10 January, 2002

Un articolo sull'espresso di questa settimana fa vedere le diverse critiche alla riforma "Moratti" da diverse fonti, da AN, FI fino ai settori di sinistra fra gli studenti...


Scuola
Cara Moratti, ora parliamo noi
Il ministro è riuscito a scontentare tutti gli studenti: da destra a sinistra. Ecco perché

di Elisa Manacorda

Spenti i riflettori, chiuso il collegamento con la regia, finita la diretta via satellite con le scuole italiane, scomparso il bravo presentatore, smantellato lo studio in stile "C'è posta per te", gli Stati generali di Letizia Moratti lasciano a tutti il sapore di una beffa. Una ministra così ecumenica, così materna, così pronta a dar ragione a tutti e a nessuno, non si vedeva da tempo. Tanto che persino uno studente-contestatore, alla fine, è sbottato: questo non è un ministro, è una torta alla panna. E però, materna o no, con la sua riforma la Moratti ha scontentato tutti. Gli insegnanti, in primis: per loro niente aumenti in Finanziaria, poca attenzione all'aspetto formativo e una ventilata riduzione - da cinque a quattro anni - delle superiori. Scontenti anche i genitori, che non apprezzano la riforma degli Organi collegiali e la netta diminuzione della rappresentanza delle famiglie nell'organo di governo della scuola. Persino i rettori hanno qualche lamentela: non condividono l'eccessiva separazione tra formazione professionale e universitaria. E gli studenti? Da destra e da sinistra, sparano a zero. E avanzano delle proposte sulla scuola che vorrebbero. Eccole.

Giorgia Meloni

Azione studentesca (vicini ad An)

La scuola che vogliamo deve valorizzare il ruolo della famiglia e degli studenti nella gestione della vita scolastica. Per questo non ci piace affatto l'idea di un "Consiglio di amministrazione" nel quale non ci sia spazio per i rappresentanti dei ragazzi. E non ci piace nemmeno il ritorno del voto in condotta: la scuola deve essere attenta alla crescita umana dei giovani, ma senza strumenti repressivi. E dunque chiediamo la riforma dei Centri di informazione e consulenza, luoghi di prevenzione della devianza nelle scuole, che lavorino insieme con le comunità terapeutiche. Di questa riforma apprezziamo la stretta relazione tra scuola e mondo del lavoro. Ma attenzione a non creare figure professionali senza basi culturali.

Simone Paini

Alternativa studentesca (vicini a F I)

Libertà e futuro: questo è il nostro slogan. Ognuno deve poter scegliere la scuola che preferisce, anche quella non statale, in base ai programmi, che in parte possono essere diversi da quelli nazionali. Questo deve avvenire attraverso l'aiuto economico alle famiglie (il cosiddetto "buono scuola" già introdotto in alcune regioni), oppure con il finanziamento delle scuole a seconda del numero degli iscritti, perché la concorrenza non può che migliorare l'offerta educativa. Ridurre a quattro anni il percorso della secondaria, invece, non ci convince. Per non essere svantaggiati nei confronti degli altri paesi europei, si potrebbe valutare l'ipotesi di un ingresso nella scuola a cinque anni.

Lorenzo Fontolan

Liste per la libertà nella scuola - Libas (area liberale - cattolica)

La riforma parla di centralità della persona e non dell'apprendimento, e questo ci sta bene. Ma c'è poca attenzione alla riqualificazione del lavoro dei docenti: non vorremmo che la prevista formazione unitaria degli insegnanti, dalla scuola materna alle superiori, si appiattisse sul livello più basso. È giusto dare la possibilità di scegliere tra un canale liceale e uno professionale, ma attenzione a non considerare quest'ultimo di serie B. L'ingresso delle Regioni nella definizione dei programmi scolastici ci sembra un rischio, lo Stato in questo senso deve sempre avere un ruolo centrale. Meglio allora lasciare autonomia alle singole scuole, più radicate nel territorio locale.

