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         IL PAPA CI PARLA / CATECHESI :
       
DA CINQUE ANNI LAVORATORE NELLA VIGNA'


Quel giorno, 19 aprile 2005, ricordiamo l’annuncio in Piazza San Pietro. Tutti noi ad ascoltare il nuovo Papa col fiato sospeso:

«Cari fratelli e sorelle,
dopo il grande Papa Giovanni Paolo II,
i signori cardinali hanno eletto me,
un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore.
Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche
con strumenti insufficienti, e soprattutto mi affido alle vostre preghiere...».

* Era l’annuncio – per lui – di un cambio radicale di vita, come hanno notato gli storici: cominciava infatti il cosiddetto Ratzinger 3.
C’era già stato il Ratzinger 1, del bravo professore di teologia in Germania, che affascinava gli studenti, partecipava al Concilio Vaticano II da esperto, poi prendeva le distanze dall’irrequieto suo collega prof. Hans Küng. Küng aveva fondato la rivista “Concilium”, dicendo già col titolo che bisogna continuare a discutere e discutere sempre; Ratzinger allora fondò la rivista “Communio”, per dire che più importante è fare comunione e dialogo.

Poi c’è stato il Ratzinger 2, col suo trasferimento a Roma come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. Chiamato al fianco di Papa Wojtyla, per essere custode della fede e difensore dell’ortodossia. Quasi cinque quinquenni è durato questo servizio, con tanti problemi e casi difficili da dipanare.

E con quel dono che ha confezionato con le sue mani per tutta la cristianità: il “Catechismo della Chiesa Cattolica”. Infine il Ratzinger 3, ossia Papa Benedetto lavoratore nella vigna.
* L’essere al vertice, la vertigine. Nel suo primo messaggio, il giorno dopo l’elezione, Papa Benedetto ricordò la scena evangelica, il dialogo sconvolgente: “Tu sei il Cristo!”, “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa... A te darò le chiavi del regno dei cieli”. Poi commentò: “Io, successore di Pietro, ripeto con trepidazione le parole trepidanti del pescatore di Galilea, e riascolto con intima emozione la rassicurante promessa del divino Maestro. Se è enorme il peso della responsabilità che si riversa sulle mie povere spalle, è certamente smisurata la potenza divina su cui posso contare. Il Signore, scegliendomi quale vescovo di Roma, mi ha voluto suo vicario, mi ha voluto pietra su cui tutti possano poggiare con sicurezza. Chiedo a lui di supplire alla povertà delle mie forze, perché sia coraggioso e fedele...”.
* Lavoratore nella vigna. Il Papa si sarà dato programma? Sì, lo ha presentato quel giorno stesso, ma incomprensibile per i manager moderni: “Il mio programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta la Chiesa, della parola e della volontà dei Signore. E di lasciarmi guidare da lui, cosicché sia lui stesso a guidare la Chiesa in quest’ora della nostra storia”.
* C’è da supporre la solitudine del Papa. Si sa, chi siede sui pinnacoli vive isolato. O no? L’anno scorso, ringraziando per i tanti auguri ricevuti nel quarto anniversario della sua elezione, Papa Benedetto ha rassicurato: “Non mi sento mai solo... Ho sperimentato la comunione che mi circonda e mi sostiene: una solidarietà spirituale, nutrita essenzialmente di preghiera, che si manifesta in mille modi. A partire dai miei collaboratori della Curia Romana, fino alle parrocchie geograficamente più lontane, noi cattolici formiamo e dobbiamo sentirci una sola famiglia, animata dagli stessi sentimenti della prima comunità cristiana: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32)”.
* E il suo pensiero, di continuo rivolto a Maria. Fa capolino fin dai primi discorsi: “Nelle sue mani pongo il presente e il futuro della mia persona e della Chiesa...”; “Vi invito a camminare docili e obbedienti alla voce del suo divin figlio...”; “Alla Vergine Madre di Dio, che ha accompagnato con la sua silenziosa presenza i passi della Chiesa nascente, e ha confortato la fede degli Apostoli, affido tutti noi... e le attese, le speranze e le preoccupazioni dell’intera comunità cristiana”.
* E sono significative anche le prime parole rivolte dal Papa a tutti, in Piazza San Pietro: “Cari fratelli e sorelle”. Ogni suo discorso, messaggio, esortazione, omelia, comincia così. Ci considera fratelli e sorelle. Prima, l’approccio ufficiale dei papi era per lo più un solenne “Diletti figli e figlie”, che cadeva molto dall’alto. Papa Ratzinger invece scende al nostro piano, e ci chiama fratelli.
Perciò a noi tocca chiamarlo padre. O meglio, dovremmo dire come Gesù: Abbà. Che è in ebraico un vezzeggiativo, adatto ai bambini, e – anche se i biblisti non osano – andrebbe tradotto non con un asciutto padre, ma con papà, babbo, paparino, papino.
* Magari, per sentirci rispondere da lui – come di solito fa dalla finestra di Piazza San Pietro – con l’augurio di essere noi sempre pieni di “gioia”.

                                                                                                       
Enzo BIANCO sdb


Preghiera

O Dio nostro Padre, nel disegno della tua sapienza tu hai scelto
Benedetto XVI come vicario di Cristo sulla terra,
e pastore di tutto il gregge.
Fa’ che egli confermi i fratelli, e tutta la Chiesa
sia in comunione con lui nel vincolo dell’unità, dell’amore e della pace.

                                                                                                       (Dalla liturgia)


IMMAGINI:
1
Vigna / Osservatorio Martini. Foto di Andrea Guermani.                                                                            


      RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2010 - 4  
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