******* LA CATENA DELLE ALPI *******
MONTE BIANCO MONTE ROSA MONTE CERVINO  
DOLOMITI CHIACCIAI H O M E
Il gruppo della Junfraucon il ghiacciaio di Aletsch - Alpi Bernesi
Il Monte BIANCO ed il Ghiacciaio delle BRENVA
Panorama del Bernina e ghiacciaio di Scherscen superiore Eiger e Monch: le pareti nord - Alpi Bernesi
La catena delle Alpi è il più elevato sistema montuoso d'Europa. Essa rappresenta una netta linea di separazione tra la zona centrale del Continente e la zona mediterranea sia dal punto di vista geografico, sia da quello etnico-linguistico. La catena alpina si estende a semicerchio dal Passo di Cadibona, sopra Savona, fino all'orlo del bassopiano della Pannonia, in Ungheria. Il sistema ha una caratteristica forma a ventaglio per cui, mentre le valli che si aprono sulle grandi pianure europee hanno un movimento divergente, quelle che si aprono verso la pianura padana tendono a convergere, delimitandola. Il versante esterno, quindi, è più lungo (circa 1.300 km), l'interno più breve (circa 750 km) e più ripido. Il primo è suddiviso tra vari Paesi, l'altro è interamente italiano: lo spartiacque che separa i due versanti si identifica quasi del tutto con il confine terrestre del territorio italiano. A tale proposito ricordiamo che lo spartiacque di un sistema è quella linea che divide il deflusso delle acque di precipitazione atmosferica lungo i due declivi o versanti dei monti del sistema. Nel senso della larghezza le Alpi si dividono in tre fasce longitudinali, di cui la mediana costituisce l'ossatura di tutto il sistema; nel senso della lunghezza si è soliti distinguerle in occidentali, dal Passo di Cadibona al Passo del Sempione; in centrali, dal Passo del Sempione al Passo di Resia; in orientali, dal Passo di Resia a quello di Vrata, sopra Fiume. La catena si divide poi in diversi tratti, i quali prendono in genere i loro nomi o da quelle regioni che si estendono ai loro piedi, oppure dai nomi delle popolazioni che vi si erano stanziate in epoche storiche assai lontane. Partendo da ovest verso est, troviamo: le Alpi Liguri, le Alpi Marittime, le Alpi Cozie (Monviso), le Alpi Graie (Monte Bianco e Gran Paradiso), le Alpi Pennine (Monte Rosa e Cervino), le Alpi Lepontine, le Alpi Retiche (Bernina, Ortles, Cevedale e Adamello), le Alpi Venete suddivise in Atesine, Dolomitiche, Carniche e Giulie.
Le alpi si sviluppano da 43° a 48° latitudine nord e da 5° a 17° di longitudine est, e coprono una superficie di ca. 250.000 kmq, interessante, in parti diseguali, Italia, Francia, Svizzera, Germania, Austria e Slovenia. L'intero sistema ha una lunghezza di 1200 km, una larghezza variabile tra i 60 (colle di Tenda) e i 360 km (linea Fiume-Vienna) e un'altezza. media di ca. 1300 m; l'altezza massima è data dai 4810 m del Monte Bianco. Esse costituiscono, come tutti sanno, un potente sistema montuoso ben individuato orograficamente e geologicamente. Possiamo aggiungere che mostrano una comunanza di aspetti fondamentali, dall'esterno e dall'interno, dal nord e dal sud, da ponente ad oriente, dal basso verso l'alto. Comunanza che non riguarda il solo mondo della natura, ma anche quello degli uomini, i quali hanno dappertutto penetrato la montagna alpina e la popolano con densità relativamente notevole. Il sistema alpino ha costituzione molto complessa e varia: ma in prima approssimazione e per quanto riguarda i riflessi sulle forme del suolo si può distinguersi una fascia mediana di rocce formata in gran prevalenza da rocce cristalline, e specialmente cristallino scistose, e due fasce esterne di natura varia, ma sopratutto calcarea. La zona calcarea