Incominciamo da un appello firmato da intellettuali che si schierano a fianco della cgil nella sua battaglia del 23 marzoe del 5 aprile...
´APPELLO
Gli intellettuali a fianco della Cgil
ROMA - Gli intellettuali italiani si schierano con i lavoratori e la Cgil.
Temi come «l´attacco all´articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori»
o la «rottura della scuola pubblica» sono al centro dell´appello
firmato da 55 intellettuali italiani e dell´incontro-dibattito organizzato
per lunedì 18 marzo, al quale parteciperà anche il leader della
Cgil, Sergio Cofferati.
Hanno firmato questo appello, lanciato da Alberto Asor Rosa: Gian Mario Anselmi,
Gaetano Azzariti, Maria Luisa Boccia, Gabriella Bonacchi, Camillo Brezzi,
Remo Bodei, Gian Luigi Beccaria, Roberto Bigazzi, Carlo Bernardini, Laura
Caretti, Carlo Felice Casula, Vincenzo Cerami, Umberto Coldagelli, Daniele
Del Giudice, Tullio De Mauro, Rita Di Leo, Umberto Eco, Carlo e Inge Feltrinelli,
Luigi Ferrajoli, Gianni Ferrara, Silvana Ferreri, Luciano Gallino, Livio Garzanti,
Piero Gelli, Elena Gianini Belotti, Giovanni Giudici, Sergio Givone, Paul
Ginsborg, Giorgio Ghezzi, Giorgio Inglese, Paolo Leon, Gina Lagorio, Giacomo
Marramao, Luigi Mariucci, Lea Melandri, Tamar Pitch, Giovanni Raboni, Mimmo
Rafele, Lidia Ravera, Marco Revelli, Eugenio Riccomini, Rossana Rossanda,
Gian Enrico Rusconi, Edoardo Sanguineti, Francesca Sanvitale, Chiara Saraceno,
Paolo Sylos Labini, Corrado Stajano, Antonio Tabucchi, Nicola Tranfaglia,
Caterina Tristano, Mario Tronti, Patrizia Valduga, Gianni Vattimo, Marina
Zancan.
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I comuni bocciano la controriforma e nello stesso tempo la discussione
sugli organi collegiali è stata rinviata, articolo su La Repubblica...
Gli Enti locali contestano: non ci sono soldi per gli ingressi anticipati
alle elementari. Oggi il Cdm
I Comuni bocciano la Moratti "Scuola, riforma inapplicabile"
Pochi i municipi in grado di sostenere le spese delle iscrizioni scolastiche
precoci
E le regioni dissidenti criticano la loro esclusione dai decreti attuativi
dei cicli
MARIO REGGIO
ROMA - Tempi duri per la riforma Moratti, che oggi tornerà in Consiglio
dei Ministri per il varo definitivo. Il ministro ha incassato il secco no
delle sei regioni del centro-sinistra e della provincia autonoma di Bolzano.
Critica anche la posizione dell´Associazione nazionale dei Comuni italiani,
che però hanno ottenuto sostanziali modifiche sull´anticipo dell´ingresso
alle materne e alle elementari. Potranno infatti autorizzare le iscrizioni
anticipate solo quei Comuni in grado di sostenere le nuove spese senza mettere
in pericolo la stabilità del bilancio. Ne consegue che per quest´anno
solo alcuni piccoli municipi saranno in grado riaprire le iscrizioni. Per
i 70 mila bambini in attesa se ne riparlerà, forse, il prossimo anno.
Il tormentato cammino della riforma Moratti è solo all´inizio
e la strada sembra ancora tutta in salita. Le Regioni dissidenti criticano
senza mezzi termini l´esclusione di fatto dei governi locali dall´elaborazione
dei decreti attuativi della riforma, in barba ai principi del federalismo,
contestano il mancato stanziamento di fondi per finanziare la riforma che
in parte finirà proprio sulle spalle delle Regioni. «Critiche
che erano condivise anche dalle amministrazioni regionali del centro-destra
- afferma Adriana Buffardi, assessore alla scuola della Campania - che poi
hanno fatto marcia indietro». Ma i punti di dissenso con il Governo
non si fermano qui. Sotto tiro la diminuzione dell´obbligo scolastico
da 9 ad otto anni, l´assenza di riferimenti all´Educazione degli
adulti, la mancata continuità tra i cicli di base, la scelta tra licei
e formazione professionale a 13 anni. Punti sui quali concordano anche i Comuni.
