[Gesù]
partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli
lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga.
E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: "Da
dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella
che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti
dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di
Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone?
E le sue sorelle, non stanno qui da noi?". Ed era per loro
motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: "Un profeta
non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi
parenti e in casa sua". E lì non poteva compiere
nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì.
E si meravigliava della loro incredulità. Gesù
percorreva i villaggi d'intorno, insegnando.
(Marco 6, 1-6)
Allora non
è vero che Gesù "ci azzecca" sempre!
A Nazareth non riesce a compiere nessun prodigio perché
la gente non crede in Lui. I suoi compaesani conoscono il falegname,
"il figlio di Maria" (ed è probabilmente un
dispregiativo, perché gli Ebrei richiamavano il nome del
padre, anche dopo la morte); ma non vogliono sapere nulla del
profeta che compie miracoli. L'evangelista Luca (4,16) testimonia
come venne cacciato dalla sinagoga.
Questo brano
di Vangelo affronta, senza nessuna paura, il problema che per
noi oggi è a volte assillante: quello del confine sottile
tra fede e credulità. Se Gesù fosse un ciarlatano
qualsiasi, le parole di Marco si adatterebbero ugualmente bene:
i prodigi non riescono perché la gente non ci crede abbastanza.
Qualcosa di
simile avviene in continuazione anche oggi: in televisione passano
centinaia di maghi, astrologhi, cartomanti, illusionisti; il
"fatturato" di questa gente (ammesso che qualcuno di
loro paghi le tasse) è di decine di miliardi all'anno;
e la baracca funziona proprio perché la gente ci crede,
anzi si tratta di un fenomeno in continua espansione. Tempo fa
a Torino si è svolto un convegno nazionale di coloro che
analizzano le affermazioni di chi si occupa del "paranormale":
gli studiosi convenuti al Politecnico hanno denunciato i "venditori
di illusioni", svelando trucchi e malafede dei presunti
"maghi". Ma in molti di quegli scienziati c'era la
convinzione, più o meno espressa, che anche la religione
si alimentasse alla stessa fonte: perché per loro soltanto
quel che è spiegabile con la scienza esiste, ed il resto
è truffa.
Non siamo più,
e non solo in questo senso, nella Cacania che lo scrittore Robert
Musil rimpiange con ironia: "Il paese era amministrato con
oculatezza, discrezione e abilità a smussare cautamente
ogni punta dalla migliore burocrazia d'Europa, alla quale si
poteva rimproverare un solo difetto: per essa, genio e spirito
d'iniziativa nelle persone non autorizzate a ciò da alti
natali o da incarico governativo erano impertinenza e presunzione.
A nessuno del resto piace farsi dettar legge da chi non vi è
autorizzato! E poi in Cacania un genio era sempre scambiato per
un babbeo, mai però, come succedeva altrove, un babbeo
per un genio" ("L'uomo senza qualità").
Gesù
si ritrova più o meno nella stessa posizione: la sua possibilità
di compiere prodigi è "ridotta" in ragione del
fatto che la gente, i suoi compaesani, non credono in Lui, non
lo accettano in nessun modo come figlio di Dio. Ma il problema
dei miracoli di Gesù è completamente diverso: quel
che manca ai compaesani non è la credulità, ma
la fede. Il brano di Marco rivela indirettamente la vera differenza:
per i compaesani di Gesù Egli è solo come il falegname
e non sono disposti a "cambiare idea" sul suo conto.
Mentre la fede
è propriamente un "cambiare idea" (e molto di
più: cambiare cuore) sul conto di Dio. In molti altri
passaggi del Vangelo Gesù congeda le persone con la frase
"la tua fede ti ha salvato": perché chi ha ricevuto
un miracolo ha riconosciuto non tanto il prodigio materiale compiuto,
ma appunto la potenza del Signore che lo ha reso possibile.
Noi, come gli
abitanti di Nazareth, siamo continuamente esposti al duplice
rischio della incredulità e dell'idolatria. Siamo in genere
molto sospettosi nei confronti di chi parla in nome del Signore
e chiede fede, penitenza e conversione; ma siamo molto più
pronti a dare credito a chi promette miracoli facili - il successo,
il denaro, l'amore, il potere
Mettiamo queste promesse
al posto di Dio; e a Dio riserviamo quella diffidenza che riteniamo
sano raziocinio critico, legittimo dubbio. In questo la scienza
positiva così come è cresciuta in Europa negli
ultimi secoli non ci aiuta per nulla.
Gli abitanti
di Nazareth, ciechi e sordi di fronte a Gesù, ci mettono
di fronte ad un altro rischio: quello di non "riconoscere"
il Signore nei fratelli. Attenti alle apparenze, affezionati
solo alle nostre conoscenze e al nostro modo di capire il mondo,
anche noi valutiamo soprattutto l'aspetto esterno delle persone,
lasciamo che siano i vestiti o il successo a determinare la nostra
stima e la nostra capacità di porsi al servizio degli
altri. Un atteggiamento molto mondano che ci rende sicuri di
una sola realtà: che non saremo in grado di riconoscere
i "prodigi", quelli veri, che il Signore opera nel
cuore delle persone.
Marco Bonatti
direttore@lavocedelpopolo.torino.it
Marco Bonatti
è
direttore responsabile del settimanale diocesano torinese La
Voce del Popolo.
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