Un importante articolo sul Corriere della sera sposta l'accento del problema su una conttraddizione d'altra parte evidente sul problema della bocciatura del disegno legge Moratti per via della "primina" e delle scuole private, poi affronta la questione della dicotomia scuole professionali scuole liceali (ma gli va bene) e infine tira fuori il probnlema della valutazione degli insegnanti e attacca il sindacato nel suo complesso. Fate attenzione alle ultime righe che la dicono lunga sul futuro prossimo venturo...
Ma alla fine che cosa si insegnerà?
RIFORMA SCOLASTICA I DUE NODI IRRISOLTI
di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
Non deve essere stato facile per i ministri Buttiglione e Giovanardi, venerdì
scorso, in Consiglio dei ministri, cercare di dimostrare che lorganizzazione
della scuola italiana deve farsi guidare dal criterio di due pesi e due misure.
I due ministri, infatti, a quel che riferiscono le cronache, avrebbero sostenuto
che quanto oggi è consentito alle scuole private (e che a loro giudizio
deve continuare ad essere consentito) - vale a dire accettare liscrizione
alla scuola dellinfanzia anche di bambini inferiori ai 3 anni di età,
e alla prima elementare anche di bambini di meno di 6 anni - ebbene ciò
non dovrebbe, invece, essere consentito alla scuola di Stato. Come non definire
paradossale (perlomeno) che i difensori della scuola cattolica, che fino ad
oggi si sono sempre lamentati - a ragione - delle condizioni di sfavore create
dalla legge a quella scuola, oggi cerchino di imporre eguali condizioni di
sfavore legale a danno della scuola di Stato, allevidente scopo di difendere
la presenza maggioritaria della scuola privata stessa nel campo dellistruzione
pre-elementare? Sta comunque di fatto che, anche per lopposizione di
Giovanardi e di Buttiglione, il progetto di riforma dellistruzione approntato
dal ministro Moratti ha subìto una battuta darresto, non si sa
fino a quando. È un peccato perché esso conteneva almeno una
novità assai importante di cui hanno già sottolineato ripetutamente
il rilievo Angelo Panebianco e Gaspare Barbiellini Amidei su queste colonne:
vale a dire la creazione, dopo il primo ciclo comune a tutti, di un percorso
di formazione e istruzione professionale in alternativa al percorso di istruzione
articolato nei licei.
E proprio nellambito di tale novità che alcuni nodi devono
tuttavia essere ancora sciolti. Va ribadita ad esempio con assai maggiore
chiarezza e perentorietà di quanto non facciano gli articoli 4 e 5
del provvedimento, che in nessun modo le fasi di apprendistato e di alternanza
scuola-lavoro possano essere intese (e sfruttate da terzi) come forme surrettizie
di lavoro, svincolate da una prospettiva che invece deve sempre, e fondamentalmente,
restare incardinata nella dimensione scolastica.
Il secondo punto non ben chiarito riguarda la competenza delle Regioni, che
il progetto della Moratti riconosce, pur stabilendo una supremazia, pare di
capire, di non meglio precisate direttive generali dello Stato. Per lappunto
non è chiaro il confine tra le due competenze. Ciò è
tanto più grave stante da un lato la fallimentare esperienza delle
Regioni nellamministrare i fondi europei per gli attuali corsi di formazione
professionale, allinsegna di sprechi e clientelismi inauditi; e stante,
dallaltro, il rischio che di fatto venga meno per centinaia di migliaia
di adolescenti italiani unistruzione omogenea e comune. Il che evoca
le due questioni di fondo dalle quali dipenderà alla fine il successo
o il fallimento del progetto di riforma (ma sulle quali il ministro non si
è ancora mai pronunciato): innanzitutto cosa insegnerà la nuova
scuola riformata, come si propone di orientare le menti dei giovani di questo
Paese, quali idee di cultura cercherà di diffondere. Al di là
di qualche vacuità sull«alfabetizzazione tecnologica»
e sullinsegnamento dellimmancabile lingua straniera, non sappiamo
nulla.
Cè poi la questione degli insegnanti. Qui è sicuro che
se non si penserà a introdurre una buona volta criteri di selezione
effettiva al loro interno, non si potrà mai sperare di avere una scuola
viva, intelligente, diversa dalla grigia routine attuale. Ma il problema degli
insegnanti, lo sappiamo, nasconde in realtà quello dei sindacati, il
problema del loro strapotere di fatto nella gestione del personale che è
stata causa non secondaria della crisi in cui versa da anni la scuola. Se
non si sconfigge questo strapotere non cè riforma che serva,
e ogni buon proposito è destinato al più totale insuccesso.