«Si è aperto un problema politico - afferma Adriana Buffardi
- anche nelle Regioni amministrate dal centro-destra e in tutti i Comuni c´è
un senso comune diffuso di critica alle scelte del Governo in materia di scuola.
E l´Esecutivo non può non tenerne conto. Messa in questi termini
una riforma rischia di produrre molti danni».
In questo bailamme i Comuni sono riusciti a portare a casa l´impegno
del ministro Moratti a mantenere il tempo pieno e gli istituti comprensivi,
un terzo delle scuole elementari e medie che già sperimentano l´integrazione
dei percorsi formativi. L´Anci esprime la contrarietà «agli
ingressi precoci nella scuola dell´infanzia e alle elementari, per la
mescolanza di bambini con età diversa fino a 20 mesi, la mancanza di
preparazione degli insegnanti, la disarticolazione della scuola dell´infanzia,
fiore all´occhiello della nostra scuola». E mentre si prepara
la mobilitazione di professori e studenti per la manifestazione nazionale
del 23 marzo, i confederali hanno fatto sapere al ministro: rinnovo immediato
del contratto oppure sciopero. Anche la riforma degli organi collegiali, passata
in Commissione Cultura alla Camera, dopo le prime schermaglie in aula è
stata rinviata. Se ne riparlerà, forse, ad aprile.
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Un articolo su L'Unità on line: il goeverno non rinuncia all'art. 18 e CISL e UIL si preparano anche loro allo sciopero generale accanto alla CGIL, si parla di uno scontro sociale che diventerà fortissimo e sarà più lungo delle date prefissate...
Art. 18, governo conferma modifiche. Tutti i sindacati verso lo sciopero
di Red.
L'articolo 10 della delega sul lavoro non cambia, comprese le modifiche all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello sui licenziamenti senza giusta causa. Ed esce di scena anche il progetto di inserire nel provvedimento una delega per lo "Statuto dei lavori". I tecnici del ministero del Welfare stanno lavorando alle ultime limature prima che il ministro Roberto Maroni presenti giovedì la proposta definitiva al Consiglio dei ministri: ma - a quanto si apprende - si tratterebbe solo di piccoli aggiustamenti, niente di più. La sospensione dell'articolo 18 per quattro anni - secondo quanto si apprende - sarà confermata in tre casi: per i lavoratori che emergono dal nero; per i nuovi assunti da un'azienda che così raggiunge i 15 dipendenti (sembra scomparsa l'ipotesi di innalzare tale soglia a 19 dipendenti); per i lavoratori il cui contratto a termine viene trasformato in contratto a tempo indeterminato. Quest'ultima norma (ed è questa l'unica novità rispetto al testo originario dell'articolo 10 della delega) sarà però applicata solo per i lavoratori del Mezzogiorno. Novità che il leader della Cgil Cofferati ha così bollato: «Dalle gabbie salariali siamo arrivati alle gabbie dei diritti».
Tra governo e i sindacati è ormai rottura. Di fronte alla decisione
del Governo di non tornare indietro sull'articolo 18, lo scontro sociale appare
ormai inevitabile. Probabile un riavvicinamento tra Cgil, Cisl e Uil; e l'ipotesi
di uno sciopero generale unitario è a questo punto possibile. Il numero
uno della Uil, Luigi Angeletti, ha inviato una lettera ai leader di Cgil e
Cisl, invitandoli a incontrasi entro il 19 marzo per decidere iniziative comuni.
Sia Sergio Cofferati che Savino Pezzotta hanno risposto di sì. All'inizio
della prossima settimana, quindi, potrebbe svolgersi una segreteria unitaria:
e in quella sede Angeletti proporrà a Cgil e Cisl di proclamare uno
sciopero generale entro la fine di aprile. Dalla Cisl, intanto, parole di
fuoco verso il Governo, ma anche l'ultimo, estremo tentativo di riaprire uno
spiraglio di dialogo: «È il Governo che ha interrotto la trattativa
e ha deciso unilateralmente di agire in contrasto anche con noi», ha
affermato il leader della Cisl Pezzotta che si è detto pronto a decidere
lo sciopero generale se domani al consiglio dei ministri saranno decise le
modifiche all'articolo 18, ma che non sarà in piazza con la Cgil. Ma
per il segretario confederale, Raffarele Bonanni, «se il Governo vuole
dimostrare equilibrio e responsabilità deve utilizzare gli scampoli
di tempo che restano prima di portare in consiglio dei ministri la nuova proposta.
