16 March, 2002

Ecco il testo del disegno di legge delega sulla scuola approvato dal consiglio dei ministri:

Consiglio dei Ministri ha approvato, nella seduta del 14.03, su proposta del Ministro dell’Istruzione e dell’Università, il disegno di legge recante delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale


Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale.

Art. 1 - (Delega in materia di norme generali sull’istruzione e di livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale)

1. Al fine di favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e dell'identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione, il Governo è delegato ad emanare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto delle competenze costituzionali delle regioni e di Comuni e Province, in relazione alle competenze conferite ai diversi soggetti istituzionali, e dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, uno o più decreti legislativi per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale.

2. Fatto salvo quanto specificamente previsto dall’articolo 4, i decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle competenti Commissioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. I decreti legislativi in materia di istruzione e formazione professionale sono emanati previa intesa con la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281.

3. Per la realizzazione delle finalità della presente legge, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca predispone, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge medesima, un piano programmatico di interventi finanziari, da sottoporre all’approvazione del Consiglio dei Ministri, previa intesa con la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, a sostegno:

a) della riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi con la loro attuazione e con lo sviluppo dell’autonomia;
b) dell’istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico;
c) dello sviluppo delle tecnologie multimediali e della alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche;
d) della valorizzazione professionale del personale docente;
e) delle iniziative di formazione iniziale e continua del personale;
f) del rimborso delle spese di autoaggiornamento sostenute dai docenti;
g) della valorizzazione professionale del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (A.T.A.);
h) degli interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto - dovere di istruzione e formazione;
i) degli interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica superiore e per l’educazione degli adulti;
l) degli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia scolastica.
4. Ulteriori disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi di cui al presente articolo e all’articolo 4, possono essere adottate, con il rispetto dei medesimi criteri e principi direttivi e con le stesse procedure, entro 18 mesi dalla data della loro entrata in vigore.

Art. 2 (Sistema educativo di istruzione e di formazione)

1. I decreti di cui all’articolo 1 definiscono il sistema educativo di istruzione e di formazione, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) è promosso l’apprendimento in tutto l’arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea;
b) sono favorite la formazione spirituale e morale, lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale ed alla civiltà europea;

c) è assicurato a tutti il diritto all'istruzione e alla formazione per almeno 12 anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età; l'attuazione di tale diritto si realizza nel sistema di istruzione e di formazione, secondo livelli essenziali di prestazione definiti su base nazionale a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione e mediante i regolamenti di cui all'articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988, n. 400 e successive modificazioni, e garantendo l'integrazione delle persone in situazione di handicap a norma della legge 5 febbraio, n. 104 e successive modificazioni. La fruizione dell'offerta di istruzione e formazione costituisce un dovere legislativamente sanzionato; nei termini anzidetti di diritto all’istruzione e formazione e di correlativo dovere viene ridefinito ed ampliato l’obbligo scolastico di cui all’articolo 34 della Costituzione, nonché l’obbligo formativo introdotto dall'articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n.144. L’attuazione graduale del diritto-dovere predetto è rimessa ai decreti legislativi di cui all’articolo 1, correlativamente agli interventi finanziari previsti a tal fine dal piano programmatico di cui all’articolo 1, comma 3, adottato previa intesa con la Conferenza unificata, e coerentemente con i finanziamenti disposti a norma dell’articolo 7, comma 6;

d) il sistema educativo di istruzione e di formazione si articola nella scuola dell’infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell’istruzione e della formazione professionale;

e) la scuola dell'infanzia, di durata triennale, concorre all’educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare un’effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto dell'orientamento educativo dei genitori, essa contribuisce alla formazione integrale delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza la continuità educativa con il complesso dei servizi all'infanzia e con la scuola primaria. E’ assicurata la generalizzazione dell'offerta formativa e la possibilità di frequenza della scuola dell’infanzia; alla scuola dell’infanzia possono iscriversi le bambine e i bambini che compiono i 3 anni di età entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento, anche in rapporto all’introduzione di nuove professionalità e modalità organizzative;

f) il primo ciclo di istruzione è costituito dalla scuola primaria, della durata di 5 anni, e dalla scuola secondaria di primo grado della durata di 3 anni. Ferma restando la specificità di ciascuna di esse, la scuola primaria è articolata in un primo anno, teso al raggiungimento delle strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali; la scuola secondaria di primo grado si articola in un biennio e in un terzo anno che completa prioritariamente il percorso disciplinare ed assicura l'orientamento ed il raccordo con il secondo ciclo; nel primo ciclo è assicurato altresì il raccordo con la scuola dell’infanzia e con il secondo ciclo; è previsto che alla scuola primaria si iscrivano le bambine e i bambini che compiono i 6 anni di età entro il 31 agosto; possono iscriversi anche le bambine e i bambini che li compiono entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento; la scuola primaria promuove, nel rispetto delle diversità individuali, lo sviluppo della personalità, ed ha il fine di far acquisire e sviluppare le conoscenze e le abilità di base fino alle prime sistemazioni logico critiche, di fare apprendere i mezzi espressivi, ivi inclusa l’alfabetizzazione in almeno una lingua dell’Unione Europea oltre alla lingua italiana, e l’alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche, di valorizzare le capacità relazionali e di orientamento nello spazio e nel tempo, di educare ai principi fondamentali della convivenza civile; la scuola secondaria di primo grado, attraverso le discipline di studio, è finalizzata alla crescita delle capacità autonome di studio ed al rafforzamento delle attitudini alla interazione sociale; organizza ed accresce le conoscenze e le abilità, anche in relazione alla tradizione culturale e alla evoluzione sociale, culturale e scientifica della realtà contemporanea; è caratterizzata dalla diversificazione didattica e metodologica in relazione allo sviluppo della personalità dell’allievo; cura la dimensione sistematica delle discipline; sviluppa progressivamente le competenze e le capacità di scelta corrispondenti alle (proprie) attitudini e vocazioni degli allievi, fornendo strumenti adeguati alla prosecuzione delle attività di istruzione e di formazione; introduce lo studio di una seconda lingua dell’Unione Europea e cura l’approfondimento nelle tecnologie informatiche; il primo ciclo di istruzione si conclude con un esame di Stato, dal quale deve emergere anche un’indicazione orientativa non vincolante per la successiva scelta di istruzione e di formazione, ed il cui superamento costituisce titolo di accesso al sistema dei licei e al sistema dell’istruzione e della formazione professionale;