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Un articolo sul Piccolo di Trieste ribadisce il fatto che la finanziaria
non ha stanziato una lira per la riforma e accenna al fatto che Buttiglione
sarebbe pronto a sostituire la Moratti
Il ministro dellIstruzione nellocchio del ciclone in seguito alla
mancata approvazione in Consiglio dei ministri del progetto
Bufera sulla riforma della scuola, Moratti in bilico
«Non ho mai pensato di dimettermi». Elementari nellincertezza:
ingresso a 5 o 6 anni?
ROMA - Letizia Moratti ha fretta, molta fretta. I suoi giorni da ministro,
si mormora, stanno per scadere. Nella nebbia del suo futuro prossimo qualche
luce potrebbe accendersi se lei riuscisse a legare il suo nome alla riforma
della scuola. Anche se poi il testo venisse riscritto del tutto dal Parlamento,
negli annali risulterebbe una «riforma Moratti».
Cè qualcun altro, sussurrano le solite fonti anonime, interessato
a legare il proprio nome alla riforma della scuola. Uno più degli altri,
Rocco Buttiglione oggi ministro senza portafoglio, interessato a un dicastero
vero e a riportare in casa cattolica la Pubblica istruzione.
Al ministero dell'istruzione non fanno drammi per la mancata approvazione
in consiglio dei ministri del ddl di riforma scolastica, ma la delusione è
evidente perchè ci si attendeva di più.
Ieri il ministro Moratti, che non ha replicato a critiche e polemiche, si
è limitata a far sapere che non ha mai pensato di dimettersi (smentendo
una voce circolata in ambienti politici dopo la riunione di governo) e che,
invece, da domani si ricomincia a lavorare alla riforma, per modificarla e
aggiustarla tenendo conto delle osservazioni e critiche giunte ieri dagli
uomini del Ccd-Cdu e della Lega, ma non solo, e in tempi brevi ripresentarla
in consiglio dei ministri.
Ma il principale elemento sul quale soffermarsi è che per fare la riforma
della scuola non cè una lira. Non sono stati fatti stanziamenti
nella Finanziaria né il ministro dellEconomia Giulio Tremonti
- lo ha detto a chiare lettere venerdì al Consiglio dei ministri -
intende fare tagli su altri capitoli per mettere insieme i soldi necessari
almeno ad avviare il processo di rinnovamento.
Ci sono poi altre questioni pratiche. Il primo testo della riforma Moratti,
quello scritto dal professor Bertagna e sepolto dagli Stati generali, conteneva
certezze poi smantellate.
Nel fascicolo consegnato venerdì al Consiglio di ministri emergeva
il dominio assoluto del concetto di precarietà. Incerto perfino lanno
dingresso nella scuola elementare: 5 o 6 anni, la scelta sarebbe stata
lasciata alle famiglie, giocando addirittura sui mesi di nascita dei bambini.
Troppo perfino per i neoliberisti della Lega, irritati peraltro dal troppo
poco, secondo loro, concesso alle Regioni in fatto di formazione professionale.
Per questo si capisce poco a cosa alludano le fonti vicine al ministro dellIstruzione
quando sostengono che in consiglio dei ministri «limpianto è
stato approvato da tutte le forze» e che ora si tratta solo di «dare
una risposta a osservazioni e critiche di alcuni ministri».
Osservazioni non di poco conto se lo scontro, soprattutto con i cattolici
si consuma anche sulletà della scelta fra formazione complessiva
o professionale - 14 anni secondo il ministro Moratti - e sullorganizzazione
dei cicli, con il Ccd-Cdu ostinato nel chiedere il mantenimento dellattuale
impianto elementari-medie-superiori. Ma il ministro, come detto, promette
di aggiustare la riforma per poterla ripresentare in tempi brevi.
