OGNI CREATURA LODI IL SIGNORE


“Benedite, opere tutte del Signore, il Signore”
(Dn 3,57).


Un respiro cosmico pervade questo Cantico tratto dal libro di Daniele, che la Liturgia delle Ore propone per le Lodi della Domenica nella prima e nella terza settimana.
In questo brano litanico, sono come chiamate in rassegna tutte le cose. Lo sguardo punta al sole, alla luna, agli astri; si adagia sull’immensa distesa delle acque; di leva verso i monti, indugia sulle più diverse situazioni atmosferiche; passa dal caldo al freddo, dalla luce alle tenebre; considera il mondo minerale e quello vegetale, si sofferma sulle diverse specie di animali. L’appello poi si fa universale: chiama in causa gli angeli di Dio, raggiunge tutti i “figli dell’uomo”, ma coinvolge in modo particolare il popolo di Dio, Israele, suoi sacerdoti, i giusti. È un immenso coro, una sinfonia in cui le varie voci elevano il loro canto a Dio, Creatore dell’universo e Signore della storia. Recitato alla luce della rivelazione cristiana, esso si rivolge al Dio trinitario, come la liturgia ci invita a fare, aggiungendo al Cantico una formula trinitaria: “Benediciamo il Padre e il Figlio con lo Spirito Santo”.
Nel Cantico in un certo senso si riflette l’anima religiosa universale, che percepisce nel mondo l’orma di Dio, e si innalza alla contemplazione del Creatore. Ma nel contesto del libro di Daniele, l’inno si presenta come ringraziamento elevato da tre giovani israeliti – Anania, Azaria e Misaele – condannati a morire bruciati in una fornace, per aver rifiutato di adorare la statua d’oro di Nabucodonosor, ma miracolosamente preservati dalle fiamme. Sullo sfondo di questo evento c’è quella speciale storia di salvezza in cui Dio sceglie Israele come suo popolo e stabilisce con esso un’alleanza. Appunto a tale alleanza i tre giovani israeliti vogliono restare fedeli, a costo di andare incontro al martirio nella fornace ardente. La loro fedeltà si incontra con la fedeltà di Dio, che invia un angelo ad allontanare da loro le fiamme (cfr Dn 3,49).
Ripetendo nella liturgia domenicale delle Lodi il Cantico dei tre giovani israeliti, noi discepoli di Cristo vogliamo metterci sulla stessa onda di gratitudine per le grandi opere compiute da Dio, sia nella creazione, sia sopratutto nel mistero pasquale.
Il cristiano, infatti, scorge un rapporto tra la liberazione dei tre fanciulli, dei quali si parla nel Cantico, e la risurrezione di Gesù. In quest’ultima, gli Atti degli Apostoli vedono esaudita la preghiera del credente che, come il Salmista, canta fiducioso: “Tu non abbandonerai l’anima mia negli inferi, né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione” (At 2,27; Sal 15,10).
L’accostamento di questo Cantico alla Risurrezione è molto tradizionale. Vi sono antichissime testimonianze della presenza di questo inno nella preghiera del Giorno del Signore, Pasqua settimanale dei cristiani. Le catacombe romane poi conservano reperti iconografici nei quali si notano i tre fanciulli che pregano indenni tra le fiamme, testimoniando così l’efficacia della preghiera e la certezza dell’intervento del Signore.
“Benedetto sei tu, Signore, nel firmamento del cielo, degno di lode e di gloria nei secoli” (Dn 3,56). Cantando questo inno al mattino della Domenica, il cristiano si sente grato non solo per il dono della creazione, ma anche perché destinatario della premura paterna di Dio, che in Cristo lo ha elevato alla dignità di figlio.
Una premura paterna che fa guardare con occhi nuovi allo stesso creato e ne fa gustare la bellezza, nella quale si intravede come in filigrana, l’amore di Dio. È con questi sentimenti che Francesco d’Assisi contemplava il creato ed elevava la sua lode a Dio, sorgente ultima di ogni bellezza. È spontaneo immaginare che le elevazioni di questo testo biblico gli echeggiassero nell’animo quando, a San Damia-
no, dopo aver toccato i vertici della sofferenza nel corpo e nello spirito, compose il “Cantico di frate sole” (cf Fonti Francescane, 263).
                                                             
  Giovanni Paolo II
                                                      Udienza Generale del 2-5-2001


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-7
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