La volta scorsa avevamo visto i primi tre sensi spirituali con
cui i Padri della Chiesa avevano letto la Bibbia. Ora analizzeremo
gli altri sensi spirituali che ci aiutano a scendere a fondo
nella comprensione del testo sacro.
Il senso
tropologico o morale
Il senso tropologico
ha per oggetto la vita morale dei fedeli. La tropologia non è
fare delle moralizzazioni superficiali del testo biblico, ma
cogliere il senso che la Scrittura dà alla vita cristiana
del credente; è ricercare i riflessi morali che leconomia
salvifica, iniziata nellAntico Testamento può avere
nella vita del cristiano e trarre applicazioni tropologiche tanto
dalla vita morale del popolo di Israele, quanto dalla vita di
Cristo e della Chiesa.
Accanto a una
tropologia dottrinale, si sviluppa una tropologia mistica, caratteristica
dellesegesi medievale, che ha come massimo rappresentante
Gregorio Magno. In questa esegesi cè lansia
di oltrepassare «la caligine delle allegorie» per
arrivare alle segrete dolcezze dello spirito del Vangelo.
Questo cambiamento nellesegesi è dovuto al fatto
che, mentre nel periodo patristico lintelligenza spirituale
della Scrittura consisteva nellingresso alla fede cristiana,
prefigurato dallAntico al Nuovo Testamento, nel Medioevo,
per il diverso clima di vita cristiana nel quale la fede coesiste
con il secolare, si esprimeva nella conversione di vita, nel
passaggio dal secolo alla vita monastica.
Il «senso spirituale» della Bibbia è dunque
il mistero di Cristo e della Chiesa in quanto si riproduce realmente
nellanima e nella vita del fedele: si passa dallesperienza
del peccato, della conversione, della purificazione, della passione
di Cristo, alla speranza cristiana della «creatura nuova».
Il senso
anagogico
Questo senso
già introdotto nellesegetica antica da Origene,
Gregorio Nisseno e Girolamo, indica il senso della Scrittura
che conduce in alto il pensiero dellinterprete.
Le forme anagogiche sono due: una speculativo-dottrinale e corrisponde
allescatologia, e laltra contemplativa e ci introduce
nella mistica, ma dice de Lubac «entrambe
fanno parte del mistero cristiano; nelluno e nellaltro
caso ne costituiscono il vertice, il termine».1
Il mistero di Cristo avrà la sua consumazione gloriosa
nel suo ritorno alla fine dei tempi. Il senso biblico di un testo
in riferimento a questultimo stadio del mistero di Cristo
è dunque il senso anagogico.
Per la cristianità antica dunque il senso della Bibbia,
pur assumendo dimensioni nuove, è sempre uno solo, perché
esprime ununica realtà: il mistero di Cristo che
è insieme mistero di Israele, del credente, delleternità
di ogni cristiano.
La formulazione dei sensi biblici in storia, allegoria, tropologia
ed anagogia rappresenta in modo vero la dottrina autentica e
più adeguata al mistero cristiano.
La componente
ecclesiale
La voce vivente
della Chiesa ci raggiunge, dopo la Pentecoste, non solo attraverso
gli interventi e le decisioni del Magistero o nei riti della
preghiera liturgica, ma anche attraverso le parole e gli scritti
dei Padri, che sono veramente i nostri antenati nella fede.
Un altro loro insegnamento, di grande attualità, è
la dimensione ecclesiale della loro esegesi e teologia. Il lavoro
di ricerca e di approfondimento delle realtà divine e
umane della Scrittura è da loro compiuto sempre nella
Chiesa ed a servizio immediato del popolo di Dio.
I rapporti
storia-teologia sono da loro concepiti sempre allinterno
della Chiesa. Essi hanno costantemente scritto, sentito, pensato,
parlato dentro la Chiesa e non fuori o contro di essa. SantAgostino
scrive che «furono maestri nella Chiesa, quelli stessi
che furono discepoli in essa »,2 ed il grande Origene,
pur sbagliando, mai nel suo cuore ha avuto lintenzione
di andare contro la Chiesa o di sottrarsi al suo giudizio ed
affermava: «Io sono uomo della Chiesa vivente nella fede
di Cristo e posto nella Chiesa».3
Essi ascoltano, meditano e annunciano la Parola di Dio nella
comunità, radunata per il culto, in un clima di vera fede,
di autentica lode e disponibilità allo Spirito.
