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         MEDITAZIONE sulla QUARESIMA 2009:
     
SOBRIETA' E SOLIDARIETA'

In tempo di grave crisi economica la Chiesa non teme di rilanciare il digiuno per il bene del corpo e dell’anima, e invita i fedeli a praticare, specie in Quaresima, una sobrietà che avvicina a Dio e al prossimo, non una sobrietà metaforica ma reale, che significa riduzione o astinenza dal cibo e che va applicata a ogni manifestazione umana e sociale.

Il digiuno non serve solo «a conferire unità alla persona, corpo e anima», ma ha anche una valenza sociale perché, «privandoci di qualcosa per aiutare gli altri, mostriamo concretamente che il prossimo in difficoltà non ci è estraneo».

Lo scrive Papa Benedetto nel messaggio per la Quaresima, «cammino di più intenso allenamento spirituale», nel quale la liturgia ripropone la preghiera, l’elemosina, il digiuno, «tre pratiche care alla tradizione biblica e cristiana, per disporci a fare esperienza di Dio e a celebrare la Pasqua».

È vero che il testo è finalizzato alla Quaresima ma, a ben guardare e a ben leggere, per il cristiano esso vale per tutto l’anno, indipendentemente dal periodo liturgico.

Sottomettersi a Dio

Nel 2006, Ratzinger propose il tema della compassione prendendo spunto da Gesù «che, vedendo le folle, ne ebbe compassione». L’anno dopo riprese e applicò la prima enciclica Deus caritas est, appena pubblicata. Nel 2008 illustrò il tema dell’elemosina. Quest’anno riflette sul valore e il senso del digiuno, visto anzitutto nella Bibbia.

La Quaresima richiama i quaranta giorni vissuti da Gesù in preghiera e nel digiuno nel deserto, conclusi da un duro scontro con il tentatore. «Ci domandiamo quale valore abbia per noi cristiani il privarci di qualcosa che sarebbe in sé buono e utile per il sostentamento.

Le Scritture e la tradizione cristiana insegnano che il digiuno è di grande aiuto per evitare il peccato e tutto ciò che a esso induce. Nella storia della salvezza ricorre più volte l’invito a digiunare e a sottomettersi a Dio confidando nella sua bontà e misericordia.

La pratica del digiuno è molto presente nella prima comunità cristiana dove i Padri della Chiesa dicono che la forza del digiuno è capace di tenere a freno il peccato, di reprimere le bramosie, di aprire nel cuore la strada a Dio».

E oggi? Si digiuna solo per smagrire, per ragioni terapeutiche o di bellezza. Osserva il Papa: «Il digiuno pare aver perso un po’ della sua valenza spirituale e aver acquistato piuttosto, in una cultura segnata dalla ricerca del benessere materiale, il valore di una misura terapeutica per la cura del corpo. Digiunare giova al benessere fisico, ma per i credenti è in primo luogo una «terapia» per curare tutto ciò che impedisce loro di conformarsi alla volontà di Dio», come insegnava Paolo VI nella costituzione apostolica Pænitemini del 1966.

La Quaresima – aggiunge Ratzinger – è l’occasione buona «per valorizzare il significato autentico e perenne di quest’antica pratica, che ci aiuta a mortificare l’egoismo, ad aprire il cuore all’amore di Dio e del prossimo, a conferire unità alla persona, corpo e anima, a evitare il peccato, a crescere nell’intimità con il Signore».

Insiste su un tema che gli è molto caro: «Con il digiuno e la preghiera possiamo saziare la fame più profonda che sperimentiamo nel nostro intimo: la fame e sete di Dio».
Quindi il digiuno come «pratica ascetica importante, come arma spirituale per lottare contro l’attaccamento disordinato a noi stessi, per controllare gli appetiti della natura indebolita dalla colpa d’origine, per aiutare ciascuno di noi a fare di sé dono a Dio, per allontanare ciò che distrae lo spirito, per intensificare ciò che nutre l’anima aprendola all’amore di Dio e del prossimo».

Nel digiuno c’è una dimensione di carità: «Ci aiuta a prendere coscienza della situazione in cui vivono tanti nostri fratelli. Privandoci di qualcosa per aiutare gli altri, mostriamo che il prossimo in difficoltà non ci è estraneo ma gli riserviamo accoglienza e attenzione».

Offrirsi ai fratelli

Quindi, nessuna «idolatria del corpo» ma profondo significato teologico del digiuno cristiano e nessuna commistione sincretista. Spiega il cardinale Paul Joseph Cordes, presidente del Pontificio consiglio «Cor unum»: il digiuno cristiano «non può essere identificato con il digiuno degli islamici e dei buddisti, ai quali va il massimo rispetto», ma «non siamo nel supermercato delle religioni».

Il digiuno per i musulmani e i buddisti «è una lotta contro il potere della materia sull’uomo», per i cristiani «è la discesa nella profondità della fede dove si incontra Dio».

Il «mercato del wellness» e i moderni «templi della cura del corpo» nelle società occidentali hanno raggiunto dimensioni gigantesche. Non è questo il senso del digiuno cristiano. In Germania le case farmaceutiche vendono 19 milioni di pacchetti di mezzi dimagranti ogni anno.

Cifre eloquenti, specie se paragonate a quelle fornite dalla signora Josette Sheeran, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite: «La fame uccide un bambino ogni sei secondi», colpa dell’ingiusta distribuzione delle ricchezze, dell’avidità, delle guerre, delle speculazioni: «Il digiuno, combinato con la beneficenza, può davvero cambiare la vita di un bambino».
                                                                                              Pier G. Accornero


IMMAGINI:
1 Il digiuno ci rende più sensibili alle necessità degli altri. Così, spezzare il pane con l’affamato è un gesto che rivela la sostanziale fraternità fra gli uomini.
2
Privandoci di qualcosa per aiutare gli altri, mostriamo concretamente che il prossimo non ci è estraneo.
3
Il digiuno cristiano non è attuato solo per combattere il male, ma soprattutto per incontrare Dio.

       RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2009 - 4  
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