Poco in mano di Dio!

(Roma dic-2007)

Esodo 3:1-11 “Or Mosè pascolava il gregge di Jethro suo suocero, sacerdote di Madian; egli portò il gregge oltre il deserto e giunse alla montagna di DIO, all'Horeb. 2  E l'Angelo dell'Eterno gli apparve in una Fiamma di fuoco, di mezzo a un roveto. Mosè guardò ed ecco il roveto bruciava col fuoco, ma il roveto non si consumava. 3  Allora Mosè disse: «Ora mi sposterò per vedere questo grandioso spettacolo: perché mai il roveto non si consuma!» 4  Or l'Eterno vide che egli si era spostato per vedere, e DIO lo chiamò di mezzo al roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Egli rispose: «Eccomi». 5  Dio disse: «Non avvicinarti qui; togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo santo. 6  Poi aggiunse: «Io sono il DIO di tuo padre, il DIO di Abrahamo, il DIO di Isacco e il DIO di Giacobbe». E Mosè si nascose la faccia, perché aveva paura di guardare DIO. 7  Poi l'Eterno disse: «Ho certamente visto l'afflizione del mio popolo che è in Egitto e ho udito il suo grido a motivo dei suoi oppressori, poiché conosco le sue sofferenze. 8  Così sono sceso per liberarlo dalla mano degli Egiziani e per farlo salire da quel paese in un paese buono e spazioso, in un paese dove scorre latte e miele, nel luogo dove sono i Cananei, gli Hittei gli Amorei, i Perezei, gli Hivvei e i Gebusei. 9  Ed ora, ecco il grido dei figli d'Israele è giunto fino a me, ed ho pure visto l'oppressione con cui gli Egiziani li opprimono. 10  Or dunque vieni e io ti manderò dal Faraone perché tu faccia uscire il mio popolo, i figli d'Israele, dall'Egitto». 11 Ma Mosè disse a DIO: «Chi sono io per andare dal Faraone e per far uscire i figli d'Israele dall'Egitto?».

 

Vogliamo soffermarci su questa espressione “Chi sono io per …?”. Chi era Mosè? Più o meno tutti abbiamo sentito parlare di Mosè ma vogliamo riassumere la sua storia per avere un pensiero più chiaro.

 

Cenni storici

Mosè era nato in un momento particolare, quando gli egiziani avevano deciso di uccidere tutti i maschi che nascevano nel Popolo d’Israele. Questo era stato deciso perché il Popolo Ebreo era cresciuto così tanto che gli egiziani temevano per un possibile sopravvento su di loro e presa di possesso dell’Egitto. E quale soluzione hanno adottato? Uccidere tutti i maschietti lasciando vivere le femminucce!

Mosè è nato in quel periodo! Sua madre lo ha tenuto nascosto per tre mesi dopo di che si è resa conto che non era più possibile nasconderlo. Ha preso un cesto, lo ha impermeabilizzato con della pece, vi ha messo il suo bambino e lo ha posto nel fiume in mezzo a un canneto.

Li, il cesto viene scoperto dalla figlia di Faraone, la quale vedendo questo bambino (di cui la Scrittura dice che aveva una bellezza divina), ne ha avuto compassione perché piangeva e lo ha adottato come figlio. Lo ha fatto allattare da una balia fra le donne ebree (era la stessa mamma di Mosè, anche se l’egiziana non lo sapeva) e le dà anche un salario. Vediamo in questo particolare la grandezza di Dio, che non solo le salva il bambino, ma viene pagata per fare la “mamma”!

Quando il bambino fu cresciuto venne portato alla figlia del Faraone la quale lo ha istruito in tutta la sapienza degli egiziani. In qualche modo ha saputo delle sue radici così che un giorno, diventato adulto (quarant’anni), è voluto andare a vedere i suoi fratelli. Si rende conto che gli ebrei sono maltrattati ed interviene in difesa di uno che subiva violenza uccidendo il soldato egiziano e poi lo nasconde pensando che nessuno ha visto niente.

L’indomani vede due ebrei che stanno litigando fra loro e anche questa volta interviene per mettere pace, ma uno dei due, quello che stava facendo il sopruso, gli dice: chi sei tu? Chi ti ha fatto nostro protettore? Chi ti ha fatto nostro giudice? Mi vuoi uccidere come hai ucciso il soldato egiziano? Mosè si rende conto che l’omicidio è risaputo e il Faraone, venuto a conoscenza dell’accaduto, cerca di ucciderlo, ma egli scappa e va nel deserto. Qui incontra il sacerdote Jethro di cui sposa una figlia e inizia la sua carriera come pastore di pecore. Quarant’anni in Egitto nella corte del Faraone e quarant’anni dietro le pecore nel deserto fino alla scoperta del “pruno ardente”.

