LA LEGGE DI DIO
E' L'AMORE PER L'UOMO

Circa 1.200 anni prima di Gesù, sorse la grande figura di Mosé che liberò gli Ebrei dalla schiavitù dell’Egitto e li condusse verso la terra promessa, la Palestina. Il viaggio avvenne lungo il deserto e durò molti anni. In questo cammino venne sancita l’Alleanza del popolo con Dio, chiamata anche Patto o Antico Testamento, in cui Mosé e tutto il popolo accettò la legge dei Dieci Comandamenti.
Questi Dieci Comandamenti valgono ancora adesso per noi cristiani, perché Gesù non volle abolirli ma portarli a compimento (cf Mt 5,17). Oggi, potremmo dire che la legge cristiana da una parte radicalizza, dall’altra relativizza la legge dell’Antico Testamento.
La radicalizza in quanto non basta più, ad esempio, che non si compia un omicidio: occorre impedirne gli stessi inizi, escludendo persino le ingiurie (cf Mt 5,22). Questo giungere alla radice dei problemi si nota soprattutto nel cosiddetto «Discorso della Montagna», dove lo spirito di Gesù si manifesta attraverso una serie di esempi, che a volte si presentano in forma paradossale per impressionare meglio gli uditori.
Da altre parole, invece, il Salvatore non soltanto radicalizza la legge antica, ma pure la relativizza (cf Mt 2,23-28), tanto che poi San Paolo potrà dire ai fedeli: «Non siete più sotto la legge» (Rom 6,14), ma «siete stati chiamati a libertà» (Gal 5,13).
Ma libertà non è libertinaggio! La libertà «non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri» (Gal 5,13). Siamo dunque chiamati all’amore, e quindi anche ai Dieci Comandamenti che esprimono un minimo di questo amore, in base alle diverse circostanze della vita. Però i Dieci Comandamenti sono a servizio dell’uomo, non è l’uomo a servizio dei comandamenti (cf Mt 2,27).
Tutte le norme valide (religiose e civili) vanno adempiute dai Cristiani non come leggi da osservare meccanicamente, ma come chiamate all’amore che richiedono intelligenza, impegno e persino fantasia, al fine di poter essere d’aiuto a noi stessi e ai fratelli. Con questo orientamento generale, quello di far del bene all’uomo, si possono anche dirimere eventuali conflitti tra doveri che sembrano in contrasto fra loro. Può capitare, infatti, che in un caso particolare, si debba trasgredire materialmente una certa legge per osservarne un’altra: per esempio, può capitare di non potere dire completamente la verità per salvare una vita umana innocente. È Dio stesso che lo vuole, in base al criterio fondamentale dell’amore, espresso dall’atteggiamento e dalle parole di Gesù: l’amore nasce da Dio e porta a Dio e per questo ci fa capire quale sia il dovere prevalente!
Naturalmente, per amore non s’intende un semplice sentimento (che a volte può non essere né possibile, né richiesto), ma s’intende un desiderio sincero e un comportamento efficace per aiutare chi ne ha bisogno, secondo le nostre possibilità e con la necessaria duttilità.
Tale amore concreto si contrappone non soltanto all’odio e all’egoismo, ma anche all’inerzia e alla ossessività sulle persone: quante volte viene detto amore quello che, in realtà, è una forma camuffata di ricerca del potere o del piacere! L’amore cristiano, invece, si esprime nella dedizione e nella solidarietà.
L’amore è appunto il compimento dei comandamenti della Legge antica, sancita durante il cammino verso la terra promessa. San Paolo scrive, infatti: «Tutta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso» (Gal 5,14). Come scrive arditamente Sant’Agostino “Ama e fa quello che vuoi”: perché qualunque comportamento è gradito al Padre, quando deriva appunto da un autentico amore verso i suoi figli, i nostri fratelli.
                                                                           
 Antonio Rudoni SDB
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-8
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