Giovanni Ricco

Unione degli Studenti (area Ds - Cgil))

Mi sembra una pessima riforma, perché divide gli studenti in due gruppi: quelli che ce la fanno per nascita - e che sceglieranno la strada del liceo - e quelli che non ce la faranno mai, costretti a scegliere la strada professionale. Invece anche i licei dovrebbero essere contaminati dalla cultura del lavoro, e viceversa. Non solo: la Moratti vuole trasformare la scuola in un ente che certifica la preparazione degli studenti, invece di gestirla. La vera istruzione si farà fuori, nella miriade di scuole private. Anche il ritorno del voto in condotta non è accettabile: propone un modello autoritario di scuola contrario a tutte le lotte del movimento degli studenti di questi ultimi anni. Diciamo no anche alla riforma degli organi collegiali e all'idea del "Consiglio di amministrazione" con tecnici scelti dall'esterno.

Mattia Stella

Consulta degli Studenti di Roma

Vorremmo una scuola libera, pubblica e laica, solidale e inclusiva, che non divida tra l'élite pensante e la forza lavoro, tra chi è adatto allo studio e chi alla manualità. Invece questa è una riforma che ridimensiona il progetto di scuola statale, che crea gerarchie tra gli studenti, che non valorizza il lavoro degli insegnanti, che stravolge la funzione degli organi di autogoverno della scuola e li sostituisce con dei "Consigli di amministrazione". Vorremmo una scuola che trasmetta curiosità nei confronti del mondo, invece in questo progetto c'è solo l'attenzione a sfornare forza-lavoro per compiacere Confindustria.
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Dal corriere della Sera un articolo sulla "arretratezza italiana" per quanto riguarda la dotazione di computer nella scuola. Questo è vero, ma un "multimediale" come me vi ricorda che il computer non risolve il problema della didattica o dell'organizzazione del lavoro. Non risolve il problema della dispersione ecc. Ben vengano i computer dunque, ma attenzione all'uso massiccio della multimedialità: ne stiamo già scontando le conseguenze su altri piani...

Il 98 per cento degli istituti non è cablato. Per colmare il gap serve un miliardo e mezzo di euro

Web a scuola, Italia ultima in Europa

Uno studio sulla multimedialità didattica rivela: mancano almeno 190 mila computer


L'Italia rischia di uscire dall'Europa nella corsa alle tecnologie didattiche. I dati sono disarmanti: nelle scuole italiane mancano almeno 190 mila personal computer, il 98% degli istituti deve essere ancora cablato, in oltre metà delle scuole l'infrastruttura di rete manca completamente o è insufficiente e, come se non bastasse, soltanto il 44% ha i computer collegati in rete. Per azzerare i gap hi-tech occorrono almeno tremila miliardi di lire (più o meno 1 miliardo e mezzo di euro) da spendere in tre anni.

LO STUDIO - Il desolante panorama hi-tech arriva da uno studio per monitorare la situazione della multimedialità in Italia, commissionato alla Between (società di consulenza per le telecomunicazioni) da «ReMida 21», progetto pilota realizzato da «Milano per la multimedialità» e promosso dalla direzione regionale del ministero della Pubblica Istruzione, dal Comune e dalla Provincia di Milano nonché dalla Regione Lombardia.
Nella sua indagine, Between ha analizzato un campione di scuole (elementari, medie e superiori) e ha messo a confronto la situazione con «eUrope», il piano sull'alfabetizzazione informatica varato nel marzo 2000 dal Consiglio europeo.
Le direttive europee prevedono infatti di raggiungere entro il 2004 alcuni obiettivi: entro la fine di quest'anno, per esempio, sarebbero da attrezzare tutte le scuole di personal computer multimediali e di connessioni a Internet. Nel 2002, poi, dovrebbero essere garantiti un accesso alla Rete in tutte le classi, la formazione degli insegnanti e l'alfabetizzare tecnologica degli studenti perché siano in grado di utilizzare le tecnologie didattiche. Ben più ambizioso l'obiettivo da raggiungere entro il 2004: quello di avere in tutte le scuole europee un rapporto studenti-computer (collegati in rete) di uno a cinque. Un computer, cioè, ogni cinque studenti (nel caso migliore) o, male che vada, uno ogni 10-15 allievi.


