I DODICI APOSTOLI:
GLI APOSTOLI: SIMONE
IL CANANEO E GIUDA TADDEO
Continuando la nostra catechesi
sugli Apostoli, oggi prendiamo in considerazione Simone il Cananeo
e Giuda Taddeo (da non confondere con Giuda Iscariota). Li consideriamo
insieme, non solo perché nelle liste dei Dodici sono sempre
riportati luno accanto allaltro (cfr Mt 10,4; Mc
3,18; Lc 6,15; At 1,13), ma anche perché le notizie che
li riguardano non sono molte, a parte il fatto che il Canone
neotestamentario conserva una lettera attribuita a Giuda Taddeo.
Simone il
Cananeo: pieno di zelo per Dio
Simone riceve un epiteto che
varia nelle quattro liste: mentre Matteo e Marco lo qualificano
cananeo, Luca invece lo definisce zelota.
In realtà, le due qualifiche si equivalgono, poiché
significano la stessa cosa: nella lingua ebraica, infatti, il
verbo qanà significa essere geloso, appassionato
e può essere detto sia di Dio, in quanto è geloso
del popolo da lui scelto (cfr Es 20,5), sia di uomini che ardono
di zelo nel servire il Dio unico con piena dedizione, come Elia
(cfr 1 Re 19,10). È ben possibile, dunque, che questo
Simone, se non appartenne propriamente al movimento nazionalista
degli Zeloti, fosse almeno caratterizzato da un ardente zelo
per lidentità giudaica, quindi per Dio, per il suo
popolo e per la Legge divina. Se le cose stanno così,
Simone si pone agli antipodi di Matteo, che al contrario, in
quanto pubblicano, proveniva da unattività considerata
del tutto impura. Segno evidente che Gesù chiama i suoi
discepoli e collaboratori dagli strati sociali e religiosi più
diversi, senza alcuna preclusione. A Lui interessano le persone,
non le categorie sociali o le etichette! E la cosa bella è
che nel gruppo dei suoi seguaci, tutti, benché diversi,
coesistevano insieme, superando le immaginabili difficoltà:
era Gesù stesso, infatti, il motivo di coesione, nel quale
tutti si ritrovavano uniti. Questo costituisce chiaramente una
lezione per noi, spesso inclini a sottolineare le differenze
e magari le contrapposizioni, dimenticando che in Gesù
Cristo ci è data la forza per comporre le nostre conflittualità.
Teniamo anche presente che il gruppo dei Dodici è la prefigurazione
della Chiesa, nella quale devono avere spazio tutti i carismi,
i popoli, le razze, tutte le qualità umane, che trovano
la loro composizione e la loro unità nella comunione con
Gesù.
Giuda Taddeo:
testimone forte
Per quanto riguarda poi Giuda
Taddeo, egli è così denominato dalla tradizione,
unendo insieme due nomi diversi: infatti, mentre Matteo e Marco
lo chiamano semplicemente Taddeo (Mt 10,3; Mc 3,18),
Luca lo chiama Giuda di Giacomo (Lc 6,16; At 1,13).
Il soprannome Taddeo è di derivazione incerta e viene
spiegato o come proveniente dallaramaico taddà,
che vuol dire petto e quindi significherebbe magnanimo,
oppure come abbreviazione di un nome greco come Teodòro,
Teòdoto. Di lui si tramandano poche cose. Solo Giovanni
segnala una sua richiesta fatta a Gesù durante lUltima
Cena. Dice Taddeo al Signore: «Signore, come è accaduto
che devi manifestarti a noi e non al mondo?». È
una questione di grande attualità, che anche noi poniamo
al Signore: perché il Risorto non si è manifestato
in tutta la sua gloria ai suoi avversari per mostrare che il
vincitore è Dio? Perché si è manifestato
solo ai suoi Discepoli? La risposta di Gesù è misteriosa
e profonda. Il Signore dice: «Se uno mi ama osserverà
la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a
lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,22-23). Questo
vuol dire che il Risorto devessere visto, percepito anche
con il cuore, in modo che Dio possa prendere dimora in noi. Il
Signore non appare come una cosa. Egli vuole entrare nella nostra
vita e perciò la sua manifestazione è una manifestazione
che implica e presuppone il cuore aperto. Solo così vediamo
il Risorto.
A Giuda Taddeo è stata attribuita la paternità
di una delle Lettere del Nuovo Testamento che vengono dette cattoliche
in quanto indirizzate non ad una determinata Chiesa locale, ma
ad una cerchia molto ampia di destinatari. Essa infatti è
diretta agli eletti che vivono nellamore di Dio Padre
e sono stati preservati per Gesù Cristo (v. 1).
Preoccupazione centrale di questo scritto è di mettere
in guardia i cristiani da tutti coloro che prendono pretesto
dalla grazia di Dio per scusare la propria dissolutezza e per
traviare altri fratelli con insegnamenti inaccettabili, introducendo
divisioni allinterno della Chiesa sotto la spinta
dei loro sogni (v. 8), così definisce Giuda queste
loro dottrine e idee speciali. Egli li paragona addirittura agli
angeli decaduti, e con termini forti dice che si sono incamminati
per la strada di Caino (v. 11). Inoltre li bolla senza
reticenze come nuvole senza pioggia portate via dai venti
o alberi di fine stagione senza frutti, due volte morti, sradicati;
come onde selvagge del mare, che schiumano le loro brutture;
come astri erranti, ai quali è riservata la caligine della
tenebra in eterno (vv. 12-13).
Vivere in
pienezza la propria fede
Oggi noi non siamo forse più
abituati a usare un linguaggio così polemico, che tuttavia
ci dice una cosa importante. In mezzo a tutte le tentazioni che
ci sono, con tutte le correnti della vita moderna, dobbiamo conservare
lidentità della nostra fede. Certo, la via dellindulgenza
e del dialogo, che il Concilio Vaticano II ha felicemente intrapreso,
va sicuramente proseguita con ferma costanza. Ma questa via del
dialogo, così necessaria, non deve far dimenticare il
dovere di ripensare e di evidenziare sempre con altrettanta forza
le linee maestre e irrinunciabili della nostra identità
cristiana. Daltra parte, occorre avere ben presente che
questa nostra identità richiede forza, chiarezza e coraggio
davanti al-
le contraddizioni del mondo in cui viviamo. Perciò il
testo epistolare continua così: Ma voi, carissimi
parla a tutti noi , costruite il vostro edificio
spirituale sopra la vostra santissima fede, pregate mediante
lo Spirito Santo, conservatevi nellamore di Dio, attendendo
la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la
vita eterna; convincete quelli che sono vacillanti... (vv.
20-22). La Lettera si conclude con queste bellissime parole:
A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi
comparire davanti alla sua gloria senza difetti e nella letizia,
allunico Dio, nostro salvatore, per mezzo di Gesù
Cristo nostro Signore: gloria, maestà, forza e potenza
prima di ogni tempo, ora e sempre. Amen (vv. 24-25).
Si vede bene che lautore di queste righe vive in pienezza
la propria fede, alla quale appartengono realtà grandi
come lintegrità morale e la gioia, la fiducia e
infine la lode, essendo il tutto motivato soltanto dalla bontà
del nostro unico Dio e dalla misericordia del nostro Signore
Gesù Cristo. Perciò, tanto Simone il Cananeo quanto
Giuda Taddeo ci aiutino a riscoprire sempre di nuovo e a vivere
instancabilmente la bellezza della fede cristiana, sapendone
dare testimonianza forte e insieme serena.
Benedetto XVI
LOsservatore Romano, 12-10-2006