14 March, 2002

Incominciamo da un appello firmato da intellettuali che si schierano a fianco della cgil nella sua battaglia del 23 marzoe del 5 aprile...


´APPELLO
Gli intellettuali a fianco della Cgil


ROMA - Gli intellettuali italiani si schierano con i lavoratori e la Cgil. Temi come «l´attacco all´articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori» o la «rottura della scuola pubblica» sono al centro dell´appello firmato da 55 intellettuali italiani e dell´incontro-dibattito organizzato per lunedì 18 marzo, al quale parteciperà anche il leader della Cgil, Sergio Cofferati.
Hanno firmato questo appello, lanciato da Alberto Asor Rosa: Gian Mario Anselmi, Gaetano Azzariti, Maria Luisa Boccia, Gabriella Bonacchi, Camillo Brezzi, Remo Bodei, Gian Luigi Beccaria, Roberto Bigazzi, Carlo Bernardini, Laura Caretti, Carlo Felice Casula, Vincenzo Cerami, Umberto Coldagelli, Daniele Del Giudice, Tullio De Mauro, Rita Di Leo, Umberto Eco, Carlo e Inge Feltrinelli, Luigi Ferrajoli, Gianni Ferrara, Silvana Ferreri, Luciano Gallino, Livio Garzanti, Piero Gelli, Elena Gianini Belotti, Giovanni Giudici, Sergio Givone, Paul Ginsborg, Giorgio Ghezzi, Giorgio Inglese, Paolo Leon, Gina Lagorio, Giacomo Marramao, Luigi Mariucci, Lea Melandri, Tamar Pitch, Giovanni Raboni, Mimmo Rafele, Lidia Ravera, Marco Revelli, Eugenio Riccomini, Rossana Rossanda, Gian Enrico Rusconi, Edoardo Sanguineti, Francesca Sanvitale, Chiara Saraceno, Paolo Sylos Labini, Corrado Stajano, Antonio Tabucchi, Nicola Tranfaglia, Caterina Tristano, Mario Tronti, Patrizia Valduga, Gianni Vattimo, Marina Zancan.

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I comuni bocciano la controriforma e nello stesso tempo la discussione sugli organi collegiali è stata rinviata, articolo su La Repubblica...

Gli Enti locali contestano: non ci sono soldi per gli ingressi anticipati alle elementari. Oggi il Cdm
I Comuni bocciano la Moratti "Scuola, riforma inapplicabile"

Pochi i municipi in grado di sostenere le spese delle iscrizioni scolastiche precoci
E le regioni dissidenti criticano la loro esclusione dai decreti attuativi dei cicli
MARIO REGGIO


ROMA - Tempi duri per la riforma Moratti, che oggi tornerà in Consiglio dei Ministri per il varo definitivo. Il ministro ha incassato il secco no delle sei regioni del centro-sinistra e della provincia autonoma di Bolzano. Critica anche la posizione dell´Associazione nazionale dei Comuni italiani, che però hanno ottenuto sostanziali modifiche sull´anticipo dell´ingresso alle materne e alle elementari. Potranno infatti autorizzare le iscrizioni anticipate solo quei Comuni in grado di sostenere le nuove spese senza mettere in pericolo la stabilità del bilancio. Ne consegue che per quest´anno solo alcuni piccoli municipi saranno in grado riaprire le iscrizioni. Per i 70 mila bambini in attesa se ne riparlerà, forse, il prossimo anno. Il tormentato cammino della riforma Moratti è solo all´inizio e la strada sembra ancora tutta in salita. Le Regioni dissidenti criticano senza mezzi termini l´esclusione di fatto dei governi locali dall´elaborazione dei decreti attuativi della riforma, in barba ai principi del federalismo, contestano il mancato stanziamento di fondi per finanziare la riforma che in parte finirà proprio sulle spalle delle Regioni. «Critiche che erano condivise anche dalle amministrazioni regionali del centro-destra - afferma Adriana Buffardi, assessore alla scuola della Campania - che poi hanno fatto marcia indietro». Ma i punti di dissenso con il Governo non si fermano qui. Sotto tiro la diminuzione dell´obbligo scolastico da 9 ad otto anni, l´assenza di riferimenti all´Educazione degli adulti, la mancata continuità tra i cicli di base, la scelta tra licei e formazione professionale a 13 anni. Punti sui quali concordano anche i Comuni.
«Si è aperto un problema politico - afferma Adriana Buffardi - anche nelle Regioni amministrate dal centro-destra e in tutti i Comuni c´è un senso comune diffuso di critica alle scelte del Governo in materia di scuola. E l´Esecutivo non può non tenerne conto. Messa in questi termini una riforma rischia di produrre molti danni».
In questo bailamme i Comuni sono riusciti a portare a casa l´impegno del ministro Moratti a mantenere il tempo pieno e gli istituti comprensivi, un terzo delle scuole elementari e medie che già sperimentano l´integrazione dei percorsi formativi. L´Anci esprime la contrarietà «agli ingressi precoci nella scuola dell´infanzia e alle elementari, per la mescolanza di bambini con età diversa fino a 20 mesi, la mancanza di preparazione degli insegnanti, la disarticolazione della scuola dell´infanzia, fiore all´occhiello della nostra scuola». E mentre si prepara la mobilitazione di professori e studenti per la manifestazione nazionale del 23 marzo, i confederali hanno fatto sapere al ministro: rinnovo immediato del contratto oppure sciopero. Anche la riforma degli organi collegiali, passata in Commissione Cultura alla Camera, dopo le prime schermaglie in aula è stata rinviata. Se ne riparlerà, forse, ad aprile.