del versante italiano è incompleta, mancando in Piemonte; in Lombardia corrisponde sostanzialmente alle Prealpi, ed ancor più ad oriente si allarga per costituire oltre alle Prealpi, anche una parte delle alte Alpi. Lungo e presso la grande cresta dello spartiacque alpino, dal col di Tenda in Piemonte sino alla sella di Dobbiago in Alto Adige, si succede una serie di alti massicci, scolpiti appunto in rocce cristalline, specialmente metamorfiche. Da un capo all'altro spiccano quelli dell'Argentera, del Grand Paradiso, del M.Bianco, del Cervino, del M.Rosa, dell'Adula,del Disgazia e del Bernina,della Palla Bianca e del Grand Pilastro; più lontani dal displuviale, l'Ortles-Cevedale e l'Adamello. Tutti sollevano le loro vette oltre i 3500 mt. d'altitudine e in parte oltre i 4000, incombono possenti sulle valli calando per 2000 e fin 3000 mt. di dislivello. Le rudi ed erte fiancate mostrano fresche le impronte del modellamento glaciale. e ancor più le presentano gli alti valloni e gli innumerevoli circhi, su cui si erge infine il mondo silenzioso delle vette, delle nevi e dei ghiacciai.
Nei massicci cristallini delle Alpi le creste sono per solito affilate ed il loro profilo è assai tormentato a zig zag. Cime e insellature, infatti si alternano fittemente. Le prime assumono più comunemente una forma di piramide, di solito asimmetrica, talora tozza, talora slanciata,come quella cleberrima del Cervino; laddove i banchi rocciosi diventano subverticali, creste e cime si fanno ancora più ardite, con guglie e denti fieramente drizzati, come quelli notissimi nel gruppo del monte Bianco.
Altro aspetto dei grandi massicci alpini: il rivestimento di neve e di ghiacci. Le precipitazioni atmosferiche complessive, e così la parte che cade in forma di neve, sono da luogo a luogo in quantità assai diversa, ma non scarsa in nessuno di essi. La neve che cade sulle pareti, precipita anche con l'aiuto del vento, ad alimentare i ghiacciai sottostanti. Soltanto le cime più tozze hanno potuto rivestirsi largamente di un manto permanente di neve e ghiaccio, come il gan "domo" della cima suprema del monte Bianco e certe vette dell'Adamello.


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******* IL MONTE BIANCO *******
Monte Bianco, cima e ghiacciaio Brenva
Massiccio montuoso delle Alpi Graie: con un'altezza di 4810 mt è la cima più elevata d'Europa; si trova al confine tra Italia e Francia, compreso tra i corsi superiori dei fiumi Arve e Dora Baltea. È costituito da granito, cui si associano micascisti e calcescisti. I suoi versanti sono ripidi nella parte sud, più dolci in quella nord. L'azione degli agenti erosivi sugli strati quasi verticali del massiccio ha dato luogo alla formazione di creste appuntite e dentellate (aiguilles). Numerosi ed imponenti, specie sul versante francese, i ghiacciai (Mer de Glace, Argentière); sul versante italiano i principali sono quelli del Miage e della Brenva. Frequentata zona turistica, il Monte Bianco è varcato da una funivia che collega Courmayeur, in Italia con Chamonix, in Francia. Dal 1965 queste due località sono collegate anche da un tunnel autostradale di 11,6 km (chiuso nel 1999 dopo un gravissimo incidente e riaperto nel 2002 dopo una totale ristrutturazione). Il Monte Bianco fu scalato per la prima volta l'8 agosto 1786, dal versante francese, da Balmat e Paccard.
Il massiccio del monte Bianco è una delle più estese aree alpine ricoperte dai ghiacci. Tra i suoi ghiacciai, in tutto 101, che insieme occupano un area di 177,69 kmq, si trovano alcune delle fiumane di ghiaccio più conosciute e celebrate di tutte le Alpi.
