Le
sorprese della vita
(Roma 07-08)
Io ho conosciuto il Signore nel
lontano 1977, riassumo brevemente come l’ho accettato nella mia vita. Mio padre
aveva già fatto una esperienza personale con Dio e
cercava di portarmi verso la sua fede, ma io mi ero illuso che potevo trovare
soddisfazione, trovare gioia lontano dal
Signore per cui non prendevo in seria considerazione i suoi inviti. Passava il
tempo e quando sono arrivato verso i 22 anni, mi sono accorto che tutto quello
che la società mi offriva non bastava alla mia anima. C'èra una
insoddisfazione che non riuscivo a colmare e un giorno ho detto: “Signore,
se tu esisti, rivelati nella mia vita!” Dio lo ha fatto in tre occasioni
speciali, mi ha parlato, mi ha mostrato la sua esistenza, mi ha mostrato la sua
presenza! Ma la mia vita non era cambiata, sapevo che c'era un Dio ma non era il
mio Dio! Poi il 1° maggio del 1977, giocando a pallone (partecipavo ai
campionati dilettanti regionali) ho avuto un incidente alla gamba
sinistra (tibia e perone) per cui fui trasportato al pronto soccorso. Mentre
ero lì, al pronto soccorso, piangevo dal dolore e in quel momento le parole che
diceva mio padre, quando mi parlava di quello che il Signore poteva fare nella
mia vita, mi sono tornate alla mente; quando egli mi parlava del Signore io
rispondevo che non ne avevo bisogno, che i miei problemi li risolvevo da me! Ma
in quel momento quelle parole mi sono tornate alla mente e mi sono detto: che
cosa posso risolvere? Sono qui a piangere come un ragazzino! Che cosa posso
fare?
In
quel momento lo Spirito Santo mi ha fatto vedere come in un film tutti i più
grandi uomini della terra, Imperatori, Presidenti, Primi Ministri, che cosa sono? Anche loro si ammalano, anche
loro muoiono e non possono fare niente! Allora mi sono fatto una domanda: che
cos'è l'uomo? Dio non solo ha smontato
la mia superbia, la mia personalità, il mio orgoglio ma anche quelle degli
uomini più grandi della terra! Non sono niente! Proprio in quell’istante un
grido profondo è salito dalla mia anima e ho detto: Signore Gesù, abbi pietà di
me, perdonami!
Quando
ho detto così, ho sentito due scrocchi come quando scrocchiano le dita, e in
quel momento ho sentito dei brividi per tutto il corpo. Mi sono chiesto che cosa
stesse succedendo!
La
gamba mi faceva molto male e avevo trovato una posizione che era più
sopportabile, la tenevo con le mani sotto il ginocchio lasciando penzoloni il
piede. Dopo aver sentito i brividi ho iniziato a ruotare il piede e con stupore
mi sono accorto che non mi faceva più male! Così è successo che sono entrato al
pronto soccorso in barella, ma ne sono uscito con i miei piedi e non solo
quello ma in quel momento ho sperimentato che cos'è la nuova nascita. Non
sapevo cosa fosse la nuova nascita, ma percepivo qualche cosa di diverso dentro
di me, mi sentivo nuovo. Guardando attorno a me gli alberi, il creato, vedevo tutto
bello; sentivo un grande amore verso tutto e tutti, una grande pace nella mia
anima. Non capivo che mi stava succedendo perché non conoscevo cosa fosse la nuova
nascita, l’ho capito dopo quando ho iniziato a leggere il Vangelo.
Quel giorno, era il 1º maggio del 1977 ho conosciuto Dio e non mi sono mai pentito
di averlo conosciuto. Ci sono state delle valli e dei monti (nel senso spirituale), ci
sono stati momenti difficili ma se sono qui, su un pulpito a predicare, è per
la fedeltà di Dio, è per il suo amore e lo ringrazio. Gloria sia al Signore
Gesù Cristo.
