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     BIBBIA E SPIRITUALITA': MEDITAZIONE
   LA BIBBIA E' UNA SOLA

La Chiesa ha sempre considerato la Bibbia come una sola opera: Dio è l’autore e l’ispiratore unico dei due Testamenti. Questa affermazione, così spesso ribadita dai Padri della Chiesa, il Vaticano II l’ha fatta sua (cf DV 16). E il documento del Vaticano II «Dei Verbum» parla dei mezzi da usare per ricavare il senso pieno, voluto dall’autore.

Come tutti i libri sacri dell’Antico e del Nuovo Testamento sono stati scritti per ispirazione dello Spirito Santo, così è chiaro che la Bibbia intera è un libro solo che ha la sua unità soprannaturale nello Spirito di Dio.
Il Concilio, dopo avere accennato all’unità e unicità della rivelazione, attraverso i due Testamenti e all’interdipendenza tematica fra loro, allude anche al fondamento di tale unità: Cristo e gli Apostoli hanno «integralmente assunto nella predicazione evangelica» i libri dell’Antica Alleanza, e il fatto che «Dio ha ispirato i libri dell’uno e dell’altro Testamento e ne è l’autore» (DV 16).

L’Incarnazione permette di capire la Bibbia

Da ciò ne segue che il credente, desideroso di leggere e interpretare la Parola di Dio nello Spirito Santo, non può prescindere dall’unità della Bibbia, e deve seguire l’azione della Parola lungo tutte le tappe della storia della salvezza, fino all’Incarnazione e trovare l’unità delle Scritture nel compimento del mistero di Dio, che è l’atto con cui Dio entra in comunione con l’uomo e lo unisce a sé (cf Ef 1,9;3,3.9). Questa realtà costituisce la vera esegesi.
È l’Incarnazione di Cristo infatti la chiave di volta, il principio di intelligibilità dell’Antico e del Nuovo Testamento. Per questo l’Antico non può essere isolato in se stesso ma sempre considerato alla luce di tutta la Bibbia e specie del Nuovo Testamento. Il Nuovo così è «l’esegesi spirituale» dell’Antico, perché il Nuovo continua, adempie e rivela l’Antico Testamento.

L’unità della Scrittura allora è garantita dall’unità dello Spirito, che realizza oggi quello che ieri aveva solo promesso e annunciato, che interpreta ora i testi come prima aveva ispirato gli agiografi. È su questa unità e correlazione reciproca fra i libri delle due alleanze, avvenute sempre nello Spirito, che si fonda un’esigenza di conoscenza e di contatto dell’intera Scrittura.

La dimensione ecclesiale

Il contenuto e l’unità della Scrittura si manifesta nello svolgersi organico e progressivo della storia della salvezza dall’AT al NT. Ma la storia non è sufficiente da sola a farci conoscere il suo senso: tutti gli eretici l’hanno invocata e coloro che si sono appellati ad essa non concordano tra loro. È necessario che il senso della Scrittura sia comunicato dallo Spirito di Dio, in un atto che, da parte sua, è Rivelazione e il cui frutto in noi è la conoscenza cristiana.

Il contenuto di questa intelligenza è il mistero cristiano come chiave dell’unità dei due Testamenti e dei diversi testi in ciascuno di essi. Si tratta cioè di saper fare una lettura cristologica anche dell’Antico e saper cogliere in testi particolari il loro senso nell’intera Scrittura.

Il luogo dell’azione, però, mediante la quale Dio si rivela e dà l’intelligenza della Parola è la Chiesa, formata da uomini che si convertono e aderiscono, attraverso la fede, a Cristo-Verità. Questo è un altro criterio teologico interpretativo della Scrittura. Dietro la Scrittura dunque si profila la Chiesa, il luogo naturale dove è sbocciata la prima testimonianza orale e scritta del Cristo-Risorto, dove si legge e si interpreta la Parola di Dio, perché sia annunciata e vissuta.

Nei riguardi del deposito della Parola (Tradizione e Scrittura) la Chiesa ha un compito complesso. Il Vaticano II lo precisa in tre momenti che colgono il senso profondo di esso: «Piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone» (DV 10).

