SALMO 56: VOGLIO SVEGLIARE L'AURORA È una notte tenebrosa,
nella quale savvertono intorno belve voraci. Lorante
è in attesa che sorga lalba, perché la luce
vinca loscurità e le paure. È questo lo sfondo
del salmo 56: un canto notturno che prepara lorante alla
luce dellaurora, attesa con ansia per poter lodare il Signore
nella gioia (cf vv. 9-12).
Si assiste al passaggio dalla paura alla gioia, dalla notte al
giorno, dallincubo alla serenità, dalla supplica
alla lode. È unesperienza frequentemente descritta
nel Salterio: Hai mutato il mio lamento in danza, la mia
veste di sacco in abito di gioia, perché io possa cantare
senza posa. Signore, mio Dio, ti loderò per sempre!
(Sal 29,12-13).
Due sono i momenti del Salmo 56 che stiamo meditando. Il primo
riguarda lesperienza del timore per lassalto del
male che tenta di colpire il giusto (cf vv. 2-7). Al centro della
scena ci sono dei leoni in posizione dattacco. Ben presto
questa immagine viene trasformata in un simbolo bellico, delineato
con lance, frecce, spade. Lorante si sente assalito da
una sorta di squadrone della morte. Intorno a lui cè
una banda di cacciatori, che tende trappole e scava fosse per
catturare la preda. Ma questa atmosfera di tensione è
subito distolta. Infatti, già in apertura appare il simbolo
protettivo delle ali divine, che concretamente richiamano larca
dellalleanza coi cherubini alati, cioè la presenza
di Dio accanto ai fedeli nel tempio santo di Sion.
Lorante chiede istantemente che Dio mandi dal cielo i suoi
messaggeri, ai quali egli attribuisce i nomi emblematici di Fedeltà
e Grazia (v. 4), qualità proprie dellamore
salvifico di Dio. Perciò, anche se rabbrividisce per il
ruggito terribile delle fiere e per la perfidia dei persecutori,
il fedele nellintimo rimane sereno e fiducioso, come Daniele
nella fossa dei leoni (cf Dn 6,17-25).
La presenza del Signore non tarda a mostrare la sua efficacia,
mediante lautopunizione degli avversari: questi piombano
nella fossa che avevano scavato per il giusto (cf v. 7). Tale
fiducia nella giustizia divina, sempre viva nel Salterio, impedisce
lo scoraggiamento e la resa alla prepotenza del male. Dalla parte
del fedele prima o poi si schiera Dio, che sconvolge le manovre
degli empi facendoli inciampare nei loro stessi progetti malvagi.
Giungiamo, così, al secondo momento del Salmo, quello
del ringraziamento (cf vv. 8-12). Cè un passo che
brilla per intensità e bellezza: Saldo è
il mio cuore, o Dio, saldo è il mio cuore. Voglio cantare,
a te voglio inneggiare: svegliati, mio cuore, svegliatevi arpa
e cetra, voglio svegliare laurora (vv. 8-9). Ormai
le tenebre si sono dileguate: lalba della salvezza è resa vicina
dal canto dellorante.
Applicando a sé questa immagine, il Salmista forse traduce
nei termini della religiosità biblica, rigorosamente monoteistica,
luso dei sacerdoti egiziani o fenici che erano incaricati
di svegliare laurora, cioè di far riapparire
il sole, considerato una divinità benefica. Egli allude
anche alluso di appendere e velare gli strumenti musicali
nel tempo del lutto e della prova
(cf Sal 136,2), e di risvegliarli al suono festivo
nel tempo della liberazione e della gioia. La liturgia, quindi,
fa sbocciare la speranza: si rivolge a Dio invitandolo ad avvicinarsi
di nuovo al suo popolo e ad ascoltare la sua supplica. Spesso
nel salterio lalba è il momento dellesaudimento
divino, dopo una notte di preghiera.
Il Salmo si chiude, così, con un canto di lode rivolto
al Signore, che opera con le sue due grandi qualità salvifiche,
già apparse con termini differenti nella prima parte della
supplica (cf v. 4). Ora sono di scena, quasi personificate, la
Bontà e la Fedeltà divina. Esse inondano i cieli
con la loro presenza e sono come la luce che brilla nelloscurità
delle prove e delle persecuzioni (cf v. 11). Per questo motivo
il Salmo 56 si è trasformato nella tradizione cristiana
in canto del risveglio alla luce e alla gioia pasquale, che si
irradia nel fedele cancellando la paura della morte e aprendo
lorizzonte della gloria celeste.
Gregorio di Nissa scopre nelle parole di questo Salmo una sorta
di descrizione tipica di ciò che avviene in ogni esperienza
umana aperta al riconoscimento della sapienza di Dio. Mi
salvò infatti egli esclama avendomi fatto
ombra con la nube dello Spirito, e coloro che mi avevano calpestato
sono stati umiliati (Sui titoli del salmi, Roma 1994, p.
183).
Rifacendosi poi alle espressioni che concludono il Salmo, dove
è detto: Innalzati sopra il cielo, o Dio, su tutta
la terra la tua gloria, egli conclude: Nella misura
in cui la gloria di Dio si estende sulla terra, accresciuta dalla
fede di coloro che vengono salvati, le potenze celesti, esultando
per la nostra salvezza, inneggiano a Dio (ivi, p. 184).
Giovanni
Paolo II
Osservatore
Romano 20-9-2001 RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-11 VISITA Nr.
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