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         IL PAPA CI PARLA / CATECHESI :
       
COSA SUCCEDE SE DIO SI FA BAMBINO

«In Gesù Cristo, il Figlio di Dio – Dio stesso, Dio da Dio – si è fatto uomo. A Lui il Padre dice: “Tu sei mio figlio”. L’eterno oggi di Dio è disceso nell’oggi effimero del mondo, e trascina il nostro oggi passeggero nell’oggi perenne di Dio». Così ha esordito Benedetto XVI nell’Omelia natalizia, la notte santa del 2005. Per proseguire: «Dio è così grande che può farsi piccolo. Dio è così potente che può farsi inerme e venirci incontro come bimbo indifeso, affinché noi possiamo amarlo. Dio è così buono da rinunciare al suo splendore divino e discendere nella stalla, affinché noi possiamo trovarlo, e perché così la sua bontà tocchi anche noi, si comunichi a noi, e continui a operare per nostro tramite. Questo è Natale: “Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato!”».
«Dio – ha proseguito il Papa – è diventato uno di noi perché noi potessimo essere con Lui, diventare simili a Lui. Ha scelto come suo segno il Bimbo nel presepe. Egli è così. In questo modo impariamo a conoscerlo. E su ogni bambino rifulge qualcosa del raggio di quell’oggi, della vicinanza di Dio che dobbiamo amare, e alla quale dobbiamo sottometterci».
Quindi il Papa ha descritto il Natale come una gran luce, che viene percepita solo dagli uomini vigilanti, mentre resta ignota per quelli distratti. E compito degli uomini vigili è portare agli altri la gran luce del Natale.

1. Natale, una grande luce

Benedetto XVI ha richiamato il «Libro del profeta Isaia: “Su coloro che abitavano in terra tenebrosa, una luce rifulse” (9,1)... È l’irruzione della luce divina nel mondo pieno di buio e pieno di problemi irrisolti... Luce significa soprattutto conoscenza, significa verità, in contrasto col buio della menzogna e dell’ignoranza. Così la luce ci fa vivere, ci indica la strada.
Ma poi – ha proseguito il Papa – la luce, in quanto dona calore, significa anche amore. Dove c’è amore, emerge una luce nel mondo; dove c’è odio, il mondo è nel buio. Sì, nella stalla di Betlemme è apparsa la grande luce che il mondo attendeva. In quel Bimbo giacente nella stalla, Dio mostra la sua gloria: la gloria dell’amore che dà in dono se stesso, e che si priva di ogni grandezza per condurci sulla via dell’amore».

2. Natale, luce percepita dai vigilanti

Ecco l’ulteriore precisazione del Papa: «Solo le persone vigilanti sono in grado di scorgere la gran luce del Natale, percepirne lo straordinario valore, farne tesoro per la loro vita».
Dunque, vigilanti come? Il Papa ha indicato come i pastori, là allora in Palestina, dalle parti della grotta. «Nel loro ambiente i pastori erano disprezzati, ritenuti poco affidabili, e in tribunale non venivano ammessi come testimoni. Ma chi erano in realtà? Certamente non erano grandi santi, se con questo termine si intendono persone di virtù eroiche. Erano anime semplici».
Ma, ha aggiunto il Papa, «erano persone vigilanti. Questo vale dapprima nel senso esteriore: di notte vegliavano vicino alle loro pecore. Ma vale anche in un senso più profondo: erano disponibili per la parola di Dio, per l’Annuncio dell’angelo. La loro vita non era chiusa in se stessa; il loro cuore era aperto. In qualche modo, nel più profondo, erano in attesa di qualcosa, in attesa finalmente di Dio. La loro vigilanza era disponibilità, disponibilità ad ascoltare, disponibilità ad incamminarsi; era attesa della luce che indicasse loro la via. È questo che a Dio interessa».

3. Il buio di chi non attende Dio

«Dio – ha continuato il Papa – ama tutti, perché tutti sono creature sue. Ma alcune persone hanno chiuso la loro anima: il suo amore non trova presso di loro nessun accesso. Essi credono di non aver bisogno di Dio, non lo vogliono. Altri che forse moralmente sono pure miseri e peccatori, almeno soffrono di questo. Essi attendono Dio. Sanno di aver bisogno della sua bontà, anche se non ne hanno un’idea precisa. Nel loro animo aperto all’attesa, la luce di Dio può entrare, e con essa la sua pace». Di qui un risvolto del Natale, indicato dal Papa, che coinvolge e impegna i credenti: «Dio cerca persone che portino e comunichino la pace!».

4. La luce da portare agli altri

«La luce di Betlemme – ha ricordato Benedetto XVI – non si è mai più spenta. Lungo tutti i secoli ha toccato uomini e donne, “li ha avvolti di luce”. Dove è spuntata la fede in quel Bambino, lì è sbocciata anche la carità, la bontà verso gli altri, l’attenzione premurosa per i deboli ed i sofferenti, la grazia del perdono. A partire da Betlemme una scia di luce, di amore, di verità pervade i secoli. Se guardiamo ai santi – da Paolo ed Agostino fino a san Francesco e san Domenico, da Francesco Saverio e Teresa d’Avila a Madre Teresa di Calcutta – vediamo questa corrente di bontà, questa via di luce che, sempre di nuovo, si infiamma al mistero di Betlemme, a quel Dio che si è fatto Bambino. Contro la violenza di questo mondo, Dio oppone in quel Bambino la sua bontà, e ci chiama a seguire il Bambino».

Ha concluso il Papa: «Dio cerca persone che portino e comunichino la sua pace. Chiediamogli di far sì che non trovi chiuso il nostro cuore. Facciamo in modo di essere in grado di diventare portatori attivi della sua pace, proprio nel nostro tempo».  

                                                                                                                            Enzo BIANCO sdb


Che cos’è il Natale secondo Benedetto XVI?
Ecco alcune sue limpide riflessioni, dalla prima Omelia natalizia del suo pontificato, nella notte santa del 2005. Un invito a entrare nel cuore della festa, e nel cuore della vita cristiana.

Lasciarci prendere per mano
Dopo Natale, Dio non è più un nome: è un amico, un parente, un fratello.
Ecco perciò il consiglio del Papa: «Uomo moderno, adulto eppure talora debole nel pensiero e nella volontà, lasciati prendere per mano dal Bambino di Betlemme. Non temere, fidati di Lui!».
                                                                                           Benedetto XVI
   


  IMMAGINI:
  
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Albero di Natale in Piazza San Pietro - Roma - foto Agenzia SIR 
      
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2010 - 8  
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