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Lettera ai Genitori

Jigoro Kano (1860-1938)

"Shitenno" o i quattro più forti della fine del secolo: Yokoyama, Saigo, Tomita e Yamashita.

Il Judo ha la natura dell'acqua.
Eccola, turbinante nelle cascate del Niagara,
calma nella superficie di un lago,
minacciosa in un torrente
o dissetante in una fresca sorgente scoperta un giorno d'estate.
Questo è il principio del Judo

GUNIJI KOIZUMI

 

L'avventura di Jigoro Kano

L'origine delle arti marziali si perde nella notte dei tempi ma il loro sensazionale sviluppo in Asia si ebbe grazie alla fusione con i principi del buddismo indiano e del taoismo cinese. La tradizione ci rimanda a BODHIDHARMA (Ta-Mo in cinese, Daruma in giapponese), monaco indiano che nel 520 d.c. andò in Cina per diffondere il buddismo.
Soggiornò molti anni nel monastero di SHAOLIN (Shorinji in giapponese), il cui nome significava "giovane foresta", ai piedi dei monti Sung-Shan, nella provincia di Honan. Qui fondò una scuola impostata sulla meditazione: Dhyana in sanscrito, Chan in cinese, Zen in giapponese. Viste le non buone condizioni fisiche dei monaci, insegnò loro degli esercizi di respirazione e di ginnastica e, secondo la leggenda, anche delle tecniche di combattimento a mani nude, che col tempo furono arricchite e perfezionate sotto la generica denominazione di WUSHU, ossia "arti marziali" (bujitsu in giapponese).
I tantissimi stili di wushu si sono sviluppati lungo due direttrici.
La prima prende il nome di WEI-CHIA e comprende gli stili "esteriori" o "duri" di lotta, che si fondano sull'uso della forza in linea retta.
La seconda direttrice è la NEI-CHIA e comprende gli stili "interiori" o "morbidi", che sviluppano il concetto di WU-WEI, solitamente tradotto con "non azione", ma sarebbe meglio dire "non ingerenza": rappresenta la capacità di dominare le circostanze senza opporvisi, arrivando a sconfiggere un avversario cedendo apparentemente al suo assalto per neutralizzarlo con movimenti circolari e rivolgere contro di lui la sua stessa forza.
Gli stili duri, che facevano capo al tempio buddista di Shaolin, a Okinawa generarono il KARATE, diffuso in Giappone da GICHIN FUNAKOSHI (1868-1957).
Gli stili morbidi, che facevano capo al tempio taoista di wutang, in Giappone generarono il JU-JUTSU, da cui sono derivati il JUDO di JIGORO KANO (1860-1938) e l' AIKIDO di MORIHEI UESHIBA 1883-1969).
Il NIHON SHOKI o NIHONJI (cronaca del Giappone, compilata nel 720 d.c.) riferisce che già nel 230 a.c. ebbero luogo pubbliche competizioni di forza, che servivano anche a selezionare gli uomini più vigorosi, destinati alla guardia imperiale o alla formazione di corpi speciali.
Il più famoso incontro di lotta che si ricordi fu quello combattuto davanti all'imperatore Suinin (29 a.c.-70 d.c.) da Taima-no-Kuyehaya e Nomi-no-Sukune, che uccise l'avversario spezzandogli la schiena. Il vincitore ricevette onori e ricchezze, nonchè l'incarico di regolamentare il suo efficacissimo metodo di lotta per renderlo meno pericoloso.
Nomi-no-Sukune selezionò allora 48 colpi (12 riguardavano la testa, 12 il tronco, 12 le mani e 12 le gambe) e chiamò SUMO il nuovo stile.
Da una forma di combattimento primitivo e cruento (chikara-kurabe), il sumo progredì verso una forma di addestramento militare, fino a divenire un vero e proprio rito durante le raffinate epoche Nara ed Heian, imbevute di cultura cinese: l'imperatore Shomu (724-740), infatti, lo incluse tra i giochi della Festa di Ringraziamento per il raccolto.
L'importanza del sumo fu veramente grande, visto che nell'858 Korehito e Koretaka, figli dell'imperatore Montoku, arrivarono a disputarsi il trono con un incontro di lotta tra i loro campioni Yoshiro e Natora.
I primi lottatori professionisti si esibirono a Edo nel 1623. Nonostante qualche dimostrazione all'estero, il sumo ha sempre avuto un carattere esclusivamente nazionale ed ancora oggi gli incontri si svolgono secondo l'antico cerimoniale, compreso il propiziatorio lancio di sale sulla pedana.
Dal Giappone si è invece diffuso in tutto il mondo il Ju-jutsu, o "arte della flessibilità" le cui origini si perdono nelle leggende. La più nota racconta che intorno alla metà del '500 un medico di Nagasaki, SHIROBEI AKIYAMA, si recò in Cina per approfondire le sue cognizioni sui metodi di rianimazione, che presupponevano una perfetta conoscenza dei punti vitali del corpo umano. Akiyama, uomo di moltiforme ingegno, approfittò del soggiorno nel continente per studiare anche il taoismo e le arti marziali cinesi. Tornato in patria, durante un periodo di meditazione notò che i rami più robusti degli alberi si spezzavano sotto il peso della neve, mentre quelli di un salice si piegavano flessuosi fino a scrollarsi del peso, per riprendere poi la posizione senza aver subito danni. Applicando alle tecniche di lotte apprese in Cina le considerazioni maturate sulla cedevolezza o "non resistenza", fondò la scuola YOSHIN (del "cuore di salice").
Non è questa la sede per trattare del taoismo, ma va evidenziato che alla sua base stanno i due principi complementari e contrapposti YANG e YIN, l'aspetto positivo e negativo dell'universo: nessuno dei due può esistere senza l'altro. Nel mondo tutto è in perpetua mutazione tra questi due poli attraverso combinazioni dinamiche. Lo yang rappresenta la durezza e l'attacco, lo yin la morbidezza e la difesa.
Dal TAO-TE-CHING, il testo cinese attribuito a Lao-tzu, mi preme citare alcune massime di grande importanza per il nostro studio:

-Il più cedevole nel mondo/Vince il più duro.
-L'uomo nasce debole e delicato/Muore rigido e duro[...]/Così: rigido e robusto sono i modi della morte/Debole e flessibile sono i modi della vita.
-La massima del buon combattente è:/Assecondare per mantenere l'iniziativa [...]/Vince colui che lascia.

Le molte scuole di ju-jutsu, pur con diverse sfumature, fecero proprio questo fondamentale concetto, che rivoluzionò la maniera di lottare: la morbidezza può vincere la forza. Va inoltre sottolineato che "ai livelli più alti delle arti marziali, il punto più importante di tutte queste strategie sta nello sviluppare una sensibilità intuitiva verso le leggi dell'universo. Lo scopo più profondo non è semplicemente sconfiggere gli avversari, ma giungere al "modo" ("Do" o "Tao"), che è il modo in cui funziona l'universo" (Payne). Il ju-jutsu si sviluppò sotto nomi diversi a seconda del gruppo di tecniche che si preferiva approfondire (proiezioni, immobilizzazioni, percussioni, ecc.), raggiungendo il massimo splendore durante il lungo periodo di pace instaurato da Ieyasu Tokugawa dopo la battaglia di Segikahara (1603) e la conquista del castello di Osaka (1615).
La fine delle guerre civili che avevano insanguinato il Giappone dal XII secolo, interrotte soltanto per respingere le invasioni mongole di Kublai Khan, lasciò disoccupati migliaia di SAMURAI, che divennero perciò RONIN ("uomini onda", ossia guerrieri senza padrone).
Molti di loro pensarono quindi di mettere a frutto quanto avevano appreso sui campi di battaglia, raccogliendo e perfezionando le tecniche di combattimento senz'armi ereditate dal passato. e mentre in precedenza esistevano solo scuole private ad uso dei grandi clan, ognuno dei quali elaborava e tramandava al suo interno colpi di particolare efficacia, sorsero allora scuole di bujitsu (arti marziali) aperte a tutti.
L'uso strategico del corpo umano raggiunse livelli sbalorditivi di efficenza. Due secoli e mezzo di pace durante lo shogunato Tokugawa furono possibili grazie a un rigoroso controllo verticistico che tendeva al mantenimento dell'ordine. Divennero difficoltosi i contatti all'interno e furono decisamente vietati quelli con l'esterno, pena la morte, relegando il paese fuori dalla storia. Intorno alla metà del XIX secolo, però, alla ricerca di nuovi mercati commerciali, le grandi potenze decisero di porre fine all'isolamento nipponico. L'8 luglio 1853 il commodoro statunitense Matthew Calbraith Perry giunse nella baia di Uraga con le sue celebri quattro "navi nere", chiedendo a nome del presidente Fillmore l'apetrura del Giappone al mondo occidentale. In seguito ai temporeggiamenti nipponici, Perry tornò nel febbraio 1854 con otto navi, facendo chiaramente intendere che non avrebbe tollerato il rifiuto. Al trattato di Kanagawa con gli USA seguirono ben presto quelli con la Gran Bretagna e Russia, gettando nello sconforto quanti avrebbero preferito morire combattendo contro un nemico meglio armato che sottostare a un umiliante cedimento.
I contrasti tra "falchi" e "colombe" si acuirono via via fino a spaccare il paese. Ne conseguì inevitabilmente una sanguinosa reazione a catena, culminata nel 1868 con la fine del BAKAFU (shogunato) Tokugawa e con la "restaurazione Meiji": dopo sette secoli il potere politico dalle mani dello shogun tornava in quelle dell'imperatore. Il giovane Mutsuhito, 122° esponente della dinastia, trasferì la capitale da Kyoto (ove risiedeva dal 794) a Edo, che chiamò Tokyo, ossia "capitale dell'est", inaugurando l'era Meiji, di "governo illuminato".
Nei primi anni dell'era Meiji (1868-1912), sotto l'infatuazione per la civiltà e i costumi occidentali, il bujitsu subì una rapida decadenza (anche per l'enorme diffusione delle armi da fuoco) e non pochi esperti, rimasti senza allievi, per sopravvivere in una società profondamente mutata dovettero esibirsi a pagamento in squallidi locali o finirono nella malavita. I maestri non tramandavano più il loro sapere, portandosi nella tomba i segreti del RYU (scuola): un grande patrimonio di nobili tradizioni stava per scomparire.