CONFRONTI - Alcuni dei Paesi europei considerano questi obiettivi non troppo ambiziosi: per esempio quelli scandinavi. In Norvegia e Danimarca, infatti, il computer su ogni banco di scuola è già da tempo una realtà.
In Italia, invece, nonostante i mille miliardi (circa 500 milioni di euro) spesi dal piano Berlinguer siamo ancora molto indietro. A prima vista i dati sembrerebbero buoni e, nelle cifre messe a confronto con altre realtà europee, l'Italia parrebbe tra i Paesi migliori a livello hi-tech. In realtà la situazione è diversa: pochissimi computer sono utilizzati in rete per la didattica e spesso il computer in classe non entra nemmeno, relegato com'è in aule multimediali non troppo frequentate.


STANDARD MINIMI - «I 190 mila computer che mancano in Italia fanno riferimento allo standard di dotazione minima previsto dal piano eEurope - spiega Francois de Brabant, amministratore delegato di Between -, perché per raggiungere la quota ideale ne servirebbero almeno un milione. Oggi nelle scuole italiane ci sono invece 256 mila pc per uso didattico, un dato ancora troppo lontano. Solo il 2% delle scuole sono state cablate, il 54% non ha una rete locale o il collegamento è insufficiente e il 44% ha una rete locale (ma solo nelle aule multimediali). Pochissimi, poi, i pc presenti in classe»".
Il Pc in aula - che per alcuni pedagogisti ed esperti di tecnologie dell'educazione è il motore principale per un insegnamento orientato alla multimedialità - non solo non è la norma, ma è un'eccezione. Lo conferma un dato: soltanto il 3% delle scuole ha deciso di spendere i mille miliardi (500 milioni di euro) del piano Berlinguer (1997-2000) per acquistare un computer da utilizzare in aula durante le normali lezioni. Molte invece le aule attrezzate con aule multimedialità che però spesso sono poco utilizzate e soprattutto non sono cablate e i pochi accessi a Internet sono a banda stretta, lenti e dunque inadatti per impostare lezioni multimediali.


INVESTIRE - Dunque l'Italia è indietro. Però gli esperti assicurano: non ha ancora perso il treno della multimedialità a scuola, a condizione che si facciano investimenti immediati e «pesanti», almeno tre volte superiori al «super piano» varato nel 1999.
Between ha elaborato una serie di proiezioni. La prima fa riferimento agli investimenti ottimali: in tre anni si dovrebbero spendere 3 mila miliardi (un miliardo e mezzo di euro).

L'investimento reale invece è più ridotto: pari a poco più di duemila miliardi (poco più di un miliardo di euro). Per quanto riguarda i costi di gestione delle infrastrutture hi-tech ogni anno si dovrebbero spendere circa 400 miliardi (circa 206 milioni di euro).
A queste cifre, poi, andrebbe aggiunto anche l'investimento per acquistare un pc portatile per ogni docente (un provvedimento annunciato dal ministro Moratti) che costerebbe allo stato 1900 miliardi di lire (un po’ meno di un miliardo di euro). E il tutto, naturalmente, sarebbe da fare in poco tempo.

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Un importante articolo sul Mattino on line mostra le contraddizioni in seno alla maggioranza per quanto riguarda la riforma "Moratti" e sui vari paletti che la maggioranza ha posto alla riforma "MOratti", raccolgiendo una parte delle critiche del movimento...