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Un articolo su L'Unità on line: il goeverno non rinuncia all'art. 18 e CISL e UIL si preparano anche loro allo sciopero generale accanto alla CGIL, si parla di uno scontro sociale che diventerà fortissimo e sarà più lungo delle date prefissate...

Art. 18, governo conferma modifiche. Tutti i sindacati verso lo sciopero
di Red.

L'articolo 10 della delega sul lavoro non cambia, comprese le modifiche all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello sui licenziamenti senza giusta causa. Ed esce di scena anche il progetto di inserire nel provvedimento una delega per lo "Statuto dei lavori". I tecnici del ministero del Welfare stanno lavorando alle ultime limature prima che il ministro Roberto Maroni presenti giovedì la proposta definitiva al Consiglio dei ministri: ma - a quanto si apprende - si tratterebbe solo di piccoli aggiustamenti, niente di più. La sospensione dell'articolo 18 per quattro anni - secondo quanto si apprende - sarà confermata in tre casi: per i lavoratori che emergono dal nero; per i nuovi assunti da un'azienda che così raggiunge i 15 dipendenti (sembra scomparsa l'ipotesi di innalzare tale soglia a 19 dipendenti); per i lavoratori il cui contratto a termine viene trasformato in contratto a tempo indeterminato. Quest'ultima norma (ed è questa l'unica novità rispetto al testo originario dell'articolo 10 della delega) sarà però applicata solo per i lavoratori del Mezzogiorno. Novità che il leader della Cgil Cofferati ha così bollato: «Dalle gabbie salariali siamo arrivati alle gabbie dei diritti».

Tra governo e i sindacati è ormai rottura. Di fronte alla decisione del Governo di non tornare indietro sull'articolo 18, lo scontro sociale appare ormai inevitabile. Probabile un riavvicinamento tra Cgil, Cisl e Uil; e l'ipotesi di uno sciopero generale unitario è a questo punto possibile. Il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, ha inviato una lettera ai leader di Cgil e Cisl, invitandoli a incontrasi entro il 19 marzo per decidere iniziative comuni. Sia Sergio Cofferati che Savino Pezzotta hanno risposto di sì. All'inizio della prossima settimana, quindi, potrebbe svolgersi una segreteria unitaria: e in quella sede Angeletti proporrà a Cgil e Cisl di proclamare uno sciopero generale entro la fine di aprile. Dalla Cisl, intanto, parole di fuoco verso il Governo, ma anche l'ultimo, estremo tentativo di riaprire uno spiraglio di dialogo: «È il Governo che ha interrotto la trattativa e ha deciso unilateralmente di agire in contrasto anche con noi», ha affermato il leader della Cisl Pezzotta che si è detto pronto a decidere lo sciopero generale se domani al consiglio dei ministri saranno decise le modifiche all'articolo 18, ma che non sarà in piazza con la Cgil. Ma per il segretario confederale, Raffarele Bonanni, «se il Governo vuole dimostrare equilibrio e responsabilità deve utilizzare gli scampoli di tempo che restano prima di portare in consiglio dei ministri la nuova proposta. Ci sono ancora i margini per farlo». Tramonta infine l'ipotesi di inserire nella delega ogni riferimento allo Statuto dei lavori. Tuttavia i 'centristi' della Casa delle libertà avrebbero messo a punto una proposta da avanzare domani in Consiglio dei ministri: inserire nel provvedimento una norma che preveda due anni per il varo dello Statuto dei lavori. Un nuovo statuto che quindi andrebbe
a sostituire quello dei lavoratori con l'obiettivo di estendere tutele e diritti a chi oggi non li ha.