 

Cosa è cambiato dopo quarant’anni?

Ritorniamo al nostro soggetto per analizzare la risposta di Mosè: “chi sono io per andare dal Faraone?” Quarant’anni prima lo stesso Mosè aveva cercato di fare qualche cosa per salvare il suo popolo, adesso invece dice “chi sono io?” Quarant’anni prima Mosè sentiva un peso per il suo popolo, sente la compassione, si voleva rendere utile facendo qualche cosa per il suo popolo ma viene rifiutato, quarant’anni dopo dice “chi sono io?”

Cosa possiamo notare in questa situazione, Mosè probabilmente era il personaggio più adatto per essere un leader, per essere un liberatore, perché lui conosceva la lingua egiziana, ne conosceva la cultura, sicuramente aveva studiato come condurre, come guidare, sarà stato educato in un modo eccellente nelle migliori scuole. Quindi chi meglio di lui poteva essere adatto per liberare il Popolo Ebreo? E anche lui stesso era convinto di questo quarant’anni prima, quando confidando nelle sue capacità, nella sua forza pensava di poter essere il liberatore che il popolo aspettava. Ma il suo Popolo lo ha rifiutato, il suo tentativo è fallito miseramente, è dovuto fuggire.

 

Differenza fra “sentire il peso” e avere “la chiamata”

Quarant’anni dopo Dio lo chiama e vediamo la differenza fra “sentire un peso” per fare delle cose ed avere la “chiamata”. Quarant’anni prima aveva sentito il peso per il popolo ma ancora non c’era stata una chiamata, quarant’anni dopo riceve la chiamata ma non si sente adatto per quella chiamata. Questo ci fa capire che era proprio quello il momento in cui Dio poteva usarlo. Fino a quando Mosè si sentiva pronto, con le carte in regola per liberare gli Israeliti Dio non poteva usarlo, perché avrebbe confidato nella sua forza, nella sua sapienza, ma può servirsi di lui quarant’anni dopo quando si sente un fallito, uno che non serviva a nulla. Immaginate come si poteva sentire uno che era vissuto per quarant’anni nella corte della Nazione più potente in quel periodo storico. Immaginate come si poteva sentire quest’uomo per quarant’anni dietro le pecore, forzato a fare il pastore perché fuggito dall’Egitto! Umiliato, distrutto, amareggiato, e quando Dio lo chiama la sua reazione qual è: “chi sono io?” E non si è limitato solo a questa risposta, ma Dio ha dovuto insistere per convincere Mosè, “non ti preoccupare, non sono io che ti mando? Sono Colui che ha fatto il cielo e la terra!” Ma Mosè ha risposto: io non so parlare! Non sono adatto! E Dio: non ti preoccupare, io ti metterò le parole in bocca. E Mosè: manda qualcun altro!

Alla ricerca di “pruni”

Dio nella sua grande potenza che cosa ha usato per parlare a Mosè e manifestare la sua gloria? Un pruno! Uno degli alberi che se non è innestato non serve a niente, anzi dove arriva rovina la terra.

In quel momento Mosè era quel pruno.

Ma Signore io non ho niente, non so parlare. Che cosa hai in mano? Mosè: “un bastone”. Cosa hai in mano? Quando un servo è chiamato da Dio per svolgere un compito può dire: ma io non sono adatto, che posso fare io? Proprio quello è il momento in cui Dio si può usare di te! Fino a quando tu pensi di essere abbastanza sapiente, abbastanza intelligente da poter fare qualche cosa, Dio non può fare niente con te, ma quando tu dici: chi sono io, che ho io? Quello è il momento in cui Dio ti può usare, proprio allora ti chiama e ti dice: che cosa hai in mano?

Mosè disse: un bastone!

Gedeone disse: io sono il più piccolo di casa mia e la mia famiglia è la più piccola di Manasse! Aveva solo il desiderio di vedere la Gloria di Dio!

Davide: era l’ultimo dei fratelli. Il padre non l’aveva nemmeno chiamato come possibile candidato ad essere unto re, non l’aveva proprio considerato. Solo alla richiesta del Profeta dice: ho un altro figlio dietro le pecore. Davide aveva solo una fionda!

