10 February, 2002

 

In una intervista pubblicata su Il Giorno, Bertagna difende il suo lavoro e il lavoro della sua commissione, ovviamente è stato frainteso da noi (che peraltro leggevamo cose scritte e su quelle ragionavamo):

La riforma della scuola
Il lavoro 'dietro le quinte'

Con il varo della riforma Moratti da parte del governo, si spengono definitivamente i riflettori sulla commissione Bertagna, autrice della discussa bozza presentata nel novembre scorso agli altrettanto discussi «Stati generali della scuola». Giuseppe Bertagna, che prenderà parte al Convegno sulla riforma della scuola che si tiene oggi a Bologna (ore 15 Oratorio di San Filippo Neri) ha accettato di parlare a «QN» del lavoro della sua commissione.
Professore, la riforma Berlinguer era contestata anche da tanti docenti del suo stesso schieramento politico. In che cosa risulta modificata dalla sua commissione?
La proposta Berlinguer - De Mauro era ancora centralista, non teneva conto del nuovo Titolo V della Costituzione. Nel garantire pari dignità ai Licei e agli Istituti dell'istruzione/formazione professionale abbiamo evitato che si creasse un canale formativo di serie A, perché statale, e uno di serie B, perché regionale.
La Berlinguer-De Mauro, inoltre, aveva eliminato la suddivisione fra elementari e medie, mentre noi abbiamo proposto di riqualificare la scuola elementare quinquennale e la scuola media triennale, con un accordo didattico fra V elementare e I media.
E' vero che la vostra Commissione fa sparire chimica, geografia e matematica dal classico, che il tempo pieno sarà a pagamento, che tornerà il «maestro unico» nelle elementari, che saranno facoltative l'educazione fisica, artistica, musicale e tecnica, che le ore di lezione da 12700 diventeranno 9900, riducendo gli organici...
Vedo che ha fatto un diligente campionario delle stupidaggini intenzionalmente diffuse sul nostro lavoro da giornalisti superficiali, da sindacalisti che vogliono solo essere contro non importa che, da commentatori settari e perfino da numerosi dirigenti del Ministero. Non avendo altri argomenti per squalificare il nostro lavoro, sono ricorsi alla diffamazione e alla menzogna.
Fra le proposte che il disegno di legge delega del Governo non ha accolto ci sono soprattutto il credito all'infanzia e l'abbassamento da cinque a quattro degli anni dei licei. Pensa che ci sia ancora spazio per modifiche?
Anche prima degli Stati generali avevamo visto che molte delle ipotesi da noi suggerite non erano condivise. Ma eravamo un semplice Gruppo di studio. Naturale che i partiti di Governo cogliessero del nostro lavoro solo quanto era compatibile con i loro programmi. Come è naturale che il Parlamento intervenga ora a modificare le parti del ddl che si rivelassero inadeguate. Ma non basta: incideranno anche i successivi decreti attuativi.
Lei ha fatto parte di quasi tutte le commissioni dei vari governi che hanno studiato la riforma. Con quale Ministro si è trovato meglio, umanamente e professionalmente?
Con il Ministro Moratti, perché i patti sono stati chiari fin dall'inizio. Ci aveva chiesto di lavorare in base a nove raccomandazioni, oltre a coinvolgere intellettuali, docenti, associazioni e sindacati per rendere le nostre ipotesi le più condivise possibili. Abbiamo rispettato il compito ma abbiamo anche mostrato come l'assunzione di tali vincoli immodificabili avrebbe comportato scelte controverse e poco condivise.
E' vero che la commissione istituita dalla Moratti proveniva in maggioranza dal centro-sinistra?
C'era chi aveva studiato a Mosca e chi nel mondo anglosassone, c'era il più diretto collaboratore di Berlinguer e c'era un membro della commissione scuola del Ppi. Ma il problema non va posto in termini politici. L'Ocse, che conta 26 paesi, colloca oggi la scuola italiana tra il 20° e 23° posto.
Rimettere mano alla riforma è urgente.
E' risolvibile il nodo della scuola privata, vista l'opposizione massiccia degli studenti statali?
Non so se a breve. So, però, che la legge 62/2000 assimila sotto la dizione di scuole paritarie le scuole statali e non statali (comunali, di enti e privati) con determinati requisiti. E che il nuovo Titolo V della Costituzione supera il concetto della scuola di stato perché assegna tutte le scuole alla legislazione concorrente o esclusiva delle Regioni. Così, i cavalieri senza macchia e senza paura della scuola statale rischiano di voler difendere un castello che la Costituzione votata dall'Ulivo nella scorsa legislatura aveva già espugnato.
Alessandra Nucci

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Su La Stampa un articolo riporta gli interventi all'assemblea dei DS, compresi quelli di Berlinguer e di D'Alema. Ad alcuni di noi non sembra il caso di difendere a spada tratta Berlinguer e la sua riforma...

