Cristo, pur
essendo di natura divina,
non
considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio;
ma spogliò se stesso,assumendo la condizione
di servo
e divenendo simile agli uomini.
Apparso in forma umana,
umiliò
se stesso facendosi obbediente
fino
alla morte e alla morte di croce.
Per questo Dio lha esaltato e
gli ha dato il nome
che
è al di sopra di ogni altro nome;
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei
cieli, sulla terra e sotto terra;e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il
Signore, a gloria di Dio Padre.
Seguendo il percorso proposto
dalla Liturgia dei Vespri coi vari Salmi e Cantici, guardiamo
al mirabile ed essenziale inno incastonato da San Paolo nella
Lettera ai Filippesi (2,6-11). Il testo comprende un duplice
movimento: discensionale e ascensionale.
Nel primo, Cristo Gesù, dallo splendore della divinità
che gli appartiene per natura sceglie di scendere fino allumiliazione
della «morte di croce». Egli si mostra così
veramente uomo e nostro redentore, con unautentica e piena
partecipazione alla nostra realtà di dolore e di morte.
La maestà
di Cristo
Il secondo movimento, quello
ascensionale, svela la gloria pasquale di Cristo che, dopo la
morte, si manifesta nuovamente nello splendore della sua maestà
divina. Il Padre, che aveva accolto latto di obbedienza
del Figlio nellIncarnazione e nella Passione, ora lo «esalta»
in modo sovraeminente, come dice il testo greco.
Questa esaltazione è
espressa non solo attraverso lintronizzazione alla destra
di Dio, ma anche con il conferimento a Cristo di un «nome
che è al di sopra di ogni altro nome» (v. 9). Ora,
nel linguaggio biblico il «nome» indica la vera essenza
e la specifica funzione di una persona, ne manifesta la realtà
intima e profonda. Al Figlio, che per amore si è umiliato
nella morte, il Padre conferisce una dignità incomparabile,
il «Nome» più eccelso, quello di «Signore»,
proprio di Dio stesso.
Gesù,
Signore universale
Infatti, la proclamazione di
fede, intonata coralmente da cielo, terra e inferi prostrati
in adorazione, è chiara ed esplicita: «Gesù
Cristo è il Signore» (v. 11). In greco, si afferma
che Gesù è Kyrios, un titolo certamente regale,
che nella traduzione greca della Bibbia rendeva il nome di Dio
rivelato a Mosé, nome sacro e impronunciabile.
Da un lato, allora, cè
il riconoscimento della signoria universale di Gesù Cristo,
che riceve lomaggio di tutto il creato, visto come un suddito
prostrato ai suoi piedi. Dallaltro lato, però, lacclamazione
di fede dichiara Cristo sussistente nella forma o condizione
divina, presentandolo quindi come degno di adorazione.
Il compimento
della salvezza
In questo inno il riferimento
allo scandalo della croce (cf 1 Cor 1,23), e prima ancora alla
vera umanità del Verbo fatto carne (cf Gv 1,14), si intreccia
e culmina con levento della Risurrezione. Allobbedienza
sacrificale del Figlio segue la risposta glorificatrice del Padre,
cui si unisce ladorazione da parte dellumanità
e del creato.
La singolarità di Cristo
emerge dalla sua funzione di Signore del mondo redento, che Gli
è stata conferita a motivo della sua obbedienza perfetta
«fino alla morte». Il progetto di salvezza ha nel
Figlio il suo pieno compimento e i fedeli sono invitati
soprattutto nella liturgia a proclamarlo e a viverne i
frutti. Questa è la meta a cui ci conduce linno
cristologico che da secoli la Chiesa medita, canta e considera
guida di vita: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che
furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5).
La tenerezza
di Cristo
Affidiamoci ora alla meditazione
che San
Gregorio Nazianzeno
ha intessuto sapientemente sul nostro inno. In un carme in onore
di Cristo il grande Dottore della Chiesa del IV secolo dichiara
che Gesù Cristo
«non
si spogliò di nessuna parte costitutiva della sua natura
divina, e ciò nonostante mi salvò come un guaritore
che si china sulle fetide ferite... Era della stirpe di David,
ma fu il creatore di Adamo. Portava la carne, ma era anche estraneo
al corpo. Fu generato da una madre, ma da una madre vergine;
era circoscritto, ma era anche immenso. E lo accolse una mangiatoia,
ma una stella fece da guida ai Magi, che arrivarono portandogli
dei doni e davanti a lui piegarono le ginocchia.
Come un mortale
venne alla lotta con il demonio, ma, invincibile comera,
superò il tentatore con un triplice combattimento... Fu
vittima, ma anche sommo sacerdote; fu sacrificatore, eppure era
Dio. Offrì a Dio il suo sangue, e in tal modo purificò
tutto il mondo. Una croce lo tenne sollevato da terra, ma rimase
confitto ai chiodi il peccato...
Andò
dai morti, ma risorse dallinferno e risuscitò molti
che erano morti. Il primo avvenimento è proprio della
miseria umana, ma il secondo si addice alla ricchezza dellessere
incorporeo... Quella forma terrena lassunse su di sé
il Figlio immortale, perché egli ti vuol bene» (Carmina
arcana, 2: Collana di Testi Patristici, LVIII, Roma 1986, pp.
236-238).
Alla fine di questa meditazione
vorrei per la nostra vita sottolineare due parole: questo ammonimento
di San
Paolo: Abbiate
in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù.
Imparare, sentire come sentiva Gesù, conformare il nostro
modo di pensare, di decidere, di agire con i sentimenti di Gesù.
Se prendiamo questa strada, viviamo bene e prendiamo la strada
giusta. Laltra è la parola di San Gregorio Nazianzeno: Egli, Gesù, ti vuol
bene. Questa parola di tenerezza è per noi una grande
consolazione, un conforto e anche una grande responsabilità
giorno per giorno.
Benedetto XVI
LOsservatore
Romano, 27-10-2005
IMMAGINI:
1 ©
Elledici / G. Pera / Con la sua Risurrezione, Cristo diventa
Signore universale e instaura il suo
Regno di vita.
2 © Elledici / G. Pera. / Cristo Risorto
discende agli Inferi per salvare tutti.
RIVISTA
MARIA AUSILIATRICE 2006 - 4
VISITA Nr.