SALMO 98,2-4.9 :
SANTO E' IL SIGNORE NOSTRO DIO

Non siamo abbandonati

«Il Signore regna». Questa acclamazione, che apre il Salmo 98, ne rivela il tema fondamentale e il caratteristico genere letterario. Si tratta di un canto elevato dal popolo di Dio al Signore, che governa il mondo e la storia come sovrano trascendente e supremo. Esso si raccorda ad altri inni analoghi, i Salmi 95-97 e che la Liturgia delle Lodi colloca al giovedì della terza settimana, come ideale preghiera del mattino.
Il fedele, infatti, iniziando la sua giornata sa di non essere abbandonato in balia di un caso cieco e oscuro, né votato all’incertezza della sua libertà, né affidato alle decisioni altrui, né dominato dalle vicende della storia. Egli sa che sopra ogni realtà terrena si erge il Creatore e Salvatore nella sua grandezza, santità e misericordia.

I sette titoli di Dio

Varie sono le ipotesi avanzate dagli studiosi sull’uso di questo Salmo nella liturgia del tempio di Gerusalemme. Esso, comunque, ha il sapore di una lode contemplativa che si eleva verso il Signore, assiso nella gloria celeste davanti a tutti i popoli e alla terra (cf v. 1). E tuttavia, Dio si rende presente in uno spazio e in mezzo a una comunità, cioè in Gerusalemme (cf v. 2), mostrando di essere «Dio-con-noi».
Sette sono i titoli solenni attribuiti a Dio dal Salmista già nei primi versetti: egli è re, grande, eccelso, terribile, santo, potente, giusto (cf vv. 1-4). Più avanti Dio viene presentato anche con la qualifica di «paziente» (v. 8). L’accento cade soprattutto sulla santità di Dio: per tre volte, infatti, si ripete – quasi in forma di antifona – che «egli è santo» (vv. 3.5.9). Il termine indica, nel linguaggio biblico, soprattutto la trascendenza divina. Dio è superiore a noi, e si colloca infinitamente al di sopra di ogni sua creatura. Questa trascendenza, tuttavia, non lo rende un sovrano impassibile ed estraneo: quando viene invocato, risponde (cf v. 6). Dio è colui che può salvare, l’unico che può liberare l’umanità dal male e dalla morte. Egli, infatti, «ama la giustizia» ed «esercita diritto e giustizia in Giacobbe» (v. 4)
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Dio è l’inaccessibile

Sul tema della santità di Dio, i Padri della Chiesa hanno intessuto innumerevoli riflessioni, celebrando l’inaccessibilità divina. Tuttavia questo Dio trascendente e santo s’è fatto vicino all’uomo. Anzi, come dice sant’Ireneo, si è «abituato» all’uomo già nell’Antico Testamento, manifestandosi con apparizioni e parlando per mezzo dei profeti, mentre l’uomo «si abituava» a Dio imparando a seguirlo e ad obbedirgli. Anzi, sant’Efrem, in uno dei suoi inni, sottolinea che attraverso l’Incarnazione «il Santo prese la sua dimora nel ventre (di Maria) in modo corporeo, / ora egli prende la sua dimora nella mente in modo spirituale» (Inni sulla Natività, 4,130). Inoltre, per il dono dell’Eucaristia, in analogia con l’Incarnazione, «il Farmaco di Vita è disceso dall’alto / per dimorare in coloro che ne sono degni. / Dopo che egli è entrato, / ha preso la sua dimora con noi, / così santifichiamo noi stessi dentro di lui» (Inni conservati in armeno, 47,27.30).

Dio è il vicino

Questo legame profondo tra «santità» e vicinanza di Dio è sviluppato anche nel Salmo 98. Infatti, dopo aver contemplato la perfezione assoluta del Signore, il Salmista ricorda che Dio era in continuo contatto col suo popolo attraverso Mosè e Aronne, suoi mediatori, come pure attraverso Samuele, suo profeta. Egli parlava ed era ascoltato, castigava i delitti ma anche perdonava.
Di questa sua presenza in mezzo al popolo era segno «lo sgabello dei suoi piedi», cioè il trono dell’arca del tempio di Gerusalemme (cf vv. 5-8). Il Dio santo e invisibile si rendeva, dunque, disponibile al suo popolo attraverso Mosè il legislatore, Aronne il sacerdote, Samuele il profeta. Egli si rivelava in parole e in atti di salvezza e di giudizio, ed era presente attraverso il culto celebrato nel tempio.

La Chiesa: luogo della presenza di Dio

Potremmo, allora, dire che il Salmo 98 si realizza oggi nella Chiesa, sede della presenza del Dio santo e trascendente. Il Signore non si è ritirato nello spazio inaccessibile del suo mistero, indifferente alla nostra storia e alle nostre attese. Egli «viene a giudicare la terra. Giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine» (Sal 97,9).
Dio è venuto in mezzo a noi soprattutto nel suo Figlio, fattosi uno di noi per infondere in noi la sua vita e la sua santità. Per questo noi ora ci accostiamo a Dio non con terrore ma con fiducia. Abbiamo, infatti, in Cristo il sommo sacerdote santo, innocente, senza macchia. Egli «può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore» (Eb 7,25). Il nostro canto, allora, si riempie di serenità e di gioia: esalta il Signore re, che dimora tra noi, tergendo ogni lacrima dai nostri occhi (cf Ap 21,3-4).
                                                 
Giovanni Paolo II
                                          L’Osservatore Romano, 28 novembre 2002


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-6
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