D´Alema: il Polo intimidisce i prof «Sulla scuola dialogo con i no global ma senza accodarsi»


ROMA

«Nella sfida con la riforma Moratti, noi dobbiamo tornare in Parlamento con una proposta ampia, dell'Ulivo, che sia costruita nel dialogo con il movimento degli insegnanti, degli studenti, delle famiglie», una proposta che contrasti la filosofia educativa della destra, la quale «riduce la funzione educativa», rende la scuola «ancella del sistema produttivo» e la priva della caratteristica di essere «promotrice di opportunità, emancipazione e libertà».
Quando parla Massimo D´Alema, sono quasi le sette di sera al cinema Royal dove si tiene l´assemblea dei Ds sull´istruzione. I lavori sono stati anche interrotti per un guasto agli impianti di amplificazione e c´era stato un attimo di sbandamento. Poi gli studenti hanno cominciato a parlare senza microfono, ma con interventi appassionati, asciutti, efficaci, che facevano seguito a quello dell´ex ministro Luigi Berlinguer, di alta efficacia oratoria. L´assemblea era dunque calda quando il presidente del partito ha lanciato la bordata finale contro la riforma Moratti e ha confermato la «controproposta» dell´Ulivo annunciata da Berlinguer e approfondita da De Mauro. Che cosa vogliono dunque i diessini? Un disegno di legge che, partendo dai risultati della legge 30 (la riforma della scuola dell´Ulivo), configuri in maniera organica una nuova riforma della scuola i cui punti fermi sono proprio quelli che - secondo i proponenti - la linea Moratti trascurerebbe: l´obbligo scolastico da non diluire in quello formativo (più generico), la formazione continua («long life learning»), la libertà di insegnamento minata oggi da iniziative intimidatorie di singoli deputati, l´innalzamento della qualità dell´istruzione senza cedimenti restrittivi ai regionalismi («la Costituzione vieta la scuola padana» ha ammonito Berlinguer).
Ma questo sarà solo il risvolto parlamentare di una battaglia che i Ds hanno annunciato come già iniziata dalla base degli studenti (Sinistra giovanile, Studenti.net, Unione degli studenti) e degli insegnanti. Luigi Berlinguer, principale vittima della «damnatio memoriae» decretata dalla Moratti, ha tenuto anche una requisitoria durissima contro chi gli è succeduto: gli uomini del centrodestra «hanno la faccia tosta e la capacità di vendere acquisizioni altrui» ha lamentato, invece l'autonomia scolastica, le nuove tecnologie nella scuola, il potenziamento della seconda lingua, l´obbligo formativo a 18 anni sono tutte conquiste del centrosinistra che il nuovo governo si attribuirebbe. Ha poi criticato le commissioni d´esame costituite solo da interni e che dequalificano l´esame stesso, il taglio dei finanziamenti in Finanziaria, il buono scuola, il sistema di valutazione smantellato negli uomini e nelle procedure, l´introduzione di una cultura manageriale nella scuola sostituendo con consigli di amministrazione gli organi di rappresentanza. Nel suo intervento Massimo D'Alema ha criticato il duplice canale istruzione-formazione, voluto dalla Moratti, ritenendolo portatore di sperequazioni sociali: «Una scuola di serie A e una di serie B, quest´ultima buona, a ogni buon conto, per dirottarci gli immigrati». D´Alema ha criticato l'atteggiamento della maggioranza anche nei confronti del corpo docente: «La destra guarda con ostilità gli insegnanti esercitando una pressione psicologica che in molti casi assomiglia ad una campagna intimidatoria contro quelli definiti sovversivi. Ho visto troppi episodi per pensare che si tratti solo di avvenimenti sporadici: chi distrugge i libri, chi critica i professori che adottano un testo, perfino di Norberto Bobbio, che non è certo un pericoloso anarchico».
Per D'Alema, infine, è importante che il legame tra movimento studentesco e partiti sia vivo e che la politica «si sforzi di tradurlo in proposte». Mentre sul rapporto con i No global ha ribadito: «Non credo che la sinistra debba accodarsi ai No global, però serve un dialogo e la comprensione delle ragioni profonde di questo movimento, dando risposte politiche». Raffaello Masci

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Precisa meglio i termini dell'assemblea dei DS un articolo su Il Manifesto, sia a proposito dell'intervento di D'Alema sia sull'intervento di Berlinguer...