Una vedova: stava morendo di fame, non aveva più niente. “I miei creditori stanno venendo per prendere i miei figli!” Eliseo le disse: che cosa hai? Non ho niente, tranne un vasetto d’olio.

Un ragazzo: che cosa hai? Non ho niente,  solo 5 pani e due pesci!

Diversi esempi nella Scrittura in cui alla domanda “che cosa hai?” rispondono “niente, tranne…”

Se guardi bene nella tua vita troverai qualche “tranne ..” . Forse non hai abbastanza soldi, non hai abbastanza energia, abbastanza coraggio, tranne… Ecco, pensa qualche cosa che hai e che puoi dare a Dio.

Il Signore vuole mettere in evidenza la Sua potenza, non cerca “alberi” gloriosi, c’è il momento in cui Dio cercherà alberi “pregiati” come quando doveva far costruire l’Arca del Patto, ma per manifestare la Sua Potenza ha scelto un pruno! Dio sa qual è il momento di pretendere la qualità, ma quando si deve usare di noi non ha bisogno della qualità, ha bisogno di persone che dicono: chi sono io? Non sono nessuno, non so niente! E quel “niente” Dio usa, quel poco che tu hai.

 

C’è speranza per chi fallisce…

Sta scritto: l’umiltà va davanti alla gloria! In questo passaggio lo vediamo realizzarsi, quando Mosè pensava di essere finito,  che non serviva più a nulla se non vivere una vita dignitosa, tranquilla, proprio in quel momento Dio lo ha preso, lo ha elevato, ne ha fatto un grande uomo, un grande condottiero al quale ha dato le “Leggi” su cui si basano la maggior parte delle leggi delle Nazioni democratiche. Proprio quando lui pensava di essere finito, quando pensava che la sua vita fosse un disastro, un fallimento. Non solo, dopo questi quarant’anni nel deserto di preparazione in cui egli è stato temprato, arriva sul Monte di Dio dove riceve qualche cosa di prezioso, le Leggi incise dal dito di Dio. Che cosa fa Mosè? Si arrabbia, le butta, le rompe. Immaginate voi una cosa unica sulla faccia della terra, delle tavole scritte dal dito di Dio e Mosè in un attimo d’ira le ha distrutte. Che cosa fa Dio? Avrebbe potuto dire: Mosè …, Mosè sei un fallito! Dio invece gli dice: scavati delle tavole di pietra e io le scriverò di nuovo. Che cosa ci vuol dire con questo il Signore? Non preoccuparti di quello che sei, perché se tu sei umile, sono io che ti arricchisco, sono io che mi posso usare di te. Non siamo noi che ci dobbiamo usare di Dio, dobbiamo solo guardare quello che abbiamo, quel poco che abbiamo, mettiamolo a disposizione di Dio ed Egli lo può usare in maniera gloriosa.

Ma se sbagliamo qualche volta, non è la fine del mondo, con Dio non sarà la fine del mondo! 

Se Dio ha recuperato Mosè, non può recuperare te? Se Dio è stato provato su una cosa così importante, le Leggi! Qualcosa di glorioso. A quale altro Popolo Egli ha dato le Sue leggi, a quale altro Popolo Egli ha scritto le Sue Leggi col proprio dito?

 

Dio vuole ricominciare con Te!

Dio ha sorvolato sull’errore di Mosè, può sorvolare anche sui nostri sbagli. Che cosa vuole? Solo un pentimento sincero e Dio vuole ricominciare con te. Tu dirai: è meglio che usa qualcun altro! Ma Dio dice: no, io voglio ricominciare con te! Io voglio fare qualcosa con te! Che cosa hai in mano? Dallo al Signore ed Egli lo userà per la Sua gloria! Perché se tu sei abbastanza umile Dio ti può innalzare in una maniera gloriosa. Dio può fare di te un Condottiero, può fare di te un Profeta, qualcosa di glorioso se sei abbastanza umile da ricevere la Sua Presenza e la Sua Potenza senza inorgoglirti. Siamo umili “pruni” che con la presenza di Dio possiamo brillare, possiamo riscaldare, possiamo illuminare! Possiamo illuminare le genti per fargli conoscere l’amore, la grazia e la misericordia del nostro Dio che è benedetto in eterno!

 

Carlo Galioto