|   HOME PAGE - ITALIANO   FORMAZIONE CRISTIANA  | FORMAZIONE MARIANA | INFO VALDOCCO  |


     MEDITAZIONE:
   
IL PECCATO E LA CONFESSIONE

Nel testo “Sacramentum Caritatis” del 22 febbraio 2007, il Santo Padre sottolineava la profonda relazione tra l’Eucarestia e il Sacramento della Riconciliazione. Egli parte dal fatto che, per accostarsi alla Santa Comunione, è necessario essere in grazia di Dio, e quindi, almeno consapevolmente, non dobbiamo avere peccati gravi che non siano stati perdonati.

Appare quindi la necessità di riscoprire il senso del peccato: se lo si cancella, si ha una certa superficialità nell’intendere l’amore stesso di Dio (n. 20): è un’ipocrisia credersi uniti a Cristo, anche se il nostro cuore rimane distante da Lui e dalla Sua Parola.

Cos’è il peccato?

Non si tratta della trasgressione di un comando arbitrario o di una semplice usanza sociale; non si tratta neppure di un furto ai danni di Dio, o di un affronto verso un re intollerante...
Il peccato è un’azione libera e consapevole, che è cattiva non soltanto per il motivo che Dio la proibisce, ma prima ancora perché di natura sua, porta alla distruzione dell’uomo!
Ed è un’azione distruttiva perché nasce dall’egoismo ed esclude l’amore.
E proprio perché distruttiva per l’uomo, il Padre, che ama davvero i suoi figli, la segnala alla nostra coscienza perché non la compiamo, perché non ci facciamo del male: infatti nessuno conosce l’uomo così bene, come il suo inventore!

Ecco i primi capitoli del libro della Genesi, dove si presentano i peccati iniziali dell’umanità: quando l’uomo vuol fare di testa sua, quando non si fida di Colui che lo capisce e lo ama, il mondo cessa di essere un paradiso, e diventa un inferno! E non è certo Dio che crea il dolore e la morte: essi compaiono spontaneamente, come frutto naturale del peccato...
È quello che la Bibbia ci dice anche nel libro di Giobbe: il peccato non colpisce direttamente Dio, ma colpisce il peccatore stesso e l’intera umanità! E solo così colpisce Dio: come può essere ferita una mamma, per la sciagura dei suoi figli.

Ebbene il peccato, in ogni caso, è un attentato verso gli altri. Fare il male è sempre far male a qualcuno... anzi, far male a tutti! Tanto che all’inizio della Messa diciamo: “Confesso a Dio onnipotente... e a voi fratelli”.
Alcuni peccati sono più evidentemente a danno del prossimo, come l’omicidio, il furto ed altri. Ma anche i peccati più intimi e nascosti, quando sono davvero peccati, non possono dirsi “affari personali” o “mancanze private”, perché orientano ad agire contro gli altri, o a disinteressarsi di loro: per esempio, l’egoismo, la sensualità sfrenata, la pigrizia che sviluppiamo in noi c’impediranno di cogliere il bisogno di un fratello. Il nostro impoverimento di valori ci rende meno capaci di comprendere gli altri e meno disponibili a donare!

Anche quello che potrebbe sembrare un no rivolto soltanto a Dio (come l’opposizione alla verità conosciuta, il disinteresse alla preghiera, la bestemmia e così via) diventa in realtà un no ai fratelli, perché è un distacco dalla fonte dell’amore, è un nostro trasformarci in canne vuote che non portano acqua... e questo, spesso, lo si può subito sperimentare: un maggiore contatto con Dio comporta facilmente una maggiore o minore generosità con gli altri!

E poi il peccato, è un far male a noi stessi, anzi è soprattutto un far male a noi stessi: perché il peccato è un no all’amore, e quindi un no all’unico senso della nostra vita, al nostro destino nella famiglia dell’amore! «Chi vuol salvare la propria vita (con il suo egoismo), la “perde”, dice Gesù!».
Le conseguenze estreme di questa distruttività del peccato, soprattutto per chi lo compie, si manifestano con la possibilità dell’inferno. Ricordiamoci ancora che non è Dio che crea l’inferno, non è Dio che vi condanna il peccatore: è il peccatore che può costruirsi il suo inferno, mattone per mattone, murandovisi dentro a poco a poco appunto con il suo peccato; l’inferno è la possibile radicalizzazione di quell’esperienza umana che dal peccato porta al fallimento e all’infelicità!