Scuola, D'Alema scopre gli studenti
A Roma un convegno nazionale dei Ds sulla scuola. Annunciata la presentazione di un nuovo disegno di legge
IAIA VANTAGGIATO - ROMA
Catenaccio e contropiede: Massimo D'Alema si esibisce nel più tipico gioco all'italiana con l'abilità consumata del calciatore esperto. E accontenta tutti: allenatore, compagni di squadra, panchine e tifoserie, comprese quelle avverse. "Questa assemblea arriva tardi - esordisce intervenendo al convegno nazionale sulla scuola organizzato ieri, a Roma, dai Ds - perché il movimento degli studenti che in tante parti d'Italia si è sviluppato avrebbe meritato una interlocuzione più sollecita e tempestiva".
L'autocritica è immediata e - per non uscire di metafora - a tutto campo: per vincere non basta difendere ciò che è stato fatto negli anni passati ma riconoscerne il limite. Nel mirino, evidentemente, non c'è solo la scuola ma l'intera politica del centrosinistra segnata da "un riformismo dal basso che non ha mai saputo coinvolgere". Tattica ottima per un normale campionato ma che rischia di rivelarsi insufficiente per il titolo mondiale. E infatti D'Alema si lancia, soddisfatto, all'attacco: noi puntavamo sull'autonomia e siamo stati criticati, chiedevamo buoni scuola per tutti - anche per le private - e siamo stati attaccati. Buoni propositi che gran parte della sinistra non ha mai apprezzato. E allora perché stupirsi del trionfo della scuola-azienda e dello stravolgimento del concetto di parità oggi utilizzato solo come "grimaldello per il finanziamento pubblico della scuola privata"?
Ma polemizzare è inutile, soprattutto di fronte all'entusiasmo di una generazione assai "più viva di quella dei suoi fratelli maggiori": la politica del resto - si lascia andare l'algido D'Alema - "è fatta anche di correnti calde". Una generazione che - nel criticare l'ipotesi di riforma del governo - non si è persa nei meandri tecnici del disegno di legge Moratti ma ha preferito coglierne fino in fondo la filosofia: quella di una scuola ancella del sistema produttivo. Un disegno reazionario e arcaico - denuncia D'Alema - subdolamente pensato per accogliere vecchi poveri e nuovi immigrati: a che altro servirebbero i canali di serie B del nuovo sistema se non per riprodurre fissi ruoli sociali?
Contro la riforma tuona anche l'ex ministro della (fu) pubblica istruzione Luigi Berlinguer: "Un pasticcio firmato Moratti-Berlusconi che di questo governo evidenzia la faccia tosta e la capacità di vendere prodotti altrui". Un pasticcio rivoluzionario, ironizza: si va a scuola sino ai diciotto anni, si può accedere all'università dopo il diploma, si studia - finalmente - l'inglese. Una grande conquista - quest'ultima - del presidente del consiglio che, sincero come sempre, ha più volte dichiarato di non conoscere appieno la lingua dell'Impero e della globalizzazione. Inutile precisazione - puntualizza Berlinguer - considerato l'esito dei suoi incontri internazionali.
E tuttavia ammonisce: "Questa che viene fatta passare come una legge già approvata è solo un progetto di riforma". Firmata Gentile, aggiunge in un sussurro ben studiato che strappa gli applausi alla nutrita platea.
Che non si tratti di un semplice pasticcio ma di un ben preciso progetto di destrutturazione della scuola e, dunque, del sistema pubblico e della società lo precisa Alba Sasso. E lo ribadiscono gli studenti che chiedono chiarezza sulla vicenda dello sciopero del 15 febbraio revocato ieri da tutte e tre le confederazioni in seguito all'accordo sul pubblico impiego raggiunto con il vice-premier Gianfranco Fini.Uno sciopero che tra i Ds passa sotto silenzio. E si spera solo in virtù del guasto incorso - per oltre un'ora - all'amplificazione.Urlato, viceversa, il contropiede: si riparte da qui - ma sotto le fronde dell'Ulivo - per riprendere, in Parlamento, la battaglia contro la destra. E si comincia con la scuola, con la presentazione di un nuovo disegno di legge che rilanci la formazione permanente e il ruolo autonomo delle regioni all'interno di un quadro nazionale unitario. Argine costituzionale alla devolution padana, lo chiama Berlinguer. No all'insegnamento del dialetto del val Brembana, semplifica Mattia Stella, rappresentante degli studenti.
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Da La Tribuna di Treviso il segnale che molti insegnanti nell'incertezza che vive la scuola in questo momento prefersicono andare in pensione...