Per il soggetto di questa
meditazione prendiamo spunto dal Vangelo di Matteo 7:24 “perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in
pratica sarà paragonato a un uomo avveduto che ha costruito la sua casa
sopra la roccia; la pioggia è caduta sono venuti i torrenti, i venti hanno
soffiato ed hanno investito quella casa, ma essa non è caduta perché era
fondata sulla roccia; e chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica sarà paragonato
a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia, la pioggia è caduta,
sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno fatto impeto contro
quella casa ed essa è caduta e la sua rovina è stata grande”.
Signore veniamo a te nel nome di Gesù per
chiedere la tua benedizione, per chiedere la tua unzione, per chiedere che la Tua
parola possa rimanere ferma nei nostri cuori; che possiamo essere non solo uditori ma anche facitori
della Tua Parola. Confidiamo in te Signore, nella Tua rivelazione, nel tuo Santo Spirito sapendo che tu hai cura delle nostre
anime e per questo ti ringraziamo e ti benediciamo in Cristo Gesù che è benedetto
in eterno.
Vediamo in questo passaggio che la Scrittura
mette in evidenza come ci sono due tipi di case, una fondata sulla roccia, e l’altra
fondata sulla sabbia. L'aspetto che voglio mettere in evidenza è che la
tempesta in genere arriva all’improvviso, è una sorpresa e non ci avvisa quando
arriva. Non sempre chi studia questi eventi riesce ad avvisare tutte le persone
coinvolte in un’area a rischio. A volte lo vediamo nella cronaca, quando arrivano
dei tornado, o quando si verificano dei terremoti o a volte arrivano onde
anomale, situazioni
che sono incontrollabili e questo non riguarda solo gli aspetti geografici e
atmosferici ma anche gli aspetti umani, sociali, economici e spirituali. A
volte ci sono delle situazioni nella nostra vita che sono incontrollabili e possiamo
chiamarli “le sorprese della vita”.
Per capire quale può essere la
nostra reazione davanti alle “sorprese della vita”, davanti a queste tempeste
che si abbattono sulla nostra vita, o davanti a venti impetuosi che investono
la nostra casa spirituale, la nostra vita spirituale, analizzeremo 5 modelli di
esempio che ci sono narrati nelle Sacre Scritture.
Il modello di
Abramo
Egli aveva
circa ottant'anni quando Iddio gli parlò e gli disse: io ti darò un figlio e da
lui una moltitudine di discendenti. Passarono 20 anni e finalmente la promessa
ebbe il suo compimento; è nato Isacco. Abramo era felice, aveva questo figlio,
aveva la promessa di Dio, era anche nella benedizione materiale infatti stava bene economicamente. Era un uomo felice e finalmente,
dopo tanta attesa, la promessa di Dio si era realizzata; quindi lui sarebbe
andato avanti nella sua tranquilla vita ma all'improvviso ecco una tempesta!
Dice la
scrittura in Genesi 22:1 “dopo queste cose Dio mise alla prova Abramo e gli
disse: Abraamo; egli rispose: eccomi; e Dio gli disse:
premi ora il tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco e va nel paese di Moria
e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò”. La sua tranquillità
è sconvolta, la sua calma e la sua pace sono messe a dura prova! Immaginate
quanti interrogativi, quante perplessità, quanti dubbi davanti a una parola
così forte e così ferma. Ma Abramo non si scoraggia, e parte. “Allora Abramo
disse ai suoi servi: rimanete qui con l’asino, io e il ragazzo andremo fin lì e
adoreremo e poi torneremo da voi!” Guardate Abramo, pronuncia una parola di
fede che va contro l'evidenza, va contro le circostanze. Dio gli aveva detto: “offrimi il tuo figlio”, ma Abramo dice: “andremo lì, adoreremo
e poi torneremo”; quindi già pronuncia una parola di fede. Anche al figlio dà
una parola di fede, infatti Isacco parlò ad Abramo suo
padre e gli disse: “padre mio”! Abramo rispose: “eccomi
qui figlio mio”; e Isacco: “ecco il fuoco e la legna, ma dov’è l'agnello per l'Olocausto?”
Abramo rispose: “figlio mio, Dio stesso si provvederà l'agnello per l'Olocausto”.