La conversione

Se il peccato colpisce Dio non per se stesso, ma perché Egli ci ama come una mamma, e non vuole che noi ci distruggiamo; anche la sua guerra al peccato è dettata soltanto dall’amore: Dio non vuole la morte, ma la vita di chi ha peccato; Cristo non è venuto per condannare, ma per salvare (Lc 9,56).
Ma come ci salva il Signore dai nostri peccati?
Anzitutto, Egli ci illumina, facendoci capire tutto il rischio che noi corriamo con le nostre scelte negative: e ce lo fa capire non certo per colpevolizzarci, ma perché cerchiamo la strada che porta alla vita.

E poi, Egli ci vuol perdonare. Ma che cosa significa il suo perdono? Egli ci ama sempre, anche quando lo offendiamo: è come il sole, che irraggia sempre luce e calore, anche se noi ci nascondiamo tra le grotte. Quindi perdono di Dio non significa che Egli cambi atteggiamenti nei nostri confronti, ma significa che Egli, dopo aver sempre continuato ad amarci, è riuscito a far breccia nel nostro cuore, così che noi, rispondendo liberamente al suo continuo invito, cambiamo atteggiamento nei suoi confronti e nei confronti del prossimo, passando dall’egoismo all’amore, e lasciandoci finalmente penetrare da Lui!

Stando così le cose, non ci può essere perdono senza la nostra conversione, una conversione suscitata da Dio stesso, ma accolta liberamente da noi. Chi non vuol convertirsi, non si lascia salvare da Dio; chi invece accetta di convertirsi, si lascia salvare: e allora tutti i danni si aggiustano, subito i danni più gravi, a poco a poco tutti gli altri, personali e sociali.

Ma è proprio il danno sociale arrecato dal peccato, che richiede l’aspetto sociale della conversione!
Molti cristiani dicono: perché occorre confessarsi per essere perdonati? Non basterebbe intendersela personalmente con Dio?
Certo, basterebbe intendersela personalmente con Lui, se il peccato fosse un affare privato tra noi e Lui. Ma abbiamo visto precedentemente che il peccato colpisce Dio solo indirettamente, solo in quanto danneggia i suoi figli, che Egli ama immensamente. Così, come raggiungiamo Dio soltanto attraverso i fratelli nel nostro peccato, così raggiungiamo Dio soltanto attraverso i fratelli nella nostra conversione.
E allora sì che si capisce perché Gesù ha detto agli Apostoli: “Ricevete Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” (Gv 20,22s).

Naturalmente, quando la Confessione diventasse impossibile e la Comunione urgente, basta un atto di contrizione, di un autentico atto d’amore verso Dio perché lo possiamo ritrovare (cf Codice di Diritto Canonico, 916): la misericordia di Dio è senza fine, ed è Lui che desidera incontrarci prima ancora che lo desideriamo noi!
Per questo la Chiesa Cattolica richiede la Confessione quando è possibile: come segno della nostra conversione all’amore dei fratelli, e quindi di Dio.

Ma molti si chiedono: il confessore non è un uomo come noi, povero e peccatore come noi? Proprio per questo! Perché il sacerdote rappresenta sì il Signore, ma rappresenta anche tutti quegli uomini che abbiamo ferito con il nostro peccato!

Dunque, se il peccato è il danno più grave che possiamo arrecare a noi stessi e al mondo intero, la conversione (generalmente manifestata dalla Confessione sacramentale) è l’atto più costruttivo di tutti!
Così la Comunione eucaristica diventa autentica, e completa la nostra unione con Dio; quel Dio che da sempre ci aspettava, che da sempre ci sognava con infinita tenerezza!

                                                                          Antonio Rudoni sdb


 IMMAGINI:
1 Il peccato non colpisce Dio, ma l’uomo e l’intera umanità. Per questo è sempre un abbassamento della dignità umana e una limitazione alla gioia.
Il ritorno del figliol prodigo, (c. 1669), Rembrandt Harmenszoon van Rijn - L’Ermitage, San Pietroburgo (Russia). / La conversione è un ritorno sincero all’amore del Padre, un gettarsi fra le sue braccia, dichiarando la propria incapacità a vivere l’amore autentico, implorando la grazia divina necessaria per vivere autenticamente da figli.
3  La preghiera nella forma comunitaria o privata è un grande aiuto per mantenere vivo il desiderio di non allontanarsi dalla grazia di Dio.


         RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2008 - 2  
          |  HOME PAGE - ITALIANO   FORMAZIONE CRISTIANA  | FORMAZIONE MARIANA  | INFO VALDOCCO  |
     

         VISITA Nr.