Pressing della maggioranza sul ministro. Verso una modifica del progetto Bertagna
ELENA ROMANAZZI
I responsabili scuola della maggioranza si sono riuniti ieri al ministero della Pubblica Istruzione con Letizia Moratti e con tutto lo staff al completo per affrontare i nodi della riforma Bertagna. Una riunione fiume dai toni accesi. I quattro rappresentanti delle forze politiche che sostengono il governo - Valditara per An, Mauro per Fi, Fumagalli per la Lega e Brocca per il Ccd-Cdu - hanno ottenuto alcune rassicurazioni: il liceo resterà a cinque anni; la prima elementare comincerà a 5 anni nella scuola pubblica su richiesta dei genitori; le medie avranno una diversa caratterizzazione; il credito di un anno per chi frequenta la materna sparisce. Restano i bienni e il doppio canale.
Nessuna rivoluzione
I quattro responsabili del settore scuola dei partiti della maggioranza hanno seguito con attenzione l’evolversi della discussione sulla riforma dei cicli. E due giorni fa, prima di incontrarsi con il ministro della Pubblica Istruzione, hanno delineato quali a loro avviso devono essere i punti da salvare della proposta Bertagna e su quali l’appoggio sarà pieno. Il vertice a quattro si è tenuto a Milano: su una questione c’è stata una piena sintonia su un punto in particolare che nessuno vuole una vera rivoluzione della scuola perché - è filtrato dal prevertice - ci sono degli aspetti dell’attuale istruzione che vanno salvati e potenziati, altri invece che devono essere modificati.
I paletti della maggioranza
La durata attuale dei licei non si deve toccare. È questo uno dei paletti posti nel corso del vertice che si è tenuto fino a tarda sera al ministero della Pubblica Istruzione. E anche se l’indicazione che viene dall’Europa è quella di finire il percorso d’istruzione un anno prima, a diciotto anni, come indicato nella riforma Bertagna, ci sono comunque delle eccezioni in altri Paesi dell’Ue. Quattro i licei che devono essere tenuti in considerazione: il classico, lo scientifico, l’artistico e il tecnologico. Quest’ultimo deve essere caratterizzato da degli stage aziendali e deve avere per chi prosegue gli studi un forte aggancio con il mondo universitario. Secondo paletto i bienni. La divisione fatta dalla commissione non piace. Ma il ministro sarebbe stato irremovibile sul mantenimento del biennio, garantendo però un potenziamento della scuola media, richiesta, questa, fatta espressamente dai responsabili del settore dei partiti della maggioranza. Terzo: la riduzione a 25 ore dell’orario scolastico, rimandando alcune discipline ai laboratori pomeridiani, creerebbe confusione. Su un punto c’è stato pieno accordo, quello del doppio canale per la scuola secondaria di II grado, che contempla la formazione professionale gestita dalle Regioni.
I tempi
Una riforma così snella rispetto a quella presentata dal comitato ristretto presieduto dal pedagogista Giuseppe Bertagna, potrebbe partire già dal prossimo anno scolastico, sempre che si arrivi alla stesura di un disegno di legge che soddisfi tutte le parti così da evitare un muro di sbarramento nel passaggio parlamentare. Il ministro della Pubblica Istruzione già nel giorno conclusivo degli Stati generali aveva fissato la data di settembre come partenza della rivoluzione ed aveva avuto alla proposta l’appoggio pieno del presidente del Consiglio.
Le scadenze
La partita per il rinnovo del contratto dei docenti si deve ancora aprire e i sindacati già sono pronti a dare battaglia. All’Aran intanto si cerca di chiudere in maniera definitiva il contratto dei presidi. I sindacati sono stati convocati per domani. I Confedarali hanno già proclamato lo sciopero per l’11 gennaio e Fedele Ricciato dello Snals ha comunicato ieri che, qualora la convocazione non porti alla chiusura del contratto dei dirigenti, si associerà allo sciopero.
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Un altro articolo, sempre sulla stessa edizione del Mattino on line, ribadisce invece le vecchie posizioni sulla riforma:

LA RIFORMA PROPOSTA DALLA COMMISSIONE BERTAGNA
La vera rivoluzione riguarda i licei
Sono questi i punti principali della riforma della scuola proposta dalla commissione presieduta da Giuseppe Bertagna. Linee di una riforma voluta con forza dal ministro Letizia Moratti, resasi necessaria dopo aver bloccato l’entrata in vigore dei cicli scolastici di Berlinguer, che sarebbero dovuti partire proprio nell’attuale anno scolastico. Questi i punti cardine messi in discussione agli Stati generali della scuola convocati lo scorso 19 dicembre.
Scuola dell’infanzia. Bertagna ha indicato come una delle priorità la valorizzazione della materna. Quest’ultima pur rimanendo facoltativa, avrebbe dovuto consentire il credito formativo di un anno per chi avesse frequentato l’asilo. L’idea è del tutto tramontata.
Elementari e medie. A differenza della riforma dei cicli firmata da Berlinguer, elementari e medie restano nettamente separate, esattamente come è adesso. Quindi cinque anni di elementari e tre di medie. Malgrado la distinzione la riforma proposta da Bertagna ha diviso gli anni in bienni, con uno stretto aggancio tra quinta elementare e prima media. La divisione in bienni è stata bocciata perché ricorda vagamente il ciclo di sette anni proposto da Berlinguer.
La secondaria superiore. La vera rivoluzione sta proprio nella scuola superiore di II grado. Per la prima volta da un canale unico di istruzione si passa ad un doppio canale: istruzione e formazione. Il primo riguarda gli attuali licei che resterebbero tali, tranne per la durata, dagli attuali 5 anni a 4 anni. Il secondo, invece, va a portare gli attuali istituti professionali sotto il controllo delle regioni che gesticono i corsi di formazione. Anche in questo caso la durata è di quattro anni. E la scelta tra il canale di istruzione e quello di formazione (denominato scuola-lavoro) deve essere fatta a 14 anni, prevedendo però la possibilità di passare da un canale all’altro in qualsiasi momento.
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Articolo dalla Nuova Sardegna che puntualizza una volta di più le scadenze di lotta...

La linea dura dei sindacati
Gennaio di fuoco
per la scuola:
scioperi anti Moratti


CAGLIARI. Tutti in classe, in vista degli scrutini. Ma l'ascia di guerra è stata deposta solo momentaneamente: gli studenti delle superiori già parlano di manifestazioni e iniziative di protesta. E a loro si uniscono professori e presidi, pronti a scendere in piazza contro la riforma della scuola targata Moratti. Riforma che non piace a nessuno, come è stato detto più volte anche nella riunione romana degli "Stati generali". Il pianeta della scula è in fermento e la città continua ad essere una punta di diamente nella protesta, anche perché gli studenti del Pacinotti sono stati tra i pochi in Italia a occupare nei giorni di vacanza: una prova di maturità accolta con entusiasmo dal coordinamento nazionale studentesco. Per venerdì Cgil, Cisl e Uil hanno indetto uno sciopero dei dirigenti scolastici per il rinnovo del contratto. Il 30 gennaio, si svolgerà un altro sciopero dei presidi, indetto dall'Anp e sempre per la fine del mese è prevista un'assemblea nazionale degli studenti a Roma.
Il 15 febbraio poi, i sindacati confederali hanno proclamato uno sciopero nazionale della scuola per protestare contro gli stanziamenti della Finanziaria ed i progetti di riforma del ministro, ma non è escluso che un altro sciopero unitario possa tenersi prima di quella data.
L'Unicobas si riunirà il 13 e i Cobas parlano di uno sciopero a febbraio, mentre la Uil scuola, si dice preoccupata per il nuovo valzer di supplenti che partirà dal 10 gennaio con la pubblicazione delle graduatorie permanente. Mentre i professori hanno deciso le prossime mosse: mobilitazioni unitarie di tutti i sindacati, commissioni di lavoro per continuare la lotta.
Tra gli studenti l'orientamento che sembra prevalere è favorire eventuali autogestioni ed assemblee nel pomeriggio.