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Sulla Repubblicaun articolo che fa presagire la delega al governo sul tema
della riforma della scuola e Panini, segretario nazionale delal cgil scuola,
fa rilevare l'apparente contraddizione fra il fatto che inizialmente si voleva
dare risalto alla consultazione "popolare" (che popolare non è
stata, vedi gli Stati Generali) e il fatto che adesso si parla di delega su
un tema così delicato
Pagina 21 - Cronaca
Il ministro Moratti potrebbe rinunciare al ddl per evitare un nuovo altolà
alla riforma
Nuova scuola, dopo lo stop si punta sulla legge delega
Da Ulivo, sindacati e regioni critiche al progetto. Rutelli: doppia bocciatura
GIANCARLO MOLA
ROMA La riforma della scuola andrà in porto, giura Letizia Moratti
il giorno dopo lo stop del Consiglio dei ministri. Ma da oggi sarà
necessario correggere il tiro, per evitare una bocciatura che sarebbe stavolta
definitiva, oltre che imbarazzante. Il primo cambiamento sarà probabilmente
tecnico: non più un disegno di legge come voleva il ministro
dell'Istruzione per portare a casa un successo chiaro e inequivocabile
ma una legge delega. Al Parlamento sarebbe affidato il compito di fissare
i principi cardine della riorganizzazione della scuola, mentre la loro applicazione
concreta diventerebbe oggetto di decisione dell'esecutivo. Poi ci saranno
da superare le obiezioni che venerdì hanno scatenato il fuoco incrociato
di Lega e centristi, spalleggiati per l'occasione dal ministro dell'Economia
Giulio Tremonti: copertura finanziaria, gestione federalista dell'istruzione
e inserimento precoce nella scuola dell'infanzia e primaria. Il tour de force
non è finito. Anzi, bisogna ripartire.
La Moratti non ha gradito affatto di essere stata «rimandata».
E ha preteso che i suoi esami di riparazione fossero fissati in tempi brevissimi:
una o due settimane al massimo, cioè il prossimo Consiglio dei ministri
o quello successivo. E così si è rimessa a studiare sodo, come
è abituata a fare, per trovare una soluzione. Offrendo la disponibilità
anche a qualche concessione. La prima è proprio quella della legge
delega. Sembra che l'idea sia stata lanciata da Tremonti. Ieri, poi, ne ha
parlato ufficialmente Rocco Buttiglione: «Ci stiamo riflettendo»,
ha spiegato il ministro delle Politiche comunitarie.
Anche sugli altri nodi, finanziari e di merito, la Moratti cercherà
un compromesso. L'incidente di percorso di venerdì ha infatti dato
fiato alle critiche dei sindacati e dell'opposizione: a questo punto la tenuta
del governo e della maggioranza è diventata questione cruciale. Per
l'Ulivo ha parlato Francesco Rutelli in persona: «Dopo essere stato
bocciato dagli studenti, il ministro è stato bocciato pure in Consiglio
dei ministri», ha commentato sarcastico. Ma anche le regioni hanno approfittato
dello scivolone per togliersi un sassolino che era rimasto nelle scarpe dopo
l'incontro col ministro di giovedì: «Il documento della riforma
è stato fornito sia ai giornali sia ai sindacati, ma non a noi. È
stato l'ennesimo schiaffo istituzionale», dice Adriana Buffardi, assessore
campano alla Pubblica istruzione. «Non c'è stata disponibilità
allo scambio e al confronto», aggiunge il presidente dell'Emilia Romagna
Vasco Errani.
Insoddisfatti e allarmati, infine, i sindacati. Che oltre alle forti perplessità
nel merito, adesso avanzano dubbi anche sullo strumento della legge delega.
Cgil e Cisl sono decisamente contrarie: «La riforma dell'istruzione
non è materia di delega ma di partecipazione», spiega Enrico
Panini, della Cgil scuola. Che aggiunge: «È sorprendente che
a maggio 2001 il governo annunci la sospensione dei cicli per avviare una
grande campagna di consultazione e che a gennaio 2002 si cominci a parlare
di delega».
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Sul Messaggero Veneto un ulteriore pettegolezzo su Buttiglione e sulla
fretta della Moratti...
Lobiettivo di Buttiglione
ROMA Letizia Moratti ha fretta, molta fretta. I suoi giorni da ministro,
si mormora, stanno per scadere. Nella nebbia del suo futuro prossimo qualche
luce potrebbe accendersi se lei riuscisse a legare il suo nome alla riforma
della scuola. Anche se poi il testo venisse riscritto del tutto dal Parlamento,
negli annali risulterebbe una «riforma Moratti», utile trampolino
di lancio per non doversi limitare allamministrazione delle aziende
di famiglia. Cè qualcun altro, sussurrano le solite fonti anonime,
interessato a legare il proprio nome alla riforma della scuola. Uno più
degli altri, Rocco Buttiglione oggi ministro senza portafoglio, interessato
a un dicastero vero e a riportare in casa cattolica la pubblica istruzione.
