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     VITA LITURGICA:
   EUCARESTIA: CRISTO IL PANE NECESSARIO


Sotto le specie del pane e del vino consacrate, sappiamo di avere con noi il Signore della vita e della morte, «Colui che è, che era e che viene» (Apocalisse 1,4). Lui è il Vivente, per questo Egli è con noi tutti i giorni sino alla fine (cf Mt 28,28), e la sua presenza per noi è festa. Una festa che si realizza per la memoria della cena e della morte del Signore, al di là di ogni distanza temporale, una festa del futuro, perché già adesso sotto i veli del sacramento è presente Colui che porta con sé ogni futuro, il Dio dell’eterno amore.

L’uomo, un essere di fame

Un futuro che si offre all’uomo il quale è costituito nella sua profonda struttura relazionale ed esistenziale come un essere che ha fame e sete. Cioè un essere insufficiente per se stesso; un essere dai continui e molteplici bisogni di nutrizione, dalla cui soddisfazione dipende la sua esistenza. Dall’aria per respirare, dal latte materno appena egli varca le soglie della vita, dal cibo e dalle bevande materiali più volte al giorno, alle cento altre cose a cui tende la sua vita per costituzionale necessità, il sapere, il possedere, il godere, sempre questo essere che si chiama uomo ha necessità di avere dal di fuori di lui ciò che manca alla sua esistenza, al suo sviluppo, alla sua salute, alla sua felicità. Perciò desidera, studia, lavora, vuole, soffre e spera: sempre è teso a qualcosa che lo sorregga e lo faccia vivere in pienezza, e, se possibile, sempre. Questo quadro di esistenza, che è quello reale, di tutti, può essere riassunto in una sola emblematica espressione: l’uomo è un vivente bisognoso di pane, d’un suo pane che lo nutra, lo integri, gli allarghi e gli prolunghi la sua sempre avida e caduca esistenza. Un’esistenza tesa nello sforzo di mantenersi e di dilatarsi, ma condannata a sperimentare la propria insufficienza e caducità, e a subire alla fine una morte fatale. Non vi è in terra pane che le basti; non vi è dalla terra pane che la renda immortale.
Ed ecco allora la divina parola del Signore Gesù: «Io sono il pane della vita... se uno mangia di questo pane vivrà in eterno» (Gv 6,48-51). La vita umana ha in Cristo, il suo compimento, il suo pegno di vita immortale.

Cristo il pane totale

Come il pane ordinario è proporzionato alla fame terrena, così Cristo è il pane straordinario, proporzionato alla fame straordinaria, smisurata dell’uomo, capace, smanioso anzi di aprirsi ad aspirazioni infinite. Noi abbiamo sovente la tentazione di pensare che Cristo non corrisponda in realtà ai bisogni, ai desideri, ai destini dell’uomo; dell’uomo moderno specialmente, che spesso si illude d’essere nato per altro alimento superiore che non quello divino, e d’essere riuscito a saziarsi d’altre conquiste, che non quelle della fede, ovvero che sospetta essere la religione uno pseudoalimento, praticamente vacuo e vano.
Ma Cristo non si copre delle apparenze del pane e del vino per deludere la nostra fame superiore, ma si riveste delle apparenze del cibo materiale, oltre che per farci desiderare quello spirituale, ch’è Lui stesso, per riconoscere e per rivendicare le esigenze legittime della vita naturale. È Lui, che prima di annunciare Se stesso come pane del cielo ha moltiplicato il pane della terra fino alla sazietà di coloro che per ascoltarlo lo avevano seguito in una zona disabitata, e che non avevano di che mangiare (Gv 6.11ss.); è Lui che ha rivolto all’umanità l’invito: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi; ed io vi ristorerò» (Mt 11,28). È Lui, che non più sotto le specie di pane e di vino, ma sotto quelle d’ogni essere umano sofferente e bisognoso, svelerà all’ultimo giorno, quello del giudizio finale, che tutte le volte che noi abbiamo soccorso qualcuno, abbiamo soccorso Lui, il Cristo: «Io ho avuto fame e voi mi avete dato da mangiare; Io ho avuto sete, e voi mi avete dato da bere...» (Mt 25,35).
Così che l’Eucaristia non è solo il cibo per l’anima, ma stimolo di carità per i fratelli che hanno bisogno di aiuto, di comprensione, di solidarietà, caricando così l’azione del bene di un’energia e d’una speranza che, finché Cristo sarà con noi con la sua Eucaristia, non verranno mai meno. Cristo è il pane della vita. Cristo è necessario, per ogni uomo, per ogni comunità, per ogni fatto veramente sociale, cioè fondato sull’amore e sul sacrificio di sé, per il mondo. Come il pane, Cristo è necessario!