Il massiccio del monte Bianco è attraversato da un tunnel che unisce Entrves (in Italia) con la valle di Chamonix (in Francia), ed inoltre è scavalcato da una ardita funivia (la più alta d'Europa) che unisce i due versanti.
Oggi le pareti, le creste,i ghiacciai che si elevano attorno a Courmayeur sono meta di ascensioni degli appassionati di tutto il mondo. Sono montagne che offrono salite facili ed impegnative all'alpinista che si affida all'esperienza delle guide alpine della storica Società di Courmayeur.
La cima
Dente del Gigante


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******* IL MONTE ROSA *******
Le cime del Monte Rosa Le pareti del Monte Rosa all'alba
Nelle Alpi Pennine, il Monte Rosa è il re incontrastato in fatto di altezza. Raggiunge con la Punta Dufour, la più alta, i 4.634 metri. Sono in molti a credere che il suo nome sia dovuto al magico colore rosa di cui si tinge in determinati momenti della giornata. Effettivamente in questi momenti è il rosa a prevalere sugli altri colori, creando effetti fiabeschi e luci particolari. Non è questo il vero motivo, infatti diverse montagne si colorano al nascere o al calare del sole !!! "Rouese" è la vera origine del nome Monte Rosa. Questo termine significa ghiacciaio in "patois", antica lingua parlata dalle popolazioni della zone circostanti.
Il Monte Rosa sorge sul confine italo-svizzero ed è per il 75% circa su territorio italiano. Dalle sue vette scendono ben 5 vallate in Italia e 2 in Svizzera. Quelle italiane sono: la Valle Anzasca, la Valsesia, la Valle del Lys o di Gressoney, la Val d'Ayas e la Valtournanche. Mattertal e Saastal sono invece i nomi di quelle svizzere. Se viene considerato l'intero arco alpino, il Monte Rosa è superato dai 4.810 metri del Monte Bianco. Ciò nonostante, altri primati gli appartengono: quello della sua parete sud est, quello del colle più alto e quello della sua "mole".
La parete sud est del Monte Rosa è la più alta delle Alpi. Questo è dovuto alla sua verticalità e alla sua altezza. Ben 2.400 metri separano le vette del massiccio dalla sua base convenzionalmente posta al termine della Valle Anzasca, la valle che ospita l'antichissimo insediamento Walser di Macugnaga. Da qui la parete sud est appare altissima e particolarmente imponente. La Silbersattel (Sella d'Argento) è il colle che, con i suoi 4.517 metri di quota, divide la Punta Dufour dalla Punta Nordend: esso è il più alto delle Alpi. Anche per la sua "mole" non ha rivali. Infatti se il Monte Rosa viene considerato per la sua massa oltre i 4.000 metri, risulta essere il più... massiccio
Sul versante svizzero si estende il grande ghiacciaio del Gorner, che scende verso Zermatt. La vetta maggiore fu scalata per la prima volta nel 1851 da una spedizione inglese. Numerosi centri di soggiorno estivo e di sport invernali: Champoluc, Gressoney, Alagna Valsesia, Macugnaga, Zermatt.
Punta Gnifetti e rifugio Margherita Cima Norden
Punta Dufour


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******* IL MONTE CERVINO *******
Cervino: la cima esemplare LA CIMA ESEMPLARE: la maggior attrattiva di questo paesaggio è l'alta e fiera cima del monte Cervino, che si eleva ad enorme altezza sotto forma di obelisco triangolare in roccia viva e sembra tagliato con lo scalpello'
Così si esprime Horace Benedict de la Sassure allorchè, nel 1789, durante i suoi viaggi nelle Alpi, va dal Breuil a Zermat, traversando il colle del Theodule dove bivaccherà. Tutte le cime del Vallese sono intorno a Lui ma egli ha fatto la sua scelta.