g) il secondo ciclo, finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l'agire, e la riflessione critica su di essi, è finalizzato a sviluppare l’autonoma capacità di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale; in tale ambito, viene curato lo sviluppo delle conoscenze relative all’uso delle tecnologie informatiche e delle reti; il secondo ciclo è costituito dal sistema dei licei e dal sistema dell’istruzione e della formazione professionale; dal compimento del quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si possono conseguire in alternanza scuola-lavoro o attraverso l’apprendistato; il sistema dei licei comprende i licei artistico, classico, economico, linguistico, musicale, scientifico, tecnologico, delle scienze umane; i licei artistico, economico e tecnologico si articolano in indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi; i licei hanno durata quinquennale; l’attività didattica si sviluppa in due periodi biennali e in un quinto anno che prioritariamente completa il percorso disciplinare e prevede altresì l’approfondimento delle conoscenze e delle abilità caratterizzanti il profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi; i licei si concludono con un esame di Stato il cui superamento rappresenta titolo necessario per l’accesso all’università e all’alta formazione artistica, musicale e coreutica, e dà accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore;

h) ferma restando la competenza regionale in materia di formazione e istruzione professionale, i percorsi del sistema dell’istruzione e della formazione professionale realizzano profili educativi, culturali e professionali, ai quali conseguono titoli e qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione di cui alla lettera c); le modalità di accertamento di tale rispondenza, anche ai fini della spendibilità dei predetti titoli e delle qualifiche nell’Unione Europea, sono definite con il regolamento di cui all’articolo 7, comma 1, lett. c); i titoli e le qualifiche costituiscono condizione per l’accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n.144; i titoli e le qualifiche conseguiti al termine dei percorsi del sistema dell’istruzione e della formazione professionale di durata almeno quadriennale consentono di sostenere l’esame di Stato, utile anche ai fini degli accessi all’università e all’alta formazione artistica, musicale e coreutica, previa frequenza di apposito corso annuale, realizzato d’intesa con le università, e ferma restando la possibilità di sostenere, come privatista, l’esame di Stato anche senza tale frequenza;

i) è assicurata e assistita la possibilità di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei licei, nonché di passare dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione e della formazione professionale, e viceversa, mediante apposite iniziative didattiche, finalizzate all'acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta; la frequenza positiva di qualsiasi segmento del secondo ciclo comporta l'acquisizione di crediti certificati che possono essere fatti valere, anche ai fini della ripresa degli studi eventualmente interrotti, nei passaggi tra i diversi percorsi di cui alle lettere g) e h); nel secondo ciclo, esercitazioni pratiche, esperienze formative e stage realizzati in Italia o all'estero anche con periodi di inserimento nelle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi, sono riconosciuti con specifiche certificazioni di competenza rilasciate dalle istituzioni scolastiche e formative; i licei e le istituzioni formative del sistema dell’istruzione e della formazione professionale, d’intesa rispettivamente con le università, con le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e con il sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore, stabiliscono, con riferimento all’ultimo anno del percorso di studi, specifiche modalità per l’approfondimento delle conoscenze e delle abilità richieste per l’accesso ai corsi di studio universitari, dell’alta formazione, ed ai percorsi dell’istruzione e formazione tecnica superiore;

l) i piani di studio, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale, che rispecchia la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale, e prevedono una quota, riservata alle Regioni, relativa agli aspetti di interesse specifico delle stesse, anche collegata con le realtà locali.


Art. 3 - (Valutazione degli apprendimenti e della qualità del sistema educativo di istruzione e di formazione)

1. Con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate le norme generali sulla valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione e degli apprendimenti degli allievi, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) la valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli allievi del sistema educativo di istruzione e di formazione, e la certificazione delle competenze da essi acquisite, sono affidate ai docenti delle istituzioni di istruzione e formazione frequentate; agli stessi docenti è affidata la valutazione dei periodi didattici ai fini del passaggio al periodo successivo;

b) ai fini del progressivo miglioramento della qualità del sistema di istruzione e di formazione, l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli allievi e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative; in funzione dei predetti compiti vengono rideterminate le funzioni e la struttura del predetto istituto;

c) l’esame di Stato conclusivo dei cicli di istruzione considera e valuta le competenze acquisite dagli allievi nel corso del ciclo e si svolge su prove organizzate dalle commissioni d’esame e su prove predisposte e gestite dall’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione, sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento del corso ed in relazione alle discipline di insegnamento dell’ultimo anno.


Art. 4 - (Alternanza scuola lavoro)
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, al fine di assicurare agli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età la possibilità di realizzare i corsi del secondo ciclo in alternanza scuola-lavoro, come modalità di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata e valutata dall’istituzione scolastica e formativa in collaborazione con le imprese, che assicuri ai giovani, oltre alla conoscenza di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro, si provvede con apposito decreto legislativo, da emanare di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro delle attività produttive, d’intesa con la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, entro il termine di (un anno) 24 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e con le modalità di cui all'articolo 1, comma 2, sentite le associazioni comparativamente rappresentative dei datori di lavoro, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) svolgere l’intera formazione dai 15 ai 18 anni, attraverso l’alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza, o con enti pubblici e privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di lavoro;

b) fornire indicazioni generali per il reperimento e l’assegnazione delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dei percorsi di alternanza, ivi compresi gli incentivi per le imprese e l’assistenza tutoriale;

c) indicare le modalità di certificazione dell’esito positivo del tirocinio e di valutazione dei crediti formativi acquisiti dallo studente.

