MUSICA E CANTO
COME ESPRESSIONI DI FEDE

Il dramma liturgico

Per approfondire il discorso iniziato nei numeri precedenti relativo alla presenza di Maria nella musica, occorre ora considerare la presenza dello spirito religioso nell’universo musicale. Sono stati accostati molti dei melodrammi nei quali Maria è invocata come protettrice e soccorritrice: molti, cioè non tutti. Maria infatti è celebrata e venerata in un numero ben maggiore di opere, ma l’estrema difficoltà di reperire i libretti rende impossibile conoscere le rime. Dalla presenza di Maria nella musica, e quindi dallo spirito religioso di cui la musica è animata in modo più o meno vivo, discendono due importanti dati di fatto. Anzitutto la funzione popolare della musica, come mezzo di espressione dei più reconditi e sinceri sentimenti dell’animo umano.

La religione, intesa come legame necessario con la divinità, trova, nel dato sensibile musicale e canoro, una delle sue espressioni più autentiche e forti. La musica e il canto costituiscono sempre, in se stessi, la traduzione dell’emozione dell’animo, e quindi la traduzione della gioia dell’incontro, della sofferenza della delusione, della pena della perdita. Si pensi ai tanti cantici dei patriarchi dell’Antico Testamento: Mosè, con il suo cantico di vittoria, Davide con i suoi arpeggi di festa di amarezza, i salmi con le loro celebrazioni o i loro lamenti o gemiti. Maria stessa manifesta la sua gioia con il cantico del Magnificat.
Il canto, reso “ufficiale” dall’arte, e quindi innalzato al regno di questa, acquista così, sostenuto dal suono dello strumento, la funzione della manifestazione dei sentimenti dell’animo, superando non di rado la parola stessa.
Il secondo dato riguarda il “luogo” di nascita del suono musicale e canoro: quale è, in altri termini, il contesto in cui sorge la prima espressione canora umana (il riferimento cronologico è ovviamente dopo Cristo)?

Il contesto è quello liturgico. Il terreno, quindi, di nascita del canto è il terreno religioso. D’altra parte, quale forma di religione, per quanto primitiva e abbozzata, non ricorre al suono o della voce o di uno strumento, sia pur rudimentale? Perciò, unendo tali due dati, risulta evidente come il canto sia l’espressione popolare, o meglio universale, del sentimento più intimo e connaturale dell’animo umano: la religiosità. Si pensi a quello che sovente (e a buon diritto) si definisce il “santo della fratellanza umana”, San Francesco d’Assisi: il canto era per lui parte integrante e irrinunciabile della preghiera e della stessa fede. Il canto è gioia, e quindi non proviene che dalla fede; il canto è forza, e quindi proviene dalla vittoria sul male; il canto è celebrazione, e quindi solennizza, in modo sensibile, ciò che sfugge al vincolo del senso.

Dai tempi dell’austero repertorio liturgico di San Gregorio Magno (papa dal 590 al 604) al secolo XX è un succedersi ininterrotto di composizioni per musica e canto che possono distinguersi in “musica sacra” e “profana”. La prima è costituita, in senso stretto, dalle composizioni concepite per il servizio liturgico; a rigore sono escluse quindi dalla musica sacra tutte quelle opere (sacre rappresentazioni, laudi, madrigali e cantate spirituali, oratori ecc.) che, pur rispondendo a fini devozionali o spirituali, non sono state originariamente concepite come momenti integranti di una liturgia.

Tuttavia la profonda evoluzione e trasformazione che la musica sacra ha subìto negli ultimi secoli e segnatamente ai giorni nostri (dopo il Vaticano II) ha fatto sì che questa distinzione abbia trovato e trovi solo un riscontro parziale sul piano concreto: è frequente infatti la fruizione in sede esclusivamente concertistica di pagine “sacre”, così come l’utilizzazione liturgica di musiche solo genericamente “religiose”. Così un capolavoro come la Messa di requiem di Verdi (1874), che rientra nell’area delle “composizioni religiose” venga abitualmente rappresentata in teatro, mentre l’oratorio La risurrezione di Cristo (1898) di L. Perosi venga considerata musica sacra e rappresentata nelle chiese. Per “musica profana” si intende tutto il patrimonio musicale di ogni cultura e di ogni tempo nel quale, comunque, ben di rado è del tutto assente un riferimento sia pur breve alla religione.

Come e dove nasce la musica?

Da quanto è stato detto, la musica nasce in àmbito religioso. L’onestà culturale non permette di contestare tale affermazione. Da quando l’uomo ha scoperto la possibilità di trarre dei suoni più o meno melodiosi mediante un qualche, sia pur rudimentale, sistema, lo ha fatto per celebrare il “mysterium”, un qualcosa che egli stesso non conosceva eppure avvertiva. Neppure vedeva o udiva, ma era come affascinato dalla presenza impalpabile. Poteva anche essere l’attrazione fisica, l’eros del quale con estrema chiarezza Benedetto XVI indica l’importanza e il limite (nn. 4-5 dell’enciclica Deus caritas est), poteva essere un sentimento di gioia, di gratitudine, di pena.