Cadono le espressioni proprie di un popolo antico. E il Ju-Jitsu non ha più ragione d'essere; i suoi migliori maestri perdono le sovvenzioni dei ricchi clan e si riversano a fare concorrenza ai "civili". Questi ultimi non ce la fanno più a campare e vivono di artifici, di pratiche mediche, talvolta di malefatte. Il buon nome del Bujitsu ne soffre e le classi agiate lo guardano male, come una disciplina diseducativa. Da una famiglia di commercianti, che si sta facendo una posizione economica, nasce a Mikage nel 1860, Jigoro Kano. Inviato a studiare a Tokyo, in una scuola moderna, si vede mescolato ai figli della ex nobiltà terriera e soffre, debole e mingherlino com'è, della brutalità della tradizione di altri tempi. Avendo inteso parlare di una tecnica per cui il piccolo poteva battere il più forte, se ne interessa, ma trova la forte opposizione degli amici di famiglia che lo ospitano. Non appena l'età glielo consente si rende autonomo e studia Tenshin Shin yo-ryu con Hachinosuke Fukuda e Masamoto Iso (a questa scuola il judo moderno deve l'atemi-waza e il katame-waza). Morti questi due Maestri si lega a Tsunetoshi Ikubo di Kito-ryu, la cui personalità è affascinante, essendo un generale dello sconfitto shogun, dapprima esiliato e poi tornato a Tokyo dove ha trovato un modesto impiego presso il nascente ministero delle poste e delle ferrovie. Non è quindi un maestro professionista ma una persona di reale esperienza e di grande cultura. Proprio per apprenderne il sapere Kano affitta un'altra stanzetta nel tempio di Eisho in cui abitava e la attrezza per praticare su un tatami di 6 metri per 4. Questa è riportata come la nascita del Kodokan (1882). Si tratta in realtà di un modesto luogo dove Ikubo si reca ad insegnare Kito-ryu a Kano, al suo fedele maggiordomo Tsunegiro Tomita e, per necessità di cose, a qualcuno degli studenti a cui Kano dava ripetizioni o ad ospiti occasionali. Il primo anno la palestra del tempio di Eisho ha 8 iscritti.