«Lo sciopero generale a questo punto è inevitabile», ma «dobbiamo mettere nel conto che sarà un clima sociale conflittuale, un conflitto molto diffuso e molto più lungo di una semplice giornata di mobilitazione». Lo afferma il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, il quale, conversando con i giornalisti a margine di un convegno sul lavoro promosso dalla sua organizzazione, ha osservato che «il passettino indietro del Governo sull'art. 18 è una finta». «Il Governo si è schierato - aggiunge Angeletti - dalla parte della Confindustria e cercano di convincere gli italiani che se rendono più facili i licenziamenti sarà più facile assumere». «Nessuno risponde - continua Angeletti - a questa osservazione: in trenta province italiane non c'è disoccupazione, malgrado l'art. 18, nelle altre trenta del Sud c'è una grave crisi occupazionale perché le fabbriche non ci sono. Sarà molto difficile riempirle prima che si facciano. Ciò per dire che l'art. 18 e la flessibilità non c'entrano nulla. È una questione di potere. È una richiesta di aumentare il potere delle imprese sui lavoratori che noi non possiamo e non vogliamo accettare».

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Ecco cosa succede a Modena grazie ai tagli "morattiani" per quanto riguarda l'infanzia, articolo su La Gazzetta di Modena:

MODENA mercoledì 13 marzo 2002, S. Eufrasia «Riforma Moratti
225 bimbi restano
senza la scuola»


Il blocco degli organici previsto dalla riforma Moratti sta creando problemi alle scuole modenesi. «La riduzione del numero di insegnanti e di personale ausiliario - spiega l'assessore comunale all'Istruzione Morena Manfredini - ricade negativamente sulle famiglie. L'unica sezione di materna che abbiamo chiesto allo Stato ci è stata negata e quindi 25 bambini rischiano di restare fuori, a meno che il Comune non supplisca al carente intervento statale - che copre il 57 per cento della materna a livello nazionale, ma solo il 16 per cento a Modena - facendosi carico degli oltre 250 milioni di lire necessari per aprire una nuova sezione». Problemi si registrano anche in provincia, dove il blocco degli organici impedisce l'istituzione di nove sezioni di scuola dell'infanzia e mette a rischio ben 225 posti per bambini di tre anni. Difficoltà anche negli altri ordini di scuola. «Nelle elementari, pur col fine di assicurare le nuove sezioni di tempo pieno, frequentate dall'85% degli alunni, verranno a mancare circa 16 insegnanti sui progetti obiettivo che finora hanno assicurato una parte consistente della qualità della scuola - spiega Manfredini - Scompariranno inoltre i pedagogisti delle scuole d'infanzia statali, che finalmente lo Stato era riuscito a darsi, scomparirà un addetto al centro formazione adulti, che ha avuto quest'anno 1300 domande e denuncia la forte carenza di insegnati, scompariranno i docenti assegnati alla tutela dei minori con particolari problematiche come gli stranieri di recente immigrazione, i bambini nomadi, gli alunni con particolari disabilità. I bambini handicappati avranno un minor numero di insegnanti d'appoggio e saranno infine ridotte le sperimentazioni di insegnamento precoce della lingua inglese». La riduzione di organico colpisce tutte le regioni, ma in particolare l'Emilia, che il prossimo anno avrà 4 mila alunni delle elementari in più. «Si vanno a ridurre gli insegnanti e il personale ausiliario - conclude Morena Manfredini - anche nelle zone di forte immigrazione e di ripresa della natalità proprio quando sarebbe necessario un aumento delle risorse».

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In Emilia Romagna sciopero generale della scuola il 16 aprile contro i tagli degli organici e contro la controriforma, anche la regione si schiera a fianco degli insegnanti, notizia su Il Resto del Carlino...