Art. 5 - (Formazione degli insegnanti)

1. Con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate norme sulla formazione iniziale dei docenti della scuola dell’infanzia, del primo ciclo e del secondo ciclo, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) la formazione iniziale è di pari dignità e durata per tutti i docenti e si svolge nelle università presso i corsi di laurea specialistica, il cui accesso è programmato ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge 2 agosto 1999, n. 264. La programmazione degli accessi ai corsi stessi è determinata ai sensi dell’articolo 3 della medesima legge, sulla base dei posti effettivamente disponibili in ogni regione nei ruoli organici delle istituzioni scolastiche;

b) con uno o più decreti, adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 95 della legge 15 maggio 1997, n. 127, anche in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 10, comma 2 e all’articolo 6, comma 4 del decreto ministeriale 3 novembre 1999 n. 509, sono individuate le classi dei corsi di laurea specialistica, anche interfacoltà o interuniversitari, finalizzati anche alla formazione degli insegnanti di cui alla lettera a). I decreti stessi disciplinano le attività didattiche attinenti l’integrazione scolastica degli alunni in condizione di handicap; la formazione iniziale dei docenti può prevedere stage all’estero;

c) l’accesso ai corsi di laurea specialistica per la formazione degli insegnanti è subordinato al possesso dei requisiti minimi curricolari, individuati per ciascuna classe di abilitazione nel decreto di cui alla lettera b) e all’adeguatezza della personale preparazione dei candidati, verificata dagli Atenei;

d) l’esame finale per il conseguimento della laurea specialistica di cui alla lettera a) ha valore abilitante per uno o più insegnamenti individuati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

e) coloro che hanno conseguito la laurea specialistica di cui alla lettera a), ai fini dell’accesso nei ruoli organici del personale docente delle istituzioni scolastiche, svolgono, previa stipula di appositi contratti di formazione lavoro, specifiche attività di tirocinio. A tal fine e per la gestione dei corsi di cui alla lettera a), le università definiscono nei regolamenti didattici di ateneo l’istituzione e l’organizzazione di un’apposita struttura di ateneo per la formazione degli insegnanti, cui sono affidati, sulla base di convenzioni, anche i rapporti con le istituzioni scolastiche;

f) le strutture di cui alla lettera e) curano anche la formazione in servizio degli insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutorato e di coordinamento dell’attività educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche e formative.

Art. 6 - (Regioni a statuto speciale e Province autonome di Trento e Bolzano)

1. Sono fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti e relative norme di attuazione nonché alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3.

(Art. 6) Art. 7 - (Disposizioni finali e attuative)
1. Mediante uno o più regolamenti da adottare a norma dell’articolo 117 sesto comma della Costituzione e dell’articolo 17 comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400, (sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281 e le Commissioni parlamentari competenti, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche,) sentite le Commissioni parlamentari competenti, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, si provvede:

a) alla individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento, alle discipline e alle attività costituenti la quota nazionale dei piani di studio, agli orari, ai limiti di flessibilità interni nell’organizzazione delle discipline,

b) alla determinazione delle modalità di valutazione dei crediti scolastici;

c) alla definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti all’esito dei percorsi formativi, nonché per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici.

2. Le norme regolamentari di cui al comma 1, lettera c), sono definite previa intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni di cui al decreto legislativo n. 281 del 1997.

3. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca presenta ogni tre anni al Parlamento una relazione sul sistema educativo di istruzione e di formazione professionale.

4. Dall'anno scolastico 2002/2003 possono iscriversi, compatibilmente con la disponibilità dei posti e delle risorse finanziarie dei Comuni, secondo gli obblighi conferiti dall'ordinamento e nel rispetto dei limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità, al primo anno della scuola dell’infanzia i bambini che compiono i 3 anni di età entro il 28 febbraio 2003. (Analogamente) Possono iscriversi al primo anno della scuola primaria i bambini e le bambine che compiono i sei anni di età entro il 28 febbraio 2003. Le ulteriori anticipazioni, fino alla data del 30 aprile di cui all’articolo 2, comma 1, lettere e) ed f), sono previste dai decreti legislativi di cui all’articolo 1, sulla base delle risultanze emerse dall’applicazione della presente legge.

5. Agli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo 2, comma 1, lettera f) e dal comma (3) 4 del presente articolo, limitatamente alla scuola primaria statale, valutati in 12.731 migliaia di euro per l’anno 2002, 45.829 migliaia di euro per l’anno 2003 e in 66.198 migliaia di euro a decorrere dall’anno 2004, si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

6. All’attuazione del piano programmatico di cui all’articolo 1, comma 3, si provvede, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria, in coerenza con quanto previsto dal documento di programmazione economica e finanziaria.

7. I decreti legislativi attuativi della presente legge, che comportano oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, hanno attuazione coerentemente con i finanziamenti disposti a norma del comma 5.

8. Con periodicità annuale il Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca ed il Ministero dell’economia e delle finanze procedono alla verifica degli oneri effettivamente sostenuti, in relazione alla graduale attuazione della riforma, a fronte delle somme stanziate annualmente in bilancio per lo stesso fine. Le eventuali maggiori spese dovranno trovare copertura ai sensi dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

9. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

10. La legge 10 febbraio 2000, n. 30 è abrogata.


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Il Manifesto appare subito critico nei confronti dei ritocchi:

I ritocchi non convincono
Studenti e sindacati: "Sarà battaglia". Berlinguer: "Discussione in parlamento"
CI.GU.