 

Il Judo Kodokan

Un dipinto su legno che raffigura il primo Kodokan

 

A Kano non interessa ormai più imparare a difendersi. Ikubo gli ha fatto balenare l'idea che il Ju-Jitsu, modernamente inteso, può divenire una disciplina educativa che il Giappone può offrire al mondo intero. Lungi dal misurarsi con i forzuti e pericolosi campioni di altre scuole, Kano le batte con le conferenze, con le amicizie strategiche, con ideali proponibili al Giappone moderno. In particolare cambia il suffisso "jitsu" in "do", il vocabolo "tecnica" essendosi tinto dell'ideologia del clan feudale, mentre la "via" ripropone l'ascesi taoista o buddista, individuale.Un altro dei punti di forza della sua idea è la codificazione sportiva, con un regolamento che, pur limitante nei confronti dell'Arte,  permette ad ogni scuola di confrontarsi. E questa è una geniale intuizione sul futuro del paese, tanto che tutte le altre arti di combattimento che vogliono sopravvivere sono costrette ad adottare le idee del signor Kano. Da una parte egli è il primo a capire che nel Giappone moderno occorre unificare la pratica di una disciplina; così come 300 anni prima i clan si erano riuniti in una nazione, altrettanto devono fare le scuole di Ju-Jitsu. Questa intuizione farà sì che, organizzandosi il Comitato Olimpico Mondiale attorno al '900, Kano ne venga eletto rappresentante del Giappone, carica che terrà fino alla morte (1938). D'altro canto la parola "Kodokan", aggiunta a "Judo" ribadisce che il dojo deve essere il "luogo dove si studia la Via" e non la sede di un clan con motivazioni feudali. L'unificazione del Ju-Jitsu giapponese sotto l'etichetta del Judo Kodokan è stato un fatto complesso. Superate le decadenti scuole esistenti a Tokyo, grazie ad un intelligente operazione politica, c'era da fare i conti con potenti Maestri di altre città e, sempre con l'appoggio delle autorità, Kano presiedette congressi a cui partecipavano gli esponenti di altre tendenze. Inizialmente il Judo fu soprattutto un regolamento di gara e la supremazia del Kodokan di Tokyo risiedeva nel fatto di comprendere meglio e prima degli altri l'attività sportiva. L'unificazione del ju-jitsu sotto il Judo può considerarsi compiuta attorno al 1922. Ma già prima il Judo aveva gettato le basi per un'intelligente conquista del mondo che, interrotta dalla seconda guerra mondiale, riprendeva successivamente con la F.I.J.(1951) e l'ammissione ai Giochi Olimpici (1964). L'ideale sportivo non faceva dimenticare a Kano la tradizione nipponica. Il suo Judo conservava  il Kohaku-shiai (combattimento tra Bianchi e Rossi), pratica che la storia fa risalire, come confronto tra Est e Ovest, a Minamoto-no-Yoritomo (1185 la sua ascesa al Bakufun). In omaggio a Ikubo, poi, volle che il Judo conservasse un Kata della scuola di Kito: Koshiki-no-Kata, la cui prima parte (Omote) mostra il metodo di studio analitico proprio dei tempi pericolosi del Yoroyukumyuchi (combattimento con l'armatura) e la seconda (Ura) mostra l'influenza della concezione cinese del Ju-Jitsu Tokugawa, o metodo globale, che verrà integralmente adottato dall'Aikido di Ueshiba. La struttura odierna del Judo, fatto di Randori e Kata, riflette proprio le diverse concezioni su cui si erano battute le scuole di Ju-Jitsu, del metodo "ju" e "go", con la loro giusta distribuzione nella pratica secondo "Il miglior impiego dell'energia".

Le tappe del Kodokan

 

Jigoro Kano in giovane età

 

Il primo dojo di Kano, risalente al 1882 e istallato nel tempio di Eisho, contava 12 tatami e oggi potrebbe essere considerato il più piccolo del mondo. Il dojo successivo di 40 tatami aveva fatto dire a Yamashita di avere l'impressione di essere un pesce che lascia un pozzo per trovarsi in un fiume. Quando poi il judo ebbe un dojo di 500 tatami, Kano osservò : "Ogni volta raddoppiamo, a Shimotomi Zaka avevamo 200 tatami, che era giusto il doppio del precedente, ora ne abbiamo 500 e presto ce ne occorreranno 1000". Molti pensarono allora che fosse troppo ambizioso, ma vent'anni dopo (nel 1958) veniva inaugurato uno stabilimento imponente con proprio 1000 tatami (e il vecchio venne ceduto a Jichin Funakoshi per farci il Karate). Ecco le tappe di quell' istituto privato, appartenente alla famiglia Kano, che tuttavia ha avuto nella storia del Judo un'importanza unica.   