Un'altra parola di fede, alla domanda “dov’è l'agnello per l'Olocausto?”,
Abramo pronuncia una parola di fede, le circostanze dicevano che non c'era
l'agnello, non l'avevano portato, ma la fede dice che Dio si provvederà
l'agnello per l'Olocausto! E’ chiaro il
modello che ci presenta Abramo? Egli non si fa coinvolgere dalle evidenze, da
quello che vede, dalle circostanze ma pronuncia parole di fede, “Dio si
provvederà!” E come è finita questa storia? In Genesi 22:13 “Abramo
alzò gli occhi, guardò ed ecco dietro a
sé un montone impigliato per le corna in un cespuglio, Abramo andò, prese il
montone e l'offerse in olocausto invece di suo figlio!
Quando Dio ha visto la fedeltà di
Abramo, la fede di Abramo, che era pronto a sacrificare suo figlio, ecco che Dio
gli dice: “fermati, fermati, ho visto che veramente mi
temi”. Si è girato ed ecco l'Olocausto era stato provveduto. Così Abramo chiamò
quel luogo Javè-Jirè, per questo si dice oggi: “al monte del signore sarà provveduto!”. Quindi il primo
esempio che vediamo per affrontare le tempeste nella nostra vita è una fede che
va contro le evidenze, contro le circostanze che vediamo con gli occhi fisici.
Il modello di
Giobbe
Giobbe era l'uomo più potente della
zona in cui abitava, ci dice la Scrittura che aveva 7000 pecore, 3000 cammelli, 500 paia di buoi,
500 asini, una servitù molto numerosa e 10 figli. Una grande benedizione nella
sua vita, era un uomo col cuore integro, si sforzava giorno dopo giorno di
piacere al Signore, di mantenere puro questo suo
rapporto con Dio ma anche per lui all'improvviso arriva una tempesta tremenda
sulla sua vita, sulla sua esistenza, su tutto quello che possedeva. La sua vita
è messa a dura prova. Dice la scrittura che Satana ha voluto tentare, ha voluto
abbattere completamente Giobbe. Ha detto a Dio: “ma
stendi un po’ la tua mano, tocca quanto egli possiede e vedrai se non si
rinnega in faccia!” Questa era la provocazione di Satana, e il Signore disse a
Satana: “Ebbene, tutto quello che possiede è in tuo potere, soltanto non stendere
la mano sulla sua persona”. Satana si scatenò! Distrusse tutto quello che
possedeva, fece morire i figli finché, non contento di questo ma con il
permesso di Dio, lo attaccò anche nella salute!
Giobbe
era lì, al centro di una grande prova di questo tipo, dentro una sofferenza
così forte ma non si abbatte e un giorno dice al cap. 19:25 “io so che il mio Redentore
vive e che alla fine si alzerà sulla polvere e quando sarà distrutto questo
corpo, senza la carne vedrò Dio!” Guardiamo l’identità di Giobbe, è cosciente
della sua posizione in Dio, Giobbe non considera tutto quello che gli sta
succedendo, non fa stima di quello che gli sta accadendo, Giobbe è sicuro che appartiene a Dio, è sicuro dell'amore di Dio per lui anche
se non comprende quello che gli sta accadendo, non riesce a capirlo,
giustamente, perché non c'è una ragione in quello che gli stava accadendo ma Giobbe
è sicuro della sua posizione in Dio. Infatti dice: “Io
so che il mio Redentore vive è sarà dalla mia parte, senza la mia carne vedrò Iddio”.
Questo è avere un'identità
spirituale forte nel Signore, un'identità che non può essere smossa, al
contrario di “canne dimenate dal vento”. Un'identità forte che non dipende da
quello che stiamo vivendo, nemmeno dalle difficoltà che possiamo affrontare
nella nostra vita, un'identità che ci
rende certi e sicuri che Dio è il Creatore del cielo, dell'Universo, che è
il Signore dei Signori, il Re dei Re, ed è
dalla nostra parte! Questa è l'identità dei credenti, questa è l’identità
dei figli di Dio che non può essere smossa, che non può essere assolutamente
messa in discussione perché, chi ha conosciuto Iddio, chi si sente veramente
figlio di Dio, sa che Iddio è dalla sua parte! “Io so che il mio redentore vive!”