Bellezza ed inaccessibilità sono le impressioni di Saussure alla vista del sorprendente ed irraggiungibile Cervino. Da quest'epoca, o più precisamente dalla prima ascensione nel 1865, miglioni di persone l'hanno ammirato e migliaia l'hanno salito; le quattro creste e le quattro pareti sono state scalate, vie dirette sono state tracciate ed è stato fatto anche il giro della testa del Cervino. Tuttavia nulla è cambiato; ogni volta che arriviamo a Zermatt o al Breuil e solleviamo la sguardo per vedere finalmente la cima che abbiamo sognato giorno e notte, mentre già andiamo verso di essa, attratti come da una calamita, siamo colpiti nel più profondo di noi stessi.
18-22 febbraio 1965: in inverno da solo Walter Bonatti, ha compiuto l'ascensione della parete nord del Cervino ed in più tracciando una nuova via diversa dall'itinerario dei fratelli Schmid. Dal suo racconto:" Verso le 15, quando mi trovo soltanto a cinquanta metri dalla vetta, improvvisa splendente mi appare la croce. Pare incaldescente per il sole che la illumina da sud; la luce che sembra emanare mi abbaglia, e così come ipnotizzato stendo le mani verso di essa finchè sento stretto al mio petto il suo corpo metallico. Allora mi si piegano le ginocchia e piango.
Cervino: la cima aguzza
Cervino: la cima aguzza
Lo scultore questa volta disponeva di un blocco di pietra immenso e magnifico; anzichè spartirlo, ne avrebbe tratto una sola cima.
Fino ad allora egli aveva tagliato - o stava per farlo - cime rocciose, monti, guglie, picchi, campanili, dei quali molti erano bellissimi sopratutto per certe pareti straordinarie, come la parete ovest del Dru, la parete nord delle Grandes Jorasses, dell'Eiger o della cima Grande di Lavaredo, la cresta così pura e così forte dello Spigolo Giallo della Piccola, o la cresta sud della Noire de Peuterey. In realtà queste cime erano bellissime, ma esse erano notevoli sopratuttu ed anzitutto per talune parti della loro architettura o della loro decorazione che giungeva a prendere il sopravvento sull'insieme dell'opera: alcuni versanti erano sublimi, altri erano stati dimenticati o negletti, quasi che lo scultore mancasse di polso o che si fosse lasciato in qualche modo influenzare. Egli aveva concentrato il suo genio su alcuni lati della cima a detrimento della vetta stessa. Quando si guardano i Drus si vede la parete ovest, quando si guarda l'Aiguille Noire de Peuterey si vede la cresta sud. Questa volta, egli non voleva creare un insieme di pareti e di creste, alcune bellissime ed altre minori accostate ad una medesima cima, ma una vetta equilibrata, parete e creste uguali, senza essere identiche ed al servizio della cima e non al servizio di se stesse; più tardi, gli uomini avrebbero chiamato ciò spirito di corpo. Quando si guarderà il Cervino, e da qualsiasi parte lo si guarderà, da nord, da sud, da est, da ovest non si vedrà altro che Lui! Dopo molte ricerche, si scoprirà che esso ha, come altre cime, creste e pareti.
Lo scultore era pronto a rischiare: questa cima non sarebbe stato un gigante, pur avento una sua grandezza; la sua altezza sarebbe stata giusta, la sua linea pura ed equilibrata, forte ed armoniosa. Egli sapeva di non dover ricorrere al virtuosismo o alla potenza, bensì ad una spoglia semplicità. Oltre che creare una cima egli voleva ad un tempo rivelarne l'anima. Quale folle sogno.
Egli centrò il suo tema: la cima doveva essere vista da Zermatt e dal Breuil, dalle vette del vallese, senza superarle in altezza e persino da molto più lontano.
Più tardi, con una decisione ed una vigoria di cui sino ad allora non aveva dato prova, egli creò il vuoto tutto intorno, lontanissimo, sacrificando la possibilità di una decina di altre cime: quella vetta doveva essere sola e solitaria. A lungo dovette sgombrare. Ebbe la forza di non intenerirsi, poi spazzò i residui di pietra e, fatto il vuoto conobbe la pace; ma ben presto sentì tutto il peso della responsabilità: dopo un simile spreco, l'opera nata dal blocco doveva essere esemplare.