  1. Eisho-dojo. Nel Maggio del 1882 cominciò la prima lezione di judo nella biblioteca del tempio di Eisho, a Kitainaricho, nel quartiere Shitaya. Il dojo si chiamò Kodokan Judo e il fatto di praticarvi judo si diceva "Nihoden Kodokan Judo", per chiarire che non si praticava Ju-jitsu generico o di altre scuole. Contando alla giapponese (un anno alla nascita del bambino), Jigoro Kano, che aveva terminato i suoi studi all'università di Tokyo, aveva 23 anni. Era ormai professore al Gakusuinin (scuola dei pari) e gli allievi del primo anno erano Tsunejiro Tomita, Shiro Saigo, Noritomi Arima, Nariasu Higuchi, Keijiro Kawai, Genjiro Amano e Masao Yamagata. Asahi Sumpo, il prete che teneva il tempio, diceva allora che Kano era una brava persona, salvo che faceva Judo. I corsi erano gratuiti, si prestavano e si lavavano i costumi e spesso si offriva il the con i pasticcini.

  2. Minami-Jimbocho-dojo. Nel Febbraio del 1883 si traslocò in una specie di magazzino a Kanda e c'erano solo 10 tatami. I corsi erano tenuti da Shiro Saigo che stava tutto il giorno sul tatami per ordine di Kano, onde non fare attendere i visitatori che fossero arrivati. Anche in pieno inverno se ne stava lì a leggere libri (anche se la cronaca non lo riporta, notizie confidenziali riferiscono che giocava a carte e nascondeva sotto il tatami la bottiglia di sake).

  3. Kaminibancho-dojo. Nello stesso Settembre Kano fece delle trasformazioni in casa sua e ne ricavò un dojo di 20 tatami. Era il tempo in cui il Fondatore studiava il Judo giorno e notte e quando aveva un'idea nuova, non si faceva scrupolo di svegliare i fedelissimi che dormivano lì e l'applicava subito. Quell'anno s'iscrissero: Namma Tsunao, Seyva Iwanami, Takejiro Yuwasa, Masuhiro Honda e Bunzo Kasaya. Nel 1884 cominciarono le tradizioni del Kdk come la festa di Capodanno e il Kohaku Shiai e l'esame di grado. Vennero Itsuro Kanzo, Yoshiaki Yamashita, Kozaburo Tarao e Jiro Nango, un nipote di Kano che aveva solo 9 anni e doveva divenire il 2° presidente del Kdk. Nel 1885 gli allievi divennero 55.

  4. Fushimicho-dojo. Nel1886 Kano installò il dojo nella sala da biliardo di un suo amico, Yajiro Shingawa, ambasciatore in Germania. Era di 40 tatami. Vi furono in quell'anno 98 allievi di cui i più famosi furono: Sakujiro Yokoyama, Tokuji Kawai, Takuzaburo Kano, Eisuke Ojima. Molte scuole di Ju-jitsu a quel tempo tornavano aggressive e contendevano a Kano l'insegnamento alla Polizia. Esse invidiavano il Kodokan che acquistava sempre più importanza e i cui allievi erano per lo più degli studenti universitari, dicevano che le idee di Kano erano convincenti, ma che il potere effettivo dei suoi praticanti era quasi nullo. Le sfide per dimostrarlo ebbero diverse forme: dal dojo-yaburi (letteralmente "distruggere il dojo". Avveniva così: si presentavano dei jujitsuoka per praticare e, se battevano alcuni allievi, l'allievo preferito e lo stesso Maestro, se non era troppo vecchio, se ne andavano strappando l'insegna stessa del dojo, che veniva allora rovinato commercialmente); a combattimenti che Saigo e Yokoyama accettarono contro il parere di Jigoro Kano e vinsero; al torneo organizzato dal capo della polizia metropolitana che oppose il Kodokan alla scuola del M° Totsuka (una scuola che praticava il ju-jitsu solo sotto forma di kata) e che il primo vinse per tredici vittorie e due pareggi (tra i combattenti di Kano erano Saigo, Yamashita (il primo dei 10° Dan), Yokoyama, Honda, Iwanami, Shozo, Tobari, Tomita (altro judoista che divenne 10° Dan) e Sato. La sfida più eccitante doveva però avvenire alla fine del secolo, tra Hanzo Nakamura, campione di ju-jitsu del sud del Giappone e il 2° dan Sakujiro Yokoyama (terminata in parità). Queste sfide avvenivano sulla base di proiezioni, leve e strangolamenti; le immobilizzazioni erano ancora assai discusse, perchè si legavano all'atemi-waza che erano naturalmente esclusi. Dopo la sfida di Totsuka-ryu il prestigio del Kdk si accrebbe e nel 1887 gli iscritti furono 284.