Tavoli tecnici, incontri, consultazioni. E alla fine una "nuova" legge delega al governo per l'ormai famosa riforma Moratti. Eppure i leggeri ritocchi apportati non convincono nessuno. A promettere battaglia sono innanzitutto gli studenti: "non possiamo accettare una legge calssista e autoritaria - afferma Claudia Pratelli dell'unione degli studenti - che mantiene intatto un sistema duale e dedica a quelli che "sono rimasti indietro" come ama dire Berlusconi, un sistema di formazione che è evidentemente caratterizzato da un più basso livello culturale rispetto ai "licei"". Già all'erta anche per la prossima approvazione della rifroma sugli organi collegiali, gli studenti dell'Uds danno appuntamento in piazza il 23 marzo e per l'appuntamento hanno costruito un sito e una infoline (www.23marzo.it e 06/4402359). Ma i coltelli si affilano anche sull'altro punto cruciale, e cioè che la riforma della scuola sarà portata avanti con una legge delega "complementare alla legge delega sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori - non manca di notare Enrico Panini, segretario della Cgil scuola - per questo rialzeremo il livello della nostra iniziativa. Stiamo raccogliendo centinaia di firme per chiedere di discutere la riforma (tra gli altri hanno già aderito Moni Ovadia, Giorgio Bocca e Margherita Hack, ndr) e presidieremo il parlamento durante il passaggio alla camera". Che la riforma sia discussa in parlamento è anche quello che chiede lo Snals. Preoccupata anche Daniela Colturani della Cisl scuola: "Stiamo facendo una strenua battaglia per impedire l'ingresso anticipato a scuola. ora questa faccenda dell'avvio dell'anticipo solo nei comuni che hanno le strutture adeguate mi sembra un'enormità, un vero schiaffo alla possibilità per tutti di accedere alla stessa qualità dell'istruzione".
Sulla necessità di fermare la riforma Moratti torna ad intervenire l'ex ministro dell'istruzione, Luigi Berlinguer: "Nonostante le manifestazioni di studenti, insegnanti e genitori il governo insiste con la riforma. Che continua a partorire il topolino, velenoso però. non c'è nessuna riforma, solo un ritorno al passato. Il punto centrale resta la riduzione dell'offerta formativa. meno organici, meno ore, meno anni di obbligo. Sull'estensione dell'obbligo scolastico faremo una battaglia durissima in palramento. E durissimo è anche Piero Bernocchi, che parla di una riforma "disastrosa" e stigmaitzza "l'assenza dell'obbligo scolastico non solo a 18, ma neanche a 16 anni" nonché "la privatizzazione regionalistica dell'intero sistema della formazione, che renderà questo canale completamente asservito agli interessi delle imprese". Per questo invita "a partecipare in modo convinto allo sciopero generale, ma anche alla manifestazione nazionale per la difesa della scuola pubblica che organizzeremo a maggio". Mentre Rifondazione promette di portare in piazza il no alla riforma fin dal 23 marzo: "Dopo mesi di mobilitazioni da parte del corpo docente, degli studenti e dei lavoratori del settore contro questa riforma, segno tangibile del malessere diffuso nella scuola - dichiara Titti De Simone - la Ministro Moratti rimane cieca alle richieste di un confronto ampio, democratico e plurale".
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Sempre su Il Manifesto la c ritica dell'ANCI, l'associazione dei comuni, che ha visto stravolgere il proprio emendamento:

Riforma con il trucco
Il consiglio dei ministri approva una nuova legge delega sull'istruzione, dopo un lungo lavoro con gli enti locali. Ma gli emendamenti non sono quelli concordati e i comuni insorgono: "A questo punto, diamo parere negativo". Il testo dovrebbe approdare in parlamento alla fine del mese " CINZIA GUBBINI - ROMA

