LE PARABOLE / 8:
    
LA PARABOLA
   DEL BANCHETTO NUZIALE

La parabola del banchetto nuziale è giunta a noi attraverso i Vangeli di Matteo (22,1-14) e di Luca (14,16-24). Mentre Luca si sofferma di più sui motivi del rifiuto degli invitati al banchetto, Matteo aggiunge il particolare dell’abito di nozze.

La prima riflessione da fare riguarda la figura del re che “fece un banchetto di nozze per suo figlio”. Un re esigente, che vuole ad ogni costo che la sala del banchetto sia piena di invitati e che tutti indossino l’abito di nozze.

Se, sulle prime, giudichiamo il re come un uomo orgoglioso e collerico, a ben rifletterci arriviamo invece a comprendere che il re (immagine di Dio Padre che manda il Figlio Suo sulla terra a farsi uomo, sposando così l’umanità intera) è immagine di Dio, esigentissimo nel senso che vuole fare degli esseri umani uno stuolo immenso di Suoi figli e che pertanto li vuole il più possibile simili a Gesù:

nella grazia, nell’amore, nella pace e nella gioia! Dio non ha creato il mondo e gli uomini solo per realizzare un progetto, sia pure stupendo, ma terra-terra (dall’umile lavoro dei campi alla costruzione di case e di città... fino alle scoperte scientifiche, astronomiche, elettroniche, nucleari... e alle tecniche più avanzate). Dio ha creato, per fare partecipe della Sua Sapienza, della Sua Verità, della Sua Gioia divina una creatura che – diventando sua figlia – potesse condividere eternamente il Suo stesso Amore!

Sì, la parabola mette in evidenza innanzitutto le nozze del Figlio Gesù con l’umanità intera: Dio Padre ha voluto che gli uomini, chiamati a diventare Suoi figli, vedessero incarnata nel Figlio stesso di Dio, fatto Uomo, una immagine la più sublime del Suo infinito Amore. Gesù dirà: «Chi vede Me vede il Padre» (Gv 14,9); abbiamo quindi in Gesù Uomo l’immagine più vicina a Dio e – che gioia! – al nostro destino ultraterreno.

In Gesù, Figlio di Dio fatto Uomo, abbiamo il punto culminante della “chiamata” di Dio rivolta all’uomo, all’umanità. Tutti siamo chiamati: chiamati da Dio, sia pure attraverso i suoi ministri, i profeti di Israele prima, e gli apostoli poi (e oggi, i pastori della Chiesa). Questa chiamata è ininterrotta e risuona anche – e in modo stupendo – attraverso le pagine dei Vangeli, le azioni e le parole di Gesù Cristo.

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Ma quanto poco, oggi, questa chiamata è ascoltata... Tantissimi cristiani, battezzati, badano più ai loro affari che non ad ascoltare e meditare le parole di Gesù. Quasi tutti i cristiani possiedono il Vangelo, ma quanto pochi lo leggono... anzi: pochissimi si fermano a meditarlo e ad approfondirlo con amore, con desiderio!

Molti cristiani – chiamati con termine antipatico praticanti – vedono la vita cristiana semplicemente come una “dottrina di verità da credere e di doveri da compiere” e non sanno andare più in là: non cercano appassionatamente Gesù, per vivere con Lui la stupenda gioia della festa di nozze, per entrare in Gesù, nei suoi sentimenti, per condividere il più possibile la Sua coscienza di Figlio del Padre e di nostro Fratello! Gesù ha parlato chiaro: tutta l’opera della creazione e della redenzione sfocia nella Festa di Dio, nella Festa di Dio con tutti noi!

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L’immagine più stupenda – quaggiù in terra – della Festa di Dio e di Gesù è la Santissima Eucaristia (ridotta, purtroppo, per tanti a un semplice e arido precetto domenicale... È vero, tante volte le Eucaristie della domenica si riducono al “rito”, e questo a un monologo del sacerdote celebrante davanti a una folla, più o meno numerosa, di ascoltatori, che restano però chiusi nel loro individualismo e sentono poco o nulla la gioia del “fare festa” tutti insieme attorno a Gesù, lo Sposo!

Nella parabola, Gesù ha voluto indicare – negli invitati che hanno rifiutato l’invito al banchetto – il popolo di Israele che Lo ha respinto, e nei successivi invitati (raccolti dai crocicchi delle strade... buoni e cattivi) i popoli pagani. E – attraverso la risposta positiva dei pagani – il Vangelo è arrivato fino a noi: grazie, Gesù!

Ma c’è ancora un altro aspetto, che nella parabola non è messo in evidenza, perché aveva ancora da giungere l’“Ora” di Gesù. Gli animali uccisi per formare il pasto da consumare nel banchetto di nozze raffigurano la Vittima Gesù: Dio ci ha tanto amato che – per poter purificare i nostri sentimenti e, prima ancora, per aiutarci al pentimento nel profondo dei nostri cuori – ha voluto donarci il Suo stesso Figlio Gesù (fatto uomo apposta per questo), perché noi potessimo offrirGlielo come la “Vittima pura, santa e immacolata, Pane santo di Vita eterna e Calice di eterna salvezza”!
Non si pensi che Dio volesse la morte del Suo Figlio per sentirsi ripagato delle nostre offese: Dio Padre e il Figlio Gesù hanno voluto darci la misura (infinita!) del Suo Amore!

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Arriviamo pertanto ad alcune conclusioni pratiche, sulle quali siamo chiamati a soffermarci spesso e in profondità. Innanzitutto, la necessità che la figura di Gesù splenda sempre di più nei nostri cuori. Il cristiano è prima di tutto – per essenza – un salvato da Gesù, e quindi un innamorato di Gesù! Il vero cristiano cerca Gesù ogni giorno, non ne può fare a meno; fa consistere la sua preghiera prima di tutto nell’ascolto della parola di Gesù, meditandola fino a entrare nei Suoi stessi sentimenti.

Questa unione con Gesù si estende poi verso due orizzonti: il primo orizzonte è l’Eucaristia, attraverso la quale si diventa una sola cosa con Lui; il secondo orizzonte è il nostro prossimo, a cominciare dai poveri, dai sofferenti, dagli emarginati, servendo i quali si serve Gesù stesso (come ci insegna il cap. 25 di Matteo).

Concludendo:

vediamo sempre la nostra fede, l’impegno cristiano, la preghiera e i sacramenti, la vita comunitaria della Chiesa come il nostro modo quotidiano di partecipare con gioia e con frutto al banchetto di nozze. Non potevi, Gesù, insegnarci meglio a vedere e vivere sempre così la nostra vocazione cristiana... per rispondere generosamente alle tue continue chiamate!
                                                                       
 Don Rodolfo Reviglio


IMMAGINI:
1  © Elledici / Severino Fabris / Ricostruzione della celebrazione di un matrimonio secondo le tradizioni ebraiche al tempo di Gesù. Le nozze erano la festa per eccellenza della vita di un individuo. Gesù stesso ha usato sovente questa immagine per indicare il Regno dei Cieli.
© Elledici / Guerrino Pera / Tutti gli invitati giungono a mani vuote, perché sono poveri, ma portano la gioia della loro riconoscenza per essere stati invitati alle nozze, anche se indegni. Questo è l’abito nuovo che dobbiamo indossare per essere meno indegni di sedere al banchetto nuziale di Gesù.


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2006 - 9
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