Raffica di domande al provveditorato, i docenti trevigiani con la valigia sono il doppio dell'anno scorso
Fuga dalla scuola: in pensione
Incertezza e delusione, centinaia di professori se ne vanno
Il sindacato: «La colpa è anche della riforma Moratti. Sarebbero molti di più, li tengono aggrappati al posto i problemi economici»

di Marzia Borghesi
«Au revoir les enfants», titola un noto film di Louis Malle. Per oltre 200 insegnanti, dirigenti e amministrativi della Marca - il doppio rispetto all'anno scorso - questo sarà l'ultimo anno in cattedra. «Troppe incertezze» commentano i sindacati. E dalla scuola si fugge.
Riforme di là da venire, pensioni sempre sul filo della lama: e all'orizzonte tagli di posti e investimenti. Per non parlare degli stipendi, bassi, e delle responsabilità, sempre più alte. Insomma, chi può dalla scuola se ne va. Secondo i sindacati i numeri, nella Marca, sarebbero ancora più alti: a frenare il fiume in piena di chi non ne può più, spesso è il portafogli. Ma anche l'affetto per i ragazzi. Anni e anni di vita quotidiana con bambini e adolescenti, lasciano un segno profondo.
«In questi mesi ho parlato con tanti insegnanti che cercavano di capire se avevano raggiunto le condizioni per la pensione - racconta Elena Galimberti della Cisl scuola - ho colto un senso di malessere generale dovuto al fatto che non si sa bene cosa succederà. Molti, però, erano anche dispiaciuti di dover lasciare i ragazzi». Su un piatto della bilancia le cose buone del fare scuola, sull'altro ben più pesante, gli insegnanti hanno messo l'ennesima riforma della scuola - quella del ministro Moratti - l'ingresso dei piccoli a 5 anni e mezzo, la nuova maturità avvolta nel mistero, il doppio binario professionali-licei che non convince. E i tagli delle cattedre. Un fatto certo che porterà a formare classi più numerose e a far saltare progetti innovativi faticosamente studiati e sperimentati (spesso con ore di lavoro non retribuito).
Dalle scuole della Marca se ne vanno in 208, dicevamo. E solo 10 ogni cento per raggiunti limiti d'età. La fetta più consistente dei futuri pensionati peserà sulle scuole superiori, con 69 insegnanti che vanno via. 46 i prossimi pensionamenti nelle medie, 43 nelle elementari, 42 tra i non docenti (amministrativi, bidelli). Pochi, solo 5, i maestri di scuola materna che lasceranno e 3 i dirigenti, tra presidi e direttori didattici, che con l'estate abbandoneranno la cattedra per sempre.
«La corsa al pensionamento continuerà nei prossimi anni in forma anche maggiore - commenta Benito San Marco, segretario provinciale del sindcato autonomo Snals -. Ci sono insegnanti con ormai 35 anni di servizio, che si chiedono con timore in che tipo di realtà dovranno, o avrebbero dovuto, operare. Se poi aggiungiamo che le prospettive contrattuali non sono rosee e che si contava su maggiori investimenti, ecco che si comprende il perché della fuga».
Alla fine degli anni'90, le molte ipotesi di riforma delle pensioni avevano aperto, nel momdo della scuola, una clamorosa emorragia di lavoratori. Da allora lo stillicidio non si è più fermato. E da quest'anno le cifre stanno tornando a salire: tanto che i pensionamenti previsti per il prossimo settembre raddopiano il dato dello scorso anno. «Bisogna dire che tanti vorrebbero andarsene, ma restano per problemi economici. Perché hanno ancora bisogno di prendere lo stipendio pieno - conclude Galimberti -. La scuola chiede tanto, ma con certi stipendi non ci si arricchisce certo».

