IL
SEGNO DELLA PACE
Ci
sono molti modi per donare e per ricevere la pace. Uno di questi
è il saluto della pace che i fedeli si scambiano, su invito
del sacerdote, durante la celebrazione dellEucaristia.
Per qualche voce del nostro tempo lesortazione a darsi
un saluto di pace rimane oggi solo un ritualismo che si ripete
stancamente tra soggetti tra loro sostanzialmente estranei. A
sostegno di questa convinzione si porta lesempio di quelle
persone che salutano il vicino senza guardarlo, o che stringono
la mano dellaltro in modo rapido e con debole energia.
In questo modo si afferma quale «messaggio»
si trasmette?
Per altri, il rito del saluto
della pace è un qualcosa di valido solo se viene circoscritto
a Messe ove sono presenti poche persone, dove ci si conosce tutti,
e dove da tempo cè un impegno a camminare insieme.
In questo contesto è la tesi che si sostiene
il saluto ha un suo valore. Altrimenti è meglio non farlo.
Perché non significa nulla. È sterile.
Su questo punto il confronto talvolta è vivo, e allora
può essere utile fornire qualche elemento di riflessione
per «leggere» il saluto della pace nel modo più
evangelico possibile.
Se apriamo le pagine della Sacra Scrittura ci accorgiamo subito
che il saluto è, prima di tutto, un gesto di accoglienza,
poi è segno di intimità, e infine è messaggio
di sostegno. Chiariamo meglio questi punti.
Saluto come
gesto di accoglienza
Salutare una persona che è
appena arrivata serve a trasmettere rassicurazione, benevolenza
simpatia, attenzione e, soprattutto, rispetto. Laccoglienza,
quindi, prima ancora di essere un modo concreto per ospitare
qualcuno o per dissetarlo, sfamarlo, fornirgli viveri per il
viaggio, ecc., è una forma di rispetto. Cè
in pratica una sacralità dellospite che non è
legata al ruolo sociale di questultimo, ma è vincolata
a una visione religiosa dellaltro. Questi è figlio
di Dio e come tale è portatore di benedizione. Perché?
Perché il Signore si manifesta attraverso le realtà
storiche, le vicende umane, e passa in mezzo al Suo popolo. Lo
visita. Lo ascolta. Lo sorregge nella tribolazione. Lo accompagna
nel viaggio della vita. E lo benedice. Ma anche chi accoglie
offre benedizione, perché la casa qualunque essa
sia rimane una struttura-segno che richiama allincontro
con Dio nella Sua tenda. Nel Suo tempio santo. Nella Sua dimora
celeste. Un incontro che avverrà nellora scelta
dallAltissimo. Nel dies natalis. Così, la persona
che si accoglie è un ospite, ma non è un estraneo.
Saluto come
segno di intimità
La riflessione sullintimità
non è facile da sviluppare perché oggi il concetto
si va modificando secondo altri significati non più vicini
al contenuto originario del termine. Per capirci rapidamente
si deve ricordare
che lintimità nasce dallaccoglienza e ha come
picco di valore la corresponsabilità. Cè
un passaggio che è molto importante: chi accoglie solidarizza
con laltro. La solidarietà conduce alla comprensione
dellidentità storica di chi è vicino. La
comprensione si fa condivisione. La condivisione conduce alla
trasmissione di vissuti, di scelte, di ideali. Dal «trasmettere»
in senso «vitale» si arriva alla comunione. E questa
ci accompagna alla corresponsabilità. In tale ambito il
saluto è apparentemente un «segno», ma può
essere «un ponte» per rompere egoismi, privatismi,
neutralismi...
Saluto come
messaggio di sostegno
Evidentemente questo saluto
indica unintesa, una rassicurazione, unattenzione
non fuggevole, una conferma, una promessa, un arrivederci a presto...
Non ci sono in pratica solo dei sostegni materiali (pur preziosi
in alcuni momenti), ma esistono anche delle sintonie che si costruiscono
con riferimento a una disabilità, o a unetà
avanzata, o a una gravidanza in arrivo, o a dei bambini che girano
guidati dalla loro curiosità, o a una solitudine, o a
un lutto, ecc. Il sostegno è tatto di vicinanza, di fedeltà,
di porta aperta sulla strada, di capacità a fermarsi anche
quando la giornata è scandita da impegni già programmati.
Il sostegno è impregnato di fiat e di preghiera. Perché
quando si accoglie qualcuno ogni
fiat si fa storia. Si concretizza in un prendere posizione. In
uno schierarsi a favore di una parte ben distinta. E «quel»
fiat può affrontare loggi di Dio solo se è
sorretto dallinterno da una preghiera povera e immediata.
Continua e viva. Semplice e senza confini.
Queste tre considerazioni possono aiutare in qualche modo a rivedere
in modo nuovo il saluto della pace durante la celebrazione dellEucaristia.
Non importa se chi ho accanto è una persona non conosciuta.
E non importa neanche come lui si comporta. Ciò che veramente
serve è la mia consapevolezza riguardo a un dato essenziale:
lapertura allaltro è un dono. Gratuito. Che
precede nella liturgia la triplice invocazione: Agnus Dei qui
tollit peccata mundi...
Non si può chiedere al Signore di aver compassione di
noi, di donarci la Sua pace, se prima non si accetta di muovere
«quel primo passo».
Non per stabilire in qualche modo un minimo di cordialità.
Ma per riconoscere senza esitazioni ununica fraternità
in Dio.
Pier Luigi Guiducci
IMMAGINI:
1 ©
Elledici / G. Pera / Laccoglienza si manifesta attraverso
gesti concreti di incontro che esprimono la condivisione dellesistenza
e della gioia.
2 Nella
celebrazione della Messa, lo scambio della pace diventa augurio
che laltro possa essere trovato dalla pace di Cristo e
che si lasci avvolgere dalla gioia della Risurrezione.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2006
- 3
VISITA Nr.