Ci sono ancora i margini per farlo». Tramonta infine l'ipotesi di inserire
nella delega ogni riferimento allo Statuto dei lavori. Tuttavia i 'centristi'
della Casa delle libertà avrebbero messo a punto una proposta da avanzare
domani in Consiglio dei ministri: inserire nel provvedimento una norma che
preveda due anni per il varo dello Statuto dei lavori. Un nuovo statuto che
quindi andrebbe
a sostituire quello dei lavoratori con l'obiettivo di estendere tutele e diritti
a chi oggi non li ha.
«Lo sciopero generale a questo punto è inevitabile», ma «dobbiamo mettere nel conto che sarà un clima sociale conflittuale, un conflitto molto diffuso e molto più lungo di una semplice giornata di mobilitazione». Lo afferma il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, il quale, conversando con i giornalisti a margine di un convegno sul lavoro promosso dalla sua organizzazione, ha osservato che «il passettino indietro del Governo sull'art. 18 è una finta». «Il Governo si è schierato - aggiunge Angeletti - dalla parte della Confindustria e cercano di convincere gli italiani che se rendono più facili i licenziamenti sarà più facile assumere». «Nessuno risponde - continua Angeletti - a questa osservazione: in trenta province italiane non c'è disoccupazione, malgrado l'art. 18, nelle altre trenta del Sud c'è una grave crisi occupazionale perché le fabbriche non ci sono. Sarà molto difficile riempirle prima che si facciano. Ciò per dire che l'art. 18 e la flessibilità non c'entrano nulla. È una questione di potere. È una richiesta di aumentare il potere delle imprese sui lavoratori che noi non possiamo e non vogliamo accettare».
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Ecco cosa succede a Modena grazie ai tagli "morattiani" per quanto
riguarda l'infanzia, articolo su La Gazzetta di Modena:
MODENA mercoledì 13 marzo 2002, S. Eufrasia «Riforma Moratti
225 bimbi restano
senza la scuola»
Il blocco degli organici previsto dalla riforma Moratti sta creando problemi
alle scuole modenesi. «La riduzione del numero di insegnanti e di personale
ausiliario - spiega l'assessore comunale all'Istruzione Morena Manfredini
- ricade negativamente sulle famiglie. L'unica sezione di materna che abbiamo
chiesto allo Stato ci è stata negata e quindi 25 bambini rischiano
di restare fuori, a meno che il Comune non supplisca al carente intervento
statale - che copre il 57 per cento della materna a livello nazionale, ma
solo il 16 per cento a Modena - facendosi carico degli oltre 250 milioni di
lire necessari per aprire una nuova sezione». Problemi si registrano
anche in provincia, dove il blocco degli organici impedisce l'istituzione
di nove sezioni di scuola dell'infanzia e mette a rischio ben 225 posti per
bambini di tre anni. Difficoltà anche negli altri ordini di scuola.
«Nelle elementari, pur col fine di assicurare le nuove sezioni di tempo
pieno, frequentate dall'85% degli alunni, verranno a mancare circa 16 insegnanti
sui progetti obiettivo che finora hanno assicurato una parte consistente della
qualità della scuola - spiega Manfredini - Scompariranno inoltre i
pedagogisti delle scuole d'infanzia statali, che finalmente lo Stato era riuscito
a darsi, scomparirà un addetto al centro formazione adulti, che ha
avuto quest'anno 1300 domande e denuncia la forte carenza di insegnati, scompariranno
i docenti assegnati alla tutela dei minori con particolari problematiche come
gli stranieri di recente immigrazione, i bambini nomadi, gli alunni con particolari
disabilità. I bambini handicappati avranno un minor numero di insegnanti
d'appoggio e saranno infine ridotte le sperimentazioni di insegnamento precoce
della lingua inglese». La riduzione di organico colpisce tutte le regioni,
ma in particolare l'Emilia, che il prossimo anno avrà 4 mila alunni
delle elementari in più. «Si vanno a ridurre gli insegnanti e
il personale ausiliario - conclude Morena Manfredini - anche nelle zone di
forte immigrazione e di ripresa della natalità proprio quando sarebbe
necessario un aumento delle risorse».
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In Emilia Romagna sciopero generale della scuola il 16 aprile contro i tagli degli organici e contro la controriforma, anche la regione si schiera a fianco degli insegnanti, notizia su Il Resto del Carlino...