Questo deve essere un altro modello per affrontare le tempeste che potrebbero
arrivare nella nostra vita. Come è finita? Giobbe 42:12 “E l'Eterno benedì gli ultimi anni di Giobbe più de'
primi; ed egli ebbe quattordicimila pecore, seimila cammelli, mille paia di bovi e mille
asine. 13 Ed ebbe
pure sette figliuoli e tre figliuole”.
Il modello di
Davide
Egli era
stato unto re al posto di Saul, dal grande profeta di quel periodo, il profeta
Samuele, ma malgrado l’unzione non era ancora arrivato
il tempo per lui di prendere il suo Regno. Saul lo
perseguita, così Davide è dovuto fuggire finché, al tempo giusto, quando Saul
muore Davide diventa re. Egli ha fatto tante guerre, tante battaglie, ha rafforzato
i confini, ha rafforzato il potere del Regno d'Israele, quindi poteva vivere
una vita serena ma… arriva una tempesta sul suo Regno. Dice la Scrittura in
2Samuele 15:13 che il figlio Absalom trama contro il
padre, si adopera per accattivarsi la simpatia del Popolo giorno dopo giorno finché venne un messaggero
dal Re Davide e gli disse: “il cuore degli uomini d'Israele si è volto
verso Absalom!”
Allora
Davide disse a tutti i suoi servi che erano con lui a Gerusalemme: alzatevi, fuggiamo,
altrimenti nessuno di noi scamperà dalle mani di Absalom.
Una grande delusione, una grande amarezza, dover fuggire, lasciare Gerusalemme, lasciare il
trono perché un figlio si è ribellato contro di lui.
Così Davide parte per allontanarsi da Gerusalemme finché per strada, ci
dice la Scrittura in II Samuele 16:7, incontrano un uomo che incomincia ad offenderlo
e ad insultarlo: “Scimei malediceva Davide dicendo
vattene, vattene, uomo sanguinario e scellerato, il signore fa ricadere sul tuo
capo tutto il sangue della casa di Saul al posto del quale tu hai regnato. Il Signore ha dato il Regno nelle mani di Absalom, tuo figlio, e ora le sciagure che ti sei meritato
perché se un uomo sanguinario”. Erano
tutte falsità, tutte bugie, Davide era stato unto re al posto di Saul, non si
era preso il Regno da solo. Era stato scelto da Dio ma Davide sopporta quest'ingiurie. Tanto erano brutte queste ingiurie, tanto
erano pesanti che Abishai, un generale, disse al re:
“ma perché questo cane morto osa maledire il re mio
signore? Ti prego, lasciami
andare e mozzargli la testa!” Ma il Re rispose: “se egli maledice perché il
Signore gli ha detto maledici Davide, chi oserà dire perché fai così?” Poi Davide
disse ad Abishai e a tutti i suoi servitori: “ecco
mio figlio uscito dalle mie viscere cerca di togliermi la vita, quando più lo può
fare ora questo Beniaminita? Lasciate che egli
maledica perché gliel'ha ordinato il Signore! Forse il Signore avrà riguardo alla mia
afflizione e mi farà del bene in cambio delle maledizioni di oggi”.
Proviamo
a metterci per un attimo nei panni di Davide: essere accusati e offesi ingiustamente!
Non sarebbe normale una reazione? Non
sarebbe umano una difesa? Non sarebbe normale cercare di dare le proprie
ragioni? Ma Davide non reagisce così, non confida nelle proprie ragioni, in che
cosa confida? Nella misericordia di Dio! “Il Signore avrà riguarda alle mie
afflizioni e mi farà del bene in cambio delle maledizioni oggi!” Questa è un'altra
lezione che dobbiamo imparare, come
affrontare le tempeste!
