BEATI  I  PERSEGUITATI
La Chiesa non è mai vissuta senza persecuzioni. Anche oggi la Chiesa è perseguitata. Ci sono diverse forme di persecuzione.
“Vi accuseranno e mentendo diranno ogni male contro di voi, per causa mia” (Mt 5,11).
Si tratta infatti del mistero della configurazione del discepolo al maestro e della configurazione della Chiesa al suo Sposo. Dobbiamo avere fede in questo mistero.
La fedeltà si tempra con la persecuzione.
Il soffrire persecuzione è criterio della fedeltà.
Il cristiano deve essere fedele fino a dare la vita. Questo è il martirio e questo il Signore gli domanda.
Gesù è stato sempre un perseguitato nella sua vita.
Anche oggi, il cristianesimo non è più recepito con serenità e con facilità. Siamo, sovente, in situazioni di violenza.
Ma siamo sempre chiamati ad essere fedeli al Signore e alla Chiesa.
Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita (Apocalisse).
Quando il re Nabucodonosor comanda di adorare la statua, i tre giovani Sadrach, Mesach e Abdenego si rifiutano e sono fedeli. Così il re domanda loro: “Quale Dio vi potrà liberare dalla mia mano?”. E i giovani: “Sappi che il nostro Dio che serviamo può liberarci dalla fornace con il fuoco acceso e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto”.
Il Signore ha premiato la fedeltà di quei giovani. Anche gli Apostoli erano lieti di soffrire nel nome del Signore (Atti degli Apostoli).
Dobbiamo ricuperare la gioia della fedeltà. Ma di una fedeltà viva, di una fedeltà tutta d’un pezzo.
Accettiamo nel nostro mondo e nella nostra società l’impegno della fedeltà di ogni giorno. Solo con questo impegno di fedeltà possiamo liberarci dalla tentazione del compromesso, che è la ragione più vera della tristezza, della tribolazione e della noia seminata oggi anche nei cristiani. Abbiamo perduto la gioia di essere cristiani, perché abbiamo perduto l’integrità della nostra fedeltà.
La beatitudine ci aspetta da venti secoli: beati i perseguitati. Lasciamocelo dire dal Signore. Egli non ce lo dice per rimproverarci, quanto piuttosto per ricordarci che la sua promessa non può fallire e che la sua parola non passa. “Passeranno i cieli e la terra, ma la mia parola non passerà” (Lc 21-33).
                                                                                Carlo M. Carli
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-11
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