iniziamo con un articolo apparso su Liberazione:
Rifondazione: il mondo della scuola scenda in piazza il 23 marzo
Unostracciodidemocrazia
Che. Ant.
Centomila insegnanti in classe con un foulard bianco per contestare la trasformazione
degli organi collegiali in consigli d'amministrazione
Ascuola con un foulard bianco in bella vista. Un insegnante su otto - ossia
almeno centomila in tutta Italia - da ieri, con questo semplice gesto ha voluto
contestare i piani della ministra Moratti per la riforma degli Organi collegiali.
La legge - la cui discussione doveva iniziare proprio ieri ma probabilmente
è destinata a slittare ancora visto che è in coda all'ordine
del giorno - è l'ultimo tassello di una lunga e articolata ristrutturazione
decollata con i governi di centro sinistra e culminata con l'arrivo a viale
Trastevere della contestatissima manager milanese. In breve, il nuovo assetto
gestionale della scuola pubblica vede i docenti in minoranza, i non docenti
addirittura esclusi (anche in previsione di una definitiva esternalizzazione
e precarizzazione delle loro funzioni); manda in soffitta i consigli di classe
e le assemblee di genitori e studenti; sostituisce il comitato di valutazione
- emanazione del collegio docenti - con un nucleo di valutazione coi professori
minoritari e un presidente genitore che dovrebbe decidere perfino l'assunzione
definitiva del personale. E, con tutta la vita scolastica che ruota intorno
a un preside manager e controllore di sé stesso.
I "fazzoletti bianchi", «segno di pace e non violenza ma anche
di chi crede nella scuola di tutti e per tutti», sono nati da un'idea
telematica di alcune riviste web - Fuoriregistro, Proteo fare sapere, Educazione&scuola,
Didaweb - che, a quarantotto ore dal lancio, venerdì scorso, aveva
già raccolto 24mila adesioni elettroniche. «Il ddl stravolge
i principi basilari della democrazia nella scuola - spiegano le riviste promotrici
- rappresenta l'umiliazione dell'autonomia professionale negando le competenze».
Contro la «feudale commistione di poteri» si è schierato
anche il consiglio nazionale dell'Arci preoccupato dalla soppressione di pratiche
elementari di democrazia, le assemblee. Scrive l'Arci: «La nuova legge
determina un arretramento della possibilità di partecipazione e un
attacco al principio della libertà d'insegnamento».
Contrarissimo alla proposta, che circolava nella sostanza, già alla vigilia delle scorse elezioni, il gruppo parlamentare di Rifondazione comunista per il quale la democrazia nella scuola entra nella piattaforma della manifestazione del 23 marzo: «Si configura un'idea aziendalista della scuola - è il commento di Titti De Simone, che segue per il Prc i lavori della commissione scuola di Montecitorio e che, la prossima settimana sarà relatrice di minoranza per una proposta alternativa - il consiglio di scuola è un vero e proprio consiglio di ammministrazione. La maggioranza non ha voluto vagliare le richieste formulate da studenti, insegnanti e personale non docente. Inoltre, la figura del genitore - come garante dell'utenza - porta a pesanti intromissioni nella libertà d'insegnamento».
Una formulazione burocratica, verticistica e autoritaria che lascia esterrefatte tutte le sigle sindacali e, per una volta, vede sullo stesso fronte Cobas e Cgil. «I lavoratori vengono spazzati via dal nuovo "consiglio di scuola" - dice a Liberazione, Piero Bernocchi dei Cobas della scuola - ma questo catastrofico progetto va assolutamente fermato dalla più forte mobilitazione unitaria di lavoratori, studenti, genitori». Pessimo disegno anche per la Cgil-scuola che pure aveva sostenuto i processi di autonomia immaginandone un esito partecipativo: «Con pochi articoli si trasforma la scuola in un'impresa», ha sintetizzato Enrico Panini, chiamando alla lotta quanti credano nel valore dell'istruzione pubblica.
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Proseguiamo con un articolo sul Corriere, a proposito dell'art.18, che è uno dei punti dello sciopero e della manifestazione. Il governo prende, pare, una posizione più dura...e i sindacati pure, compresa la CISL e la UIL....
