LA NUOVA CITTA' DI
DIO
La
Liturgia quotidiana delle Lodi, oltre ai Salmi, propone sempre
un Cantico desunto dallAntico Testamento. È noto,
infatti, che, accanto al Salterio, vero e proprio libro della
preghiera di Israele e poi della Chiesa, esiste una sorta di
altro Salterio disseminato nelle varie pagine storiche,
profetiche e sapienziali della Bibbia. Esso pure è costituito
da inni, suppliche, lodi e invocazioni, spesso di grande bellezza
e intensità spirituale.
Nella nostra peregrinazione lungo le preghiere della Liturgia
delle Lodi, abbiamo già incontrato molti di questi canti
che costellano le pagine bibliche. Ora ne prendiamo in considerazione
uno, utilizzato alle Lodi del lunedì della terza settimana,
veramente mirabile, opera di uno dei massimi profeti di Israele,
Isaia, vissuto nellottavo secolo a. C. Egli è testimone
delle ore più difficili attraversate dal regno di Giuda,
ma è anche il cantore della speranza messianica in un
linguaggio poetico altissimo.
La meta
della speranza
È il
caso del Cantico che qui prendiamo in considerazione e che è
posto quasi in apertura al suo libro, nei primi versetti del
capitolo 2, preceduti da una nota redazionale posteriore che
suona così: Visione di Isaia, figlio di Amoz, riguardo
a Giuda e a Gerusalemme (Is 2,1). Linno è
dunque concepito come una visione profetica, che descrive una
meta verso la quale tende nella speranza la storia di Israele.
Non per nulla le prime parole sono: Alla fine dei giorni
(v. 2), cioè nella pienezza dei tempi. È perciò
un invito a non fissarsi sul presente così misero, ma
a saper intuire sotto la superficie degli eventi quotidiani la
presenza misteriosa dellazione divina, che conduce la storia
verso un ben diverso orizzonte di luce e di
pace.
Questa visione dal sapore messianico sarà
ripresa ulteriormente nel capitolo 60 dello stesso libro in uno
scenario più vasto, segno di una rimeditazione delle parole
essenziali e incisive del profeta, quelle appunto del Cantico
ora proclamato. Il profeta Michea (cfr 4,1-3) riprenderà
lo stesso inno, anche se con una finale (cfr 4,4-5) diversa da
quella delloracolo di Isaia (cfr Is 2,5).
Le spade
si trasformino in aratri
Al centro della
visione di Isaia si erge il monte Sion, che sopravanzerà
idealmente tutti gli altri monti, essendo abitato da Dio e quindi
luogo di contatto col cielo (cfr 1 Re 8,22-53). Da esso, secondo
loracolo di Isaia 60,1-6, si sprigionerà una luce
che squarcerà e diraderà le tenebre e verso di
esso si muoveranno processioni di popoli da ogni angolo della
terra.
Questo potere di attrazione di Sion è fondato su due realtà
che promanano dal monte santo di Gerusalemme: la Legge e la Parola
del Signore. Esse costituiscono, in verità, ununica
realtà, che è sorgente di vita, di luce e di pace,
espressione del mistero del Signore e della sua volontà.
Quando le nazioni giungono sulla vetta di Sion, ove si eleva
il tempio di Dio, ecco accadere quel miracolo che da sempre lumanità
attende e verso cui sospira. I popoli lasciano cadere dalle mani
le armi, che vengono poi raccolte per essere forgiate in strumenti
pacifici di lavoro: le spade vengono trasformate in aratri, le
lance in falci. Sorge, così, un orizzonte di pace, di
shalôm (cfr Is 60,17), come si dice in ebraico, vocabolo
caro soprattutto alla teologia messianica. Così cala finalmente
per sempre il sipario sulla guerra e sullodio.
La Chiesa
è il Monte del Signore
Loracolo
isaiano è concluso da un appello, che è nella linea
della spiritualità dei canti del pellegrinaggio a Gerusalemme:
Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore
(Is 2,5). Israele non deve rimanere spettatore di questa trasformazione
storica radicale; non può dissociarsi dallinvito
risuonato in apertura sulle labbra dei popoli: Venite,
saliamo sul monte del Signore (v. 3).
Anche noi cristiani siamo interpellati da questo Cantico di Isaia.
Commentandolo, i Padri della Chiesa del quarto e quinto secolo
(Basilio Magno, Giovanni Crisostomo, Teodoreto di Ciro, Cirillo
dAlessandria) lo vedevano compiuto con la venuta di Cristo.
Conseguentemente identificavano nella Chiesa il monte del
tempio del Signore... eretto sulla cima dei monti, da cui
usciva la Parola del Signore e a cui affluivano i popoli pagani,
nella nuova era di pace inaugurata dal Vangelo.
Già il martire san Giustino nella sua Prima Apologia,
scritta circa lanno 153, proclamava lattuazione del
versetto del Cantico che dice: da Gerusalemme uscirà
la parola del Signore (cfr v. 3). Egli scriveva: Da
Gerusalemme uscirono degli uomini per il mondo, dodici di numero;
e questi erano ignoranti; non sapevano parlare, ma grazie alla
potenza di Dio rivelarono a tutto il genere umano che erano stati
inviati da Cristo per insegnare a tutti la Parola di Dio. E noi
che prima ci uccidevamo gli uni gli altri, non solo non combattiamo
più i nemici, ma per non mentire e non ingannare coloro
che ci interrogano, volentieri moriamo confessando Cristo
(Prima Apologia, 39,3: Gli apologeti greci, Roma 1986, p. 118).
Perciò, in modo particolare noi cristiani raccogliamo
lappello del profeta e cerchiamo di gettare le fondamenta
di quella civiltà dellamore e della pace in cui
non ci sia più né guerra, né morte,
né lutto, né lamento, né affanno perché
le cose di prima sono passate (Ap 21,4).
Giovanni Paolo II
LOsservatore
Romano, 05-09-2002
IMMAGINE:
Gesù Cristo giudice, miniatura
del sec.XIV
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-1
VISITA Nr.