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Importante articolo della Nazione sulla riunione tenutasi tra i responsabili dei partitit della maggioranza e il ministro Moratti. Emerge un passo indietro su tutto fuorchè la scelta tra formazione professionale e licei precoce, cioè l'organizzazione di una scuola di classe... Quasi inevitabile il rientro degli insegnanti di educazione fisica. Quindi salvo la dicotomia anticipata tra chi deve andare a lavorare e chi invece prosegue gli studi la riforma Bertagna viene cancellata...

Piano Moratti da rifare


ROMA — Piano Bertagna tutto da rifare o quasi. Vertice di fuoco, ieri pomeriggio, al ministero dell'Istruzione tra i responsabili del settore scuola dei partiti di maggioranza e il ministro Letizia Moratti. Della riforma fin qui ipotizzata, in sostanza, resterebbe qualcosa ma non certo l'impianto generale. Perché il lungo vertice di ieri, che ha conosciuto diversi momenti di tensione secondo indiscrezioni filtrate da viale Trastevere, ha rimesso in gioco parecchi punti del progetto.
Dall'ipotesi di riforma, infatti, salta il passaggio sulla riduzione a 25 ore di lezione settimanali, così come viene cancellata l'idea di ridurre il liceo a 4 anni dai cinque attuali. Restano, invece, i bienni a collegare elementari e medie che resterebbero, quali sono oggi, di cinque e tre anni ma scandite da questo iter di due anni con verifiche.
Su questo punto, secondo le voci, ci sarebbero stati gli scontri più duri perché gli esperti dei partiti di maggioranza avrebbero voluto cancellare anche il concetto del biennio, ma il ministro Moratti si sarebbe opposto con decisione.
A fronte di questi dissidi, invece, si sarebbe trovato facilmente l'accordo sul potenziamento di alcuni insegnamenti fondamentali quali la matematica per lo Scientifico e l'italiano per il Classico. E, ancora, rientro in grande stile dell'educazione fisica seppure denominata «educazione sportiva». Altro nodo sul tappeto la rivalutazione della scuola media che andrà riqualificata sia come contenuti sia come finalità.
Alla fine, comunque, del corposo documento messo a punto dalla commissione presieduta dal professor Giuseppe Bertagna e poi presentato agli Stati generali dell'istruzione, insomma, resterebbe poco. Granitica e concorde la visione su un unico punto: la diversificazione dei percorsi alla fine delle medie. Uno di istruzione, attraverso l'iscrizione ai licei, e l'altro di formazione in vista di un possibile sbocco immediato nel mondo del lavoro.
E resterebbe anche la possibilità per lo studente di cambiare idea e passare da un indirizzo all'altro.
Novità emersa dall'incontro, sempre secondo le indiscrezioni, quella di poter accedere alla prima elementare fin dai cinque anni. Si tratta di un'opportunità prevista in alternativa al bonus di un anno dopo tre anni di scuola materna, ma non prevede obblighi per le famiglie. Quindi soltanto una scelta delegata ai genitori se decidono di anticipare i tempi dell'istruzione dei figli. Lo scontro tra i partiti di governo e il ministro è stato duro anche perché le revisioni pretese incidono anche sul fronte risparmi. La ventilata riduzione delle ore di lezione e quella degli anni di liceo avrebbero contratto le spese. Ma restando fermi allo stato attuale, ciò che si pensava di poter racimolare in questa maniera sfugge all'incasso del ministero. E restano ad incombere i rinnovi contrattuali e gli investimenti — tra i 16.000 e i 19.000 miliardi per il prossimo biennio — promessi dal ministro.
Sul fronte docenti, poi, è passato in Finanziaria l'emendamento che prevede l'istituzione di un fondo per le spese di aggiornamento. Altri soldi, quindi, e nessuno dei tagli previsti. Infine sul tappeto c'è il contratto della dirigenza scolastica per il quale i sindacati chiedono, pena lo sciopero, la chiusura immediata.
di Silvia Mastrantonio
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Sul Piccolo di Trieste ancora un articolo di allarme per la validità dell'anno scolastico. Ma a nostro parere una soluzione c'è: il ministero ammetta che ha turbato fortemente l'anno scolastico con scelte a dir poco inopportune e riduca il numero di giorni di lezione, per quest'anno...