E la funzione del Magistero? Il vero problema è distinguere la funzione primaria della Chiesa, vista come globalità e comunità, e la funzione specifica del Magistero, senza confondere Magistero e Chiesa.
Possiamo dire in sintesi che la funzione del Magistero (Papa e Vescovi), nella Chiesa, in rapporto al deposito della fede, è anzitutto quella di ascoltare con amore la Parola di Dio, custodirla santamente ed esporla fedelmente in una costante attualizzazione e disponibilità all’ascolto dell’uomo e dei tempi. E inoltre, siccome il Magistero vive nella comunità e ne accompagna il cammino di fede e la progressiva maturazione, la sua funzione, in rapporto all’intera Chiesa, è quella di interpretare autenticamente questa Parola.


Il Magistero, cioè, non ha nulla da insegnare di suo; attraverso esso e in esso è sempre Dio che parla, con il suo Spirito, a tutta la comunità, compresi i suoi maestri; per cui la fondamentale prerogativa dell’ermeneutica del magistero è la pastoralità. Il Magistero ha infatti il compito e il dovere di stimolare tutti i vari carismi, le energie spirituali e di ricerca nella Chiesa, formando la vera comunione ecclesiale nella carità e cercando il «sensus Ecclesiae». Esso assicura, cioè, che il senso della Chiesa coincida sempre con il senso della fede, che da Cristo è stato posto come condizione necessaria di salvezza (cf Mc 16,16).

È la Chiesa intera, allora, che, come comunità unita e varia, è chiamata e dotata dallo Spirito Santo alla perenne ermeneutica della Parola di Dio e lo fa proprio quando essa si converte alla Parola e la vive, confrontandola con i problemi dell’uomo d’oggi.

Analogia della fede

Oltre alla dimensione ecclesiale, i documenti del Magistero moderno parlano anche dell’analogia della fede (cf EB 109.5 51.612). La formula è presa dal testo di Paolo ai Romani, dove si parla dei diversi carismi nel Corpo di Cristo (cf Rm 12,6).
Per analogia della fede non si intende solo l’unità complessiva della Scrittura, ma l’unità di tutto il messaggio salvifico, sia quello custodito nella Scrittura, sia quello riecheggiato dalla Tradizione cristiana nell’arco della storia, dietro l’insegnamento del Magistero.

L’interpretazione biblica dunque deve servirsi di questo contesto vivo e inserirsi pienamente, perché anche qui il medesimo Spirito è all’origine della Parola scritta e presiede al suo approfondimento nella Tradizione ecclesiale.
L’analogia della fede applicata alla Scrittura allontana le interpretazioni contrarie alla fede della Chiesa ed inoltre diventa stimolo e luce nell’approfondire il mistero della Scrittura, perché tutti i misteri si articolano gli uni con gli altri e si chiariscono reciprocamente.

Giunti al termine della nostra riflessione sulle componenti ermeneutiche del «senso spirituale» della Scrittura alla luce del magistero moderno, possiamo cogliere in che cosa consiste la vera ermeneutica teologica della Scrittura:

1. nel cogliere il vero senso sacro, in armonia con il contenuto e l’unità di tutta la Scrittura come ispirata nella sua totalità dallo Spirito Santo;
2. nel penetrare il profondo senso divino, alla luce della Tradizione vivente nella fede e nella vita della Chiesa universale, promossa e sostenuta costantemente dallo Spirito Santo;
3. nell’assicurarsi che l’analisi e l’interpretazione a cui si è giunti sia fedele alla Parola di Dio, per l’autorità del Magistero, garanzia di verità sempre assistita dallo Spirito Santo, e per l’analogia della fede che chiarisce, stimola e dà luce al mistero presente nella Scrittura.

                                                                                          
GIORGIO ZEVINI sdb


 IMMAGINI:
1 Una sola è la Scrittura poiché uno solo è lo Spirito che l’ha ispirata e la conserva nei secoli.

     RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2008-10  
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