L’autore di tali sentimenti, però, era l’Onnipotente, che, con il suo Spirito, infondeva nell’uomo – il quale, dall’Onnipotente stesso, aveva appena ricevuto il dono di distinguere l’utilità di un oggetto qualunque – il desiderio incoercibile di relazionarsi con se stesso e con gli altri umani in modo diverso da quello esclusivamente mimico. Da quel momento nascono la comunicazione attraverso la parola, la musica, il canto. Ed ecco dunque la musica celebrare la gioia dell’incontro: e non è inappropriato pensare alla storia della musica come al mito di Arianna e di Teseo (musica e parola). Arianna (la musica), innamorata di Teseo (la parola), inaugura con lui un legame intenso e duraturo e dà così origine al canto. Arianna non teme di sfidare il pericolo per aiutare l’amato ad uscire dai meandri sacrificali del palazzo (il sacro), lo sostiene contro le insidie del labirinto e gli fa rivedere la luce, dopo la vittoria faticosa sul Minotauro (liturgia).
Così, in àmbito primitivo, pagano o sacro (vedi i cantici di Mosè e degli altri profeti), luogo di origine di musica e canto è il luogo dello spirito.

Il dramma liturgico

Se dunque il luogo di origine della musica è lo spirito, nell’epoca cristiana l’assemblea liturgica ne diventa luogo di esecuzione. La liturgia diventa allora precedente storico – remoto – del melodramma. Si può allora parlare di “dramma liturgico”? In realtà, il dramma diviene liturgico solo di nome, perché mai costituì parte della liturgia. Soltanto nel Medioevo il dramma venne ad assumere qualche connotato liturgico, come dramma sacro, ma assumendo in pari tempo le caratteristiche del teatro musicale vero e proprio. Né mai vi fu bisogno di inserire nella liturgia un dramma cantato, perché già i rituali, gli stessi arredi sacri, la partecipazione corale dei fedeli (volesse il Cielo che questa fosse altrettanto viva anche oggi!) creavano essi stessi un’atmosfera di dinamismo e di spiritualità drammatica.

La musica e il canto vengono perciò ad innestarsi nella liturgia ma esclusivamente per abbellirla, per solennizzarla, per renderla ancora più vicina alla partecipazione personale e viva dei fedeli. Per il vero teatro occorrevano testi e musiche di specifica invenzione, non essendo pensabile, se non eccezionalmente, un’utilizzazione scenica del testo sacro. Dalle brevi battute scambiate tra l’angelo e le umili donne venute coi loro aromi al sepolcro di Gesù per onorare il corpo di Colui che ormai apprendono risorto, proviene, probabilmente nel secolo X, grazie all’opera dei monaci benedettini, la prima azione scenica che rende omaggio alla festa più importante dell’anno liturgico: la Pasqua. Con la celebrazione eucaristica, però, non ha nulla a che fare.


Accanto al dramma pasquale, venne poi via via affiancandosi tutta una serie di drammi modellati sulla stessa falsariga. Si ebbero poi, con la diffusione e l’accoglienza dell’idea, cicli drammatici diversi a seconda dell’argomento. Al ciclo pasquale appartenevano anche i drammi dei discepoli di Emmaus, dell’Ascensione, di Pentecoste; si ebbero poi i cicli del Natale, quelli illustranti i miracoli di Gesù, la vita della Vergine, vari altri episodi biblici. Insomma, il secolo X segnò l’inizio della “rappresentazione sacra”, sempre e in ogni caso disgiunta dalla celebrazione eucaristica.
In altre parole, la musica sacra (o con intento religioso) procedette analogamente al presepio di San Francesco, il quale nulla volle aggiungere alla liturgia, ma soltanto aiutare la mente del fedele a guardare più in profondo nell’immensità del mistero.

In ogni caso la musica e il canto aiutano ad elevare la mente ad una prospettiva più elevata: l’arte è sempre espressione del divino. Gaetano Donizetti (1797-1848), musicista romantico, non certo tacciabile di bigottismo, sa esprimere l’incanto della fede con una delicatissima aria nell’opera Poliuto (1838). La protagonista femminile, Paolina, sposa del nobile pagano Poliuto, convertitosi al cristianesimo, si meraviglia ascoltando la preghiera dei correligionari del marito: hanno la forza di pregare anche per i nemici. Un sentimento mai avvertito investe la donna, che alla fine dell’opera sceglierà, con il marito, la morte nel circo pur di riconoscere come vera ed unica la fede nel Dio che ha creato e redento l’universo:

Di quai soavi lacrime
aspersa è la mia gota;
qual mi ricerca l’anima
dolce potenza ignota...

Somiglia alla speranza...
l’umana gioia avanza
par che dal ciglio infranto
mi cada un fosco vel!

Par che il devoto canto
ritrovi un’eco in ciel!

La semplicità di questi versi, per altro del valido poeta Salvatore Cammarano, autore di varie opere di Verdi, offre all’animo del credente un piccolo contributo di speranza. La gioia della scoperta di Dio, vissuta dalla protagonista, deve continuamente rivivere in noi che crediamo in Dio e continuamente lo cerchiamo, perché in Lui è la nostra unica e vera pace, la nostra unica fonte di sicurezza.
                                                                                 
 Franco Careglio OFM


IMMAGINI:
La musica sacra è quella musica che viene concepita ed utilizzata all’interno della sola celebrazione liturgica.
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Fin dalle origini dell’umanità, musica e canto sono espressioni dello spirito umano e manifestazione dell’incontro con il mondo divino.
3  Chiesa Maria Assunta, Duerstein, Austria / Non poche volte la stessa architettura delle chiese ha risposto alle esigenze della musica sacra, prevedendo luoghi appositi dove collocare gli strumenti e il coro.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2006 - 4
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