ISTRUZIONE Troppi scioperi e giorni di occupazione contro la riforma Moratti: la legge dispone che si completino tutti i 200 giorni di lezione previsti Scuola, rischiano di «saltare» le vacanze pasquali
In molti istituti superiori italiani si rivedrà il calendario, ma intanto sono in arrivo nuove agitazioni


ROMA - Occupazioni e lezioni. Un binomio che in questi giorni crea polemiche negli istituti e acuisce le tensioni in ambito scolastico. Il calendario è disseminato di scioperi, manifestazioni, occupazioni, autogestioni già dall'inizio dell'anno e proprio in questi giorni si stanno intensificando le preoccupazioni in vista dell'agitazione dei dirigenti, ancora senza contratto (proclamata per l'11 gennaio) e a ruota, lo sciopero di tutto il pubblico impiego fissato per il 15 di febbraio.
La protesta contro il ministro della Pubblica istruzione Letizia Moratti non intende spegnersi: vuoi per le insufficienti risorse destinate dalla Legge finanziaria per i rinnovi contrattuali di tutto il personale della scuola; vuoi per la proposta della riforma dei cicli che non piace a studenti e sindacati o, ancora, contro i finanziamenti previsti per il sistema integrato scuola pubblica/privata. Tutto ciò porta gli insegnanti a invadere le piazze italiane e gli studenti a occupare le scuole con la conseguenza che sono già almeno 15 i giorni di mancate lezioni.
Ed è qui il problema. Il Testo unico (D.L.vo n.297 del 16.4.94) art. 74 detta le regole del calendario scolastico per le scuole di ogni ordine e grado.
«L'inizio dell'anno scolastico è fissato al 1.o settembre e termina il 31 agosto. Allo svolgimento delle lezioni sono assegnati almeno 200 giorni». Con il recente regolamento sull'autonomia scolastica, a livello regionale, le direzioni generali scolastiche determinano la data dell'inizio e di conclusione delle lezioni e il calendario delle festività.
È facoltà di ogni istituto articolare poi le lezioni, assicurando il rispetto del patto formativo con le famiglie. Il calendario infatti è di competenza delle scuole. Ma i giorni di lezione devono essere rigorosamente almeno 200: pena la non validità dell'anno scolastico.
Non si ha ancora a livello nazionale una stima esatta delle ore di mancata lezione per cause diverse. In alcune realtà, senza ulteriori interruzioni, alcuni istituti arrivano a 198 giorni. Ora, per come stanno le cose, recuperare pochi giorni è possibile con piccoli interventi, magari annullando qualche gita scolastica. Ma c'è già chi e pronto a ridurre, anche drasticamente, le prossime vacanze pasquali.
E i problemi rischiano di aumentare per il futuro poichè i «venti di guerra» che ridanno fiato alla contestazione annunciano collettivi, scioperi e assemblee. L'allarme di una paralisi è giustificato: è necessario ora trovare il modo per riaprire un dialogo tra il ministro e il mondo della scuola per cercare un accordo e imboccare, insieme, la strada delle riforme.
Dora Riservi

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