Le tempeste a volte possono venire
dalle offese, dalle incomprensioni, da coloro che ingiustamente o forse anche
giustamente, forse anche a ragione, per qualche sbaglio che facciamo, ci offendono, ci accusano, ci maledicono. La reazione di Davide è un
modello per le situazioni appena descritte. Poteva permettere al generale di
punire Scimei ma, come abbiamo sentito, la vendetta appartiene
al Signore! Lui sa quello che deve fare! Davide non cerca vendetta ma confida
nella misericordia di Dio! Questo è un
altro punto da tenere presente quando arrivano le tempeste nella nostra vita, confidare nella misericordia di Dio e
non nella nostra vendetta!
Il modello di
Giuseppe
Egli
aveva ricevuto delle visioni, aveva fatto dei sogni e in uno di questi il suo
covone si levò su e si tenne ritto e i covoni dei suoi fratelli inchinarsi.
L’interpretazione di questo sogno annunciava che sarebbe successo qualcosa di
speciale nella sua vita. Giuseppe era molto amato dal padre, viveva sereno in
una famiglia serena anche se aveva perso la mamma ma
viveva nell'affetto con i fratelli e col padre. Ma un giorno arriva una grande tempesta pure
sulla sua vita, attraverso i sogni poteva immaginarsi un futuro glorioso invece
accadde che quando Giuseppe raccontò il sogno ai
fratelli ecco che un seme di invidia è nato nei loro cuori. E’ molto pericoloso
covare semi negativi nella nostra vita, stiamo attenti! I fratelli di Giuseppe
invece di accettare che Dio voleva fare qualcosa di speciale attraverso il loro
fratello, hanno fatto sì che dei semi velenosi venissero seminati nelle loro
anime. Quale è stato il frutto di questi semi? Che cosa hanno prodotto? Che
dopo qualche tempo l’odio e l’invidia erano cresciuti così tanto da arrivare a
pensare alla vendetta e all’omicidio! Infatti dissero
l’un l’altro: “ecco il sognatore che arriva,
forza uccidiamolo e gettiamolo in una di queste cisterne, diremo poi che una
bestia feroce lo ha divorato e vedremo che ne sarà dei suoi sogni!” Guardate
un po' a che cosa li porta l'invidia, a che cosa li portano questi semi
velenosi, decidere di uccidere il proprio fratello!
Ma Iddio
aveva deciso diversamente, così viene venduto e portato schiavo in Egitto. Un
ragazzino strappato dagli affetti della famiglia, strappato dalla
terra natia e portato come schiavo in Egitto. Immaginate il dramma che
sta vivendo questo giovane, il dramma che ha dovuto passare! Ma Giuseppe è
benedetto da Dio e questa benedizione si manifesta in tutto quello che fa,
tanto che nell’amministrazione della casa in cui serve gli viene data tutta
Ecco un
modello che ci dà Giuseppe, nella grande delusione in cui potrebbe essere,
nella grande amarezza che ci potrebbe essere nella sua vita non si lascia cadere
le braccia, non si lascia andare al peccato, non si lascia andare alla
corruzione ma rimane integro! Uno
dei momenti più pericolosi della nostra vita è quando siamo delusi, quando
siamo amareggiati, ci cadono le braccia! Diventiamo più deboli verso il peccato,
diventiamo più vulnerabili. Dobbiamo stare attenti! Rimanere integri, come
Giuseppe! Un modello meraviglioso! “Come peccherò verso Dio e verso il mio
padrone?” Vedete
l'integrità del cuore di Giuseppe, non si lascia andare, non si fa corrompere
perché ha un cuore integro anche se è passato attraverso una grande delusione!
Ma quale è stato il premio di Giuseppe? Così il Faraone disse Giuseppe: “poiché Dio ti ha fatto conoscere tutto questo e non c'è
nessuno che sia intelligente e savio quanto te, tu avrai autorità su tutta la
mia casa e tutto il popolo ubbidirà ai tuoi ordini, per il trono soltanto io sarò
più grande di te!”
Guardate un pò
il premio che riceve Giuseppe, qualcosa di meraviglioso, “ecco io ti do potere
su tutto il paese d'Egitto!” Consideriamo il piano di Dio, l’ha
fatto passare sì attraverso una sofferenza ma per la sua integrità Dio ha
potuto compiere il piano meraviglioso nella sua vita.
