Nelle calure
dello scorso agosto, mentre la gente guardava in su sperando
nelle nuvole e nella pioggia, il Papa ha invitato i cristiani
a cercarvi Maria assunta in cielo, e a scoprire il loro futuro
in qualche ap-partamento della "casa di Dio".
"Una cosa è sicura:
Dio ci aspetta. E questa è la nostra grande gioia":
lo ha detto Benedetto XVI ai fedeli che il 15 agosto scorso ascoltavano
a Castel Gandolfo la sua omelia. "Ogni persona è
stata crea-ta perché possa entrare in dialogo con Dio,
con l'Infinito": lo ha ricordato il Papa pochi giorni dopo,
ai partecipanti al Meeting di Rimini. Sono stati due interventi
densi, espressione viva del suo magistero. Perché questo
è il compito della Chiesa e anzitutto del Papa: "Portare
le persone a guardare oltre le penultime cose, e a mettersi alla
ricerca delle ultime" (lo aveva detto a Lisbona, nel maggio
2010).
Dio, casa dai tanti appartamenti
Il dogma "Maria assunta
alla gloria celeste in anima e corpo" gli ha offerto lo
spunto per le sue rifles-sioni, e il Papa a Castel Gandolfo ha
indicato la Madonna come la prima, il modello, l'itinerario che
ogni uomo ha da percorrere. Maria "non va su una galassia
sconosciuta
è unita a Dio". Così, "nell'Assunzione
vediamo che in Dio c'è spazio per l'uomo. Dio stesso è
la casa dai tanti appartamenti della quale parla Gesù
(cfr Gv 14,2); Dio è la casa dell'uomo".
" Ed ecco il senso dell'attesa
su cui il Papa ha insistito: "Una speranza è sicura:
Dio ci aspetta, ci at-tende. Non andiamo nel vuoto, siamo aspettati.
Dio ci aspetta e troviamo - andando all'altro mondo - la bontà
della Madre, troviamo i nostri, troviamo l'Amore eterno. Dio
ci aspetta: questa è la nostra grande gioia
".
" Quindi il Papa ha illustrato
un "altro aspetto: non solo in Dio c'è spazio per
l'uomo; nell'uomo c'è spazio per Dio". Ha spiegato:
"La presenza di Dio in noi - così importante per
illuminare il mondo nella sua tristezza, nei suoi problemi -,
questa presenza si realizza nella fede: nella fede apriamo le
por-te del nostro essere, così che Dio entri in noi
In noi c'è spazio, apriamoci come Maria si è aperta
di-cendo: "Sia realizzata la Tua volontà, io sono
serva del Signore"".
Le conseguenze? "Aprendoci a Dio, non perdiamo niente. Al
contrario, la nostra vita diventa ricca e grande. E così,
fede e speranza e amore si combinano insieme".
" Mentre i fedeli pensavano
a Maria nel bel cielo di Castel Gandolfo, Benedetto XVI ha concluso:
"Cosa dire quindi? Cuore grande, presenza di Dio nel mondo,
spazio di Dio in noi e spazio in Dio per noi, speranza, essere
aspettati: è la sinfonia di questa festa, l'indicazione
che la meditazione di questa Solennità ci dona
.
La speranza cristiana non è soltanto nostalgia del Cielo,
ma vivo e operoso desi-derio di Dio qui nel mondo. Desiderio
di Dio che ci rende pellegrini infaticabili, alimentando in noi
il coraggio e la forza della fede."
Il destino nel piano di Dio
Noi siamo portati a dare alla
parola destino significati diversi, anche contraddittori. In
senso spregiati-vo: "Ciò che la gente chiama destino,
è per lo più soltanto l'insieme delle sciocchezze
che essa com-mette" (Arthur Schopenhauer). O magari col
pessimismo di chi non ha speranza: "Il mio destino non è
scritto da nessuna parte: io sono uno zingaro sperduto e vagabondo,
su un pianeta indifferente alla mia tragedia" (Jacques Monod).
Invece Papa Benedetto al Meeting di Rimini ha descritto lo splendore
del destino umano colto nel piano di Dio creatore.
" "Parlare dell'uomo
e del suo anelito all'infinito significa innanzitutto riconoscere
il suo rapporto co-stitutivo con il Creatore. L'uomo è
una creatura di Dio
Questa dipendenza, da cui l'uomo moderno
e contemporaneo tenta di affrancarsi, non solo non nasconde o
diminuisce, ma rivela in modo luminoso la grandezza e la dignità
suprema dell'uomo, chiamato alla vita, per entrare in rapporto
con la Vita stessa, con Dio
Adamo ed Eva sono frutto di
un atto di amore di Dio, fatti a sua immagine e somi-glianza,
e la loro vita e il loro rapporto con il Creatore coincidevano:
"Dio creò l'uomo a sua immagi-ne; a immagine di Dio
lo creò
" (Gen 1,27)".
Quando gli idoli si sostituiscono
al Creatore
Per l'uomo l'entrare in rapporto
con la Vita si fa desiderio, anelito, bisogno profondo. "Il
Salmo 63,2 - ha ricordato il Papa - ci aiuta a entrare nel cuore
di questo discorso: "O Dio, tu sei il mio Dio, dall'aurora
io ti cerco, ha sete di te l'anima mia, desidera te la mia carne,
in terra arida, assetata, senz'acqua"
Ogni fibra della
mia carne è fatta per trovare la sua realizzazione in
Dio".
" Ma a volte "l'uomo
anche senza saperlo si protende alla ricerca dell'Infinito in
direzioni sbagliate: nella droga, in una sessualità vissuta
in modo disordinato, nelle tecnologie totalizzanti, nel successo
a ogni costo, perfino in forme ingannatrici di religiosità.
Le cose buone, che Dio ha creato come strade che conducono a
Lui, non di rado corrono il rischio di essere assolutizzate e
divenire così idoli che si sostituiscono al Creatore
"
" Il rimedio c'è:
"Per ritrovare veramente se stesso e la propria identità,
per vivere all'altezza del pro-prio essere, l'uomo deve tornare
a riconoscersi creatura, dipendente da Dio. Al riconoscimento
di questa dipendenza - che nel profondo è la gioiosa scoperta
di essere figli di Dio - è legata la possibilità
di una vita veramente libera e piena".
" In chiusura il Papa
ha ripetuto quel che già scriveva Agostino in apertura
delle sue Confessioni: "Ci hai fatti per te, e il nostro
cuore è inquieto finché non riposa in te".
Il Papa cita sovente questa massi-ma, che contiene il nocciolo
della fede. Forse l'irrequietezza non a tutti piace, ma come
notava Julien Green, "Un cristiano, finché è
inquieto, può stare tranquillo".
*** L'articolo in
PDB
Enzo BIANCO
sdb