Questi pettegolezzi rendono comprensibili sia lostinazione di venerdì
nel portare al Consiglio dei ministri un testo gravato dai no di tutte le
componenti tecniche del mondo della scuola sia il non «venir meno della
determinazione del ministro Moratti a condurre in porto la riforma della scuola»,
come ha spiegato allAnsa una fonte vicina al ministro. Pettegolezzi
a parte, il principale elemento sul quale soffermarsi è che per fare
la riforma della scuola non cè una lira. Non sono stati fatti
stanziamenti nella Finanziaria, né il ministro dellEconomia Giulio
Tremonti intende fare tagli su altri capitoli per mettere insieme i soldi
necessari almeno ad avviare il processo di rinnovamento. Ma ci sono poi altre
questioni pratiche.
L.V.
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Un articolo sulla Stampa spara in molte direzioni, ma tocca punti di prossima
discussione
SCUOLA, DOPO LO STOP ALLA RIFORMA MORATTI EPPUR SI DEVE MUOVERE
TROPPO facile fare dell'ironia sul flop del ministro Moratti. Piuttosto è
disperante constatare come nel nostro paese tutti a parole concordino sul
fatto che occorre riformare la scuola, anche perché la sua efficacia,
in termini di sviluppo delle capacità degli allievi, sembra ampiamente
al di sotto della media dei paesi sviluppati; ma poi qualsiasi proposta, in
qualsiasi direzione vada, trova resistenze fortissime in tutti i soggetti
coinvolti - politici, insegnanti, studenti, genitori. Del resto, che cosa
ci si può aspettare di diverso in un paese in cui (secondo l'indagine
Istat sulla scuola commissionata dal ministero dell´Istruzione) la maggioranza
sia degli insegnanti sia degli studenti dichiara che i rapporti umani sono
l'aspetto di gran lunga più positivo dell'esperienza scolastica? Va
detto che il modello di scuola disegnato dal ministro Moratti sembra poco
adatto a superare questo scarto tra apprendimento e socializzazione; viceversa
restituisce una immagine delle materie e dei percorsi di apprendimento molto
rigida, a comparti incomunicanti. Accentua infatti la separazione, precoce,
tra formazione professionale e formazione di base per l'università,
riduce il raggio di materie non tecniche per chi frequenta gli istituti professionali,
come se il piacere della lettura, la capacità di capire un'opera d'arte,
di discutere di principi e valori dovessero essere appannaggio solo di chi
proseguirà gli studi, elimina, assurdamente, la matematica dai licei
classici, cristallizzando i più vieti stereotipi sulla distinzione
tra cultura umanistica e cultura scientifica. Ma ci sono anche aspetti su
cui varrebbe la pena di riflettere. Ad esempio, il mantenimento dei 5 anni
di scuola elementare e 3 di medie corrisponde alla opinione prevalente di
genitori e insegnanti intervistati nella ricerca citata (per quanto essi non
sembrino in generale molto informati). Se una riforma della scuola deve ottenere
il consenso non solo del Parlamento, ma del paese, forse questo è un
dato di cui tenere conto. Anche la possibilità di transitare da un
corso di studi a un altro mi sembra una indicazione positiva, su cui lavorare
proprio per eliminare le rigide separazioni curriculari che segnalavo prima.
E la proposta di permettere l'iscrizione alla prima elementare a chi non ha
ancora compiuto sei anni, invece di far gridare allo scandalo, dovrebbe essere
accolta con favore, se introduce maggiore attenzione per i tempi di maturazione
dei bambini, non vincolandola all'anno di nascita. Oggi troviamo sugli stessi
banchi bambini nati dal 1° gennaio al 31 dicembre dello stesso anno, non
bambini nati a un giorno di distanza, ma in anni solari diversi. Rallegriamoci
dunque se una riforma sbagliata ha subìto uno stop. Ma non della apparente
impossibilità di riformare una istituzione così cruciale e il
cui cattivo funzionamento miete vittime tra le giovani generazioni, in particolare
quelle che non hanno una famiglia con risorse sufficienti per far comunque
colmare le lacune più vistose. Il classismo si riproduce e rafforza
non solo con i sostegni alla scuola privata e le separazioni curriculari,
ma anche lasciando che la qualità della scuola sia affidata esclusivamente
alla più o meno casuale presenza di un gruppo di docenti preparati
e motivati in un determinato tempo e luogo. Chiara Saraceno
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