VITA LITURGICA
NEL CUORE DI GESU'
Il Cuore di
Cristo è simbolo dellamore misericordioso con cui
Dio ha amato luomo. È la storia dellamore
divino che trova il suo apice nella manifestazione del Cuore
di Cristo. E precisamente questa storia dellamore divino
forma loggetto del culto e della spiritualità del
Cuore di Cristo.
Lamore
nel linguaggio biblico
Il verbo amare,
in greco agapan, nella Bibbia subisce un originale salto semantico
rispetto al greco classico, dove ha il vago significato di «riverire
con affetto, prendersi cura». Nella traduzione dei LXX
e poi nel Nuovo Testamento acquista invece il significato di
«amare gratuitamente e per traboccamento». Ma
di quale amore si tratta?
Lamore
agapico si differenzia sia da quello erotico (eros), in quanto
non è mosso da concupiscenza, sia da quello amicale (philìa),
poiché non è motivato da alcun titolo inerente
allamato.
Inoltre non
è possibile restringere lamore agapico nemmeno ad
un mero concetto di virtù fosse anche la massima (Col
3,14). Inoltre, lagape non indica solo una qualità
dei rapporti umani. Il termine agape rimanda alla fondazione
di un linguaggio nuovo che non si lascia circoscrivere nei termini
del vocabolario umano.
Di questo è
ben cosciente San Paolo quando nellinno dellagape
paragona la terminologia umana dellamore al balbettare
di un bambino (cf 1 Cor 13,11). Egli non sa far altro che elencare
quindici qualità dellagire umano che rimandano allagape
ma senza esaurirla (cf 1 Cor 13,4-7).
Infatti lagape
è una realtà che per natura sua partecipa alla
stessa ricchezza di Dio, anzi, è il suo stesso essere,
di cui, nella storia umana, non è possibile cogliere che
un frammento.
Solo Gesù
rivela il Padre
L«agape
di Dio» ovvero «les­sere stesso di Dio
come amore» è anche il luogo teologico che rende
possibile ogni sua comprensione: «Lui è lamore
e soltanto nellamore e quindi nella libertà può
essere concepito». Infatti, rivelando il suo volto, Dio
stabilisce anche le regole del nostro rapporto con lui che caratterizzano
dinamicamente il nostro modo di pensare e parlare di Dio.
Ora, poiché
Dio si è rivelato una volta per sempre in Gesù
Cristo, Lui è lautocomunicazione di Dio in persona,
ed è quindi nello stesso tempo lunico cammino possibile
(odos) per giungere a Dio.
La «logica»
dellamore agapico, che è logica di un amore che
si fa condiscendenza, umiliazione e kenosi, diventa così
la «forma di rivelazione» che regola la comprensione
cristiana della fede e della teologia a partire dalla storia
concreta di Gesù Cristo culminante con la sua morte di
croce.
In Gesù
si penetra nella inaccessibilità divina, poiché
«Dio non lo ha mai veduto nessuno: lunico Figlio,
che vive nel
seno del Padre, lui ce ne ha dato notizia» (Gv 1,18), ci
ha dato la rivelazione piena e definitiva di un Dio che: «...
ha tanto amato il mondo da dare il Figlio suo, lUnigenito,
perché chiunque crede in lui non perisca ma abbia la vita
eterna» (Gv 3,16).
È questa
la suprema manifestazione dellamore del Padre (1 Gv 4,9-10)
per la quale è possibile dire che Dio è per definizione
amore (1 Gv 4,8.16).
Dalla manifestazione
storica, dal farsi presente nella carne di Cristo della realtà
divina dellamore, è possibile risalire a scandagliare
lessere profondo del Padre, scoprendo che lamore
da lui rivelato nella storia rappresenta non un momento periferico
della sua personalità, né un additivo complementare
ma la sua qualifica profonda.
Limmagine
del cuore
Il cuore ha
sempre riunito in sé un doppio simbolismo: uno naturale
e uno culturale. Le palpitazioni cardiache sono il sintomo fisiologico
di uno stato emozionale. Questa comune esperienza fa vedere il
cuore come sede della volontà, del coraggio e soprattutto
dellamore, con riferimento però più allaspetto
attivo della vita affettiva, che a quello recettivo e passivo.
Tutto ciò
indica il legame che si percepisce tra lemozione affettiva
e la reazione corporale. Così la parola cuore soprattutto
in una cultura prescientifica non significa lorgano
anatomico, né laffetto interiorizzato dellamore,
bensì la relazione che si stabilisce fra i due, cioè
il fatto sperimentale che un sentimento ha una ripercussione
interiore sul corpo.
A partire dal
Rinascimento con lo sviluppo delle scienze anatomiche e fisiologiche
si nota un cambiamento nelluso della metafora del cuore
ed il primo significato della parola cuore diventa quello anatomico
mentre il secondo continua ad evocare lidea di un centro
che dallinterno mette in relazione, unendoli, i due aspetti,
corporale e morale (o affettivo) dellesperienza umana.