Sarebbe confermata la sostanza della delega sull'art.18
Riforma del lavoro, la decisione giovedì
Vertice di maggioranza: «vogliamo procedere verso le riforme, con il
massimo consenso». Sindacati: pronti allo scontro
ROMA - Le modifiche all'art. 18 dello statuto dei lavoratori introdotte nella
delega sul mercato del lavoro resteranno, con tutta probabilità, in
piedi. Questo è quanto è emerso dal vertice di maggioranza svoltosi
nella notte a palazzo Grazioli. In pratica, l'art.18 verrebbe modificato per
i lavoratori che emergono dal nero, per quelli il cui contratto a tempo determinato
viene trasformato in contratto a tempo indeterminato e per quelli che vengono
assunti dalle aziende che superano la soglia dei 15 dipendenti. Verrebbe così
riconfermato il testo dell'art. 10 della delega sul mercato del lavoro. La
delega verrebbe però arricchita con nuove norme e misure particolarmente
rivolte al sostegno dei giovani e dell'occupazione nel Mezzogiorno.
APPROFONDIMENTO DI MARONI - L'orientamento della maggioranza sarebbe emerso dopo che il ministro del Welfare, Roberto Maroni, pur non presentando una proposta formale, ha avviato un approfondimento di massima su tutta la materia. Nel corso del vertice sono state confrontate varie ipotesi e soluzioni, e al termine dell'incontro le forze della maggioranza hanno trovato una sintesi decidendo di confermare l'impianto originario della delega. La proposta definitiva del Governo sarà comunque presentata nel corso del Consiglio dei Ministri di giovedì prossimo. E il ministro Maroni potrebbe convocare nuovamente le parti sociali martedì 19 marzo - dopo il vertice europeo dei capi di stato e di governo che si svolgerà a Barcellona - per illustrare loro la nuova proposta.
VOLONTA' DI RIFORMA - I partiti della Casa delle Libertà hanno ribadito
la volontà di attuare le riforme sociali, con la ricerca dell'intesa
con le forze sociali. In un comunicato diffuso quando era ancora in corso
il vertice dei leader della maggioranza con Silvio Berlusconi, si legge: «Le
forze politiche della maggioranza, rinnovato l'apprezzamento al ministro Maroni,
ribadiscono la volontà di procedere sulla strada delle riforme sociali
ricercando il massimo consenso possibile tra le parti. Per tale ragione auspicano
che si giunga ad un avviso comune nelle materie disciplinate dalla delega
sul mercato del lavoro e invitano il Governo, anche nel vertice di Barcellona,
a cercare soluzioni che costituiscano autentiche garanzie per i lavoratori
e concrete possibilità di impiego per i disoccupati, specialmente nel
sud, anche mediante maggior flessibilità nel mercato del lavoro. Invitano
pertanto il Governo a mettere a punto la sua definitiva determinazione nella
riunione del Consiglio dei ministri di giovedì».
VERSO UNA NUOVA LEGGE DELEGA - Il consiglio dei ministri di giovedì
sará perciò la chiave di volta di tutta la partita sul mercato
del lavoro: a Palazzo Chigi i ministri dovranno decidere secondo quali criteri
e in quanto tempo chiedere al parlamento una nuova delega per scrivere un
nuovo statuto dei Lavori, un testo unico che razionalizzi e ricostruisca l'intero
impianto del diritto del lavoro. Una sorta di «uscita di sicurezza»
visto che quanto giá sancito dalla delega, incluso articolo 18, potrebbe
subire radicali modifiche nel nuovo Statuto dei lavoratori.
LA RISPOSTA DI CGIL, CISL E UIL - Ma la decisione del governo di non eliminare
dal disegno di legge delega le contestate modifiche all'articolo 18 ha scatenato
la reazione dei sindacati anche di quelli (Cisl e Uil) che erano stati fino
ad ora più concilianti nei confronti del governo.
