Nel giorno
dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro
di buon mattino, quandera ancora buio, e vide che la pietra
era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò
da Simon Pietro e dallaltro discepolo, quello che Gesù
amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal
sepolcro e non sappiamo dove lhanno posto!».
Uscì
allora Simon Pietro insieme allaltro discepolo, e si recarono
al sepolcro (...) Allora entrò anche laltro discepolo,
che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non
avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè
doveva risuscitare dai morti.
«Doveva
risuscitare dai morti». Quel che per noi, da venti secoli
a questa parte, è diventata idea comune, la risurrezione
dei morti, era nel mondo antico poco più che una stravaganza,
una moda nuova che comincia a circolare a partire
dal III secolo a.C. Tra i Greci e i Romani la morte è
la fine di tutto; nella stessa cultura ebraica Dio è il
Dio dei vivi, e non dei morti.
Cè
spazio per il culto, la memoria, la celebrazione del ricordo:
ma i morti sono morti e basta, stanno in quella dimensione indefinita
che è lo Sheol, in cui si patisce lassenza della
vita come lassenza di Dio.
Quando san
Paolo va ad Atene per annunciare il Vangelo alla gente più
sofisticata dellImpero viene preso in giro: «Quando
sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano,
altri dissero: «Ti sentiremo su questo unaltra volta»
(Atti 17, 32).
Ma il cristianesimo
non si fonda su una certa evoluzione, una svolta nella storia
delle idee che ad un certo punto ha portato in evidenza, in Occidente,
leventualità di una qualche forma di continuazione
della vita oltre la morte biologica. Il salto cui siamo obbligati
è nel decidere di credere o meno a un fatto: che Gesù
crocifisso è morto; e che dal sepolcro è tornato
alla vita così come noi la conosciamo. Uomo vero, sulla
cui pelle si possono toccare le ferite (Gv 20, 27), che mangia
con i suoi discepoli le stesse cose che mangiano loro (Gv 21,
12).
Come in tutto
il resto della storia sacra, la vicenda della fede si innesta
sulla cultura del tempo, ma va oltre, propriamente la trascende
per indicare che il cammino è un altro, lobiettivo
è diverso.
Cristo è
la somma e la conclusione di tutte le promesse di Dio. La sua
risurrezione dai morti, nella linea della promessa ad Abramo,
e del passaggio del Mar Rosso, significa la nostra risurrezione,
la fine di questa condizione umana in vista di una vita in Dio
diversa da questa. La tentazione magica, su tutto
quanto sta al di là della morte, consiste nel cercare
di conoscere le caratteristiche delloltretomba, di stabilire,
con criteri nostri umani, significati e valori.
Il fascino
del Risorto, poi, va ben oltre la ragione, e anche la ragionevolezza.
Nel Vangelo di oggi questo fascino del Cristo sembra aleggiare
in ogni cosa. I discepoli arrivano al sepolcro di corsa, affannati
dallidea che sia stato portato via il cadavere di quel
maestro che aveva cambiato le loro vite. Maddalena stessa è
in confusione. Oggi è la pubblicità dei deodoranti,
ad esempio, a imporci di pensare che ciascuno di noi è
una persona speciale, che si compiace delle cure particolari,
dellatmosfera che le si crea intorno, creata artificialmente
con uno spray... Ma le persone speciali vere, non quelle pompate,
sono poche. Anzi, forse ce nè, appunto, una sola.
Marco Bonatti
direttore@lavocedelpopolo.torino.it
IMMAGINE:
I fiori sono da sempre simbolo di vita,
di risurrezione e di fiducia in Dio. Gesù ha detto: Osservate
come crescono i gigli del campo. Vi dico che neanche Salomone,
con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. ©
Margelatu Florina - Photoxpress
Marco
Bonatti
è direttore responsabile del settimanale
diocesano torinese La Voce del Popolo.
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