La catechesi di Benedetto XVI: DAL PROFONDO A TE IO
GRIDO Salmo
129
Dal profondo
a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia preghiera.
Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere?
Ma presso di
te è il perdono: e avremo il tuo timore.
Io spero nel Signore,lanima mia spera nella sua parola.
Lanima mia attende il Signor più che le sentinelle
laurora.
Israele attenda
il Signore, perché presso il Signore è la misericordia
e grande presso di lui la redenzione.
Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.
Questo è uno dei Salmi
più celebri e amati dalla tradizione cristiana: il De
profundis, così chiamato dal suo avvio nella versione
latina. Col Miserere, esso è divenuto uno dei Salmi penitenziali
preferiti nella devozione popolare.
Al di là della sua applicazione
funebre, il testo è prima di tutto un canto alla misericordia
divina e alla riconciliazione tra il peccatore e il Signore,
un Dio giusto ma sempre pronto a svelarsi «misericordioso
e pietoso, lento allira e ricco di grazia e di fedeltà,
che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona
la colpa, la trasgressione e il peccato» (Es 34,6-7). Proprio
per questo motivo il nostro Salmo si trova inserito nella liturgia
vespertina del Natale e di tutta lottava del Natale, come
pure in quella della IV domenica di Pasqua e della solennità
dellAnnunciazione del Signore.
Si teme
di perdere lamore
Il Salmo 129 si apre con una
voce che sale dalle profondità del male e della colpa
(cf vv. 1-2). Lio dellorante si rivolge al Signore
dicendo: «A te grido, o Signore». Il Salmo poi si
sviluppa in tre momenti dedicati al tema del peccato e del perdono.
Ci si rivolge innanzitutto a Dio, interpellato direttamente con
il «Tu»: «Se consideri le colpe, Signore, Signore,
chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono;
perciò avremo il tuo timore» (vv. 3-4).
È significativo il fatto che a generare il timore, atteggiamento
di rispetto misto ad amore, non sia il castigo ma il perdono.
Più che la collera di Dio, deve provocare in noi un santo
timore la sua magnanimità generosa e disarmante. Dio,
infatti, non è un sovrano inesorabile che condanna il
colpevole, ma un padre amoroso, che dobbiamo amare non per paura
di una punizione, ma per la sua bontà pronta a perdonare.
Una
salvezza individuale e collettiva
Al centro del secondo momento
cè l«io» dellorante che
non si rivolge più al Signore, ma parla di lui: «Io
spero nel Signore, lanima mia spera nella sua parola. Lanima
mia attende il Signore più che le sentinelle laurora»
(vv. 5-6). Ora fioriscono nel cuore del Salmista pentito lattesa,
la speranza, la certezza che Dio pronuncerà una parola
liberatrice e cancellerà il peccato.
La terza ed ultima tappa nello svolgimento del Salmo si allarga
a tutto Israele, al popolo spesso peccatore e consapevole della
necessità della grazia salvifica di Dio: «Israele
attenda il Signore, perché presso il Signore è
la misericordia e grande presso di lui la redenzione. Egli redimerà
Israele da tutte le sue colpe» (vv. 7-8).
La salvezza personale, prima implorata dallorante, è
ora estesa a tutta la comunità. La fede del Salmista si
innesta nella fede storica del popolo dellalleanza, «redento»
dal Signore non solo dalle angustie delloppressione egiziana,
ma anche «da tutte le colpe».
Partendo dal gorgo tenebroso del peccato, la supplica del De
profundis giunge allorizzonte luminoso di Dio,
ove domina «la misericordia e la redenzione», due
grandi caratteristiche del Dio damore.
Dio
è capace di cambiamenti
Affidiamoci ora alla meditazione
che su questo Salmo ha intessuto la tradizione cristiana. Scegliamo
la parola di SantAmbrogio: nei suoi scritti, egli richiama spesso
i motivi che spingono a invocare da Dio il perdono.
«Abbiamo
un Signore buono che vuole perdonare a tutti», egli ricorda
nel trattato su La penitenza, e aggiunge: «Se
vuoi essere giustificato, confessa
il tuo misfatto: unumile confessione dei peccati scioglie
lintrico delle colpe... Tu vedi con quale
speranza di perdono ti spinge a confessare» (2,6,40-41: SAEMO,
XVII, Milano-Roma 1982, p. 253).
NellEsposizione del Vangelo secondo Luca, ripetendo lo
stesso invito, il Vescovo di Milano esprime la meraviglia per
i doni che Dio aggiunge al suo perdono:
«Vedi
quanto è buono Iddio, e disposto a perdonare i peccati:
non solo ridona quanto aveva tolto, ma concede anche doni insperati».
Zaccaria, padre di Giovanni
Battista, era rimasto muto per non aver creduto allangelo,
ma poi, perdonandolo, Dio gli aveva concesso il dono di profetizzare
nel canto: «Colui che poco prima era muto, ora già
profetizza», osserva SantAmbrogio,
«è una delle più grandi
grazie del Signore, che proprio quelli che lhanno rinnegato
lo confessino. Nessuno pertanto si perda di fiducia, nessuno
disperi delle divine ricompense, anche se lo rimordono antichi
peccati. Dio sa mutar parere, se tu sai emendare la colpa» (2,33: SAEMO, XI,
Milano-Roma 1978, p. 175).
Benedetto XVI
LOsservatore
Romano, 20-10-2005
IMMAGINI: 1 Il
figliuol prodigo, Pompeo Girolamo Batoni (1708-1787) / La tenerezza
di Dio si manifesta nella bontà della creazione ma ancor
più nella sua infinita misericordia verso luomo 2 Alba sul Mare 3 La veglia pasquale celebra Dio
che veglia per il suo popolo e opera prodigi di consolazione
nelle tenebre della storia umana.
RIVISTA
MARIA AUSILIATRICE 2006 -2 VISITA Nr.
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