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Dal Piccolo di Trieste la posizione del segretario provinciale dello SNALS. Ricordiamo che lo SNALS ha proclamato lo sciopero del comparto scuola per il 15 febbraio...

Venerdì prossimo lo sciopero nazionale
Lo Snals lancia l’allarme:
«Con la riforma Moratti
in pericolo la scuola statale»


«Con queste azioni governative la scuola statale è in pericolo. Perché non solo non ci sono prospettive per un miglioramento della qualità del servizio, ma si intravede un disimpegno finalizzato ad alimentare ”mercati” concorrenziali».
Così, Giuseppe Ughi, segretario Snals e membro del comitato centrale, ha fotografato ieri mattina nell’assemblea svoltasi nell’aula magna del liceo classico Dante, la situazione per il personale della scuola dopo il protocollo d’intesa siglato da Cgil-Cisl-Uil con il governo. E il grido d’allarme del Sindacato nazionale autonomo dei lavoratori scuola si concretizzerà il 15 febbraio con lo sciopero nazionale. I motivi di preoccupazione sono molteplici, secondo lo Snals: innanzitutto, il sindacato considera irrisorio l’incremento economico aggiunto a quanto già previsto nella Finanziaria 2002 e che comunque sarà disponibile appena dal 2003.
Inoltre: il finanziamento pluriennale di investimenti per la scuola (9,81 miliardi di euro) ipotizzato dal ministro dell’Istruzione Moratti non è garantito. Non è esclusa poi l’esternalizzazione dei servizi scolastici che andrebbe a colpire il personale Ata ed è in pericolo pure la stabilità degli organici dei docenti, con il taglio di 8500 posti per il prossimo anno scolastico (1000 nel Friuli-Venezia Giulia, per Trieste 9 alle elementari, 8 alle medie, 21 alle superiori). Infine, la non definita devoluzione di competenze alle Regioni potrebbe mettere a rischio non solo gli attuali istituti tecnici professionali, ma ipotizza la gestione di tutto il personale scolastico di ogni ordine e grado da parte delle regioni.
«Siamo molto perplessi riguardo la riforma della scuola – ha commentato il professor Giuseppe Ughi – e contrari alla delega data solamente al governo su una materia che interessa tutto il Paese. È in parlamento che deve avvenire il dibattito e da quella sede deve uscire la riforma. Un altro problema è poi rappresentato dalla delega sul sistema previdenziale, che non può essere garantita soltanto al settore privato, ma è necessaria un’estensione anche al pubblico impiego».
E il segretario provinciale dello Snals ha puntato il dito pure sul taglio dei docenti: «Per fare questo calcolo sono stati usati degli indicatori socio-economici – ha spiegato Ughi – che causeranno una riduzione dei posti e il conseguente aumento del precariato, perché non saranno più bandìti concorsi ed entrerà in vigore la formazione post laurea per gli insegnanti. Con questo sistema i precari diventeranno docenti a 40 anni».
Marzio Krizman

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Echi dal congresso della CGIL a Rimini su Il Manifesto, che riporta brani sia di Pani che Beniamino Lami sul problema della scuola. La domanda di lotta dei lavoratori della scuola sta aumentando malgrado la promessa di aumenti salariali. Infatti non è questo il problema principale oggi, viene per esempio citato l'articolo 18...

