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VALDOCCO
SALMO 138:
SCRUTAMI E CONOSCI
IL MIO CUORE
Salmo 138,13-18.23-24
Sei tu che
hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende
le tue opere, tu mi conosci fino in fondo.
Non ti erano
nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto
nelle profondità della terra.
Ancora informe
mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati, quando ancora non ne esisteva uno.
Quanto profondi
per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio;
se li conto sono più della sabbia, se li credo finiti,
con te sono ancora.
Se Dio sopprimesse
i peccatori! Allontanatevi da me, uomini sanguinari. Essi parlano
contro di te con inganno: contro di te insorgono con frode.
Non odio, forse,
Signore, quelli che ti odiano e non detesto i tuoi nemici? Li
detesto con odio implacabile come se fossero miei nemici.
Scrutami, Dio,
e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri: vedi
se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita.
Questa parte del Salmo 138,
è proposta alla Liturgia dei vespri del mercoledì
della IV settimana. Dopo aver contemplato nella prima parte (cf
vv. 1-12) il Dio onnisciente e onnipotente, Signore dellessere
e della storia, ora questo inno sapienziale
di intensa bellezza e passione punta verso la realtà più
alta e mirabile dellintero universo, luomo, definito
come il «prodigio» di Dio (cf v. 14). Si tratta,
in realtà, di un tema profondamente in sintonia con il
mistero dellIncarnazione che ha il suo inizio con lannuncio
a Maria e si manifesta con la nascita del Figlio di Dio fattosi
uomo, anzi, fattosi Bambino per la nostra salvezza.
Dopo aver considerato lo sguardo e la presenza del Creatore che
spazia in tutto lorizzonte cosmico, nella seconda parte
del Salmo che meditiamo oggi, gli occhi amorevoli di Dio si rivolgono
allessere umano, considerato nel suo inizio pieno e completo.
Egli è ancora «informe» nellutero materno:
il vocabolo ebraico usato è stato inteso da qualche studioso
della Bibbia come rimando all«embrione», descritto
in quel termine come una piccola realtà ovale, arrotolata,
ma sulla quale si pone già lo sguardo benevolo e amoroso
degli occhi di Dio (cf v. 16).
Dio plasma
luomo
Il Salmista per definire lazione
divina allinterno del grembo materno ricorre alle classiche
immagini bibliche, mentre la cavità generatrice della
madre è comparata alle «profondità della
terra», ossia alla costante vitalità della grande
madre terra (cf v. 15).
Cè innanzitutto il simbolo del vasaio e dello scultore
che «forma», plasma la sua creazione artistica, il
suo capolavoro, proprio come si diceva nel libro della Genesi
per la creazione delluomo: «Il Signore Dio plasmò
luomo con polvere del suolo» (Gn 2,7). Cè,
poi, il simbolo «tessile», che evoca la delicatezza
della pelle, della carne, dei nervi «intessuti» sullo
scheletro osseo. Anche Giobbe rievocava con forza queste e altre
immagini per esaltare quel capolavoro che è la persona
umana, pur percossa e ferita dalla sofferenza: «Le tue
mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto integro in ogni parte...
Ricordati che come argilla mi hai plasmato... Non mi hai colato
forse come latte e fatto accagliare come cacio? Di pelle e di
carne mi hai rivestito, dossa e di nervi mi hai intessuto»
(Gb 10,8-11).
Già
circondati dallamore divino
Estremamente potente è,
nel nostro Salmo, lidea che Dio di quellembrione
ancora «informe» veda già tutto il futuro:
nel libro della vita del Signore già sono scritti i giorni
che quella creatura vivrà e colmerà di opere durante
la sua esistenza terrena. Torna così ad emergere la grandezza
trascendente della conoscenza divina, che non abbraccia solo
il passato e il presente dellumanità, ma anche larco
ancora nascosto del futuro. Ma appare anche la grandezza di questa
piccola creatura umana non nata, formata dalle mani di
Dio e circondata dal suo amore: un elogio biblico dellessere
umano dal primo momento della sua esistenza.
Noi ora vorremmo affidarci
alla riflessione che San Gregorio Magno, nelle sue Omelie su Ezechiele, ha intessuto
sulla frase del Salmo da noi prima commentata: «Ancora
informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo
libro» (v. 16).
Su quelle parole il Pontefice
e Padre della Chiesa ha costruito unoriginale e delicata
meditazione riguardante quanti nella Comunità cristiana
sono più deboli nel loro cammino spirituale.
E dice che anche i deboli nella
fede e nella vita cristiana fanno parte dellarchitettura
della Chiesa, vi
«vengono
tuttavia annoverati... in virtù del buon desiderio. È
vero, sono imperfetti e piccoli, tuttavia per quanto riescono
a comprendere, amano Dio e il prossimo e non trascurano di compiere
il bene che possono.
Anche se non
arrivano ancora ai doni spirituali, tanto da aprire lanima
allazione perfetta e allardente contemplazione, tuttavia
non si tirano indietro dallamore di Dio e del prossimo,
nella misura in cui sono in grado di capirlo.
Per cui avviene
che anchessi contribuiscono, pur collocati in posto meno
importante, alledificazione della Chiesa, poiché,
sebbene inferiori per dottrina, profezia, grazia dei miracoli
e completo disprezzo del mondo, tuttavia poggiano sul fondamento
del timore e dellamore, nel quale trovano la loro solidità»
(2,3,12-13,
Opere di Gregorio Magno, III/2, Roma 1993, pp. 79.81).
Il messaggio di San Gregorio
diventa una grande consolazione per tutti noi che procediamo
spesso con fatica nel cammino della vita spirituale ed ecclesiale.
Il Signore ci conosce e ci circonda tutti con il suo amore.
Benedetto XVI
LOsservatore
Romano, 29-12-2005
IMMAGINI:
1 Dio conosce tutti e ciascuno fin dall'inizio
della vita.
2 Luomo è il prodigio di Dio e Dio
lo ama fin dallinizio, in modo del tutto incondizionato.
La creazione stessa è stata fatta per luomo affinché
luomo si senta a casa nel mondo.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2007 - 3
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