Quanto detto
è più che confermato dalla ricerca biblica la quale
mostra quanto fosse diverso nellantico Oriente il senso
del termine «cuore» rispetto al significato nella
nostra cultura occidentale.
Nella Bibbia
il cuore non è una parte delluomo, ma la persona
tutta intera, colta nella sua unità (corpo e spirito)
e nel suo centro decisionale. Il cuore è il centro delluomo,
la relazione concreta, morale e fisica, che unisce a Dio e ai
fratelli; la capacità di amare, sorgente della comunione
con Dio, con gli altri e se stessi.
Il cuore è linteriore nascosto che si manifesta,
si intravede con la figurazione dellesteriore aperto, il
costato. Figure privilegiate per indicare il cuore infatti sono
sia la parte sulla quale riposa il discepolo amato, il seno,
sia costato aperto. Inoltre è da tenere presente la parziale
equivalenza e sinonimia tra i termini kardìa (cuore),
koilìa, (ventre, seno) e splànkna (interno delluomo,
viscere) riscontrabile nella Scrittura.
Oggi, nella
nostra cultura «cuore» indica affettività,
amore umano piuttosto sentimentale e sensuale, tenerezza. Una
visione, dunque, ristretta del cuore, rispetto a quella del mondo
biblico.
La Bibbia
e il cuore
Nella Bibbia
il cuore è anche sede delle funzioni intellettive ed il
luogo da cui viene il progettare e il volere. Per questo la Traduzione
dei LXX «interpreta» e traduce lêb (cuore)
con noûs (mente, intelletto) considerando le due parole
equivalenti.
Gli scrittori cristiani dei primi secoli conservano in linea
di massima un linguaggio biblico, anche riguardo alluso
della parola cuore.
Ma già
dal III secolo i Padri tentarono di spiegare intellettualisticamente
tutto ciò che trovavano di insolito nei sensi scritturistici
di kardia. Ciò nasceva dal bisogno e dallo sforzo di spiegare
il termine biblico a persone per le quali il cuore aveva un valore
solo fisiologico. Solo lo stoicismo considerava il cuore come
lorgano centrale (to eghemonikòn) della vita spirituale,
la sede della ragione, dalla quale promanano il sentire, il volere
ed il pensare.
Così
Origene condividendo questa dottrina per tali aspetti
molto vicina alluso biblico parla del «cuore»
del Signore come delleghemonikòn, della sua fonte
dei pensieri e della saggezza dalla quale luomo spirituale
deve «bere lacqua viva della sapienza»; e,
commentando il posar del capo dellapostolo Giovanni sul
petto di Gesù, scrive che «egli si trovava molto
vicino allintelletto del maestro e che più di ogni
altro poteva penetrare nellintimità della sua dottrina»
.
Queste idee
saranno riprese fedelmente da autori vicini al teologo alessandrino
come Gregorio Nisseno, Evagrio Pontico ed altri, e manterranno
un certo influsso tramite Ambrogio ed Agostino
sullintera mistica ed ascetica medievale.
Il cuore
nellepoca moderna
Alle porte
dellepoca moderna troviamo ancora nella metafora del cuore
elementi affettivi e intellettuali: essa poteva indicare nel
contempo lemotività (la comprensione del cuore come
simbolo dellamore) e linteriorità. Tale binomio
era dato dal fatto che la psicologia del tempo, probabilmente
sotto linflusso di uno stoicismo allora molto diffuso,
poneva le radici dellaffettività e dellamore
nella volontà considerata come una facoltà unica,
avente la sua sorgente nelle aspirazioni essenziali della nostra
natura ma che si determinano secondo la nostra ragione.
A questa complessa
concezione del termine «cuore», agli inizi del secolo
XVII, fa dunque appello la nozione di interiorità, e,
di conseguenza, parlare del «Cuore di Gesù»
significa parlare della sua interiorità. Infatti per diversi
autori spirituali dellepoca, come Pierre de Berulle e Giovanni Eudes, «Cuore di Gesù»
ed «interiorità di Gesù» sono considerati
come sinonimi. Le­spressione «interiorità
di Gesù» figura già in diversi scrittori
spirituali dei Paesi Bassi già fin dal XVII secolo. Essa
è intermediaria dellattenzione alla sua umanità
sofferente, in particolare nelle meditazioni della passione,
più che della psicologia di Cristo.
La corrente
della mistica renana, a sua volta, influenzerà la spiritualità
oratoriana. Gli autori dellOratorio di Gesù si soffermano
spesso a considerare le «actions intérieures et
spirituelles de lâme de Jésus», indugiando
non di rado nello psicologismo.
Se la ragion
dessere dei cristiani è imitare Cristo, ciò
vale soprattutto nellessere totalmente conformi alla sua
stessa interiorità, nelluniformarsi al suo cuore.
Il testo di Matteo: «... imparate da me che sono mite ed
umile di cuore» (Mt 11,29) diventa il topos maggiormente
frequentato da queste letture spirituali, e, meditando ed interrogandosi
in particolare sui sentimenti e le sofferenze interiori di Gesù
durante la passione, si cerca di compatire attraverso un approccio
mistico le stesse «pene intime» del suo Cuore. La
spiritualità del Cuore di Gesù assume così
i tratti di una spiritualità riparatrice.