«Il governo va alla ricerca dello scontro sociale. Questo è evidente
se conferma, come ho sentito, i suoi provvedimenti in materia del mercato
del lavoro e di articolo 18» ha dichiarato il segretario generale della
Cgil Sergio Cofferati , il quale ha sottolineato che il governo non ha fatto
per nulla «passi innovativi». «Se confermerà anche,
come immagino - ha aggiunto il leader della Cgil - i provvedimenti relativi
a pensioni scuola e Mezzogiorno, si finirà per avere una rottura sociale
pesantissima della quale il governo è il diretto responsabile».
Cofferati ha quindi confermato che il sindacato «manterrà, anzi
accrescerà, gli sforzi perchè le iniziative, sia quella del
23 marzo a Roma, che lo sciopero generale del 5 aprile , abbiano ancora più
efficacia di quanto era immaginato prima».
«Se il governo confermasse le modifiche all'articolo 18 si renderebbe
responsabile di una lunga stagione di conflitto sociale»,ha dichiarato
il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, al termine di una riunione
di segreteria della sua organizzazione. «Se il governo sceglie la strada
della sfida - ha detto a sua volta il segretario generale della Cisl, Savino
Pezzotta - allora la Cisl non si lascerà intimidire e risponderà
in maniera forte e adeguata».
Se il governo confermerà le modifiche all'articolo 18 - ha aggiunto
Pezzotta - addirittura peggiorando il testo iniziale della delega, si assumerà
la responsabilità di inasprire il conflitto con il sindacato, mettendo
a repentaglio ogni prospettiva di modernizzazione del paese costruita attraverso
il consenso sociale».
«Il governo - ha sottolineato Angeletti - è giunto a un bivio:
deve scegliere se governare con la Confindustria o con la maggioranza dei
cittadini».
«Avevamo chiesto di togliere dalla delega le modifiche all'articolo
18 e di avviare una discussione sui temi veri del mercato del lavoro per il
rilancio dell'occupazione e per lo sviluppo - ha aggiunto il leader della
Uil - il governo invece, sembra deciso ad imboccare un'altra strada e a provocare
un conflitto che rischia di prolungarsi ben oltre la fase delle iniziative
già programmate per i prossimi giorni».
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E' interessante leggere attentamente l'articolo su La Provincia Pavese, riferisce di un convegno ulivista, in cui si dice sostanzialmente che la riforma Moratti non ... convince.
«E' una riforma rinunciataria»
In duecento creano l'Ulivo-Scuola
IL CONVEGNO Le idee Moratti non convincono
r. rez.
PAVIA. C'è voglia di guardare dentro alla riforma del ministro Letizia
Moratti: analizzarla, rifletterci su e soprattutto scoprirne gli effetti reali.
Così in tanti affollano l'aula Magna dell'Itis Cardano. Duecento persone
provenienti dal mondo della scuola che stipano la caldissima aula dove le
forze dell'Ulivo discutono, appunto, i contenuti della riforma. Dopo gli interventi
di rito, toccherà a Giancarlo Cerini vice presidente nazionale Cidi
entrare nelle pieghe della scuola riformata. Compito che proseguiranno due
gruppi di lavoro.
Due team che affronteranno i nodi cruciali della riforma. Il primo su «Il
sistema scolastico e formazione: saperi e curriculum» coordinati dai
docenti Paola Negri e Tarcisio Lodrini. Il secondo su «Autonomie, territorio,
risorse, diritto allo studio», coordinato dal dirigente Aldo Tropea
e dal docente Vittorio Fabbricatore. Gruppi di lavoro importanti perchè
segnano una volontà di partecipazione molto forte tra chi a scuola
vive e lavora. D'altra parte è proprio la grande partecipazione la
novità del convegno voluto dalla parlamentare Piera Capitelli con quanti
vivono sia dentro, sia fuori l'Ulivo.
Ed è proprio Cerini ad entrare nel vivo della questione: «Qual'è
il modello culturale che sta dietro a questa riforma? - dice - Il modello
che emerge è una sorta di familismo liberista. Un modello dove la scuola
rinuncia a formare la cittadinanza attraverso la cultura e il sapere. Rinuncia
ad una sfida importante. Un esempio? Già a 14 anni ognuno va per la
sua strada con una differenziazione che pesa. Oltre al canale liceale, c'è
quello tecnico e quello professionale dell'alternanza scuola-lavoro. Ebbene
in tutti gli altri Paesi non si scende sotto i 15, 16 anni, perchè
c'è il rischio di impoverimento. Lo stesso responsabile scuola della
Confindustria Barilla dice che 14 anni è poco. Le nostre aziende hanno
bisogno di persone con intelligenza vivace e con un profilo culturale più
alto rispetto a quello proposto dalla riforma».
