SALMO 134, 13-21:
DIO SOLO E' GRANDE

Signore, il tuo nome è per sempre;
Signore, il tuo ricordo per ogni generazione.
Il Signore guida il suo popolo,
si muove a pietà dei suoi servi.

Gli idoli dei popoli sono argento e oro,
opera delle mani dell’uomo.
Hanno bocca e non parlano;
hanno occhi e non vedono;
hanno orecchi e non odono;
non c’è respiro nella loro bocca.

Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida.

Benedici il Signore, casa d’Israele;
benedici il Signore, casa di Aronne;
Benedici il Signore, casa di Levi;
voi che temete il Signore, benedite il Signore.


Da Sion sia benedetto il Signore.
che abita a Gerusalemme. Alleluia.

Il Salmo 134, un canto dalla tonalità pasquale, ci è offerto dalla liturgia dei Vespri in due brani distinti. Quello che ora abbiamo ascoltato comprende la seconda parte (cf vv. 13-21), suggellata dall’alleluia, l’esclamazione di lode al Signore che aveva aperto il Salmo.

Dopo aver commemorato nella prima parte dell’inno l’evento dell’Esodo, cuore della celebrazione pasquale di Israele, ora il Salmista confronta in modo incisivo due diverse visioni religiose. Da un lato, si leva la figura del Dio vivente e personale che è al centro della fede autentica (cf vv. 13-14). La sua è una presenza efficace e salvifica; il Signore non è una realtà immobile e assente, ma una persona viva che “guida” i suoi fedeli, “muovendosi a pietà” di loro, sostenendoli con la sua potenza e il suo amore.

L’eterna tentazione

Dall’altro lato, ecco emergere l’idolatria (cf vv. 15-18), espressione di una religiosità deviata e ingannevole. Infatti, l’idolo altro non è che un’“opera delle mani dell’uomo”, un prodotto dei desideri umani; è quindi impotente a superare i limiti creaturali. Esso ha, sì, una forma umana con bocca, occhi, orecchi, gola, ma è inerte, senza vita, come accade appunto a una statua inanimata (cf Sal 113B,4-8).

Il destino di chi adora queste realtà morte è di diventare simile ad esse, impotente, fragile, inerte. In questi versetti è limpidamente rappresentata l’eterna tentazione dell’uomo di cercare salvezza nell’“opera delle sue mani”, ponendo speranza nella ricchezza, nel potere, nel successo, nella materia.

Purtroppo a lui accade quello che già descriveva in modo efficace il profeta Isaia: «Si pasce di cenere, ha un cuore illuso che lo travia; egli non sa liberarsene e dire: “Ciò che tengo in mano non è forse falso?”» (Is 44,20).

La benedizione corale

Il Salmo 134, dopo questa meditazione sulla vera e sulla falsa religione, sulla fede genuina nel Signore dell’universo e della storia e sull’idolatria, si conclude con una benedizione liturgica (cf vv. 19-21), che mette in scena una serie di figure presenti nel culto praticato nel tempio di Sion (cf Sal 113B,9-13).
Da tutta la comunità raccolta nel tempio sale a Dio creatore dell’universo e salvatore del suo popolo una benedizione corale, espressa nella diversità delle voci e nell’umiltà della fede. La liturgia è il luogo privilegiato per l’ascolto della Parola divina, che rende presenti gli atti salvifici del Signore, ma è pure l’ambito nel quale sale la preghiera comunitaria che celebra l’amore divino. Dio e uomo s’incontrano in un abbraccio di salvezza, che trova il suo compimento proprio nella celebrazione liturgica.

Respirare il profumo della fede

Commentando i versetti di questo Salmo riguardanti gli idoli e la somiglianza che assumono con loro quanti confidano in essi (cf Sal 134,15-18), Sant’Agostino fa osservare:

«In effetti – credetelo, fratelli – si incide in loro una certa somiglianza con i loro idoli: non certo nel loro corpo, ma nel loro uomo interiore.

Essi hanno orecchi, ma non odono quanto Dio loro grida: “Chi ha orecchi per intendere, intenda”. “Hanno occhi ma non vedono: hanno cioè gli occhi del corpo, ma non l’occhio della fede”.

E allo stesso modo, “hanno narici ma non percepiscono odori. Non sono in grado di percepire quell’odore di cui l’Apostolo dice: Siamo il buon odore di Cristo in ogni luogo (cf 2 Cor 2,15). Che vantaggio è per loro avere le narici, se con esse non riescono a respirare il soave profumo di Cristo?”.

È vero, riconosce Agostino, permangono ancora persone legate all’idolatria;

“ogni giorno c’è però della gente che, convinta dai miracoli di Cristo Signore, abbraccia la fede. Ogni giorno si aprono occhi ai ciechi e orecchi ai sordi, cominciano a respirare narici prima bloccate, si sciolgono le lingue dei muti, si consolidano gli arti dei paralitici, si raddrizzano i piedi agli storpi. Da tutte queste pietre escono fuori figli d’Abramo” (cf Mt 3,9).

Si dica pure, quindi, a tutti costoro: “Casa d’Israele, benedici il Signore”... Benedite il Signore, voi popoli in genere! Questo significa “Casa d’Israele”. Beneditelo, voi o presuli della Chiesa! Questo significa “Casa di Aronne”. Beneditelo, voi ministri! Questo significa “Casa di Levi”. E delle altre nazioni che dire? “Voi che temete il Signore, benedite il Signore”» (Esposizione sul Salmo 134, 24-25, Nuova Biblioteca Agostiniana, XXVIII, Roma 1977, pp. 375-377).

                                                                Benedetto XVI
                                                   L’Osservatore Romano, 6-10-2005
                                                                 
 


IMMAGINI:
1-2  Continuamente Dio mantiene in vita la sua creazione e la sostiene col suo sguardo amoroso e benevolo.
Gli idoli non hanno vita, sono espressione della vacuità delle illusioni umane, che ieri come oggi, ottenebrano la mente dell’uomo.

RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2006 - 8
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