Insegnanti
in sciopero
il 16 aprile BOLOGNA — I sindacati confederali della scuola hanno proclamato lo sciopero regionale per tutto il personale il 16 aprile. All'origine della decisione la riduzione dell'organico sia del personale docente che di quello tecnico, amministrativo e ausiliario prevista dal decreto del 19 febbraio del Ministro Moratti in applicazione della legge Finanziaria.
Per i sindacati questi tagli rappresentano soltanto «l'inizio di una manovra che deve portare in tre anni ad una ulteriore forte diminuzione di insegnanti». Oltre allo sciopero resta in piedi il percorso di mobilitazione che sarà articolato con assemblee sindacali nei luoghi di lavoro fino al 9 maggio, incontri con gli enti locali coinvolti (regione, province e comuni), momenti di denuncia pubblica dei servizi tagliati o non erogati (sezioni di scuola dell'infanzia non autorizzata, classi di tempo pieno richieste dia genitori e non attivate, tempo prolungato richiesto e non ottenuto, insegnanti di lingua straniera).
Anche la Regione Emilia Romagna conferma la sua opposizione alla riforma «Moratti» e si schiera decisamente coi sindacati. Da viale Aldo Moro arriva un «no al disegno di legge Moratti» e al provvedimento che «taglia l'organico degli insegnanti di 464 unità in attuazione all'articolo 22 della finanziaria», misure che «creano gravi ripercussioni sull'intero sistema dell'istruzione regionale».
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L'Istruzione Tecnica Industraile in subbuglio: la controriforma Moratti cancella la figura del perito, articolo su La Stampa di Torino...

(Del 14/3/2002 Sezione: Torino cronaca Pag. 52)

L´ISTRUZIONE TECNICA INDUSTRIALE CANCELLATA DALLA RIFORMA I periti danno l´allarme «Non vogliamo sparire» I presidi degli Itis: «La prevista trasformazione in liceo tecnologico cancellerà una figura sempre molto richiesta dal mondo del lavoro»


Smantellare ciò che oggi dà risultati per fare un salto nel buio. Sul fronte dell´istruzione tecnica industriale, la riforma Moratti pare procedere in questo modo con la trasformazione dell´Itis in liceo tecnologico e con la cancellazione della figura del perito che oggi risponde al 70% delle richieste del mondo produttivo. Queste sono, in sintesi, le convinzioni emerse ieri mattina al cinema Etoile, nella Conferenza provinciale degli Istituti tecnici Industriali, promossa dall´assessore al Sistema Educativo e Formativo della Provincia, Gianni Oliva. Sull´onda delle richieste avanzate durante gli Stati generali della scuola di Torino, Oliva prosegue, infatti, nel grande giro di consultazioni per permettere a presidi, docenti, studenti e genitori di far sentire il proprio pensiero sulla legge che dovrebbe rivoluzionare il sistema italiano dell´istruzione. All´incontro di ieri hanno partecipato i presidi degli Itis torinesi, molti docenti e studenti, il presidente del Collegio dei Periti, Amos Giardino, la dottoressa Paola Barbero dell´Unione Industriale. Tutti indistintamente preoccupati per un futuro incerto. Di sicuro c´è che col passaggio da 36 a 25 ore, scomparirebbero i laboratori. Lo studente dovrebbe "recuperare" il collegamento col mondo del lavoro con corsi post-diploma (Ifts o lauree brevi), allungando il tempo di formazione. In controtendenza rispetto alle richieste del mercato. «L´istruzione classica è importante, ma ciò non vuol dire che un uomo di cultura debba essere senza mani», ha osservato Antonietta Campetti, preside del "Maxwell" di Nichelino. «Il pregio dell´istruzione tecnica attuale è mettere insieme i due aspetti, pratica e cultura. Mi chiedo perché questo patrimonio debba scomparire. Forse per scarsa conoscenza? Eppure, oggi noi presidi non riusciamo a tener dietro alle richieste delle aziende. Gli stage sono diventati una preselezione». Il collega Letterio Cassata, che dirige il «Majorana» di Grugliasco: «Non facciamo altro che leggere titoli di giornali in cui si dice che mancano migliaia di periti. Perché allora fare scelte che penalizzeranno ulteriormente la realtà produttiva?». Il vice preside dell´istituto «Europa Unita» di Chivasso, Tomaselli, ha ricordato che «oggi gli Itis possono costruire i piani dell´offerta formativa in relazione alle esigenze formative del territorio, dando davvero delle risposte. Ma la riforma ci toglierà la possibilità di progettare: un fatto grave in un´area dove dal settore auto ci si sta spostando verso il supporto alla produzione». Il preside del «Pininfarina» di Moncalieri, Antonino Moro, ha sottolineato che l´organizzazione degli Itis non deve essere cambiata radicalmente, «ma può essere migliorata con piccole modifiche. Ciò che dovrebbe davvero cambiare è lo stipendio dei docenti». In caso contrario, come hanno sottolineato anche altri interventi, la cronica mancanza di insegnanti di materie tecniche continuerebbe nel tempo. Numerose le sollecitazioni degli studenti ad intraprendere iniziative per cercare di incidere sulla riforma. Al termine della mattinata, è stata adottata la proposta del preside del «Peano», Alfonso Lupo: «Costituire un gruppo di esperti che possa dialogare con i politici che dovranno scrivere i decreti attuativi della legge». L´assessore Oliva: «Prepareremo un documento e chiederemo ai parlamentari torinesi di sostenerlo». Maria Teresa Martinengo