Il modello di
Daniele
Daniele
era di nobile famiglia ed era stato deportato assieme al Popolo a Babilonia, a seguito
della sconfitta che babilonesi avevano inflitto al popolo d'Israele. Così si
trova in terra straniera e gli viene fatta studiare la lingua babilonese. In qualche
modo aveva trovato una sua collocazione, anche se il suo pensiero e la sua
preghiera erano rivolte verso Gerusalemme. Era diventato funzionario nella
città di Babilonia. Ma all'improvviso anche per lui arriva una tempesta!
Il re
fa un sogno che lo turba, lo turba così tanto che manda a chiamare tutti i
saggi di Babilonia, fra i quali c'erano anche Daniele i suoi amici anche se in quel
momento Daniele non era presente. Quando tutti i saggi si trovano davanti al
re, egli dice loro: “ho fatto un sogno che mi ha
turbato molto, datemi l'interpretazione di questo sogno!” I saggi gli dicono: “sì
o re, dicci il sogno e ti daremo l'interpretazione!” Ma il re risponde: “troppo
facile, mi dovete dire il sogno e anche l'interpretazione!” Ma i saggi gli
dicono: “quello che tu chiedi è impossibile!” Il re allora si arrabbia e dice:
“allora siete tutti dei ciarlatani! Mi volete prendere in giro!” Così ordinò che tutti i saggi di
Babilonia fossero fatti perire.
Anche Daniele doveva essere ucciso e,
quando chiede e scopre la ragione per cui era stato fatto un decreto così
perentorio, chiede un po’ di tempo al re perché gli avrebbe dato
l’interpretazione. “Allora Daniele andò a casa sua, informò Anania,
Misael e Azaria, suoi
compagni, esortandoli
a implorare la misericordia del Dio del cielo a proposito di questo segreto
affinché Daniele i suoi compagni non fossero messi a morte con tutti gli altri
saggi di Babilonia. Allora il segreto fu rivelato a Daniele
in una visione notturna ed egli benedisse il Dio del cielo”. Ecco la
reazione di Daniele quando viene a sapere il problema in cui si trova: cerca la faccia di Dio! Non si fa
prendere dalla sollecitudine, né dalla paura, non si fa prendere dal terrore ma
cerca la faccia di Dio e riceve la rivelazione di cui ha bisogno.
Conclusione
Ritorniamo al verso di Matteo 7:24,
c'è questa casa, che
è la nostra casa! Su che cosa è fondata? La Scrittura dice: “chi
ode
1) Abramo che crede contro le evidenze
2) Giobbe che è cosciente della sua posizione in Dio
3) Davide che confida nella misericordia di Dio
4) Giuseppe che rimane integro anche nella più grande delusione della sua vita
5) Daniele che cerca la faccia di Dio che cerca una soluzione in Dio.
Questi cinque
modelli possono essere dei pilastri della nostra casa spirituale, pilastri
importanti! La Roccia è Cristo, è chiaro, ma se su questa Roccia edifichiamo fieno
o edifichiamo paglia, la nostra casa non regge. Quindi non solo serve il
fondamento di Cristo ma serve anche costruire in maniera solida e questi
modelli sono quelli che ci mette davanti
Purtroppo le tempeste possono
arrivare, i venti impetuosi possono arrivare, le tragedie della vita possono
arrivare e non ci avvertono, sono improvvisi, a volte ci sopraffanno, ci scuotono, ci turbano!
Quale è la nostra reazione? Se noi reagiamo secondo questi modelli la nostra
casa reggerà, reggerà e sarà di benedizione per noi e per tutti quelli che sono
vicini a noi e saremo una luce nel cospetto dell'Iddio Altissimo. Il Signore è buono e la Sua benignità dura in
eterno. Che cosa si aspetta da noi? Che confidiamo nella Sua Parola, nelle Sue promesse
e non ci facciamo turbare da tutto quello che ci potrà accadere perché Egli è
l'Eterno, è il nostro Dio, è il Re dei re, il Signore dei signori
e a Lui va la gloria in Cristo Gesù benedetto in eterno. Il Signore Vi
benedica.