Il testo di riforma della scuola, approvato dal Consiglio dei ministri, ha stravolto l'emendamento presentato dall'Anci (accolto dal ministro) che aveva consentito un parere criticamente positivo dell'Associazione nazionale dei comuni italiani in conferenza unificata. E' grave che un impegno di governo assunto nella conferenza venga poi disatteso. Pertanto la nostra posizione è fortemente critica e negativa sulla riforma varata dall'esecutivo". Non poteva esserci miglior benvenuto alla nuova versione della legge delega con cui il governo intende approvare l'ormai arcinota riforma Moratti sulla scuola. Ma cosa è successo? Dopo l'approvazione della legge delega sulla riforma scolastica da parte del consiglio dei ministri (il 1 febbraio) regioni province e comuni imposero alcune modifiche: riconoscere un ruolo più operativo agli enti locali - che più volte si erano lamentati di non essere stati ascoltati - e trovare una soluzione per rispetto agli ingressi anticipati dei bambini nelle scuole dell'infanzia e nelle scuole elementari. Molti comuni, infatti, denunciavano l'impossibilità di accogliere una simile richiesta. Mancano gli edifici e mancano soprattutto i soldi, visto che l'ultima finanziaria impedisce ai comuni di spendere più del 6% rispetto al bilancio del biennio precendente. Alla fine si giunse ad un accordo in conferenza unificata (che raccoglie regioni, comuni e province). Per la verità le regioni di centrosinistra espressero un parere negativo, l'Anci approvava il testo "criticamente" e anche le province eranno abbastanza perplesse. Il ministero riuscì a strappare un "sì" ai comuni solo grazie all'articolo 7, quello che stabilisce l'ingresso anticipato dei bambini alla scuola dell'infanzia e alla scuola elementare "compatibilmente con la disponibilità dei posti e delle risorse finanziare dei comuni". Ma dopo doveva essere specificato che gli oneri finanziari sarebbero stati a carico delle regioni e dello stato. Questo punto è sparito, ed ecco spiegata la marcia indietro dell'Anci. Ma aldilà di questo pasticcio, quali sono i principali cambiamenti del nuovo testo della legge delega? Il punto essenziale riguarda il riconoscimento alla conferenza stato-regioni dell'"intesa" su tutti i decreti delegati che riguarderanno il canale dell'istruzione-formazione, un vago ripristino del termine "obbligo scolastico", e la faccenda dell'ingresso anticipato a scuola modulato sulle capacità di risposta dei comuni. Per il resto è tutto esattamente come prima. Rimane la divisione tra istruzione e formazione e la possibilità di scegliere anche tra scuola e lavoro. Rimane la scelta dei canali a 13 anni e mezzo. E, finalmente, è definitivamente chiarito che l'obbligo scolastico sarà di otto anni: l'articolo 2, infatti, spiega che l'obbligo stabilito dall'articolo 34 della costituzione (cioè 8 anni si istruzione) sarà "ridefinito e ampliato nei termini di diritto all'istruzione e formazione e correlativo dovere".
"Mi chiedo come farà il ministro a portare avanti una riforma che è duramente contestata, nel merito, non solo dalle regioni di centro-sinistra, che sono organi istituzionali e con cui il minisetro dovrà necessariamente confrontarsi. Ma soprattutto quando c'è un'opinione pubblica palesemente contraria", riflette Adriana Buffardi, coordinatrice in seno alla conferenza stato-regioni degli assessori all'istruzione. Ma anche tra gli assessori comunali si respirano molte perplessità. "Siamo rassicurati dalla possibilità di avviare le iscrizioni scolastiche anticipate gradualmente - spiega l'assessore alla cultura di Torino, Paola Pozzi - ma questo apre un futuro problematico: se la legge prevederà questa possibilità, e noi non potremo offrire il servizio, come la prenderanno i cittadini?". E questa non è la sola perplessità: "Durante i tavoli tecnici l'ufficio legislativo del ministero ha preso molti impegni con noi - continua Pozzi - Ad esempio: ci hanno assicurato che rimarrà il tempo pieno, e che anche l'orario del pasto sarà considerato "tempo scuola". Ma nella legge delega non si entra nel merito. Dobbiamo prestare ancora molta attenzione". In effetti, il governo tira brutti scherzi.

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Ecco la posizione di tuttoscuola... E' utile andare a vedere la url del documento sul disegno di legge perché sono evidenziati i cambiamenti.

Numero speciale

N. 42, 15 marzo 2002


SOMMARIO

1. Riforma Moratti: varato il testo da inviare alle Camere
2. Piani di studio: salva l'autonomia scolastica
3. La ridefinizione dell'obbligo scolastico e formativo
4. Il peso crescente delle Regioni, dal "parere" all'"intesa"
5. I Comuni e gli anticipi di iscrizione "vincolati"
6. Costi dell'ingresso anticipato, il dubbio continua
7. Dimissionato il consiglio dell'INDIRE (ex-BDP)
8. ENAM: i direttori didattici dentro o fuori?

1. Riforma Moratti: varato il testo da inviare alle Camere

Il Consiglio dei ministri del 14 marzo ha approvato definitivamente il
disegno di legge per la riforma del sistema di istruzione e di
formazione, dopo l'esame preliminare svolto il 1° febbraio (v.
TuttoscuolaNEWS n.36).
Ne riportiamo in allegato il testo completo (
http://www.tuttoscuola.com/ts_news_42-1.rtf ) nel quale, per
facilitare il raffronto con quello presentato un mese fa, abbiamo
evidenziato le variazioni piu' significative.
L'impianto della riforma e' confermato, nessun ripensamento. Le parole
soppresse (nell'allegato barrate) sono pochissime, a riprova che la
sostanza della proposta non e' stata modificata. Ad esempio, si voleva
la legge-delega, e legge-delega sara'. Si volevano gli anticipi di
iscrizione, e anticipi ci saranno (sin dal prossimo anno scolastico),
e cosi' via.
La aggiunte (in grassetto) sono un po' piu' numerose, a conferma che,
soprattutto sul versante dei rapporti istituzionali con Regioni e
Comuni, il Governo ha dovuto fare riconoscimenti, prevedere momenti
concertativi. Gli emendamenti aggiuntivi sono in buona misura la
conseguenza del nuovo articolo 117 della Costituzione che ha
introdotto competenze concorrenti tra Stato e Regioni anche in materia
di istruzione.
Ma vediamo quali sono i principali cambiamenti e soprattutto cerchiamo
di evidenziare le ragioni che li hanno ispirati.


2. Piani di studio: salva l'autonomia scolastica

La precedente formulazione del testo di disegno di legge a proposito
di piani di studio (art. 2 lett. l) aveva completamente ignorato il
ruolo delle istituzioni scolastiche autonome nell'individuazione delle
quote di curricolo, sollevando non poche critiche.
Si parlava infatti del nucleo fondamentale nazionale (rispecchiante la
cultura, le tradizioni e l'identita' nazionale) e di una quota
riservata alle Regioni per gli aspetti di interesse specifico, ma
della quota riservata alle istituzioni scolastiche non si diceva
assolutamente nulla. Un tentativo di svuotare l'autonomia scolastica o
una involontaria svista?
Il nuovo testo toglie il dubbio e in premessa alla definizione del
piano di studio inserisce un tranquillizzante "nel rispetto
dell'autonomia delle istituzioni scolastiche", che rassicura circa la
conferma dell'attuale sistema autonomistico delle scuole. Ma quale
sara' il rapporto percentuale tra le quote di curricolo di cui saranno
titolari i tre soggetti istituzionali (Stato, Regione e istituzione
scolastica)? Saranno i decreti legislativi di attuazione a stabilirlo.


