[In quei giorni
Maria si alzò e andò in fretta verso la regione
montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di
Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito
il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran
voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del
tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga
da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi,
il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei
che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore
le ha detto". Allora Maria disse:
"L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta
in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà
della sua serva". (Lc 1,39-48)
Nell'incontro
con Elisabetta, la parola chiave è umiltà. Che
non significa prostrazione, né sottovalutazione di se
stessi, ma coscienza dei propri limiti, e dunque anche capacità
di aprirsi al nuovo, al miracolo
L'attesa che si conclude, che sfocia nella gioia. Non c'è
felicità più piena, nella vita, di questa. All'inizio
del Vangelo la "buona notizia" si presenta con le caratteristiche
della quotidianità più semplice, quella di aspettare
che nasca un bambino - e dunque di "prepararsi" a questa
nascita, a questa vita nuova.
Oggi anche queste realtà fondamentali rischiano, nella
nostra sensibilità, di complicarsi, perché si è
complicata la nostra vita. La vita è diventata tema di
fondamentalismo, argomento di divisione, terreno di esercizio
per un confronto tra schieramenti ideologici. Ci si ricatta a
vicenda sulla vita, tra chi ne sostiene una "sacralità"
letterale e chi ne rivendica la totale sovranità all'individuo.
Un terreno scivoloso e doloroso, percorrendo il quale si rischia
di perdere di vista l'essenziale, il "valore del dono".
La parola chiave di questa pagina è: umiltà. Che
non significa prostrazione, né sottovalutazione di se
stessi, ma coscienza dei propri limiti, e dunque anche capacità
di aprirsi al nuovo - al miracolo. L'"umiltà della
serva" non è l'atteggiamento che un Dio ottuso e
geloso richiede ai suoi fedeli, ma il contrario: è il
terreno d'incontro, l'unico possibile, fra il Signore della vita
e chi la vita la riceve in dono, senza esserne il padrone.
San Bernardo, il mortale che Dante fa parlare più in alto
di tutti, e per ultimo, scriveva questo di se stesso: "Vi
lascio tre precetti che nella vita presente, al cui traguardo
sto arrivando, ho osservato con tutte le mie forze. Non ho mai
voluto fare scandalo, e se qualche volta è successo, ho
voluto nasconderlo come potevo. Ho sempre dato minor credito
al senso mio che a quello degli altri, quando sono stato colpito
non ho mai voluto vendicarmi su chi mi aveva colpito: ed ecco
che vi lascio la carità, l'umiltà e la pazienza".
Marco Bonatti
direttore@lavocedelpopolo.torino.it
Marco Bonatti
è
direttore responsabile del settimanale diocesano torinese La
Voce del Popolo.
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