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Dibattito prossimo venturo a Prato dei DS che si mostrano "preoccupati" di fornte alla controriforma Moratti...

DIBATTITO ALLA MACINE
I Ds e la riforma Moratti


PRATO. Domani sera alle ore 21,15 i Democratici di Sinistra dell'Unità di Base Consorti-La Pietà promuovono una iniziativa al Circolo Arci La Macine (Circoscrizione Est) sul tema «La scuola che cambia: problemi e prospettive». Intervengono: Gerardina Cardillo, assessore provinciale alla Pubblica Istruzione; Daniela Belliti, responsabile regionale Ds scuola; Chiara Recchia, Autonomia Tematica Ds Risorsa Scuola; Beatrice Coppini, insegnante, Unità di base Consorti-La Pietà. Gli interventi del Governo sulla scuola preoccupano gli operatori del settore, i genitori e gli studenti. I Ds fanno proprie le preoccupazioni espresse nell'ordine del giorno approvato dal consiglio comunale il 7 marzo scorso e intendono discutere con i cittadini i problemi e i nodi irrisolti di questa situazione anche alla luce delle ultime dichiarazioni del Provveditore al Tirreno (9 marzo) circa la situazione a Prato per il prossimo anno scolastico. La situazione si può riassumere così: tempo pieno e sostegno all'handicap a forte rischio, meno classi e assai più numerose, servizi tagliati, a cui si aggiunge il taglio di 31 posti di insegnamento.

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E Cofferati a Treviso riconferma tutto, sciopero e manifestazione, di fronte all'irrigidimento del governo e raccoglie i consensi unanimi di tutta la base sindacale, artciolo su La Tribuna di Treviso...

«Non è cambiato nulla, sarà sciopero»
Cofferati boccia l'«apertura» di Berlusconi
«Il governo cerca lo scontro sociale»
Bagno di folla ieri in Veneto per il leader della Cgil In mille a Treviso