3. La ridefinizione dell'obbligo scolastico e formativo

Un altro punto che era stato nelle scorse settimane al centro delle
polemiche era quello riguardante l'obbligo scolastico e formativo
(art. 2, lett.c).
Nella precedente versione del testo del ddl veniva sancito il diritto
all'istruzione e alla formazione per almeno 12 anni, ma si sfumava sul
conseguente obbligo, affermando che si trattava comunque di un dovere
"legislativamente sanzionato". Una formulazione in burocratese che
aveva dato adito a interpretazioni contrastanti.
Il nuovo testo contiene ora un ampio emendamento integrativo che
chiarisce come i 12 anni di diritto all'istruzione e formazione sono
anche 12 anni di obbligo.
L'obbligo scolastico previsto dalla Costituzione ("almeno 8 anni") ed
elevato a 9 anni complessivi con la legge n. 9 del 1999 viene
ridefinito nella sua natura: diventa un obbligo di frequenza a scuola
per tutti per 8 anni e un successivo obbligo differenziato -
scolastico o formativo - per i successivi 4 anni: un totale di
diritto-dovere di istruzione e/o formazione per almeno 12 anni.
Il disegno di legge prevede la graduale attuazione di questo
diritto-dovere attraverso i decreti legislativi e il piano
programmatico di interventi finanziari definiti d'intesa con la
Conferenza delle Regioni. La sfida vera sara' quella di tradurre
queste affermazioni di principio in misure di accompagnamento capaci
di ridurre concretamente il fenomeno della dispersione scolastica, che
soprattutto in alcune aree del paese sembra essere un male endemico
(un dato per tutti: a Napoli sfiora il 20%).


4. Il peso crescente delle Regioni, dal "parere" all'"intesa"

Nelle versione di febbraio il testo del disegno di legge Moratti, a
proposito di rapporti istituzionali, si limitava a prevedere in vari
passaggi un "sentite le Regioni" che sembrava il massimo di apertura
concesso dal Centro verso il territorio.
Ora non e' piu' cosi'. Il "sentite" e' stato sostituito da un
"d'intesa con", dal significato ben diverso.
La logica dell'articolo 117 sulle materie di legislazione concorrente
per Stato e Regioni prevede che, anche in materia di istruzione, le
scelte siano concordate in una condizione di parita'.
Cosi', ad esempio, i decreti legislativi in materia di istruzione e
formazione professionale saranno emanati "previa intesa" con la
Conferenza delle Regioni (art. 1). Allo stesso modo il piano
programmatico di interventi finanziari sara' definito "previa intesa"
(art. 1 e 2); cosi' sara' anche per il decreto legislativo per la
realizzazione dell'alternanza scuola-lavoro (art. 4).
Solamente quando la competenza dello Stato e' esclusiva in materia di
istruzione, le Regioni saranno soltanto "sentite", come segno di buon
vicinato (come e' previsto, ad esempio, nell'emanazione dei decreti
legislativi sulle norme generali sull'istruzione, che e' competenza
esclusiva dello Stato).
Questa apertura complessiva del testo di disegno di legge verso il
sistema regionale non e' bastata tuttavia a far ottenere il parere
favorevole di tutte le Regioni, dal momento che, come e' noto, il
gruppo delle sei regioni "uliviste" ha espresso parere contrario alla
proposta governativa.


5. I Comuni e gli anticipi di iscrizione "vincolati"

Come avevamo anticipato nella scorsa edizione (vedi TuttoscuolaNEWS n.
41 dell'11 marzo), i Comuni e le Comunita' montane hanno ottenuto
innanzitutto il riconoscimento politico e istituzionale (art. 1) che,
sulla base dei nuovi articoli costituzionali, legittimamente
invocavano; ma anche - piu' pragmaticamente - alcune garanzie per
l'attuazione degli anticipi di iscrizione alla scuola dell'infanzia e
alla scuola primaria.
All'art. 7 del disegno di legge e' stato infatti inserito, su loro
richiesta, che gli anticipi di iscrizione avvengano "compatibilmente
con la disponibilita' dei posti e delle risorse finanziarie dei
Comuni, secondo gli obblighi conferiti dall'ordinamento e nel rispetto
dei limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilita'".
Quello che puo' sembrare un aspetto meramente finanziario e
organizzativo contiene invece anche un elemento di rilevanza politica
e istituzionale, perche' la compatibilita' di posti e di risorse
assegna un ruolo rilevante ai Comuni, che si inseriscono come
"authority" nell'organizzazione scolastica.
C'e' da precisare tuttavia che l'eventuale intervento dei Comuni
riguardera' solamente l'aspetto logistico degli anticipi di
iscrizione, conseguente alla eventuale necessita' di nuove aule o
nuove strutture. Ovviamente nei casi di iscrizioni che vengono
assorbite all'interno delle sezioni o delle classi gia' costituite il
problema di oneri aggiuntivi e di compatibilita' di posti non si pone.
Resta invece rimandata la questione che piu' da vicino interessa le
famiglie degli "anticipazionisti": quando ci si deve iscrivere per il
prossimo anno? Con tutta probabilita', solo a legge definitivamente
approvata (giugno-luglio?) il ministero potra' riaprire le iscrizioni
alle prime classi di primaria e a quelle della scuola dell'infanzia
per i nati entro il 28 febbraio.


