Circolare n° 1
Moralità e moralismo
II Sentiero

Il moralismo è l’effetto del rifiuto del timor di Dio. Infatti il moralismo non si misura dal numero delle rinunce ma dal numero delle motivazioni che sono alla base delle rinunce

 

In un libro pubblicato da Laterza, Dialogo intorno alla repubblica, sono scritte queste parole: “Una delle ragioni fondamentali per compiere le azioni morali è quella che si chiama il timor di Dio. Togliete il timor di Dio e gli uomini saranno tutti libertini.”

Nulla di strano, se non fosse per chi le ha dette: Norberto Bobbio. Proprio lui: colui che è stato il guru del laicismo azionista nostrano.

Frase lucida, anzi lucidissima, perché mostra un fatto indiscutibile: non può esistere una vera e propria morale senza un fondamento metafisico. O meglio: potrebbe anche esistere, ma sarebbe troppo debole. Sarebbe una morale nata da decisioni umane e, proprio per questo, si offrirebbe facilmente alla discussione. Io dico: bianco. Tu dici: nero. Chi ha ragione? Tu o io? Perché dovresti aver ragione tu e non io? O viceversa?

Una morale senza fondamento metafisico è puro arbitrio.

Il fallimento del positivismo giuridico è proprio qui. E’ nel porsi come regolatore del consorzio civile e, nello stesso tempo, di offrire filosoficamente le ragioni per contestare qualsiasi oggettività della norma. Da una parte dice: la legge è questa e la devi accettare. Dall’altra: la legge nasce da qualcuno o qualcosa di transeunte che decide. Ma, se è transeunte, chi mi dice che è ancor valida in questo preciso momento? L’opinione di qualcuno? E allora, opinione per opinione, anche la mia può essere valida! Vedere l’attuale crisi della legalità, per credere.

Sempre Bobbio in Dialogo intorno alla repubblica: “C’è indubbiamente un vuoto di autorevolezza morale fra i laici. Questo vuoto è riempito in misura crescente dalla religione.”

La morale senza metafisica (cioè debole) incorre in due esiti paradossali: da una parte l’assolutizzazione di se stessa, dall’altra la trasformazione in moralismo.

L’assolutizzazione di se stessa, perché una morale che rifiuta il fondamento oggettivo, per imporsi come norma, deve fare del proprio fondamento soggettivo e storico un fondamento valido per tutti. Da qui una contraddizione che è pericolosa: come posso rendere oggettivo ciò che non lo è, se non forzando assolutisticamente i termini della questione...

Così, una morale di questo tipo si riduce inevitabilmente a moralismo.

A torto si crede che il moralismo si misuri dal numero dei divieti: un comportamento moralistico sarebbe quello di chi rinuncia troppo. Non è così. Il moralismo non si misura dal numero dei divieti, ma dal numero delle motivazioni che sono alla base dei divieti. Prendiamo il non rubare. Mario non ruba perché: 1.vuole rispettare la proprietà altrui, 2.per evitare di essere sanzionato. Luigi non ruba perché: 1.vuole rispettare la proprietà altrui, 2.per evitare di essere sanzionato, 3.perché soprattutto teme il giudizio di Dio. Ebbene, il comportamento meno moralistico lo avrà Luigi perché saranno ben tre le motivazioni al suo divieto. Più motivazioni ci sono, meno sarà lo sforzo della volontà. Il fallimento della cosiddetta “morale laica” sta qui. Come testimoniano molti pensatori laici onesti intellettualmente.

Ma la questione del fondamento non riguarda solo la morale ma anche l’antropologia, cioè la concezione stessa dell’uomo.

Senza il fondamento metafisico, sparisce qualsiasi differenza tra l’uomo e gli animali.

Facciamo questo gioco. Immaginiamo di essere dei giuristi. Dobbiamo cercare un fondamento convincente, che non sia quello metafisico, per dimostrare la superiorità dell’uomo sugli animali. Qualcuno dirà: l’intelligenza. Giusto. L’intelligenza è certo una differenza. Ma attenzione: l’intelligenza è una componente dell’uomo, non è la componente discriminante. Perché, se così fosse, dovremmo coerentemente concludere che gli uomini più intelligenti sono più uomini (quindi hanno più dignità), mentre quelli meno intelligenti lo sono di meno. Sarebbe pericolosissimo. Si potrebbe ancora rispondere: l’aspetto somatico. Giusto anche questo. Ma anche l’aspetto somatico è una componente, non è la componente. Se fosse così, avrebbero ragione quelle teorie, razzistiche, che fanno di questo aspetto un elemento discriminante sul piano della dignità dell’uomo. E si potrebbe continuare…Ma non si arriverebbe a conclusione, se non ammettendo che l’unico elemento che davvero può fondare questa superiorità è il fondamento divino dell’uomo. Eliminato questo, l’uomo si dissolve.

Si badi bene, in Dialogo intorno alla repubblica, Bobbio non rinnega nulla della sua laicità. Ma le sue parole sono vere e testimoniano un evidente disagio. Il disagio di chi sa che non si può costruire nulla senza fondamento, così come non si può appendere nulla senza un gancio. E’ il disagio di chi è costretto a constatare che una vera e propria carità laica esiste solo nei libri e in certi salotti radical-chic, ma non nella vita della strada dove si suda e si soffre.

Sui i cosiddetti santi “laici” è bene non sollevare alcun discorso per non esser costretti a stendere un velo pietoso. E infatti ancora Bobbio, sempre in Dialogo intorno alla repubblica, parlando del Cottolengo della sua Torino, ammette: “Non c’è nessuna associazione di laici che abbia dato vita ad un’istituzione simile.”

 

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