Una riforma rinunciataria, è il giudizio di Cerini: «Avremo forse
informazioni più dettagliate su ciò che avviene nelle classi
ma se rinunciamo al nostro progetto educativo formativo, non andiamo avanti.
Una rinuncia che vediamo nella contrazione del curriculum, ormai ridotto all'osso,
ad appena 25 ore. Tutto il resto, l'arte, i linguaggi, la musica finisce nelle
10 ore residue. Chi gestirà queste ore, i precari Cococo? I signori
della partita Iva? Che scuola viene fuori? Una scuola double face, che prende
atto delle differenze ma non scommette. Un modello pedagogico dove i ragazzi
sono responsabili del proprio apprendimento. Un modello che non convince».
Non convinta è la senatrice Albertina Soliani: «Oggi la scuola
cambia perchè cambia il mondo. In diverse parti d'Italia, nella scuola
come nel sindacato, come nella società, le persone si muovono e si
esprimono. E' importante. Le coscienze si stanno risvegliando dappertutto.
E questo accade anche nella scuola. Basta attardarsi sull'ingegneria ordinamentale,
il cuore del problema è un altro: la società cosa sta consegnando
alle nuove generazioni? Ritorniamo alle persone a alla coesione sociale. La
scuola come le persone non sono merce, ne sono qualcosa di subalterno al mercato».
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Su Il Mattino on line la notizia dell'ultima operazione di facciata (un po' come gli stati generali) della Brichetto-Moratti: un forum in cui partecipano genitori ecc. per esprimere "democraticamente" il proprio parere (o pewr tastare il terreno?). La vera forma di democrazia sarebbe ad es. ritirare la dlega...
CONSENSI E DISSENSI SULLA RIFORMA
Genitori, parte il Forum del ministro
Le associazioni già discutono in rete
BEATRICE RUOCCO
I genitori potranno esprimere pareri e formulare proposte su tutti i provvedimenti
riguardanti l' istruzione. Il ministro Moratti ha insediato il Forum nazionale
delle associazioni dei genitori al quale partecipano le sigle più rappresentative:
l' Agesc, l' Age e il Cgd. Sarà, poi, il ministero a fornire adeguate
risposte ai genitori. Il dialogo tra il dicastero della Pubblica istruzione
e le famiglie parte ovviamente dalla riforma. Le associazioni hanno le idee
ben chiare già espresse sui loro siti: pareri favorevoli, dissensi,
critiche ma anche un elenco di proposte. Severa è l' analisi del Cgd
(Coordinamento genitori democratici) sul riordino dei cicli: «Siamo
contro ogni anticipo arbitrario, che per rispettare l' obiettivo europeo dell'
uscita dal circuito formativo a 18 anni (salvando i 5 delle superiori), precocizza
alcuni itinerari». Per il Cgd la scuola dell' infanzia a 2 anni e mezzo
snatura il suo percorso mentre la prima elementare vedrà la convivenza
di bambini che vanno dai 5 anni e mezzo ai 6 e mezzo. «Ma, cosa assai
più grave - spiega il Coordinamento - è lanticipo della
scelta tra formazione professionale e istruzione secondaria. Sparisce in questo
assetto l'obbligo a 16 anni (legge dello Stato a tutt'oggi non abrogata!).
Si profila, quindi, il progetto di una scuola che non offre uguali possibilità
per tutti, che abbassa il livello culturale dei giovani, che disattende il
dettato costituzionale». Enzo Meloni, presidente dell' Agesc, Associazione
genitori scuole cattoliche, esprime soddisfazione per l' istituzione del Forum:
«Così il ministro Moratti dimostra concretezza, promuovendo il
ruolo dei genitori nella scuola». L' Agesc pone, però, due condizioni
per evitare che la riforma sia «la goccia che faccia tracimare il vaso
colmo del disagio della scuola italiana». Prima di tutto occorre «procedere
con ponderazione, ascoltando e perseguendo la comprensione dei diversi ed
a volte contrastanti punti di vista, e rispettare i tempi di assimilazione
della scuola. Per questo occorre non apportare tutte in una volta le modifiche
legislative necessarie». L' Agesc propone di abolire la legge dell'
obbligo a 15 anni e soprassedere sull' anticipo scolastico.
