TESTIMONIANZE:
   
 BABELE NON E' LA NOSTRA CITTA'

In questi ultimi tempi sono stata colpita dall’annunzio di un nuovo film che esce in Francia. Un regista, però non chiedetemi il nome perché non lo ricordo, cerca di farci prendere coscienza di quel grande e doloroso mistero che è la Torre di Babele.

Questo pensiero per un po’ di tempo non mi ha più lasciato! È certo che tutti gli uomini sono diversi, geneticamente prima, poi per il luogo dove sono nati, inoltre per la cultura del posto e soprattutto la lingua che è uno dei legami più importanti, infine per la religione e l’educazione ricevuta.
Insomma la difficoltà a vivere insieme cresce con la distanza territoriale che esiste tra gli uomini! Almeno, così sembrerebbe.

Nel racconto della Torre di Babele si tratta di uomini che “volevano farsi un nome per non disperdersi su tutta la terra”. “Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima tocchi il cielo!”.
L’ambizione dell’uomo è di costruire qualche cosa che tocca il cielo, e così farsi un nome! Toccare il cielo con le proprie forze. Aprirsi una via di salvezza con le proprie mani. Ma toccare il cielo non significa ancora entrare in cielo. Vuol dire solo sfiorarlo. Ecco il primo aspetto della stupidità dell’orgoglio umano. Qui è l’uomo che vuole costruire la sua città e non riceverla da Dio, così come vuole costruirsi un mezzo per salvarsi da solo e non riceverlo da Dio.

Possiamo concludere, senza troppa imprudenza, che in questa illusione ci ritroviamo un po’ tutti: dai più potenti fino ai più piccoli! Pensiamo che il futuro, o anche solo il giorno di domani, possa essere migliore, solo perché siamo noi che siamo in grado di renderlo tale con la nostra scienza e la nostra tecnica (che intanto sta distruggendo il Pianeta) e non pensiamo invece che se il domani deve essere migliore, lo sarà solo in quanto dono di quel Dio che è la fonte dell’amore, della pace e della bontà. Solo se viviamo nella dimensione di accogliere Dio che viene a visitarci, possiamo sperare in un futuro migliore, perché Dio è la nostra speranza, il nostro rifugio, la nostra forza.

Invece, siamo tutti tentati di costruire la nostra vita da soli, come gli uomini di Babele; poi arrivò Dio e vide l’arroganza e la superbia che giaceva nelle pieghe del cuore di quegli uomini e non ne fu contento.
Allora li disperse, confuse il loro linguaggio, le parole si ribellarono contro gli uomini e gli uomini non si capirono più fra loro. Oggi, forse, la situazione è poi tanto diversa? Ma quando vorremo capire che questa dispersione che proviamo fra di noi è un campanello d’allarme che Dio ci manda per tornare a Lui? Il disagio che proviamo, in fondo, è per la nostra purificazione, perché possiamo capire quanto le ambizioni della nostra vita sono assurde e cattive per noi. Perché fanno il nostro male, quel male che stiamo diffondendo attorno a noi distruggendo Torre di Babeleanche l’ambiente in cui viviamo.

Se questa dispersione è il frutto amaro dell’orgoglio, Dio, però, non ci abbandona nella desolazione in cui ci siamo messi. Ma in Gesù si pone accanto a noi per farci vedere come dobbiamo vivere per piacere a Lui ed essere in pace con noi stessi e fra di noi.
Come lui, però, dobbiamo accettare che tutto questo ha un prezzo. Talvolta anche molto alto. E che in ogni caso, dobbiamo pur sempre fare i conti con il momento finale che prima o poi giunge per ciascuno di noi.

Ma la morte, ci assicura Gesù, non è la fine di tutto, né il dolore è un assurdo. Con la sua Risurrezione, Gesù ha dimostrato che anche noi siamo chiamati alla vita eterna. Anche se personalmente non desidero affatto “giudicare le dodici tribù d’Israele” né “essere seduta su un trono”. Espressioni, legate al tempo e alla cultura a cui si riferivano ma che indicano la profonda realtà dell’amore a cui siamo chiamati. Giudicare le tribù d’Israele significa comprendere in profondità la storia umana e il senso dell’alleanza di Dio con noi, è un entrare nella comprensione amorosa degli eventi per cui ciò che pareva assurdo viene finalmente compreso nella sua totalità. Il trono, poi, indica la pienezza del potere; di quel potere dell’amore che qui sulla Terra a causa del peccato, non abbiamo. Sedere sul trono significa che la nostra vita di relazione, in Paradiso, sarà autenticamente fondata sulla potenza della verità amante di Dio.

In questo senso, il Paradiso è veramente la pienezza dell’amore e solo dell’amore! L’unica realtà che basta a se stessa. Questa totalità dell’amore è il Signore Gesù: Lui è la luce, la bellezza, la verità, la giustizia, e tutto sbiadisce davanti alla pienezza del Suo amore! In quel giorno potremo dire con Giobbe:

“Io parlavo per sentito dire ma ora ti ho visto e mi tappo la bocca!”.

È la vera immersione nel Mistero, per cui nessuna parola umana è sufficiente per descriverlo. Ma questo inizio fatto di stupore e meraviglia, di dono di Dio che viene a noi, inizia già qui, perché con Gesù la vita eterna è già iniziata.
                                                                       
 Maddalena di Spello


 IMMAGINI:
1  La Torre di Babele
2  La Babele moderna è la società nella quale gli individui parlando la lingua dell’arrivismo, della concorrenza e della gelosia creando solitudine e disperazione.


     RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 2
    
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