Come ha
amato Gesù
Basilio e Giovanni
Damasceno affermano che gli affetti sensibili di Cristo furono
ad un tempo veri e santi. Ambrogio vede nellunione ipostatica
la sorgente delle affezioni e commozioni, cui andò soggetto
il Verbo di Dio fatto uomo ed Agostino coglie lintimo nesso
tra le affezioni sensibili del Verbo incarnato ed il fine della
redenzione umana.
Anche il Concilio Vaticano II, richiamandosi ai concili di Calcedonia,
Costantinopoli II e per due volte Costantinopoli III, ha approfondito
la comprensione della piena umanità di Gesù, «uomo
nuovo» utilizzando, fra laltro, il simbolismo del
cuore: «... con lincarnazione il Figlio di Dio si
è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani
duomo, ha pensato con mente duomo, ha agito con volontà
duomo, ha amato con cuore duomo».
Laver
«amato con cuore duomo» sottolinea il fatto
che Gesù anche come uomo ha amato il Padre, si è
sentito «figlio», ha obbedito, ha voluto la nostra
salvezza.
Ciò che i testi evangelici mettono sotto i nostri occhi
è lamore umano di Gesù; così avviene
della bontà che egli testimonia a Zaccheo (cf Lc 19,1-10)
ed alla peccatrice pentita (cf Lc 7,36-50), dellamicizia
manifestata in occasione della morte di Lazzaro (cf Gv 11,1-44),
della commozione di fronte alla madre che accompagna il figlio
unico alla tomba (cf Lc 7,13) e della «compassione per
le folle stanche e sfinite» (Mt 9,36), dellaffetto
con il quale abbraccia i bambini (cf Lc 18,15-17), e dei diversi
atteggiamenti di benevolenza verso coloro che incontra: in questi
rapporti Gesù ha dimostrato un amore attento, delicato
e pieno di tenerezza (Mc 10,21).
Anche lamore
rivolto al Padre, quale si esprime nel termine familiare «Abbà»,
è un amore umano. È vero che questo amore umano
rivela lamore divino, al punto che chi vede Gesù
vede il Padre (cf Gv 14,9): ma ciò che appare direttamente
è lamore umano. Non si ha dunque torto a parlare
del cuore umano di Cristo. Bisogna aggiungere che questo cuore
umano è quello di una persona divina: è la persona
del Figlio quella che ama, ed ama umanamente, il Padre e gli
uomini. La persona divina è il principio di un amore umano
e nonostante questo lumanità assunta dal Verbo non
è stata annientata, ma innalzata ad una dignità
sublime.
In realtà,
questo cuore umano, nellessere immagine della persona,
nel suo essere relazionale, nel suo singolare porsi di fronte
a Dio e ad ogni uomo, nella sua unica capacità di amare
in maniera assoluta, rivela «un nuovo carattere di umanità»
in cui il cuore, libero dal predominio di un io egocentrico,
dipenda da una nuova pienezza di essere: quella dellamore
che si espande sullaltro nel radicale dono di sé,
possibile solo perché Dio, Amore assoluto, vi ha fatto
irruzione in modo unico e sovrano.
È questa
la proposta di novità di vita, laltissima vocazione
che Cristo, nuovo Adamo, manifestando «il mistero del Padre
e del suo amore», rivela alluomo. In Cristo che è
«immagine del Dio invisibile» (Col 1,15; cf 2 Cor
4,4), «luomo perfetto che ha restituito ai figli
di Adamo la somiglianza con Dio», si dà la risposta
suprema che luomo, cor inquietum, non saprebbe dare. Così,
il mistero del cuore di Cristo è la risposta trascendente
di Dio al mistero del cuore delluomo.
Francesco Pignatelli
IMMAGINI:
1 Santa Margherita Maria
Alacoque (1647-1690), è liniziatrice del culto del
Sacro Cuore di Gesù, di cui si trovano le prime tracce
risalenti al 1200-1300 già nella mistica tedesca medioevale.
Nel 1920 si arrivò alla sua canonizzazione sotto il pontificato
di Benedetto XV. Particolare da rimarcare, il suo corpo è
conservato incorrotto.
2 Il cuore di Gesù è la manifestazione
del piano del Padre di rendere santi tutti gli uomini, rendendoli
suoi figli nel Figlio suo.
3 Affinché il culto del Cuore
di Gesù, penetri nella vita sociale dei popoli, iniziò,
su esortazione di Papa Pio IX del 1876, tutto un movimento di
Atti di consacrazione al Cuore di Gesù, a
partire dalla famiglia a quella di intere Nazioni ad opera di
Conferenze Episcopali, ma anche di illuminati e devoti governanti,
fra cui il presidente dellEcuador, Gabriel Garcia Moreno
(1821-1875).
4 Lamore rende le anime conformi. Così
amando il Cuore di Gesù si comprende anche lamore
di Maria che per amore dona al mondo il Figlio suo.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2008 - 6
Visita Nr.