L' Age (Associazione italiana genitori) chiede che nel Forum nazionale «si
avvii un confronto senza pregiudizi, per un dialogo reale dove sia possibile,
non solo parlare ed ascoltare, ma anche concordare soluzioni condivise».
Se da una parte l' associazione esprime perplessità per l' anticipo
della scuola dell' infanzia, ritiene, invece, innovativa l' introduzione del
sistema dei licei da una parte e della formazione professionale dall' altra.
Per l' Age «è importante la possibilità di cambiare indirizzo
e di proseguire i corsi di studi all' università e nell' istruzione
tecnica superiore». I genitori sono impegnati a promuovere iniziative
complementari, come la scuola bottega, in grado di offrire esperienze formative
interessanti ed efficaci.
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Continua il battage pubblicitario sulla stampa, ecco un articolo su Il Messagero Veneto:
Brocca plaude alla Moratti
Allex sottosegretario è piaciuta la riforma dellistruzione
La scuola che cambia è una scuola che migliora, ma bando alle trasformazioni
qualunquiste.
Con questa affermazione, lex sottosegretario allIstruzione, Beniamino
Brocca, ha introdotto ieri pomeriggio a Pordenone, la relazione dedicata al
tema: Quale scuola e quale cultura in una prospettiva di Europa unita:
modelli a confronto e dibattiti in corso.
Lincontro, organizzato presso lex convento di San Francesco, ha
chiuso il ciclo di sette lezioni dedicate allEuropa nellambito
del terzo ciclo di aggiornamento per docenti indetto dallIstituto provinciale
per la storia del movimento di liberazione e delletà contemporanea.
Rispetto alla riforma della scuola proposta dal centro destra, lonorevole
Brocca ha premesso in generale di essere favorevole al cambiamento inteso
come «ampliamento di tutte le dimensioni dellessere» e non
alla trasformazione qualunquista, senza alcuna valutazione del merito e della
qualità. Il progetto dei moderati per una nuova scuola
europea viene costruito alla luce della modernizzazione della tradizione secondo
dieci punti cardine che devono rimanere ben presenti lungo il cammino del
cambiamento. Tra questi principi, lonorevole Brocca ha citato il primato
della ragione pedagogica, la creazione del sistema educativo, il rispetto
per la crescita della persona compresi i ritmi di sviluppo, senza dimenticare
il ruolo della scuola nellindividuazione della personalità (e
della vocazione) dei giovani, lautonomia delle istituzioni e la flessibilità
dei percorsi scolastici.
Grande interesse ha suscitato, nellambito della relazione, lipotesi
suggerita dallex sottosegretario Brocca per un modello riferito alla
scuola ideato dalla corrente moderata del centro sinistra rispetto
allattuale riforma proposta dal governo in carica, del quale sono stati
elencati i punti deboli dellispirazione, come ad esempio leccesso
di pragmatismo e una limitata considerazione delle effettive ricadute della
riforma nella realtà scolastica attuale.
Paola Dalle Molle
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Su Il Tirreno un articolo sui precari della scuola e la controriforma:
450 INSEGNANTI DELLA SCUOLA RISCHIANO IL POSTO
«Noi precari, travolti dalle ingiustizie»
«Sarebbe la fine irrevocabile di una carriera lungamente inseguita»
PISA. I precari della scuola rischiano il posto. In provincia di Pisa sono
450 e tra di loro c'è un gruppo di docenti, precari «storici»
e non della scuola pubblica, pluriabilitati con concorsi riservati e ordinari.
Per diversi di loro si prospetta quindi una situazione drammatica, dopo tanti
anni di insegnamento e di sacrifici. Un gruppo di loro ci è venuto
a trovare ieri in redazione, dopo aver esposto la situazione durante una riunione
con i Cobas della scuola. «Vogliamo evidenziare - ci hanno detto - la
gravità della situazione lavorativa nella quale abbiamo operato e operiamo.
