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LA
PAROLA QUI ED ORA: COMMENTO AI VANGELI: Prendete, questo
è il mio Corpo
Il primo giorno
degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli
gli dissero: "Dove vuoi che andiamo a preparare, perché
tu possa mangiare la Pasqua?". Allora mandò due dei
suoi discepoli, dicendo loro: "Andate in città e
vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo.
Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il
Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare
la Pasqua con i miei discepoli?". Egli vi mostrerà
al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta;
lì preparate la cena per noi". I discepoli andarono
e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e
prepararono la Pasqua.
E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione,
lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo
è il mio Corpo". Poi prese un calice e rese grazie,
lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: "Questo
è il mio Sangue dell'alleanza, che è versato per
molti. In verità io vi dico che non berrò mai più
del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo,
nel regno di Dio".
Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
(Marco 14, 12-16. 22-26)
Un giorno dopo
l'altro assistiamo allo spettacolo del nostro corpo che invecchia.
Giriamo per le strade, viaggiamo, lavoriamo: e tutto intorno
a noi ripete e grida la sottomissione alla legge del tempo e
della morte. Ciascuno affronta la cosa in modo diverso: c'è
si rassegna e finge di nulla e c'è chi reagisce, cercando
di mantenere il più possibile un equilibrio "salutare"
fra un corpo che invecchia e le prestazioni che esso può
offrire. Per molti altri, poi, l'efficienza del corpo è
diventata un culto, quasi un'ossessione (tanto da coniare parole
nuove, come "palestrato"). Un culto che finisce per
scambiare, facendoli diventare sinonimi, corpo e bellezza: come
se soltanto dall'"immagine" della forma fisica si potesse
ricavare la legittimazione di un senso alla vita. Meno volentieri,
di questi tempi, ci si ricorda della verità rivelata da
un rabbino, in un racconto di I.B. Singer: "corpo e dolore
sono sinonimi" ("Un giovane in cerca d'amore").
La solennità del Corpo e Sangue del Signore richiama invece
il mistero di un "Corpo" che non invecchia e non decade,
perché è risorto e dunque sottratto al ciclo della
decomposizione e della morte. E questo stesso Corpo, ci viene
rivelato da Gesù, è anche l'unico vero "cibo"
di cui abbiamo bisogno per quella vita eterna che prescinde dalla
morte. Il dono totale di sé che Cristo compie chiude la
serie dell'antica alleanza e inaugura una stagione nuova in cui
l'"amicizia con Dio" non ha più bisogno di essere
comprata o riscattata barattandola con la vita di esseri umani
e neppure di animali. Il Signore stesso rivela che il corpo è
il "tempio" della vita vera, quella dello Spirito ("distruggete
questo tempio e in tre giorni io lo farò risorgere":
Giovanni 2, 19).
Il corpo è tempio della vita e la vita in se stessa è
la "gloria di Dio" sulla terra: dunque ogni vita umana
è sacra perché profondamente radicata nella vita
stessa di Dio; e il corpo che ospita e genera la vita è
il tempio stesso in cui abita la presenza di Dio. In questo senso
la gloria del Corpus Domini ha molto da ricordarci, per quanto
riguarda il nostro concetto di sacralità del corpo e,
più in generale, per quanto concerne la tutela della vita
(senza in nulla smentire il "dovere" di conservare
al meglio il proprio corpo né, tanto meno, di disprezzare
la bellezza
).
Ma nella celebrazione del Corpus Domini (che non per caso è
tra le solennità tuttora più sentite del popolo
cristiano) c'è ancora di più: il Signore che si
rende visibile e presente nel suo Corpo e nel suo Sangue è
il segno più diretto, prepotente quasi, del mistero centrale
della fede cristiana, quel ciclo "incarnazione - risurrezione"
di fronte al quale ciascuno di noi gioca la propria intera esistenza.
Il Corpus Domini ha maturato nei secoli la coloritura di festa
"civile" proprio perché sottolinea, più
di altre cadenze liturgiche, l'intreccio stretto e necessario
tra la vita della città e quella della Chiesa nel suo
ciclo liturgico. Il Corpo e Sangue del Signore, nutrimento della
fede, sono anche il cibo che innerva e motiva la presenza dei
credenti nella società e a servizio della società.
Un esempio di questo intreccio è dato da Giuseppe Benedetto
Cottolengo, canonico di quella basilica del Corpus Domini eretta
nel cuore di Torino per ricordare il miracolo del 6 giugno 1453
(l'Ostia posta in un ostensorio rubato e caduto a terra, si libra
in aria sino a quando il Vescovo di Torino alza un calice, dove
l'Ostia scende). Proprio vicino alla chiesa, il Cottolengo incontrò
Maria Gonnet morente e da quella tragedia ha inizio l'opera della
Divina Provvidenza per testimoniare l'amore di Cristo alle persone
che tutti gli altri hanno abbandonato.
Marco Bonatti
direttore@lavocedelpopolo.torino.it
Marco
Bonatti è direttore responsabile del settimanale
diocesano torinese La Voce del Popolo. Segui La
Voce del Popolo su internet: www.lavocedelpopolo.torino.it
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