Insegnanti
in sciopero
il 16 aprile BOLOGNA I sindacati confederali della scuola hanno proclamato
lo sciopero regionale per tutto il personale il 16 aprile. All'origine della
decisione la riduzione dell'organico sia del personale docente che di quello
tecnico, amministrativo e ausiliario prevista dal decreto del 19 febbraio
del Ministro Moratti in applicazione della legge Finanziaria.
Per i sindacati questi tagli rappresentano soltanto «l'inizio di una
manovra che deve portare in tre anni ad una ulteriore forte diminuzione di
insegnanti». Oltre allo sciopero resta in piedi il percorso di mobilitazione
che sarà articolato con assemblee sindacali nei luoghi di lavoro fino
al 9 maggio, incontri con gli enti locali coinvolti (regione, province e comuni),
momenti di denuncia pubblica dei servizi tagliati o non erogati (sezioni di
scuola dell'infanzia non autorizzata, classi di tempo pieno richieste dia
genitori e non attivate, tempo prolungato richiesto e non ottenuto, insegnanti
di lingua straniera).
Anche la Regione Emilia Romagna conferma la sua opposizione alla riforma «Moratti»
e si schiera decisamente coi sindacati. Da viale Aldo Moro arriva un «no
al disegno di legge Moratti» e al provvedimento che «taglia l'organico
degli insegnanti di 464 unità in attuazione all'articolo 22 della finanziaria»,
misure che «creano gravi ripercussioni sull'intero sistema dell'istruzione
regionale».
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L'Istruzione Tecnica Industraile in subbuglio: la controriforma Moratti cancella la figura del perito, articolo su La Stampa di Torino...
(Del 14/3/2002 Sezione: Torino cronaca Pag. 52)
L´ISTRUZIONE TECNICA INDUSTRIALE CANCELLATA DALLA RIFORMA I periti danno l´allarme «Non vogliamo sparire» I presidi degli Itis: «La prevista trasformazione in liceo tecnologico cancellerà una figura sempre molto richiesta dal mondo del lavoro»
Smantellare ciò che oggi dà risultati per fare un salto nel
buio. Sul fronte dell´istruzione tecnica industriale, la riforma Moratti
pare procedere in questo modo con la trasformazione dell´Itis in liceo
tecnologico e con la cancellazione della figura del perito che oggi risponde
al 70% delle richieste del mondo produttivo. Queste sono, in sintesi, le convinzioni
emerse ieri mattina al cinema Etoile, nella Conferenza provinciale degli Istituti
tecnici Industriali, promossa dall´assessore al Sistema Educativo e
Formativo della Provincia, Gianni Oliva. Sull´onda delle richieste avanzate
durante gli Stati generali della scuola di Torino, Oliva prosegue, infatti,
nel grande giro di consultazioni per permettere a presidi, docenti, studenti
e genitori di far sentire il proprio pensiero sulla legge che dovrebbe rivoluzionare
il sistema italiano dell´istruzione. All´incontro di ieri hanno
partecipato i presidi degli Itis torinesi, molti docenti e studenti, il presidente
del Collegio dei Periti, Amos Giardino, la dottoressa Paola Barbero dell´Unione
Industriale. Tutti indistintamente preoccupati per un futuro incerto. Di sicuro
c´è che col passaggio da 36 a 25 ore, scomparirebbero i laboratori.
Lo studente dovrebbe "recuperare" il collegamento col mondo del
lavoro con corsi post-diploma (Ifts o lauree brevi), allungando il tempo di
formazione. In controtendenza rispetto alle richieste del mercato. «L´istruzione
classica è importante, ma ciò non vuol dire che un uomo di cultura
debba essere senza mani», ha osservato Antonietta Campetti, preside
del "Maxwell" di Nichelino. «Il pregio dell´istruzione
tecnica attuale è mettere insieme i due aspetti, pratica e cultura.
Mi chiedo perché questo patrimonio debba scomparire. Forse per scarsa
conoscenza? Eppure, oggi noi presidi non riusciamo a tener dietro alle richieste
delle aziende. Gli stage sono diventati una preselezione». Il collega
Letterio Cassata, che dirige il «Majorana» di Grugliasco: «Non
facciamo altro che leggere titoli di giornali in cui si dice che mancano migliaia
di periti. Perché allora fare scelte che penalizzeranno ulteriormente
la realtà produttiva?». Il vice preside dell´istituto «Europa
Unita» di Chivasso, Tomaselli, ha ricordato che «oggi gli Itis
possono costruire i piani dell´offerta formativa in relazione alle esigenze
formative del territorio, dando davvero delle risposte. Ma la riforma ci toglierà
la possibilità di progettare: un fatto grave in un´area dove
dal settore auto ci si sta spostando verso il supporto alla produzione».