In un arco di tempo che raggiunge anche i venti anni, la scuola si è
servita di noi per sopperire a carenze di personale, non soltanto in qualità
di docenti, ma anche come membri nelle commissioni di esame. Abbiamo accettato
le supplenze un po' ovunque, anche in sedi disagiate, per poche ore e in diverse
classi di concorso. Alle conoscenze che fanno parte del nostro bagaglio culturale,
riteniamo di aver raggiunto, in tutti questi anni di precariato, esperienza
e professionalità ed è ingiusto che i nostri diritti siano continuamente
calpestati».
«Nel corso della nostra carriera - hanno proseguito - sono stati lesi
diritti che perfino le industrie private non hanno potuto permettersi: assunzioni
a tempo determiato pluriennali presso la stessa amministrazione pubblica,
mancata corresponsione del trattamento di fine rapporto; contratto di lavoro
che, a parità di mansioni, prevede meno diritti economici in diverse
occasioni (malattia, lutto familiare, gravi motivi familiari ecc.); sospensione
dello stipendio a seguito del licenziamento estivo; tempi indecorosi per la
riscossione degli stipendi».
«Con la riforma Moratti - hanno proseguito - a queste ingiustizie se
ne sono aggiunte altre, perché all'interno dei meccanismi che regolano
la categoria del precariato si sono inseriti scavalcamenti che esprimono gli
interessi di varie consorterie: insegnanti di religione che sono entrati in
ruolo in massa e si posizioneranno in seguito su altre classi di concorso
togliendo il lavoro a chi vi ha insegnato per anni; due giovani laureati usciti
dalle scuole di specializzazione ai quali viene riconosciuto un punteggio
(30 punti) con il quale possono raggiungere colleghi con oltre cinque anni
di servizio e che esprimono gli interessi delle università alle quali
hanno sborsato circa 2500 euro per ottenere il diploma di specializzazione;
insegnanti di scuole private reclutati per raccomandazione ai quali sono stati
riconosciuti diritti pari ai nostri e che ci hanno scavalcato danneggiandoci».
«Tutto questo - hanno concluso - a danno di persone, ormai oltre la
quarantina, che hanno creduto nell'istruzione pubblica, nel diritto di tutti
ad avere una istruzione dignitosa e nel dovere di investire per il proprio
futuro aggiornandosi e accettando una flessibilità interna al mondo
della scuola che prevede sedi diverse, indirizzi diversi e realtà scolastiche
ogni anno diverse. Con questa storia alle spalle siamo giunti al 3 marzo e
abbiamo saputo dai giornali e dall'assessore alla cultura, Pellegrini, che
per la provincia di Pisa si prevede un taglio di circa 450 precari dalla scuola
pubblica. Questo significa per noi la fine irrevocabile di una carriera lungamente
perseguita».
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E su Il Mattino di Napoli un articolo sul problema della dispersione scolastica:
BANCHI VUOTI
ALLE SUPERIORI
DANIELA DE CRESCENZO
Lobbligo scolastico fino a sedici anni esiste solo sulla carta. Lo dimostrano
in maniera inquietante i dati sulla dispersione scolastica negli istituti
superiori forniti ieri dallassessore alle Politiche Formative della
Provincia, Angela Cortese. E la situazione è in costante peggioramento.
Nellanno scolastico 2000-2001 la percentuale degli insuccessi è
stata del 31,07, tre punti in più rispetto allanno precedente.
La situazione peggiora nei professionali dove si tocca addirittura il 46,9
per cento di dispersi. Ed è proprio nei professionali che si iscrive
la maggioranza dei ragazzi, «obbligata» a studiare dalla legge.
Legge che ha innalzato il tetto dellobbligo, ma senza riorganizzare
i cicli di studio. A questo dovrebbe provvedere il ministro Moratti che, però,
rimettendo in discussione lorganizzazione precedentemente ipotizzata,
non ha provveduto a rivedere le norme sullobbligo. Insomma, la confusione
regna sovrana.