Gregorio Magno ad esempio, uomo investito del carisma di governo
e di magistero per i fratelli, non esitava a confessare di se
stesso con grande semplicità: «Esperimento che molti
passi della Sacra Scrittura, che da solo non ho potuto pienamente
comprendere, li ho compresi quando mi sono trovato in mezzo ai
miei fratelli».4
È tutta
la comunità ecclesiale che assume il suo compito profetico
nella comune intelligenza e crescita della Parola di Dio e diviene
così norma della validità della Parola. E la comunità
per i Padri è un corpo vivo ed organico, è tutto
il popolo di Dio, è la Chiesa, luogo ideale dove risuona
la Parola di Dio e lo Spirito agisce sia in chi annuncia sia
in chi ascolta, dove i misteri della fede proclamati dai Pastori
sono poi vissuti insieme da tutti nel culto e nella vita.
Il modo della lettura biblica «in Ecclesia» diventa
così parte della Tradizione viva. Per i Padri, le divine
Scritture, sia lAntico Testamento come rilettura cristiana,
sia il Nuovo Testamento, composte per essere proclamate come
«kerigma» sempre vivente ed efficace durante la liturgia
comunitaria eucaristica, erano un elemento fondamentale nella
Convocazione santa del Signore, nellassise perenne del
nuovo popolo dIsraele, nella comunità escatologica
e messianica intorno allAgnello (cf Es 12,1-13.16; 1 Cor
5,7-8; Eb 12,23).
È la
Chiesa come comunità-comunione, destinataria e depositaria
della Parola di Dio, la vera interprete autentica del Libro Sacro,
lorgano qualificato della rilettura salvifica della Scrittura
nella situazione storico-vitale.
«Solo la Chiesa è la misura della Bibbia, solo essa
ha il cuore così grande da poter comprendere questa parola
che sorpassa le capacità naturali e soprannaturali di
ciascuno dei suoi figli».5
Sarà tuttavia sotto lazione dello Spirito Santo
che la Chiesa, attraverso le diverse tappe successive del suo
cammino, comprenderà sempre meglio questo messaggio e
ne presenterà lapprofondimento ai fedeli, con sempre
maggiore chiarezza e profondità, consapevole però
che lo stesso Magiste-
ro «non è superiore alla Parola
di Dio ma ad essa serve, insegnando soltanto ciò che è
trasmesso» (DV 10).
Conclusione
Lunità
tra Bibbia e spiritualità per gli antichi Padri era un
tema così vivo e sentito, che per loro solo il «senso
spirituale» poteva dare lautentico e più profondo
senso delle Scritture e far aderire il credente alla totalità
del mistero di Dio rivelato in Cristo attraverso la totalità
della testimonianza della Chiesa.
Anche il Vaticano II su questo punto è stato illuminante,
esortando i fedeli a penetrare i misteri della salvezza con gli
occhi di tutta la Chiesa estesa nel tempo e nello spazio, per
non perdere la totalità dellesperienza e dellintelligenza
cristiana circa il dato rivelato e le diverse risonanze che la
Parola ha ricevuto in tutti gli uomini.
Giorgio Zevini
1 H. De Lubac,
Exégèse médiévale. Les quatre sens
de lÉcriture, I, Paris 1959, pag. 624.
2 Agostino, Opus imperfectum con tra Julianum 1, 117: CSEL 85,
1, 134, 8.
3 Origene, In Lev. 1,1: PG 12, 405.
4 Gregorio Magno, Hom. in Ez. 2, 2: PL 76, 948D-949A.
5 G. Chifflot, Comment lire la Bible, in VieSpir 81 (1949) 258.
GIORGIO ZEVINI sdb