Al mattino quando, lontano, all'est sorse il sole, il vento del nord soffiava violento, freddo e virile; volle raccogliere i suoi pensieri. Guardò il cielo; in certi giorni di tempesta le nuvole per un attimo avevano preso la forma di questa montagna ideale. D'un tratto sentì che la sua mano si animava, e che un istinto la conduceva: una forza viva scendeva in lui, ormai qualcosa di incorruttibile lo possedeva. La speranza di quella cima tanto a lungo sognata, stava nascendo poco a poco sotto lo scalpello: egli lo sentiva e ne provò una grande gioia, un calore nuovo e pensò che quella fosse la felicità.
Più di lui agiva lo scalpello, sotto i colpi dati spontaneamente egli regolava l'altezza della cima, liberava la punta, dava l'inclinazione alle pareti; al loro incontro le creste presero forma. Nessuna parete, nessuna cresta doveva essere privilegiata o trascurata, tutte dovevano essere uguali, ma non intercambiabili, ciascuna con la sua ragione di essere, il suo carattere, il suo orientamento, il suo modo di giocare con il sole, il vento e le tempeste; nessuna con particolarità notevoli, eccettuato il profilo puro ed ascetico, e tutte pronte ad accettare il sacrificio di concorrere soltanto all'eleganza ed all'armonia dell'intera montagna.
Alla fine conobbe la pace: il suo sogno era là, innanzi a lui che lo guardava. Scartando ogni avventura, rifiutando mille possibilità, egli provava la gioia della rinuncia; la sua arte era stata di ridurre, di dominare le sue velleità che quelle della pietra fino al punto che quella tal cresta non si notasse più, finchè non ci fossero più creste raccordate ad una cima e pareti sospese tra di esse, ma un insieme equilibrato ed armonico, d'una vigoria straordinaria, come uscito dalla terra stessa, senza sforzo, così com'era.


Una dopo l'altra, le principali cime delle alpi sono state conquistate: solo un immane pilastro non è stato neanche tentato. Lo slancio ascensionale delle scabre paretri implacabili, sulle quali l'occhio non trova arresto, la grandezza tragica degli strapiombi sublimi, il prestigio di invincibilità, lo circondano di un magico cerchio. Se sulle Alpi vi è un limite che l'uomo non deve sorpassare , questo limite è dato dal Cervino.
Un incantesimo lo avvolge; si dice che sia la più alta cima del mondo. Lassù stanno le rovine di una città misteriosa: i valligiani indicano torrioni, e mura diroccate, difesi da folletti pronti a rovesciare macigni e blocchi di ghiaccio contro chi osi avvicinarsi, a scendere maligni in volo, strappando dalle pareti lo scalatore temerario e precipitandolo nel vuoto.
La conquista del Cervino chiude l'affascinante e fortunato periodo dei pionieri e ci avvicina decisamente verso l'alpinismo moderno. Le fasi della lotta per la conquista del più nobile scoglio d'Europa, non soltanto mettono in risalto le difficoltà dell'impresa, ma sopratutto scolpiscono a tratti vigorosi le figure dei protagonisti, facendone risaltare il carattere rudemente squadrato, pari alle formidabili rocce che essi sfidano. E il dramma avvolge la vittoria finale.
Può sembrare stano, ma non stupire, che per secoli nessuno degli innumerevoli viaggiatori ha fatto cenno al Cervino. Solo curandosi dei passaggi dall'una all'altra valle, gli uomini non citarono la superba piramide che li dominava immane ed impassibile per lunghe ore di cammino, salendo o scendendo dal valico di San Teodulo: quel mondo prodigioso di pareti, muraglie, di creste e di torri, di canaloni di roccia o di ghiaccio, non colpì il loro spirito. Molti varcarono il colle, e forse già nella preistoria benchè i ghiacciai fossere più estesi di quanto oggi non lo siano.


