IL DNA DEL DISCEPOLO


Il DNA è un elemento caratterizzante l’identità biologica di una persona, tanto è vero che sempre più diffusamente ad esso si fa ricorso nel campo delle indagini giudiziarie. Siamo, infatti, ormai abituati a sentire parlare del ricorso alla “prova del DNA” per accertare l’identità di una paternità discussa o nella ricerca di possibili autori di crimini.
Il dinamismo della lingua italiana ha portato a introdurre il concetto del DNA in discorsi completamente estranei alla biologia. Non è azzardato parlare dell’esistenza in ogni individuo di una serie di elementi caratterizzanti il modo di essere e di pensare, conseguenza di scelte radicali e totalmente vincolanti. È quanto si può dire a proposito del cristiano.
Il discepolo di Gesù, cioè colui che per vocazione battesimale è chiamato a essere un alter Christus, non può non avere le caratteristiche programmatiche proprie del Maestro divino.
Gesù ha detto: da questo vi riconosceranno se siete i miei discepoli, se vi amerete l’un l’altro come io ho amato voi (Gv 13,34).
Ha anche detto Gesù: Chi vuole essere mio discepolo prenda la sua croce e mi segua (Mc 8,34); Imparate da me che sono mite ed umile di cuore (Mt 11,29); Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi (Gv 15,20).
Questo e quanto altro nei Vangeli delinea l’identità spirituale di Cristo-uomo deve necessariamente essere presente nel cristiano e quindi rientra nel suo DNA spirituale quale realtà imprescindibile. L’elemento primo caratterizzante, però, rimane la pratica del comandamento dell’amore.
Continuando nell’analogia tra DNA biologico e DNA spirituale si può aggiungere che in quello biologico, nel figlio sono presenti elementi aggiuntivi a quelli ereditati che concorrono a costruire la specificità individuale; analogamente, ogni cristiano ha un proprio modo d’incarnare le caratteristiche evangeliche, il che costituisce il taglio particolare della sua spiritualità, cioè il proprio modo di vivere il Vangelo della carità.
Le riflessioni fin qui fatte potrebbero apparire, e rimanere, semplici considerazioni frutto di una fantasia pseudo scientifica, se non sollecitassero il coraggio di sottoporsi alla “prova del DNA spirituale”, che è quanto dire affrontare la verifica onesta e trasparente di quanto l’esemplarità di Cristo, e in particolare l’adesione al comandamento dell’amore, è presente nella propria vita spirituale.
D’altra parte il santo è colui che ha accolto il messaggio di Cristo tutto intero, ha cercato di viverlo in pienezza, e questo per amore e con amore. In qualsiasi “reperto” della sua esistenza si scopre amore, il DNA spirituale ricevuto nel suo essere stato creato, come ogni altro uomo, a divina immagine, e Dio è amore.
Come ogni altro uomo era stato così creato, come ogni altro uomo poteva diventare santo: in lui si è realizzata la vocazione universale all’amore, alla santità che è di ogni uomo.
Un’ulteriore riflessione viene suggerita dalla devozione al Sangue preziosissimo di Gesù. Per il mistero eucaristico, nel pane e nel vino consacrati, il Sangue di Gesù è presente. Di questo Sangue noi ci nutriamo nella Comunione: quel Sangue si fa nostro sangue.
Le parole non possono neanche tentare di esprimere un mistero così grande e sublime, ma la fede ci dice che da quel nutrimento viene a noi la circolazione di grazia che ci rende capaci di vivere la fedeltà al DNA spirituale che Cristo sulla croce ci ha meritato. Questo dà il senso alla devozione al Sangue di Gesù a cui il mese di luglio richiama.

                                                                     da  Aggancio, luglio 2001


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-8
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