Il preside del «Pininfarina» di Moncalieri, Antonino Moro, ha
sottolineato che l´organizzazione degli Itis non deve essere cambiata
radicalmente, «ma può essere migliorata con piccole modifiche.
Ciò che dovrebbe davvero cambiare è lo stipendio dei docenti».
In caso contrario, come hanno sottolineato anche altri interventi, la cronica
mancanza di insegnanti di materie tecniche continuerebbe nel tempo. Numerose
le sollecitazioni degli studenti ad intraprendere iniziative per cercare di
incidere sulla riforma. Al termine della mattinata, è stata adottata
la proposta del preside del «Peano», Alfonso Lupo: «Costituire
un gruppo di esperti che possa dialogare con i politici che dovranno scrivere
i decreti attuativi della legge». L´assessore Oliva: «Prepareremo
un documento e chiederemo ai parlamentari torinesi di sostenerlo». Maria
Teresa Martinengo
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Dibattito prossimo venturo a Prato dei DS che si mostrano "preoccupati" di fornte alla controriforma Moratti...
DIBATTITO ALLA MACINE
I Ds e la riforma Moratti
PRATO. Domani sera alle ore 21,15 i Democratici di Sinistra dell'Unità
di Base Consorti-La Pietà promuovono una iniziativa al Circolo Arci
La Macine (Circoscrizione Est) sul tema «La scuola che cambia: problemi
e prospettive». Intervengono: Gerardina Cardillo, assessore provinciale
alla Pubblica Istruzione; Daniela Belliti, responsabile regionale Ds scuola;
Chiara Recchia, Autonomia Tematica Ds Risorsa Scuola; Beatrice Coppini, insegnante,
Unità di base Consorti-La Pietà. Gli interventi del Governo
sulla scuola preoccupano gli operatori del settore, i genitori e gli studenti.
I Ds fanno proprie le preoccupazioni espresse nell'ordine del giorno approvato
dal consiglio comunale il 7 marzo scorso e intendono discutere con i cittadini
i problemi e i nodi irrisolti di questa situazione anche alla luce delle ultime
dichiarazioni del Provveditore al Tirreno (9 marzo) circa la situazione a
Prato per il prossimo anno scolastico. La situazione si può riassumere
così: tempo pieno e sostegno all'handicap a forte rischio, meno classi
e assai più numerose, servizi tagliati, a cui si aggiunge il taglio
di 31 posti di insegnamento.
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E Cofferati a Treviso riconferma tutto, sciopero e manifestazione, di fronte all'irrigidimento del governo e raccoglie i consensi unanimi di tutta la base sindacale, artciolo su La Tribuna di Treviso...
«Non è cambiato nulla, sarà sciopero»
Cofferati boccia l'«apertura» di Berlusconi
«Il governo cerca lo scontro sociale»
Bagno di folla ieri in Veneto per il leader della Cgil In mille a Treviso
TREVISO. La Cgil non cambia rotta. Il vertice notturno di lunedì in
casa del premier non ha sortito alcun effetto sul sindacato. La nuova proposta
del governo, non sembra mutare la sostanza della modifica dell'articolo 18
già presentata dal ministro del Welfare. Cofferati non ha dubbi e continua
senza tentennamenti la navigazione verso la manifestazione del 23 marzo a
Roma. Il leader della Cgil l'ha confermato ieri all'Embassy di Treviso, dove
ha parlato davanti ad una platea di oltre mille sindacalisti stipati dentro
al cinema, in vista dell'appuntamento della settimana prossima. La barra della
Cgil resta ferma. Del resto non si è mai mossa fin dall'inizio, mentre
un po' alla volta pare siano gli altri a cercare traiettorie diverse.
Il governo è alla ricerca di una via d'uscita che sia meno dolorosa
possibile; Cisl e Uil, parlano una lingua sempre più simile a quella
della Cgil, mentre Antonio D'Amato, leader di Confindustria sembra l'unico
a non voler indietreggiare di un millimetro. La battaglia per la modifica
dell'articolo 18 resta la linea Maginot delle imprese: se Cofferati è
irremovibile nella difesa, di quello che considera «un diritto fondamentale
della persona», D'Amato resta convinto che solo incidendo sull'articolo
18, sarà possibile creare nuova occupazione e rilanciare l'economia.