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******* LE DOLOMITI *******
Le tre cime di Lavaredo LE TRE CIME DI LAVAREDO:il gruppo è composto dalla CIMA GRANDE (2999 mt.), dalla CIMA OVEST (2973 mt.), dalla CIMA PICCOLA (2856 mt.), dalla PUNTA DI FRIDA (2785 mt.) e PICCOLISSIMA (2700 mt.)
La cima grande di Lavaredo, si erge imponente tra le due celebri sorelle minori, al centro del gruppo. La grandiosità architettonica nulla le toglie in snellezza, si che l'armonia della forma soverchia e prevale sulla maestosità della massa. Ne risulta una composizione perfetta nelle sue linee, cui luce e colore infondono tonalità apocalittiche. Da qualsiasi lato la si osservi, essa appare sempre in tutta la sua potenza ed eleganza, specie da Nord, dove l'impeto ascensionale della sua strapiombante parete raggiunge limiti estremi e la purezza delle forme, pur nella loro più semplice linearità, assume valori classici.
La cima ovest di Lavaredo è all'estremità occidentale della superba trinità rocciosa, si eleva possente e squadrata, altera nella sua levigata nudità, teatro di sublimi ardimenti e di meritate conquiste.
La cima piccola di Lavaredo, terza in ordine di altezza, ma non certo in leggiadria, sboccia dalla potente zoccolatura ricoperta da uno spesso strato di ghiaia, con un massiccio basamento, e balza poi verso l'alto con forme snelle ed aggraziate.
La punta Frida si erge con forme tondeggianti all'estremità orientale dello stesso basamento squadrato da cui erompono con superba potenza ascensionale la cima piccola e la sua anticima. Vista da mezzogiorno sembra un cono e risulta visibile la profonda frattura che la divide dalla Piccolissima. Quest'ultima completa quale avanzato baluardo, la meravigliosa bastionata strapiombante sulle bianche ghiaie di forcella Lavaredo.
Dolomiti
Torri del Vajolet-gruppo del Catinaccio TORRI DEL VAJOLET:Torre Winkler (2800 mt.) prende il nome dal suo primo salitore, è la prima a destra guardando dal rifugio Re Alberto, e si eleva massiccia per circa 150 mt. fasciata da numerose cengie orizzontali. La forcella Stabeler la divide dalla sua sorella maggiore.
Torre Stabeler (2805 mt.) è una bella costruzione che si eleva fra le due sorelle, minori in altezza ma non in maestosità ed arditezza; verso oriente presenta una caratteristica spalla verso la cima. La forcella Delago la divide ad occidente dall'omonima torre.
Torre Delago (2790 mt.) è la meno alta delle tre sorelle di Vajolet ma, certamente, la più elegante, la più slanciata e la più ardita. Il suo affilatissimo spigolo occidentale, lungo il quale si svolge un bellissimo ed aereo itinerario di salita, offre una meravigliosa visione di arditezza e di fragilità.
Roda di Vaèl-gruppo del Catimaccio
RODA DI VAEL:Se da Bolzano si spinge lo sguardo verso est, si può ammirare in tutta la sua estensione la catena del Catinaccio. E' una visione di sogno, specie al tramonto quando tutte le vette, le pareti, le torri, si tingono di rosso smagliante e l'azzurro del cielo trascolora nel freddo splendore dell'acciaio.
Girando lo sguardo verso destra, in dirazione del passo di Costalunga, si scorge una vasta e levigata parete, apparentemente inaccessibile,che si eleva verticalmente dai prati delle Coronelle. Su quella rossiccia ed immane muraglia, la roda di Vaèl, si snodano alcuni itinerari di salitadi eccezzionale difficoltà. Anche il versante orientale, che guarda il Vajolon, precipita con un enorme, grigio paretone triangolare di circa 400 mt. di balzo, sulle ghiaie della base.