  5. Misamachi-dojo. Nel 1889, con l'aiuto di Yajiro Shinagawa, il Kdk ebbe il dojo nell'interno di una caserma. In Settembre Kano partì per l'Europa per farvi conferenze e dimostrazioni di Judo. Dal 1886 al 1889 gli allievi del Kdk aprirono molte palestre e nella sede centrale gli allievi sfioravano i 400. Alcuni divennero celebri nella società nipponica in vari ruoli (scienziati, medici, avvocati e letterati).

  6. Shimotomizaka-dojo. Nel Dicembre 1893 venne costruito un immobile apposito per ospitare il dojo del Kodokan di 107 tatami. In Gennaio tornò dall'Europa il M° Kano che divenne preside del liceo di Kumamoto nel Sud del Giappone, dove cominciò ad insegnare la sua disciplina.

  7. Shimotomizaka-dojo n°2. Nel Novembre del 1906 veniva traslocato in uno stabile più ampio, in cui si disponeva di 207 tatami per la pratica. Purtroppo le necessità erano accresciute a causa della guerra Cina-Giappone, per cui moltissimi giovani chiedevano di praticare per ragioni militari. Nel 1900 vi erano 190 yudansha (portatori di dan). Gli shodan avevano un buon livello ed erano autorizzati all'insegnamento. Il grado più alto era il sesto dan. Dal 1909 Kano delegò la direzione del Kdk ad un consiglio amministrativo.

  8. Suidobashi-dojo. Il nuovo dojo del Dicembre '33 contava 500 tatami e comprendeva anche numerosi uffici amministrativi. Le iscrizioni si succedevano a circa 1000 l'anno.

  9. Kasugacho-dojo. Il 25 Marzo 1958 celebra lo splendore del Kodokan come istituto-guida per il mondo del Judo. Il nuovo stabile di 1000 tatami è un sogno di impianto sportivo che racchiude di fatto la Presidenza della Federazione Mondiale, Asiatica, Giapponese, degli studenti giapponesi, dei lavoratori dell'industria, ecc. Decine di inviati del Kodokan insegnano in altrettanti Paesi del mondo. Purtroppo Jigoro Kano è morto il 5 Maggio 1938, mentre ritornava per nave dalla riunione del CIO fatta al Cairo e, dopo un breve intervallo di presidenza affidato al nipote Nango Jiro, questo posto di prestigio tocca di diritto ad uno dei suoi 6 figli: Risei Kano.

 

L'attuale Kodokan di Tokyo

 

Kano aveva proposto al Ju-jitsu una nuova formula di pratica, con ideali adeguati ai tempi, studi scientifici sulla fisiologia e una libertà di indirizzi tecnici in parte limitati dalla formula sportiva. In particolare il Kodokan rappresentava in questo grande piano la scuola leader. Nella sua diffusione il Judo assorbiva, soprattutto nelle province, l'esperienza del Ju-jitsu e dove vi erano centri di grande tradizione, Kano cercava di mettervi a capo qualcuno dei suoi uomini, arrivando così ad una commistione tra la sua idea e le altre tradizioni. Così, anche se ad un esame superficiale, il Judo appare come un'unica scuola ispirata allo studio tecnico e filosofico del Kodokan, in realtà il Butokukai e il Kosen, per citare solo le maggiori, erano di fatto altre scuole di judo che si differenziavano  per le concezioni tecniche, ma anche per quelle ideali: la scuola di Kyoto essendo legata agli ideali politici della famiglia imperiale e, quella delle associazioni professionali, strumentalizzata dal ministero dell'educazione.