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     LE PARABOLE DI GESU':
    
IL GIUDIZIO FINALE

Le parabole narrate da Matteo e contenute nel capitolo 25 del suo Vangelo riguardano la fine del mondo e il Giudizio finale; forse, la terza – che le conclude – è più che una parabola, ma un annunzio vero e proprio del Giudizio di Dio sugli uomini; comunque, lo stile della narrazione si presta molto bene alla nostra riflessione e ci aiuta a penetrare fino in fondo nel mistero del Regno di Dio.

Al cuore del messaggio

La differenza, che fa emergere questa narrazione al di sopra delle altre parabole, consiste nel fatto che Gesù – qui – riferisce in modo molto chiaro e non figurato il contenuto del Giudizio finale: contenuto che centra in pieno non solo il cuore del messaggio cristiano, che è messaggio di amore, ma il cuore stesso del Mistero di Dio! Infatti, Gesù ci presenta in modo chiaro e preciso il criterio in base al quale noi saremo esaminati e giudicati (e salvati o condannati).

Gesù parla di se stesso come del Re che siede in giudizio e giudica, a uno a uno, tutti gli uomini. Ma, pur parlando di sé come del Re, pone al di sopra di sé il Padre: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno promesso per voi fin dalla fondazione del mondo (...) Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli» (Mt 25,34... 41).

Criteri e fatti

La parabola traduce in modo a noi molto accessibile – e drammatico – il contenuto del giudizio, che presenta due aspetti: il primo è il criterio in base al quale saremo giudicati: vale a dire, il modo con cui noi abbiamo (o non abbiamo) amato e servito il prossimo; il secondo è il fatto, stupendo e dal quale deriva la creazione dell’uomo (“a immagine e somiglianza di Dio”: Genesi 1,26-27); cioè la sua appartenenza a Dio, per cui chi ama o offende l’uomo ama o offende Dio stesso (di cui Gesù è il Figlio: fatto uomo come noi).
Siamo troppo abituati a ricordare questa raffigurazione del Giudizio finale, per cui sorvoliamo e non approfondiamo il suo contenuto intimo: che è appunto quello della “immagine e somiglianza”, anzi: più che di immagine e somiglianza, si tratta in un certo senso di identità, dal momento che il Figlio stesso di Dio ha voluto assumere la natura umana e vivere tra noi, come noi, in mezzo a noi... fino a lasciarsi uccidere da noi!

Non finiremo mai, nella nostra vita terrena, di approfondire questo mistero: di Dio che – proprio per avere creato l’uomo “a Sua immagine” – ha voluto condividere le nostre gioie e i nostri dolori, compresi i limiti e le sofferenze della nostra natura debole, per poi arrivare a lasciarsi condannare da quegli uomini che Egli è venuto a salvare, per condurli nel Regno del Padre Suo!

Vivere per condividere

Ora entriamo nel cuore della parabola/insegnamento: Gesù si inserisce talmente nella vita di ciascuno di noi, fino al punto di ritenere fatto a Sé (o rifiutato a Sé) tutto quello che noi facciamo a qualsiasi nostro prossimo. Gesù non esclude nessuno, ma vuole coinvolgersi – prima di tutto – nelle persone sofferenti: chi ha fame e sete, chi è malato, chi è profugo e forestiero, chi è senza casa o senza vestito, persino chi è in carcere! Dunque, il senso della parabola ci illustra, in modo stupendo e al tempo stesso quasi tragico, lo scopo per cui Dio ci ha creati in numero quasi infinito, perché noi imparassimo a vivere insieme, non solo, ma anche a condividere le nostre situazioni di povertà e di debolezza.

Infatti, lo scopo della parabola non è solo quello di insegnarci a “dare” a chi non ha, ma addirittura a “condividere” le situazioni precarie: proprio come ha fatto Gesù, già fin dalla nascita, venendo al mondo come tutti i bambini, uscendo dal grembo di una donna, per di più in una stalla in mezzo agli animali, in povertà e umiltà.

Ha gradito la visita dei pastori, e poi la visita dei Magi dall’Oriente; ha previsto e accettato l’odio geloso di Erode che voleva ucciderlo, per cui Maria e Giuseppe sono stati costretti a fuggire in Egitto per sottrarlo alla persecuzione del tiranno. È vero, come conseguenza di tutto ciò sono rimasti uccisi molti bambini (la strage degli innocenti), ma questi hanno ottenuto in cambio subito il premio del Paradiso!

Creati per amare

Un dramma di tale forma e di tali proporzioni non avremmo potuto immaginarlo; ma Dio lo ha permesso, proprio per farci capire come – fin dall’inizio della sua esistenza – il Figlio di Dio si è schierato con gli innocenti oppressi e uccisi: un vero anticipo della futura morte del Salvatore, in Croce! Ritornando alla parabola, ci sentiamo veramente coinvolti nel dramma di tutta l’umanità, di tutte le regioni del mondo, di tutte le epoche. Guerre e violenze, ingiustizie e barbarie, tutto come conseguenza del peccato di Caino.

Ma Gesù ha voluto, proprio per questo motivo di inaudite violenze, farci conoscere in anticipo il criterio che userà nel Giudizio finale: Dio ha creato l’uomo perché amasse, come Lui – Dio – ama. Ce ne ha dato l’esempio sulla Croce, ma nel medesimo tempo ci ha orientati verso la prospettiva di “farci come Lui”, donandoci corpo e anima, cuore ed energie, salute e beni terreni, non solo per noi ma per il bene dei nostri fratelli... perché alla fine, sarà Dio a regnare! E regneranno con Lui tutti coloro che, come Lui, sono stati disposti a donarsi totalmente ai fratelli! Nei quali – verità di fede – vive Gesù stesso.                                                            Don Rodolfo Reviglio


 IMMAGINI:
1  Angelo del Giudizio
2  Michelangelo, Cappella Sistina, Vaticano / IL GIUDIZIO FINALE

         RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 5  
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