Tofana di Roces
TOFANA DI ROCES: il massiccio delle Tofane con i suoi tremila: Tofana di Roces, Tofana di Mezzo, Tofana di Dentro, forma il panorama occidentale della conca di Cortina d'Ampezzo. L'impervio versante ovest e nord del massiccio ricade nella selvaggia e romantica val Travenanzes. Lungo il pendio boscoso del versante sud, facilmente accessibile fino ai piedi delle pareti, ed il versante est a monte di Cortina, degradante nelle rocce del Doss de Tofana, si trovano parecchie strade di guerra e sentieri segnati.
Cimon della Pala-gruppo delle Pale di S.Martino
CIMON DELLA PALA (3185 mt.):Sulle sue pareti gialle e sull'esile crestina merlettata della vetta, contro la quale le nubi sospinte dal vento si sfrangiano e si frangono in molti bioccoli candidi, vaga ancora l'eco di gioiose conquiste. Dal passo Rolle la snella piramide del cimone svetta possente verso l'alto, solenne nella sua grandiosità.
Marmolada
MARMOLADA (3342 mt.):Superba nella sua imponenza, ricoperta da ghiacci eterni, sul versante nord, che divallano docili fino a specchiarsi nel lago di Fedaia; circondata dai due Vernèl e dalla cima Seràuta. A meridione gli imponenti e paurosi appiombi che precipitano sulle ghiaie del passo Ombretta con 600 mt. di balzo, formano la parete sud ed il pilastro sud. Ad oriente svettano il Pelmo ed il Civetta, mentre a mezzogiorno si elevano le Pale di S.Martino. Ad occidente, in primo piano, si sventaglia, in tutta la sua magnificenza, il gruppo del Catinaccio, mentre dai piani successivi, balzano verso l'alto le Dolomiti di Brenta, e più lontane le bianche vette dell'Adamello, della Presanella, del Cevedale e dell'Ortles.
Dolomiti di Brenta Dolomiti di Brenta-Campanile alto, Campanile basso, Sfulmini
DOLOMITI DI BRENTA:Il gruppo di Brenta, pur diviso dai suoi confratelli centro-orientali,dall'ampio solco della valle dell'Adige, appartiene anch'esso al sistema Dolomitico in quanto la sua ossatura è costituita da masse dolomitiche triassiche e retiche. E' al tempo stesso la roccaforte dei più arditi rocciatori, ed il paradiso delle passeggiate; presenta tutti i gradi di difficoltà, così che ognuno trova la sua meta e la sua realizzazione.

Sentiero delle Bocchette
Sentiero delle Bocchette Sentiero delle Bocchette Sentiero delle Bocchette
Sentiero delle Bocchette
SENTIERO DELLE BOCCHETTE:L'idea di congiungere la parte meridionale del Gruppo di Brenta con quella settentrionale, tramite un sentiero panoramico che valichi le Bocchette tra cima e cima, o quelle di cresta fruendo delle molte cengie che fasciano i fianchi dei colossi rocciosi, in modo da attraversare il gruppo ad alta quota, rendendo molto più agevole il raggiungimento degli attacchi delle vie di salita alle varie cime, consentendo così anche ai meno esperti la possibilità si godere del grandioso e suggestivo mondo roccioso finora riservato agli scalatori, nacque parecchi anni orsono nella mente di due noti alpinisti trentini Arturo Castelli e Giovanni Strobele.
Descrizione: forse la più rinomata via in alta quota delle Dolomiti. Un magnifico percorso che offre in ambiente severo dei panorami indimenticabili sia verso sud est ( Lago di Molveno, Cima Paganella) che verso ovest ( Adamello Presanella). Lunghi tratti esposti , seppur attrezzati, rendono consigliabile l’escursione ad alpinisti esperti ed allenati. Come per le bocchette centrali anche qui vari tratti del percorso sono stati dedicati a personaggi benemeriti. Dall’attacco della ferrata presso la vedretta settentrionale degli Sfulmini inizia il sentiero Quintavalle: si inizia a salire per mezzo di scale la parete ovest della Cima Molveno sino al terrazzo di nord-ovest. Si scende poi alla Bocca Bassa dei Massodi dove confluisce il sentiero Oliva Detassis. Qui prende avvio il tratto di percorso dedicato a Mario Coggiola che si protrae sino alla Bocchetta Alta dei Massodi ( mt 2950) dopo aver valicato la cima dello Spallone dei Massodi ( mt 2999) scendendo per la “scala degli amici” , particolarmente lunga ed esposta. Dalla Bocchetta Alta dei Massodi si diparte il sentiero “Maria Foresti” che arriva al terrazzo del versante est di Cima Brenta ( mt 3002). La parte terminale della Via delle Bocchette Alte, dallo spigolo nord est di Cima Brenta alla bocca del Tuckett è stata dedicata a Carlo Garbari. Dalla Bocca del Tuckett in poco più di mezz’ora si perviene al rifugio.


