In onore di un soldato andato col Signore

(Roma feb-2002)

E' per  me un onore pubblicare nel mio sito la testimonianza di Salvatore Russo, un "non vedente" che aveva una grande vista spirituale! Ho avuto modo di conoscere e apprezzare il suo senso di servizio e la Sua generosità nel servizio della Chiesa attraverso la presidenza dell'Associazione "Luce fra le Tenebre". Aveva una grande capacità di "vedere" dentro l'anima delle persone e cercare una parola di conforto. Spero che le sue parole possano continuare a portare conforto a persone che si trovano in travagli interiori, per aiutarli a trovare quella "Luce" che può illuminare la nostra vita.

 

Fino all’età di venticinque anni ho considerato Dio una comoda quanto perversa invenzione dell’uomo, mirante a perseguire scopi umani e comunque ad opprimere i più deboli. Questo, però, fino a quando un giorno, per circostanze delle quali sarebbe lungo riferire, feci l’esperienza del cosiddetto uovo di Colombo: considerai, cioè, che se l’uomo è capace di concepire e partorire cose ben più grandi di lui, doveva necessariamente trarre la sua origine da un qualcosa di infinitamente grande, tanto grande che la mia mente si rivelava incapace di contenerlo e ne restava smarrita.

Confesso che fu un duro colpo per il mio orgoglio e la mia superbia ma quella considerazione, che oserei dire infantile, non solo non risolveva il mio problema, anzi mi creava quello vero, quello cioè più grave che mi avrebbe accompagnato in un lungo arco di tempo. Infatti, se da un lato non potevo più ignorare la Sua presenza nella mia vita, dall’altro, sia per mancanza di conoscenza sia per la durezza del mio cuore, continuai a seguire le mie vie e non riconobbi Dio quale mio Signore e Salvatore.

Allora ben presto le mie fondamenta cominciarono a scricchiolare e a vacillare paurosamente, mentre con il passare del tempo mi rendevo conto di camminare come nelle sabbie mobili. E inoltre, andava impossessandosi di me un crescente senso di paura, che man mano andava trasformandosi in terrore e né il mio matrimonio, né la nascita di mia figlia riuscì ad impedire un degrado che era divenuto oramai irreversibile.

Per circa diciassette anni mi trascinai in un’esistenza assolutamente priva di senso, la quale mi condusse ad un grave esaurimento nervoso, da cui, a parere del medico, non sarei mai più uscito se non avessi trovato in me stesso una motivazione per una vita degna di essere vissuta. In quel tempo dormivo poco e male, bevevo tanto e divoravo psicofarmaci: in breve, non trovavo più una scusa per andare avanti; e ad un certo punto, neppure la mia responsabilità come genitore mi sembrava una ragione sufficiente per continuare a vivere.

Ma un giorno, proprio in seguito ad un sofferto dialogo con mia figlia, che allora aveva dieci anni e che mi aveva posto domande di natura religiosa, mi accadde qualcosa di assolutamente inatteso.

Infatti, nel pomeriggio di quella domenica di agosto del 1978, doveva accadere qualcosa di tanto sconvolgente che in pochi momenti avrebbe cambiato la mia vita.

Mi recavo al lavoro e mentre aspettavo il treno nella stazione della metropolitana, ripensavo con angoscia al dialogo di qualche ora prima con la mia bambina e consideravo che se in me non c’era nulla di buono, cosa mai avrei potuto dare a mia figlia?

E allora mi ritrovai veramente sospeso come in un abisso senza fondo nel quale sentivo che sarei precipitato inesorabilmente e pensai che sarebbe stato meglio, a quel punto, farla finita. All’improvviso, però, mi ricordai di Dio e in un attimo mi resi conto del Suo picchiare insistente alla porta del mio cuore da tantissimi anni.

Così sorse con angoscia, dal profondo del mio essere, un grido di aiuto.

Devo dire che non si fece attendere, anzi mi rispose immediatamente attraverso un giovane che non mi riuscii mai più di incontrare in seguito, nonostante lo abbia cercato. Egli, nel momento e col modo giusto, si avvicinò a me e quasi mi sussurrò dicendomi queste parole: "Signore, Gesù ti ama!". Chissà quante volte me lo sono sentito dire, ma ora era Gesù in persona che parlava al mio cuore.

E poi quel ragazzo continuò a parlare: parlò della sua conversione, di come il Signore lo avesse liberato dalla droga e c’era nella sua voce e nelle sue parole una dolcezza a me sconosciuta fino a quel momento. Ma, soprattutto, sentivo l’Amore di Cristo riversarsi in me a fiotti come un torrente in piena. Nel breve tratto che percorremmo insieme, per il mio spirito fu come dissetarsi dopo un lungo tempo di arsura ma soprattutto una pace ineffabile - insospettata fino a quel momento - andava prendendo dimora di tutto il mio essere. Quando ci salutammo non ricordavo quasi nulla di quanto mi aveva detto ma so per certo che se in quel momento mi avesse detto: "Seguimi!", io lo avrei fatto senza esitare. Angoscia, paura, sofferenza e tutto quanto mi aveva oppresso fino a quel momento, era svanito dando posto ad una nuova allegrezza e soprattutto ad una grande liberazione, tanto che più tardi, salutando il collega a cui davo il cambio nel turno sul posto di lavoro, non potei fare a meno di dirgli: "Sai, oggi ho incontrato il Signore!"

Salvatore