PASSIONE SECONDO MATTEO:
GESU' E I SUOI DISCEPOLI


Il racconto della Passione secondo Matteo inizia così:
 “Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso»”. “Voi sapete”: non è solo Gesù che sa, ma anche i suoi discepoli; glielo ha detto nel terzo annuncio di Passione (20,18-19). Ora, di fronte a ciò che sta per accadere, come si comporta Gesù? Come si comportano i discepoli?
Il confronto inizia in una casa di Betania. Mentre Gesù era a tavola, dove una donna, gli versò sul capo un vaso di alabastro, pieno di profumo molto prezioso. “E i discepoli, vedendo ciò, si sdegnarono e dissero: «Perché questo spreco?»”. E Gesù: “Ma perché le date fastidio?... Ha fatto un’opera buona... Lo ha fatto per la mia sepoltura... Dovunque sarà predicato questo Vangelo nel mondo intero, si ricorderà quello che essa ha fatto”. Come si vede non c’è sintonia tra Gesù e i discepoli. I discepoli guardano il presente, Gesù vive nel futuro e lo guarda nella speranza: ci sarà la sepoltura, ma poi seguirà la predicazione del Vangelo in tutto il mondo. Gesù cammina nella certezza che egli, malgrado il rifiuto degli uomini e la sua morte, porterà a termine l’opera della salvezza (26,6-13).
Anche quando si trattò di preparare l’Ultima Cena (26,17-19) i discepoli non la pensano come Gesù. Essi pensano solo alla cena pasquale ebraica, Gesù alla “sua Pasqua”, perché al padrone di casa fa dire: “Il mio tempo è vicino. Farò la Pasqua da te con i miei discepoli”. Nel Vangelo di Giovanni la Passione è l’Ora di Gesù, in Matteo è il tempo di Gesù, la sua Pasqua, il suo passaggio da questo mondo al Padre. Il sacrificio di questa sua Pasqua sarà egli stesso che ora, anticipando gli eventi, si offre sotto i segni del Pane e del Vino. Prima, di compiere questo gesto, però, vuole coinvolgere i suoi discepoli.
Sedutosi a tavola con loro dice: “Uno di voi mi tradirà”. Ed essi si rattristarono molto. Si fecero l’esame di coscienza, ma nessuno si sentiva sicuro e ciascuno chiese a Gesù: “Sono forse io?”. Solo a Giuda Gesù risponde: “Tu l’hai detto” (26,25), però sa che tutti lo abbandoneranno quella stessa notte e che Pietro lo rinnegherà.
In una simile situazione che cosa fa Gesù? Si dona: “Questo è il mio corpo... Questo è il mio sangue dell’Alleanza versato per molti in remissione dei peccati”. Con l’ultima espressione dice quale senso egli dà alla sua passione e nella speranza afferma che tutto tende verso la salvezza: “Non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio” (26,29). Gesù sa che i suoi discepoli sono nell’incertezza, ma egli guarda al futuro e sa che, dopo la sua passione, saranno la sua Chiesa.
Terminata la Cena, eccoli in cammino verso il Getsemani. Gesù, parlando al futuro, dice ai discepoli che quella notte egli sarà per loro motivo di scandalo e annuncia che si disperderanno come dice il profeta Zaccaria (13,7): “Percuoterò il Pastore e saranno disperse le pecore del gregge, ma (cioè: non per sempre, perché) dopo la mia risurrezione vi precederò in Galilea”. Gesù vive di speranza, guarda con serenità al futuro: sa che riuscirà malgrado la morte a compiere la sua missione e che riuscirà a riunire ancora i suoi discepoli. Solo dopo la sua risurrezione riusciranno a superare lo scandalo della croce. Ma essi, e soprattutto Pietro, negano quello che dice Gesù (26,32-35). Il lettore comprende che deve leggere quanto segue per sapere chi ha ragione.
Giungono al Getsemani e Gesù dice loro: “Sedetevi qui, mentre io andrò là a pregare”. Gesù vuole essere solo con il Padre, ma non del tutto separato dai suoi discepoli. Infatti dice loro: “Restate qui e vegliate con me”. Poi, allontanatosi un po’, cade faccia a terra: è in adorazione, immerso in un’intensa preghiera, che in Matteo si sviluppa in un crescendo continuo.
Inizia dicendo: “Padre, se è possibile passi da me questo calice, però non come voglio io, ma come vuoi tu”. “Come”: questo significa che non solo è disposto ad affrontare la sua passione, ma che l’accetta in tutte le sue modalità. Quante volte noi diciamo: “Va bene, non si può evitare la sofferenza, ma perché in questo modo?” Gesù accetta il “come” e nel secondo momento dice semplicemente: “Padre mio, se questo calice non può passare senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà” (26,39.42.44).