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******* I GHIACCIAI *******
Il ghiacciaio dei Forni
Il ghiacciaio della Bremba
Il ghiacciaio di Aletsch
I ghiacciai:sono masse di nevato e di ghiaccio, originate per metamorfosi da accumuli nevosi,che hanno resistito a più periodi di fusioni. I ghiacciai Italiani: quelli attualmente esistenti sono circa 838 e coprono una superfice pari a 540 kmq. Il più importante ed esteso è il ghiacciaio dei Forni, che copre una superfice di 20 kmq (Ortles_Cevedale), il ghiacciaio del Mandrone per 12 kmq (Adamello-Presanella), il ghiacciaio del Miage per 11,2 kmq (M.Bianco), il ghiacciaio del Lys per 10,8 kmq (M.Rosa), il ghiacciaio della Brenva 7,3 kmq. Uno dei più notevoli e singolari paesaggi glaciali delle Alpi,è senza dubbio costituito dalla val Veni. Famosa per la varietà ed eccezzionalità dei suoi fenomeni glaciali, essa è dominata da due imponenti lingue galciali, Brenva e Miage; e viene evidenziato in modo assai evidente in questa valle. Il ghiacciaio della Brenva si è quì spinto fino a sbarrare l'ingresso della val Venì: l'ingresso della valle è sbarrato dalla lingua del ghiacciaio. Il ghiacciaio della Brenva è un fenomeno straordinario, ed è la più alta cascata di ghiaccio delle Alpi. Dai 4810 mt della cima del monte bianco le sue masse di ghiaccio scendono come rulli compressori fino sul fondo della val Venì al 1200 mt. Più avanti la lingua glaciale del ghiacciaio del Miage esce in val Venì da una valle laterale, e sbarra la valle stessa per una lunghezza di quasi tre km e per tutta la larghezza della valle.
In Svizzera, grandi ghiacciai sono: il ghiacciaio di Aletsch: dietro la Jungfrau ed i monti dell'Innereiger giace tra gli stessi e le montagne del vallese, che si snoda ora restringendosi, ora allargandosi, in una regione inaccessibile e selvaggia. Con una lunghezza di 24,7 km ed una superfice di 86,8 kmq è il più lungo ed il più vasto ghiacciaio delle Alpi. La sua colata principale è costituita da quattro rami tributari, che vengono alimentati dal Grosser Aletschfirn, dallo Jungfraufirn, dall'Eiwgschneefeld e dal Gruneggfirn. Ghiacciaio del Gorner: sopra la conca valliva di Zermat, inizia il regno di ghiaccio dei ghiacciai di Findelen e del Gorner, Esso si stende sul versante nord occidentale del principale massiccio montuoso delle Alpi Pennine: il monte Rosa, per quasi 90 kmq.Il ghiacciaio del Gorner è costituito da dodici ghiacciai e da due plateau, e formano il più grandioso apparato glaciale delle Alpi, esempio alpino quanto mai significativo di un sistema glaciale dendritico, esso si estende per 68 kmq.
In Francia, il più grande ghiacciaio è la Mere de Glace, uno dei più bei fiumi di ghiaccio delle Alpi. La Mere de Glace è costituita da una serie di ghiacciai più o meno rilevanti, esso occupa una superfice di 38,7 kmq.


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