TREVISO. La Cgil non cambia rotta. Il vertice notturno di lunedì in casa del premier non ha sortito alcun effetto sul sindacato. La nuova proposta del governo, non sembra mutare la sostanza della modifica dell'articolo 18 già presentata dal ministro del Welfare. Cofferati non ha dubbi e continua senza tentennamenti la navigazione verso la manifestazione del 23 marzo a Roma. Il leader della Cgil l'ha confermato ieri all'Embassy di Treviso, dove ha parlato davanti ad una platea di oltre mille sindacalisti stipati dentro al cinema, in vista dell'appuntamento della settimana prossima. La barra della Cgil resta ferma. Del resto non si è mai mossa fin dall'inizio, mentre un po' alla volta pare siano gli altri a cercare traiettorie diverse.
Il governo è alla ricerca di una via d'uscita che sia meno dolorosa possibile; Cisl e Uil, parlano una lingua sempre più simile a quella della Cgil, mentre Antonio D'Amato, leader di Confindustria sembra l'unico a non voler indietreggiare di un millimetro. La battaglia per la modifica dell'articolo 18 resta la linea Maginot delle imprese: se Cofferati è irremovibile nella difesa, di quello che considera «un diritto fondamentale della persona», D'Amato resta convinto che solo incidendo sull'articolo 18, sarà possibile creare nuova occupazione e rilanciare l'economia.
La soluzione della vicenda non è ancora chiara, ma un po' alla volta il gioco delle parti sembra essersi capovolto. Il Don Chisciotte dell'articolo 18 ha sempre meno il profilo di Cofferati e sempre più quello del presidente della Confindustria.
Difficile dire come andrà a finire. Difficile prevedere fino a che punto il governo sarà disposto ad inasprire lo scontro sociale, ma fin d'ora è possibile immaginare che, anche se il provvedimento non sarà ritirato, entrerà in porto molto sfumato, senz'altro alleggerito, certamente diverso da com'è oggi.
Cofferati non sa ancora se vincerà il braccio di ferro, ma ha capito che non sarà comunque lui a restare con il cerino in mano. Arriva a Treviso un po' stanco per il tour de force cui è sottoposto in questi giorni, ma sereno. Sicuro di aver imboccato la strada giusta.
E' come uno di quei pugili dati per spacciati, che sono usciti dall'angolo del ring ed iniziano a menare di destro e di sinistro, riprendendo in mano le redini dell'incontro.
Al gong di ieri all'Embassy ha incassato l'appoggio incondizionato della base.
Il 23 marzo dal Veneto arriveranno a Roma in più di ventimila, a bordo di tre treni speciali e oltre 300/350 pullman. Roma sarà invasa dal corteo anti-governativo. E ieri Cofferati, in quasi un'ora d'intervento, ha articolato tutte le ragioni della manifestazione, spiegando come la Cgil non scenda in piazza solo per dire no alla modifica articolo 18: «Siamo preoccupati delle scelte che vuol fare questo governo che pratica politiche neoliberiste e qualche volta tenta di attenuarle con populismo d'accatto», osserva Cofferati che punta l'indice contro le scelte del governo in tema di fisco, previdenza, scuola e mercato del lavoro. Ma anche contro la mancanza di una politica per il mezzogiorno: «Il governo», insiste Cofferati, «si aspetta interlocutori arcigni e invece troverà interlocutori sereni perché convinti della loro posizione e dell'importanza della battaglia che a viso aperto hanno deciso di affrontare. A Roma dobbiamo essere in numero sufficiente da far sentire la nostra presenza anche a chi volesse chiudere gli occhi». Ma per farli aprire a tutti sui quei temi, che per Cofferati rischiano di pregiudicare la stabilità del Paese, oltre che i diritti dei lavoratori.
Vediamo in pillole perché. Fisco: «La legge delega è incostituzionale. In nessun Paese esiste un prelievo così concepito. Fa cadere il principio secondo cui chi ha di più, paga di più».
Previdenza: «Se attuata, la decontribuzione previdenziale, metterà in crisi l'intero sistema pensionistico. Se verrà meno la quota contributiva per i nuovi assunti, chi pagherà le pensioni in futuro?».
Scuola: «La contro-riforma Moratti ripropone la divisione in base ai redditi e ai ceti. Ci riporta indietro di decenni. Impoverendo l'istruzione pubblica s'impoverisce la scuola generando nuove differenze».
Mezzogiorno: «La Finanziaria non prevede una lira per lo sviluppo del meridione. La chiave di volta è la programmazione negoziale del Mezzogiorno. Le imprese chiedono solo vantaggi indistinti, una riduzione sistematica dei costi, senza offrire garanzie nella qualità degli investimenti. Quello di Manfredonia è un esempio riuscito di delocalizzazione delle imprese. E' una strada da seguire, ma il governo non sta facendo nulla per favorire simili interventi».
Articolo 18 e mercato del lavoro, fisco, previdenza, scuola e Mezzogiorno. Per Cofferati rappresentano cinque buone ragioni per scendere in piazza il 23 marzo e per la proclamazione dello sciopero generale del 5 aprile «Se il governo conferma le sue intenzioni», conclude Cofferati, «che sono quelle di modificare l'articolo 18, significa che cerca lo scontro sociale, allora troverà il sindacato sulla sua strada e in particolare la Cgil».
Significherà l'addio dell'unità sindacale? «Con la nostra scelta non abbiamo messo affatto in soffitta l'unità sindacale e per noi rimane un obiettivo importantissimo, il nostro lavoro quotidiano. Quello che non è stato possibile nelle scorse settimane spero possa diventarlo rapidamente nei prossimi giorni».

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