SCUOLA E FUNZIONE PUBBLICA
Voglia di lottare. Anche per l'articolo 18
Una poltrona lasciata vuota al congresso di Rimini: "Meglio il movimento no global della concertazione...". Il segretario del Prc: "Cofferati non cambia rotta"
PAOLO ANDRUCCIOLI - INVIATO A RIMINI
"I lavoratori pubblici non smobilitano. Anzi noi siamo pronti a continuare la lotta fino e oltre lo sciopero generale". Così ha detto ieri, durante il suo intervento al congresso della Cgil, il segretario generale della funzione pubblica, Laimer Armuzzi, rispondendo a una domanda posta all'indomani dell'accordo sul pubblico impiego. Si era pensato cioè che una volta trovati i soldi (artefice massimo Gianfranco Fini) per i pubblici, scuola compresa, la Cgil avrebbe perso il grosso delle truppe. Possibile che gli impiegati pubblici scendano in piazza solo per difendere l'articolo 18 degli operai? Sì, è la risposta che viene da Rimini.
I lavoratori pubblici - spiega Armuzzi - scenderanno in piazza perché hanno capito che se si ledono i diritti dei privati si riducono i diritti di tutti. E perché sono rimaste in piedi le deleghe sul fisco e sulla previdenza e i processi di privatizzazione ed esternalizzazione, problemi specifici del settore pubblico. E se la Cgil sarà costretta a continuare da sola la battaglia contro le deleghe, nelle prossime mobilitazioni si vedranno in piazza anche molti delegati e molte strutture di Cisl e Uil. Il discorso non sembra forzato. Anzi, parlando con i delegati delle varie categorie si percepisce un clima combattivo che va oltre le dichiarazioni dei dirigenti nazionali. Lo sciopero del pubblico impiego e la manifestazione del 15 a Roma sono state annullate dopo la firma dell'accordo di palazzo Chigi. I cobas della scuola e tutto il mondo extraconfederale hanno invece confermato la loro manifestazione per lo stesso giorno. Ma tra i delegati, i sindacalisti, i lavoratori Cgil cresce la voglia di scendere in piazza nonostante l'accordo. C'è una grande domanda di iniziativa politica. Come risponderà la Cgil?
"Con l'accordo per il pubblico impiego - spiega Gian Paolo Patta, leader della minoranza interna "Lavoro società- Cambiare rotta" e autore con Epifani dell'accordo con Fini - abbiamo stabilito solo la cornice, una pre-intesa. Ora i contratti pubblici si dovranno fare. Per questo è giusto continuare la mobilitazione che si collega alla battaglia contro le deleghe del governo". Patta era intervenuto al congresso con le stesse argomentazioni con un lungo intervento di circa mezz'ora in cui ha spiegato il grande valore dell'unità sindacale. Ma ora il problema è dare una risposta alla voglia di continuare. E Patta ha voluto essere molto chiaro, rilanciando la proposta dello sciopero generale. Cisl e Uil dovranno essere convinte, altrimenti spetterà alla Cgil.
Tra i sindacalisti della scuola e del pubblico impiego si sentono discorsi analoghi. "I lavoratori pubblici vogliono continuare la battaglia - dice Paola Agnello Modica, di "Lavoro società" della funzione pubblica - l'articolo 18 riguarda anche noi. Nella delega ci sono norme sull'arbitrato che potrebbero essere pagate proprio dai dipendenti pubblici. E ci sono posti dell'amministrazione - i piccoli comuni per esempio - in cui, essendoci meno di 15 dipendenti il sindacato ha ottenuto l'applicazione dell'articolo 18. Con la delega del governo tutto questo verrebbe cancellato". Un altro rappresentante della minoranza Cgil, del sindacato della scuola, Beniamino Lami, conferma la forte domanda di mobilitazione nella scuola. "Da quando abbiamo firmato l'accordo per il pubblico impiego - dice - riceviamo fax e richieste di continuare le lotte, nonostante l'annullamento della manifestazione del 15 febbraio. Dobbiamo rispondere a questa domanda". Un modo, ci dice Enrico Panini, segretario nazionale della Cgil scuola, potrebbe essere rilanciare un appuntamento che anche Cisl e Uil hanno sottoscritto. All'indomani dell'accordo con il governo, Cgil, Cisl e Uil della scuola hanno dato indicazione a tutti di partecipare a una manifestazione contro la riforma Moratti e le questioni aperte della scuola. C'è già una data: la prima settimana di marzo. Cisl e Uil, in questo caso, non hanno revocato nulla. L'occasione per ricucire?
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Riportiamo qui, perché interessa ovviamente anche il mondo della scuola, anche se non si parla solo di scuola, alcuni stralci dell'intervento conclusivo di Cofferati al cogresso di Rimini
Dal Corriere della Sera:
Cofferati: «Non ci sono alternative». Poi attacca il Governo
Cgil: sciopero generale anche da soli
Chiuso il congresso di Rimini. Angeletti: sarebbe inefficace. Pezzotta: non seguiremo il segretario in un'avventura
RIMINI - «Non ci sono alternative allo sciopero generale». Lo ha detto il leader della Cgil, Sergio Cofferati, nel suo intervento conclusivo al congresso nazionale della Cgil. «Se ci sono alternative per raggiungere i nostri obiettivi - ha detto Cofferati rivolto a Cisl e Uil - ditecelo. Ma io, francamente non le ho colte».
SCIOPERO ANCHE DA SOLI - E nel documento finale del congresso, la Cgil non esclude la proclamazione dello sciopero generale contro le deleghe del governo anche da sola. «La Cgil - si legge nel documento - propone a Cisl e Uil di realizzare un programma di iniziative e di lotte sindacali, sino alla proclamazione dello sciopero generale, per conquistare quegli obiettivi di fondo sui quali milioni di lavoratrici e lavoratori italiani si sono mobilitati in queste settimane». «La Cgil è pienamente consapevole del valore e della forza che deriva dall'azione unitaria del sindacato - prosegue il documento - e lavorerà per confermare e rafforzare questa condizione. La Cgil è consapevole, non di meno, che sono in gioco i diritti fondamentali individuali e collettivi dei lavoratori e, con essi, l'effettiva possibilità che questi vengano esercitati con efficacia tramite i loro sindacati. Per questa ragione - conclude il documento - la Cgil non può che esercitare la propria autonomia di giudizio e di azione per realizzare quei cambiamenti irrinunciabili dei provvedimenti del Governo».