E non basta: se a questo dato si aggiunge quello sullo scarsissimo successo
che hanno riscosso i corsi dellobbligo formativo organizzati dalla Regione,
ci si rende conto che la realtà dei nostri adolescenti è veramente
tragica.
Tra Napoli e Provincia vive un esercito di giovani sbandati che non lavora,
non va a scuola, non sa leggere, né far di conto e tanto meno parlare
in italiano. La nostra scuola non ha risolto il problema di insegnare a chi
non sa: quasi sempre si limita a consolidare (ma a volte anche a peggiorare)
le conoscenze acquisite allesterno.
Ma guardiamo dentro le cifre. Nella provincia di Napoli ci sono 155.074 alunni
(80044 maschi e 75.030 femmine) iscritti in 174 istituti superiori. Di questi
20.918 sono stati respinti e 7.180 hanno abbandonato. 18 alunni su cento non
ce lhanno fatta. Il maggior numero di bocciati si ha tra i maschi iscritti
al primo anno degli istituti professionali. Negli Ipia (istituti professionali
per lindustria e lartigianato), ad esempio, 47 alunni su cento
dopo il primo anno tornano a casa. Lo sbarramento, dicevamo è quello
del primo anno: su 28.098 bocciati nei cinque anni di corso ben 12.838 erano
iscritti al primo anno. Totalmente diversa la situazione nei classici dove
i bocciati sono solo il 5 per cento degli studenti e negli scientifici dove
viene respinto solo l8 per cento: in questi casi le cifre mostrano una
tendenza al ribasso. Perché nei licei si iscrivono gli alunni migliori,
i «Pierino del dottore» di cui parlava don Milani, quegli alunni
che già in famiglia hanno imparato a parlare in italiano, che viaggiano,
che hanno in casa almeno cento libri e un Pc e che se proprio non capiscono
hanno sempre una mamma, un papà o un docente privato pronti a sbrogliare
ogni enigma.
Agli altri, i docenti si limitano molte volte a regalare il diploma di scuola
media per poi respingerli alle superiori, lasciandoli, comunque, nellignoranza.
Per questi ragazzi sarà impossibile anche trovare un lavoro: quale
imprenditore vorrebbe in fabbrica un giovane che non parla in italiano e non
riesce a stare seduto per più di dieci minuti?
La «carriera» dellemarginato, è anche condizionata
dal luogo di nascita: la maggior parte dei dispersi, infatti, vive nel comune
di Napoli (20,41 per cento degli insuccessi). La percentuale più bassa
di abbandoni, invece, si trova nella zona est che comprende 23 Comuni (tra
questi Acerra, Casalnuovo, Pomigliano dArco e Nola).
«Il problema presenta due angolazioni diverse - spiega lassessore
Cortese - la prima è sicuramente quella degli studenti e delle studentesse
che intendono assolvere solo allobbligo per effetto del quale sono costretti
a frequentare uno o due anni di un corso di studi di durata quinquennale che
per loro non costituisce un traguardo di interesse; la seconda è quella
degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, che in assenza di una revisione
ministeriale dei contenuti e del percorso scolastici, non hanno norme di riferimento
per lattuazione di corsi di studio mirati, validi e spendibili».
Lassessore ha chiesto unaudizione al ministro Moratti per illustrarle
la gravità della situazione e prospettarle i possibili risvolti rispetto
allattuazione della prevista riforma dei cicli.
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Per finire è uscita una edizione speciale della news letter furoi
registro, che era uno dei punti portanti in internet della protesta dei fazzoletti
bianchi, vi ricordo che la news letter fuori registro viene inviata gratuitamente
a tutti coloro che ne fanno richiesta, basta andare nel sito http://www.didaweb.net/fuoriregistro/newsletter.php
e registrarsi. Fatelo. Vi diamo qui di seguito il sommario di questo numero:
Sommario NUOVA EDIZIONE STRAORDINARIA
di Fuoriregistro
Movimento per una comunità educante
di Antonio Lmonciello
ADESIONI
di Redazione
Girotondi di pensiero
di Emanuela Cerutti
C'è in questo numero una rassegna di adesioni e risultati della
iniziativa fazzoletti bianchi, che è stata un successo (è stato
un successo di internet e della comunciazione veloce...)