Non così i discepoli. Gesù li invita a “vegliare con lui” (26,38), ma quando torna da loro, non dice più di “vegliare con lui”, ma semplicemente dice loro: “Vegliate e pregate per non entrare in tentazione” (26,42). Non ubbidiscono e, perciò, la seconda volta che ritorna da loro, non li sveglia neppure. Il testo dice: “Li lasciò” (26,44). Gesù accetta di vivere la sua passione nella totale solitudine. Perciò il terzo momento di preghiera, in cui ripete le stesse parole, queste comprendono anche l’accettazione di vivere la sua passione nella totale solitudine. Il “come” è davvero doloroso: Gesù incomincia a sentire l’abbandono dei suoi discepoli e lo accetta. Quando torna da loro la terza volta dice: “Dormite pure e riposatevi! Ecco, è giunta l’ora in cui il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi consegna è vicino” (26,45s). Gesù è deciso; ha pregato, ed è pronto. I discepoli, invece, non hanno pregato...
Giunge il Traditore, Giuda, che dà un bacio a Gesù, affinché le guardie sappiano chi devono arrestare. Gesù dice a Giuda: “Amico, per questo sei qui!”. Sarebbe meglio tradurre: “Amico, si faccia quello per cui sei venuto”. Gesù ama Giuda, lo chiama “amico”. Per Giuda è un invito a riflettere. Poi Gesù si consegna liberamente. Ma i discepoli non ci stanno e uno appena vede Gesù arrestato, sguaina la spada e colpisce il servo del sommo sacerdote. Gesù lo rimprovera e sceglie la via della non violenza; egli guarda oltre gli eventi; cammina nella certezza; sa che si compiranno le Scritture, cioè la salvezza. “Tutti” i discepoli invece, udendo ciò, lo abbandonano scandalizzati: “Un Messia così no!” (26,47-56). Solo Pietro si sforza di seguire Gesù da lontano e va a sedersi nel cortile del Tribunale (26,58). Ha inizio il confronto Gesù-Pietro.
Gesù davanti ai suoi giudici dice: “D’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza di Dio” (26,64). Con queste parole Gesù si dichiara “Giudice universale”, giudice dei suoi giudici, i quali capiscono che si attribuisce la più grande autorità davanti a Dio, un’autorità che comincia a esercitare “d’ora in poi”. Eccolo infatti alla riconquista di Pietro e Giuda.
Pietro è giù nel cortile, però non sa dare come Gesù la sua bella testimonianza, lo rinnega. Quando infatti viene denunciato come discepolo di Gesù, risponde: “Non capisco quello che dici... Non conosco quell’uomo...; e impreca e giura dicendo: “Non conosco quell’uomo”. E subito il gallo canta. In quel canto Pietro risente la voce di Gesù: “Questa stessa notte prima che il gallo canti, mi avrai rinnegato tre volte”. È duro dire: “aveva ragione lui”, ma Pietro lo dice. Fugge e piange. La parola di Gesù ora accolta, lo porta alla conversione. Gesù rientra nella vita di Pietro. Ancor prima della sua risurrezione (vedi 26,32) Gesù inizia a riunire i suoi (26,69-75).
Solo Matteo parla anche di Giuda (27,3-10), e lo fa servendosi di alcune frasi dei profeti Zaccaria e Geremia, attribuendole tutte a quest’ultimo. Facendo ciò ci dice che la storia della salvezza si sta realizzando in Gesù. Giuda appena seppe che i capi dei sacerdoti avevano condannato a morte Gesù, pentito (il testo usa il verbo forte del pentimento) corse dai capi dei sacerdoti e disse loro: “Ho peccato consegnandovi sangue innocente”. Riconosce la sua colpa, si desolidarizza dall’agire dei capi, riconosce che Gesù è innocente. Chi di noi non darebbe l’assoluzione a uno che manifesta un così sincero pentimento? Penso che Gesù gliel’abbia data. Sì, Gesù l’ha riconquistato a sé. È vero che compie un gesto di disperazione e va ad impiccarsi, ma il suicidio fin dove è colpevole?
Dopo questo confronto Gesù-discepoli, non possiamo non pensare alla nostra situazione di discepoli. Facciamolo nella preghiera!

Preghiamo

Signore Gesù, tu un giorno hai detto ai tuoi discepoli: “Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò dinanzi al Padre mio che è nei cieli; chi mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò dinanzi al Padre mio che è nei cieli” (Mt 10,32-33). Pietro ti ha rinnegato, Giuda ti ha tradito, ma tu non li hai rinnegati, perché questa tua parola vale per quando ci presenteremo davanti a te e al Padre alla fine della nostra vita terrena. E so anche che Pietro, ritornato in sé, ti seguirà sino al martirio. Signore Gesù, donaci il coraggio della testimonianza e donaci il perdono se abbiamo la disgrazia di non riconoscerti davanti agli uomini. Solo così potremo riprendere il cammino della nostra missione cristiana con la forza del tuo Spirito. Amen!

                                                                     Mario Galizzi sdb


IMMAGINI:
1 Giotto: Il Bacio di Giuda, Cappella degli Scrovegni, Padova   /
2 Gruenewald (1989 La Passione - Galleria Ulysses, Vienna
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2002-2

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