Varcare la soglia della fede

La solennità del Corpus Domini, fra le sue finalità, ha anche uno scopo educativo; quello di renderci attenti ed esultanti alla realtà del mistero eucaristico. L’uomo è un essere che si abitua alle cose straordinarie senza più attribuire e riconoscere l’esuberante ricchezza di significato che hanno. Così avviene sovente per l’Eucaristia, che non offre alla nostra conoscenza sensibile se non le immagini apparenti, le specie del pane e del vino, mentre celano, in realtà, queste specie, la carne e il sangue, e loro stesse contengono sull’altare gli elementi d’un sacrificio, d’una vittima immolata, di Cristo crocifisso, Corpo unito al proprio sangue, alla sua anima e alla Divinità del Verbo. Questo è il «mistero di fede» presente nell’Eucaristia; e questo è il primo sforzo spirituale, al quale questo sacramento ci invita e ci obbliga, uno sforzo conoscitivo, non sorretto da un’esperienza sperimentale, che vada oltre le sembianze, uno sforzo di fede, di adesione cioè ad una Parola dominatrice delle cose create, una Parola, un Verbo divino, presente.
Per accedere al sacramento dell’Amore bisogna varcare la soglia della fede. Entrati nella sfera della Fede, la quale ci invita a leggere nei segni sacramentali l’ineffabile Realtà ch’essi localizzano e raffigurano, Cristo sacrificato e fattosi alimento spirituale per noi, affiora una domanda: perché? Perché, il Signore ha voluto assumere queste sembianze? Perché viene a noi così nascosto e velato? Gesù stesso dice di Sé: «Io sono il pane della vita» (Gv 6,48). Mediante il pane, dunque, Egli si rende così accessibile a tutti e sempre, tanto da moltiplicare la sua sacramentale presenza per ogni altare, per ogni mensa, dove un’altra sua presenza rappresentativa e operativa, quella d’un Sacerdote, renda possibile la moltiplicazione indefinita di questo prodigio.

Avvolti dall’abbraccio di Cristo

Cristo si fa pane. Per tutti e per tutta la durata della storia umana. Questo è il dato. Considerando questo dato ci chiediamo ancora: per quale scopo Cristo si fa pane? Cristo si fa pane per la «comunione», in greco «koinonía». Infatti noi diciamo «fare la comunione» intendendo accostarsi all’Eucaristia, ricevere Gesù nel sacramento che nella sua profonda realtà consiste nell’unità del Corpo mistico del Signore. Questo modo di parlare indica però il senso soggettivo, nostro, dell’azione: siamo noi che ci accostiamo all’Eucaristia. Così facendo, però non consideriamo, ciò che provoca questo nostro movimento e lo suscita: l’iniziativa di Cristo che rende a noi possibile di ricevere Lui. È Lui che si offre a noi istituendo e rinnovando l’Eucaristia con le parole: «Prendete e mangiate; Questo è il mio corpo dato in sacrificio per voi... Questo è il calice del mio sangue versato per voi...». Qui si svela l’intenzione estrema – e finalmente dichiarata – di Cristo verso gli uomini: l’amore. «Nessun amore maggiore di questo, il dare la propria vita per i propri amici, e voi siete i miei amici...» (Gv 15,13).
Qui il grande comandamento diventa grande dono. Qui ciò che è comandato viene offerto. Qui Colui
che comanda esegue ciò che ordinato. Colui da cui tutto il creato dipende si fa dipendenza d’amore per l’uomo. Così prima di disporci ad obbedire al comando dell’amore, siamo investiti dall’amore. Prima che ci disponiamo ad amare, siamo amati, perché Egli ci ha amati per primo (1 Gv 4,10-19). Quante volte ci siamo sottratti al suo amore, noi creati da Lui, fatti per Lui, noi abbiamo ricusato d’incontrarci con Lui forse per il vile e segreto timore d’essere conquistati ad un Amore, che avrebbe mutato la nostra vita.
L’Eucaristia è l’invito più diretto, più forte all’amicizia, alla sequela di Cristo. L’Eucaristia è l’alimento che dà l’energia e la gioia per corrispondervi. L’Eucaristia pone la nostra vita sopra un supremo gioco d’amore, di scelta, di fedeltà.
L’Amore ricevuto da Cristo nell’Eucaristia è comunione con Lui e per ciò stesso si trasforma e si manifesta in comunione nostra con i fratelli, quali sono tutti gli uomini per noi. Nutriti del Corpo reale e sacramentale di Cristo, noi diventiamo sempre più intimamente il Corpo mistico di Cristo: «il calice della benedizione, che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane, che noi spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c’è un solo pane noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane» (1 Cor 10,16ss.). Veramente possiamo ripetere con Sant’Agostino: «O Sacramento di pietà! O segno d’unità! O vincolo di carità! Chi vuol vivere, ha di che vivere» (Tr 26,19: PL 35,16-15).

                                                                                    
Lorenzo Villar


 IMMAGINI:
1  Foto Andreas Lothar / Nell’Eucaristia, Gesù si fa cibo per l’uomo. Alimento per la sua fame di verità e d’infinito.
Foto Antonio Saglia / Nell’Ultima Cena, Gesù istituendo il sacramento dell’Eucaristia, domanda ai suoi di perpetuare come memoriale del suo amore, il gesto del pane spezzato e del vino versato, ponendo così in essere la Chiesa che vive del comando del suo Signore.
3  Nutrendoci di Cristo, pane vivo, noi veniamo trasformati in Lui e partecipiamo alla sua vita eterna.
4  Le specie eucaristiche conservate nel tabernacolo, servono anzitutto per la comunione ai malati e poi per l’adorazione personale.

         RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 6  
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