi di riconoscere le proprie colpe) di fronte ai farisei che, certamente, l’avrebbero giudicata. E, per questo, Gesù non solo la perdona, dicendole: «La tua fede ti ha salvata, va’ in pace!» (Luca 7,50), ma offre a tutti noi un esempio, uno stimolo: a metterci dalla parte dei peccatori per aiutarli a pentirsi e per offrire loro la gioia del perdono.

Veniamo dunque alla parabola, in modo da comprenderne il significato più in profondità. Essa è molto breve, potremmo quasi ridurla a un semplice “caso di coscienza”; eppure ha una verità così profonda e importante, che ci è bene evidenziare. Ecco il breve racconto: «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?» (Luca 7,41-42).

È una parabola che non termina con una conclusione ma con una domanda; ci offre però un insegnamento molto profondo e che fa bene a tutti noi, sia a chi legge sia a chi scrive.
Nell’episodio narrato da Luca, chi ha dimostrato di amare di più è stata certamente la peccatrice, al contrario del fariseo (Simone) che lo aveva invitato e che molto probabilmente non era nemmeno in grado di accorgersi del suo grave peccato di orgoglio e di presunzione, della sua tendenza innata a giudicare tutti e tutto, perfino il Maestro divino. Difatti, Simone dà la risposta giusta, affermando che chi ha avuto condonato un debito maggiore aveva il motivo per amare di più, essere più riconoscente.
Il sugo della parabola, infatti, è tutto qui: noi creature umane siamo tutti (nessuno escluso) bisognosi di perdono, siamo tutti nella condizione di dover riconoscere i nostri peccati, le nostre colpe, le nostre cattive tendenze; per di più, siamo chiamati a pentircene, a invocare il perdono di Dio, ad apprezzare questo suo perdono e a fare festa con lui!

Bisognosi di perdono

Approfondiamo questa riflessione, perché ci fa bene. Intanto, come giudichiamo, di solito, le nostre azioni? Forse siamo inclini a darci sempre ragione, a evidenziare le apparenze a nostro vantaggio; ma fin dove sappiamo giudicare il nostro cuore? Sappiamo interrogarlo, per vedere se e fin dove è conforme al Cuore di Cristo? Non ci succede forse di fermarci all’apparenza esterna? E come accettiamo di essere giudicati? Sappiamo, come la peccatrice, affrontare anche i giudizi del prossimo senza vergognarci, pur di essere schietti e pentiti con Gesù e ottenere l’abbondanza del suo perdono? Insomma, diamo più importanza a quello che dice la gente, o diamo più importanza (come ha fatto la peccatrice) al perdono di Gesù?

Ancora: come giudichiamo, come quantifichiamo il nostro debito? Cioè: con che occhio vediamo e giudichiamo le nostre azioni? Non siamo forse inclini a giustificarci? Ci lasciamo giudicare da Gesù e dal suo Vangelo? Quando Gesù ci giudica, ci aiuta anche a pentirci e a invocare il suo perdono! Ma noi, questo perdono lo cerchiamo sempre, con umiltà e volontà di convertirci? Il debito della parabola (cinquanta e cento denari) è ben poca cosa, a confronto dei debiti contratti con i nostri peccati!
Non dovremmo, invice, aiutarci vicendevolmente a pentirci, a convertirci, a unirci per invocare, tutti insieme, il perdono di Cristo? Che stupenda comunità cristiana sarebbe, se tutti noi suoi membri, sacerdoti in testa, ci mettessimo d’accordo per non giudicarci e condannarci, ma per umiliarci davanti a Gesù e offrirgli il dono delle lacrime e la gioia di profumarlo con le nostre preghiere e baciarlo con il nostro amore...

Invocare il perdono

Ancora una parola sui nostri debiti verso il Signore. Ci abituiamo – di solito – a riconoscerci peccatori, ma lo facciamo troppo per abitudine. Sappiamo di esserlo, ma fino a che punto cerchiamo di migliorarci? Non, certo, per apparire più giusti di fronte al prossimo, ma per la gioia – e il desiderio – di fare contento Gesù. Egli ci ha parlato chiaro. Ha detto: «Siate perfetti come il Padre vostro che è nei cieli» (Matteo 5,48). Siamo d’accordo: non giungeremo mai ad essere perfetti come Dio Padre; ma Gesù, con quella espressione, ha voluto dirci di non accontentarci mai del grado di virtù a cui siamo arrivati, bensì di continuare a impegnarci per crescere nel suo amore.

Ha anche detto: «Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso» (Luca 6,36). Cioè, Gesù vuole che noi ci associamo addirittura al Suo Padre Celeste nell’usare misericordia: se proviamo una grande gioia quando ci sentiamo perdonati (come la peccatrice), una gioia ancora maggiore proveremo quando ci uniremo a Gesù nel perdonare il nostro prossimo! Quante persone arrivano a dire: “Perdono, ma non dimentico”, oppure: “Non riesco a perdonare”. Ebbene, in questi casi uniamoci a Gesù nel perdonare, proviamo a essere un tutt’uno con Lui che dalla Croce ha invocato il perdono su tutti noi! E così ci sentiremo perdonati, provando in più la gioia di “perdonare con Gesù” i nostri fratelli!
                                                                  
Don Rodolfo Reviglio


 IMMAGINI:
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© Elledici / G. Schnoor / Quando siamo sinceramente pentiti, Gesù si mette dalla nostra parte e ci aiuta a vivere il rinnovamento della nostra vita nel Suo Spirito..


      RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 1
    
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