I Padri della Chiesa rappresentano unepoca che non va ignorata,
sia per il loro prezioso patrimonio di fede, sia per la loro
riflessione biblico-teologico-vitale, fonte perenne di ogni autentica
teologia.
Voler riassumere il loro contributo e il loro insegnamento non
è facile. Ci limitiamo a cogliere i loro preziosi insegnamenti,
perché in questo i Padri sono stati maestri ineguagliabili.
Oggi, non possiamo
ritornare a ripetere le loro spiegazioni, poiché essi
non avevano i validi strumenti, che invece oggi la scienza biblica
moderna ha messo nelle nostre mani, né possiamo ripristinare
il metodo allegorico, che spesso ha abusato del testo sacro forzandolo
a proprio piacimento. Quello che possiamo fare, invece, è
di cogliere un aspetto luminoso della loro ricerca, ossia quello
di porre al centro di ogni interesse, approfondimento e successivo
sviluppo del pensiero cristiano, la Parola di Dio.
La teologia
patristica ha infatti per anima la Parola di Dio. Non è
eccessivo dire che i Padri sono essenzialmente «gli interpreti
della Parola», «i commentatori dei libri sacri».1
La Bibbia per
i Padri non è un semplice libro di riferimento, ma «il
libro» della loro vita, la via sicura che li porta alla
scoperta del mondo di Dio ed alla comunione con lui. La loro
formazione teologica si basa sulla Scrittura: essa li penetra
ed essi vi si introducono come in un giardino segreto, nel quale
si muovono e vivono. I Padri, per riprendere unespressione
di SantAtanasio, «respirano la Scrittura»2
che diventa per loro il pane ed il nutrimento della loro «quotidiana
ruminazione».3
Questo libro
della loro formazione, essi lo commentano nelle catechesi e nella
predicazione alle loro comunità cristiane, riproponendo
una lettura reinterpretativa dellevento salvifico consegnato
nelle Scritture alla loro situazione. Questo tentativo metodologico
è chiamato dai Padri «senso spirituale».
La Scrittura
letta in profondità
Lo scopo principale
a cui tende linterpretazione scritturale dei Padri è
quello di raggiungere il messaggio che Dio ha rivelato alluomo
per mezzo delle Scritture (cf DV 12). Questo risultato tuttavia
si ottiene solo attraverso una diligente ricerca, una vigile
pazienza, un silenzio umile e pieno di fede.
La Bibbia ci introduce nel dialogo con Dio. Essa però
lo avvierà solo in colui che ha penetrato le sue ricchezze
e compreso le sue dimensioni, perché la Bibbia, pur essendo
un tesoro preziosissimo, è anche un tesoro nascosto, le
cui profondità si raggiungono solo al termine di un lungo
cammino accompagnato da continua riflessione e preghiera.
Severiano di
Gabala ( dopo il 408) siriano e famoso predicatore per
la sua eloquenza e scienza biblica, nel commentare il passo di
Giovanni 5,39: «Scrutate le Scritture», dice: «Scrutatele
non con una lettura frivola, ma ricercate ed esaminate le profondità
dei loro detti. Dio, che in realtà ha messo a nostra disposizione
le Scritture, ha nascosto il senso delle sue parole: egli ci
ha donato le Scritture, ma senza svelarci la loro nascosta interpretazione;
egli ha lasciato questa ricerca allo zelo disciplinato dei nostri
sforzi, per esercitare la nostra intelligenza, così che
si possa verificare se noi serviamo le Scritture o se le usiamo
violenza».4
Così
Clemente Alessandrino: «Ci sono buoni motivi per cui la
Scrittura nasconde il senso delle sue parole e questo anzitutto
perché noi ricerchiamo e ci applichiamo a trovare il significato
delle parole di salvezza».5
SantAgostino
scrive: «Ieri comprendevi un poco, oggi comprendi di più,
domani comprenderai più ancora: la luce stessa di Dio
cresce in te».6
La stessa cosa dirà Gregorio Magno: «La Parola di
Dio cresce con il suo lettore».7 Più ci si addentra
nei
misteri della Parola più si è in grado di coglierne
il senso. I Padri però, a più riprese, affermano
che il senso ultimo e pieno della Scrittura si raggiunge solo
quando si realizzano determinate condizioni, a cui si rimane
fedeli.
Una ricerca
spirituale
I Padri, consapevoli
che Dio ci parla attraverso il tessuto biblico (cf DV 12), compiono
anzitutto sul dato rivelato un lavoro esegetico. Ma la loro esegesi,
nonostante che sia ricca di belle intuizioni, a volte è
assai carente del senso storico, che sfugge loro per mancanza
di conoscenze filologiche e insicurezza di metodo. In questo
caso resta vana limpresa di penetrare nel significato profondo
e spirituale della Bibbia: la loro ricerca è un insieme
di scacchi e di squarci di genio.
Essa tuttavia,
quando si è colto il vero senso letterale, non è
solo studio tecnico, un valorizzare mezzi e capacità umane
aderenti alla verità biblica, ma uno sbocciare sempre
in una ricerca spirituale approfondita con quellatteggiamento
di fede, di disponibilità piena allo Spirito, convinti
che solo questa presenza può aprire gli animi allintelligenza
della Scrittura e coglierne i segreti.
Ricorda SantAgostino
che in un passo qualsiasi della Scrittura, se noi non riusciamo
a trovare Gesù Cristo, noi restiamo ad un livello inferiore
del senso scritturale e quindi non abbiamo colto il testo.8
La penetrazione cristiana della Scrittura, per i Padri cioè,
è cercare Cristo, averlo come modello nella vita di fede,
con limpegno di lasciarsi convertire e guidare da quella
Parola che egli ci dona. La loro intuizione biblica fondamentale
è il cristocentrismo, è «il Figlio di Dio
disseminato nelle Scritture».9
Siamo ben lontani dallaridità e dal vuoto spirituale,
per non dire teologico, di tanta esegesi storico-filologica moderna.
Per i Padri, pastori di anime e preoccupati di nutrire vitalmente
i loro fedeli, è spontaneo e familiare il passaggio dallesegesi
cristologica, oggetto fondamentale della Scrittura, a quella
ecclesiologica e individuale, che tocca litinerario dellanima
verso Dio. In cima ai loro pensieri cè sempre la
realizzazione delluomo concreto, che sulla base della Parola
di Dio, deve essere ben relazionato verso Dio e verso i fratelli.
GIORGIO ZEVINI sdb
1 Agostino,
De Trinitate 2, 1, 2: CCh 50, 81, 3; Sermones 270, 3: PL 38,
1240.
2 Atanasio, Ep. ad Alr. 4: PG 26, 1036 B.
3 Gregorio Magno, Hom. in Ez. l, 5: PL 76, 821 C.
4 Severiano, Sermone 7: ed. Venezia 1827, pp. 268. 270.
5 Cl. Alessandrino, Stromates 6, 15, 126, 1: GCS 495, 18.
6 Agostino, In Joh. trac. 14, 5: CCh 36, 144, 34.
7 Gregorio Magno, Hom. in Ez. 1,7: PL 76, 843 CD.
8 Cf Agostino, In Ps. 96, 2: PL 37, 1237; Serm. 160: PL 38, 876.
9 Ireneo di Lione, Adv. Haer. 4, 20, 39, in W. W. Harvey, II,
Ridgewood 1965,
p. 172.