La soluzione della vicenda non è ancora chiara, ma un po' alla volta
il gioco delle parti sembra essersi capovolto. Il Don Chisciotte dell'articolo
18 ha sempre meno il profilo di Cofferati e sempre più quello del presidente
della Confindustria.
Difficile dire come andrà a finire. Difficile prevedere fino a che
punto il governo sarà disposto ad inasprire lo scontro sociale, ma
fin d'ora è possibile immaginare che, anche se il provvedimento non
sarà ritirato, entrerà in porto molto sfumato, senz'altro alleggerito,
certamente diverso da com'è oggi.
Cofferati non sa ancora se vincerà il braccio di ferro, ma ha capito
che non sarà comunque lui a restare con il cerino in mano. Arriva a
Treviso un po' stanco per il tour de force cui è sottoposto in questi
giorni, ma sereno. Sicuro di aver imboccato la strada giusta.
E' come uno di quei pugili dati per spacciati, che sono usciti dall'angolo
del ring ed iniziano a menare di destro e di sinistro, riprendendo in mano
le redini dell'incontro.
Al gong di ieri all'Embassy ha incassato l'appoggio incondizionato della base.
Il 23 marzo dal Veneto arriveranno a Roma in più di ventimila, a bordo
di tre treni speciali e oltre 300/350 pullman. Roma sarà invasa dal
corteo anti-governativo. E ieri Cofferati, in quasi un'ora d'intervento, ha
articolato tutte le ragioni della manifestazione, spiegando come la Cgil non
scenda in piazza solo per dire no alla modifica articolo 18: «Siamo
preoccupati delle scelte che vuol fare questo governo che pratica politiche
neoliberiste e qualche volta tenta di attenuarle con populismo d'accatto»,
osserva Cofferati che punta l'indice contro le scelte del governo in tema
di fisco, previdenza, scuola e mercato del lavoro. Ma anche contro la mancanza
di una politica per il mezzogiorno: «Il governo», insiste Cofferati,
«si aspetta interlocutori arcigni e invece troverà interlocutori
sereni perché convinti della loro posizione e dell'importanza della
battaglia che a viso aperto hanno deciso di affrontare. A Roma dobbiamo essere
in numero sufficiente da far sentire la nostra presenza anche a chi volesse
chiudere gli occhi». Ma per farli aprire a tutti sui quei temi, che
per Cofferati rischiano di pregiudicare la stabilità del Paese, oltre
che i diritti dei lavoratori.
Vediamo in pillole perché. Fisco: «La legge delega è incostituzionale.
In nessun Paese esiste un prelievo così concepito. Fa cadere il principio
secondo cui chi ha di più, paga di più».
Previdenza: «Se attuata, la decontribuzione previdenziale, metterà
in crisi l'intero sistema pensionistico. Se verrà meno la quota contributiva
per i nuovi assunti, chi pagherà le pensioni in futuro?».
Scuola: «La contro-riforma Moratti ripropone la divisione in base ai
redditi e ai ceti. Ci riporta indietro di decenni. Impoverendo l'istruzione
pubblica s'impoverisce la scuola generando nuove differenze».
Mezzogiorno: «La Finanziaria non prevede una lira per lo sviluppo del
meridione. La chiave di volta è la programmazione negoziale del Mezzogiorno.
Le imprese chiedono solo vantaggi indistinti, una riduzione sistematica dei
costi, senza offrire garanzie nella qualità degli investimenti. Quello
di Manfredonia è un esempio riuscito di delocalizzazione delle imprese.
E' una strada da seguire, ma il governo non sta facendo nulla per favorire
simili interventi».
Articolo 18 e mercato del lavoro, fisco, previdenza, scuola e Mezzogiorno.
Per Cofferati rappresentano cinque buone ragioni per scendere in piazza il
23 marzo e per la proclamazione dello sciopero generale del 5 aprile «Se
il governo conferma le sue intenzioni», conclude Cofferati, «che
sono quelle di modificare l'articolo 18, significa che cerca lo scontro sociale,
allora troverà il sindacato sulla sua strada e in particolare la Cgil».
Significherà l'addio dell'unità sindacale? «Con la nostra
scelta non abbiamo messo affatto in soffitta l'unità sindacale e per
noi rimane un obiettivo importantissimo, il nostro lavoro quotidiano. Quello
che non è stato possibile nelle scorse settimane spero possa diventarlo
rapidamente nei prossimi giorni».
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