REPLICHE DI CISL E UIL - Alle parole di Cofferati, aveva immediatamento replicato Luigi Angeletti, segretario generale della Uil: «Mi sembra paradossale - commenta Angeletti - che invece di discutere dei nostri obiettivi, si discuta se fare o meno lo sciopero generale». A suo giudizio, «l'80% dei cittadini e il 100% di coloro che oggi analizza questa situazione, percepisce che lo sciopero generale non farebbe cambiare idea al Governo». Sullo sciopero generale, Savino Pezzotta ha detto che la Cisl «non seguirà Cofferati in una avventura che è tutta interna ad un dibattito puramente politico. Non accettiamo che ci sia qualcuno che dubiti della nostra buona fede: è offensivo, e con questi toni non si va molto lontano». Pezzotta ha poi rincarato la dose: «C'è qualcuno che ha un collateralismo che ha superato l' incompatibilità tra cariche sindacali e cariche politiche. Cosa che la Cisl non ha fatto e non farà». Un Cofferati «troppo politico?», chiede un cronista: «Un Cofferati che fa solo politica», risponde Pezzotta.
«COME LA THATCHER» - Parlando del Governo, Cofferati lo ha definito «non meno distruttivo di quello della Thatcher». «Abbiamo bisogno di un Paese coerente con l'Europa - ha detto Cofferati - e questa resta una questione irrisolta dal Governo di centrodestra, che con i suoi comportamenti imita e scimmiotta i comportamenti degli altri. Usa la filantropia per tenere insieme la sua idea di neoliberismo e populismo». Ha poi attaccato il ministro del Welfare Roberto Maroni e il suo documento che delinea il progetto di riforma del mercato del lavoro: «Libro bianco? L'unico Libro bianco che riconosco è quello di Jacques Delors. L'altro è un libro di colore limaccioso». Sulla scuola, il segretario della Cgil ha detto che l'attenzione e l'eventuale mobilitazione non si fermerà.

PALACONGRESSI APERTO - Cofferati ha parlato davanti a circa 10.000 persone, riunite per il quattordicesimo Congresso nazionale della Cgil. Il discorso di Cofferati, un vero e proprio comizio, si è svolto al termine del dibattito congressuale, dopo che le porte del Palacongressi di Rimini erano state aperte al popolo cigiellino, e il congresso si era trasformato in una manifestazione pubblica. Una conclusione irrituale, inedita, voluta da Sergio Cofferati - spiegano gli organizzatori - in questo delicato momento dei rapporti col Governo e con Cisl e Uil, per far arrivare il messaggio della più grande confederazione sindacale italiana non solo agli iscritti, ma anche all'esterno.

RIELEZIONE - Sergio Cofferati ha poi annunciato il suo addio alla Cgil. Per farlo ha parafrasato i versi del poeta del novecento Mario Luzi: «A voi che siete l'acqua tersa di questo fiume auguro buon viaggio». Il suo «viaggio» che - ha detto - «è una metafora anche della vita di un'organizzazione sindacale», sta finendo. Cofferati sarà confermato segretario generale nelle prossime ore; poi a giugno, dopo gli otto anni del mandato, si dimetterà.
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