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      MEDITAZIONE:
    IL PERDONO


Etimologicamente, perdono significa “dono per eccellenza”, quasi un super-dono. Già questa spiegazione ci fa capire che il perdono non è una piccola cosa...
Consideriamo allora la Sacra Scrittura: inizialmente la parola greca che vi corrisponde è il verbo aphìemi che vuol dire: lasciar andare, rinunciare, ma anche condonare. La voce connessa, àphesis è un sostantivo che può indicare: liberazione dei prigionieri e degli schiavi. E questa è davvero una cosa importante!

Anche il Nuovo Testamento usa sovente i termini aphìemi e àphesis, ma San Paolo approfondisce il pensiero e usa vocaboli teologici come dikaiòo: giustifico, rendo giusto. E questo perché Gesù, quando elimina il peccato, accoglie il peccatore, gli offre la sua stessa vita: pensiamo a Luca 23,43, quando durante la sua crocifissione si rivolge al buon ladrone, che gli aveva chiesto di ricordarlo nonostante le sue azioni, e gli dice: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso”. E anche la nostra capacità di perdonare gli altri fa parte della vita; della grazia, del perdono datoci dal Padre: “Il perdono umano avviene come conseguenza del perdono di Dio”. Se il perdono di Dio “non è solo il condono del debito, ma è liberazione dal potere del peccato e riassunzione nella comunione con Dio”, anche il nostro perdono tenderà ad essere simile al suo!

Da questa veloce carrellata scritturistica, possiamo ricavare qualcosa di sconcertante:

1) Quando chiedo il perdono di Dio, gli chiedo e ricevo, Dio stesso! Gli chiedo e ricevo di rinascere, di vivere con Lui e come Lui.
2) Quando chiedo il perdono d’un fratello, chiedo a Dio che lo penetri e lo rafforzi perché mi sappia perdonare; e che anche Lui mi perdoni e mi accolga!
3) Quando io perdono a un fratello, ricevo sempre Dio, perché è Lui che “suscita in me il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni” (cf Fil 2,13): è Lui, quindi, che mi dà il suo desiderio di perdonare, e mentre ricevo il Signore, offro il Signore al fratello, perché in me agisce quel Cristo che ha voluto perdonare il buon Ladrone e chiamarlo a Sé.

Quindi, ogni perdono, e ogni richiesta di perdono, richiama Dio. Altro che pensare al perdono come un’esperienza di debolezza o di pigrizia, un qualcosa di rinunciatario! È l’azione più forte che ci sia, con il risultato più grande che possiamo ricevere e dare.

Il Perdono di Dio verso i nostri oppressori

Dio “vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1 Tim 2,4); Gesù lo ribadisce dicendo: “Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi” (Lc 5,32): e questo vale anche per coloro che hanno colpito i fratelli, come nel caso del “buon ladrone” (Lc 23,41ss).
Naturalmente anche la Chiesa ha lo stesso desiderio, la salvezza di ognuno, e ci fa pregare per questo scopo, senza escludere coloro che hanno compiuto gravissimi crimini (cf Liturgia delle Ore, Vespri della domenica e del lunedì, seconda settimana; Vespri del lunedì, terza settimana). Ma noto che ci sono ancora dei Cristiani che pensano che il perdono che Dio offre ad alcuni malfattori sarebbe un’ingiustizia per coloro che ne furono colpiti. Non fu questo l’atteggiamento del fratello del figliol prodigo? (cf Lc 15,25ss). Egli si “arrabbiò” di fronte alla magnanimità del Padre, e non voleva associarsi al grande pranzo preparato da Lui per quello scavezzacollo, per quanto pentito. Allora il Padre giunse a “pregare” il suo figliolo geloso perché si unisse alla festa di famiglia: ed ora Dio “prega” anche noi di sperare nella conversione di coloro che ci hanno fatto del male!

Infatti, credo importante ricordare che il Signore perdona generosamente qualunque peccatore che accetta di convertirsi: ma un peccatore che non vuole pentirsi, non può certo raggiungere il Cielo, anche perché sarà lui stesso a non volerlo! Il Cielo è la casa dell’amore, e chi non vuole amare Dio (e quindi neppure il suo prossimo) non desidera certo vivere in un mondo d’amore!

Invece, colui che ha fatto del male ma poi si è convertito, ricomincia ad amare: e solo così può “risarcire” i danni che aveva compiuto ai fratelli! Mentre, se non dovesse cambiare il suo cuore, rimarrebbe nell’odio, e quindi soffrirebbe, ma con una pena che non aiuterebbe nessuno!
È dunque più utile il suo castigo disperato, o un ritorno all’amore che lo condurrebbe a far del bene agli altri? È proprio quello che vuol farci capire Gesù quando ci dice: “Io voglio misericordia e non sacrificio!” (Mt 9,13). La sua “misericordia” verso il peccatore pentito comporterà la sua salvezza, ma prima ancora produce un atteggiamento d’amore, a vantaggio di tutti; mentre la sofferenza del dannato (il “sacrificio”) non serve proprio a nulla, e Dio non può certo volerla: potrebbe soltanto sceglierla un uomo dissennato...

Quindi il perdono divino verso i nostri oppressori pentiti, oltre ad essere un atto di misericordia, è pure un atto di giustizia, non solo perché assegna anche a loro quel giardino di pace a cui essi – per quanto tardi – si sono rivolti, ma anche perché solamente così, uniti finalmente a Dio, possono dare ai fratelli un bene immensamente più grande di quel male che avevano compiuto prima.


                                                                                    
Antonio Rudoni SDB


 IMMAGINI:
1  Il perdono riabilita tutti, sia chi ha offeso sia chi ha ricevuto l’offesa.
 Gesù Buon Pastore è l’immagine della bontà di Dio che si mette a cercare l’uomo lontano da Lui anche quando non se lo merita o non è interessato a ricevere l’amore di Dio.


         RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 7  
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