6. Costi dell'ingresso anticipato, il dubbio continua

Chi ha seguito in questi mesi la nostra newsletter sa che riguardo
alla stima dei costi necessari per l'anticipo alle elementari avevamo
avanzato il dubbio che gli oneri per l'intera operazione potessero
essere sensibilmente piu' elevati di quanto riportato nel disegno di
legge governativo (vedi TuttoscuolaNEWS n. 36 del 4 febbraio).
Ricostruendo i calcoli fatti dal MIUR, sembrava che essi nello stimare
l'onda anomala generata dagli ingressi anticipati nella scuola
dell'obbligo non includessero i bambini provenienti dalle materne
private.
Il nuovo testo sembra confermare la fondatezza dei dubbi avanzati da
Tuttoscuola. Se infatti nelle disposizioni finali e transitorie del
disegno di legge (art. 7), le cifre sono state confermate, e' stato
inserito un inciso - "limitatamente alla scuola primaria statale" -
che non avrebbe avuto ragione di esser fatto se non ci fosse stata
qualche anomalia in quei conteggi. Peraltro il senso dell'emendamento
risulta abbastanza ermetico e i dubbi a questo punto restano. Ma
continuiamo ovviamente ad augurarci che le previsioni di spesa siano
sotto controllo.


7. Dimissionato il consiglio dell'INDIRE (ex-BDP)

Come era gia' avvenuto a settembre con l'INVALSI, l'Istituto nazionale
per la valutazione del sistema di istruzione (ex-CEDE), ora anche il
consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale di documentazione
per l'innovazione e la ricerca educativa, INDIRE (ex-BDP), e' stato
cortesemente invitato a rinunciare al mandato.
In applicazione del criterio dello spoil system, Lucio Guasti,
presidente dell'istituto fiorentino, ha ricevuto nei giorni scorsi una
telefonata da viale Trastevere con la quale gli e' stato chiesto di
rassegnare, insieme agli altri consiglieri, il mandato ricevuto dal
precedente Governo nel marzo 2001, possibilmente entro la fine del
corrente mese. Il consiglio di amministrazione, gia' convocato in via
ordinaria per il 22 marzo, procedera' di conseguenza.
Il cda dell'INDIRE, formato, oltre che dal prof. Guasti, dalla
Prof.ssa Fiorella Farinelli, dal maestro Mario Lodi, dal Prof.
Francesco Palumbo e dal Prof. Giuseppe Tognon, avrebbe dovuto rimanere
in carica per un triennio, fino cioe' al 2004.


8. ENAM: i direttori didattici dentro o fuori?

Proprio mentre si conclude lo scrutinio delle votazioni per l'elezione
del Consiglio nazionale dell'Enam, l'Ente di assistenza magistrale (in
allegato i risultati http://www.tuttoscuola.com/ts_news_42-3.doc ) con
attribuzione del seggio per direttori didattici alla lista della
Cisl-scuola, prende consistenza la voce che i direttori didattici non
debbano essere piu' assoggettati alle ritenute sullo stipendio che per
legge essi, come i docenti di materna ed elementare, debbono
rilasciare a favore dell'Ente.
La notizia e' riportata dall'Associazione nazionale presidi che sul
proprio sito (www.anp.it) riferisce dell'iniziativa adottata da alcuni
direttori didattici (e alla quale l'Enam non si opporrebbe) di
chiedere la sospensione delle ritenuta (0,80% sullo stipendio) a
partire da quando sono diventati dirigenti scolastici (1° settembre
2000).
La perdita del requisito di socio di diritto avvenne alcuni anni fa
anche nei riguardi degli ispettori del settore elementare, quando
diventarono dirigenti. Potrebbero quindi subire la stessa sorte i
direttori didattici diventati a loro volta dirigenti scolastici.
Se davvero il requisito di socio per legge fosse venuto a mancare, vi
sarebbero diverse conseguenze, a cominciare dai contributi versati in
questi 18 mesi che risulterebbero non dovuti. Per i circa 3.500
direttori didattici si tratterebbe mediamente di almeno 600 mila lire
pro capite versate a cui se ne aggiungerebbero almeno altre 200 mila
di arretrato per il recente contratto di dirigenti, per un incasso a
favore dell'Enam di quasi 3 miliardi di vecchie lire, cioe' 1,5
milioni di euro.
Altra conseguenza riguarderebbe la recente elezione per il Consiglio
nazionale dell'Ente. Se il requisito di socio dell'Enam e' cessato fin
dal 1° settembre 2000, perche' si sono svolte ugualmente le votazioni
per riservare ai direttori didattici un seggio nel consiglio di
amministrazione? Si tratterebbe di votazioni nulle limitatamente alla
componente direttiva?
In tal caso (tutto da dimostrare) quel seggio che non avrebbe dovuto
essere assegnato rimarrebbe vuoto o spetterebbe, a compensazione, alla
componente docente con prospettiva di assegnazione alla lista prima
esclusa?

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Posizione della cgil di Trento in assemblea pubblica:

Legge delega sulla scuola, il no della Cgil
«Raccogliamo firme contro la Moratti»

eli.b.

TRENTO. «Di qualità, pubblica e laica». Questa è la scuola che vorrebbe la Cgil, un modello lontano da quello proposto dal governo. Per questo la Cgil sta raccogliendo firme da portare alla manifestazione nazionale che si terrà il prossimo 23 marzo a Roma. E anche per questo ha proclamato lo sciopero generale del 5 aprile. Se ne è parlato ieri nel pomeriggio di riflessione e dibattito sulla scuola "tra riforme e controriforme" che si è tenuto al liceo psico-socio-pedagogico "Rosmini". Gabriella Giorgetti della segreteria nazionale della Cgil Scuola ha spiegato i vari motivi di preoccupazione suscitati dal progetto Moratti a cominciare dalla scelta di una legge delega. Accanto allo stralcio dell'articolo 18, la Cgil promuove una petizione al Parlamento sul ritiro della delega «perché la riforma del sistema dell'istruzione deve passare attraverso un ampio dibattito che coinvolga le forze politiche, il mondo della scuola e le forze sociali. Invece la legge delega sulla scuola proposta dal governo affida a decreti del Ministro dell'istruzione il futuro della scuola sottraendole gli spazi di autonomia e impedendo una larga ed effettiva partecipazione alla sua riforma e ai successivi atti applicativi».
La Cgil, entrando poi nei contenuti del disegno di legge delega, afferma: «La scuola del centro destra si pone quale unico obiettivo la restaurazione del modello selettivo: a 14 anni, o addirittura prima in caso di anticipo, si separa il percorso liceale (statale) dal canale della formazione (regionale). Una scelta precoce, sostanzialmente determinata dalle caratteristiche socioculturali delle famiglie di provenienza, tra il canale dell'eccellenza, per chi è destinato agli studi universitari e alle fasce alte del mercato del lavoro, e il canale della preparazione al lavoro per l'area del disagio scolastico, cui si prospetta un destino formativo e lavorativo inferiore e subalterno
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De Mauro a Cagliari espone il suo punto di vista sulla legge delega:


«Ma non è una riforma»
L'ex ministro contro la legge Moratti sulla scuola


«La legge Moratti sulla scuola prevede deleghe a scatola vuota mentre ritengo che se ne debba parlare in Parlamento», lo ha detto l'ex ministro della Pubblica istruzione, Tullio De Mauro a Cagliari al convegno dei linguisti.
Il professor De Mauro ha espresso perplessità sia sulle deleghe di quella che non ama chiamare «Riforma» ma «Legge Moratti» sia su alcuni aspetti pregnanti della nuova norma. «Mi sembra, ma mi auguro sia solo un'impressione, che scompaia il riferimento all' obbligo scolastico, cioè vi sia un abbassamento dell' obbligo e questo in controtendenza con le esigenze della società».
Sui programmi usciti dalla cosiddetta «bozza Bertagna» (e sulla quale il governo ha sospeso il giudizio), inoltre, l'ex ministro, che ha lavorato a suo tempo a integrare la riforma Berlinguer, ha osservato che «sono una scatola vuota per ora, e ritengo sia un male che non se ne parli, che non vi sia un confronto così come è già avvenuto, ad esempio, sin dal periodo della Falcucci, e il lavoro svolto per i programmi del biennio e delle superiori». Infine sull'Università De Mauro si è detto favorevole al mantenimento del «3+2», cioè dei tre anni di base più due di specializzazione: «Può essere ragionevole ma ciò richiede risorse economiche aggiuntive che invece mi pare vengano tagliate».
De Mauro si è detto disponibile, con alcuni distinguo, a far parte della task force «anti-burocratese», composta da linguisti, proposta dal ministro della Funzione pubblica, Franco Frattini, che nei giorni scorsi si è auspicato che lo stesso professor De Mauro ne possa far parte.
«Sino a oggi non sono stato contattato ufficialmente per partecipare al Gruppo, l'ho appreso dalla stampa e mi pare che l'idea, non nuova, sia ottima. Naturalmente una proposta di tal genere dovrei vagliarla e sarei disponibile in base, però, al progetto che si desidera portare avanti e agli esperti che verranno coinvolti». La Commissione dovrebbe in sostanza riscrivere in un italiano chiaro e comprensibile gli avvisi, le comunicazioni, gli atti, i bandi della Pubblica amministrazione in una lingua non farraginosa o criptica. «È da tempo che vi è una battaglia per rendere più chiaro il burocratese - ha spiegato De Mauro - ricordo già il Governo Ciampi, il ministro della Funzione pubblica Sabino Cassese che svolse un gran lavoro col "codice di stile", ma anche l'impegno dei gruppi di lavoro dei diversi ministri, come Bassanini e Urbani».

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Proposta di autoconvocazione per professori, genitori e studenti da un professionale di Mestre, notizia su La Nuova Venezia...

LA PROPOSTA DI UN PRESIDE
«Autoconvochiamoci per difenderci»

m.z.

MESTRE. Un'autoconvocazione contro i tagli, il preside del Istituto professionale Mozzoni di Mestre lancia l'appello. «E' possibile una risposta civile per unire studenti, genitori, docenti, Ata e dirigenti scolastici in un'unica catena umana per la difesa della scuola pubblica», scrive Walter Rosato in una lettera aperta. «Un'iniziativa spontanea e autoconvocata che coinvolga forze diverse, consapevoli che la scuola è patrimonio di tutti».
Un patrimonio che si smantella per via amministrativa, dice Rosato. «La riduzione degli organici rischia di apparire una pura questione sindacale. Non è così», scrive. «Le disposizioni del ministro stabiliscono il blocco del tempo pieno e prolungato, la riduzione dell'insegnamento dell'inglese nella scuola elementare, l'azzeramento dell'organico funzionale nella scuola superiore. Cioè, ridimensiona drasticamente l'autonomia di sperimentazione, ricerca e sviluppo delle scuole». L'autonomia scolastica, insomma. «Pur senza cancellare le norme che la prevedono: in teoria si può prevedere di aumentare il numero delle classi, si può sperimentare l'insegnamento dell'inglese in prima elementare. Ma se, una volta elaborato il percorso, non c'è l'organico per attuarlo, il modello di scuola possibile è uno solo. E lo determina chi regge i cordoni della borsa». Un modello di scuola simile a quello immaginato dalla riforma Moratti. «Si sta imponendo la riduzione del tempo scuola che anticipa la proposta Bertagna: 25 ore per tutti; il resto, per chi può permetterselo, è a pagamento». «Questo decreto un merito almeno ce l'ha», conclude Rosato. «Sbugiarda le promesse elettorali del Presidente del Consiglio: delle tre I che campeggiavano un anno fa sui suoi manifesti, Inglese e Informatica sono state cancellate. Resta l'Impresa: e difatti con questi organici sarà già un'impresa fare scuola. Figuriamoci aiutare chi è rimasto indietro».

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E a Voghera il social forum decide di scendere in piazza il 23 marzo con tutti ilavoratori e di scioperare il 5 aprile... (notizia su La Provincia Pavese)

Il Social forum va in piazza
Sì alla manifestazione per l'articolo 18

e. b.

VOGHERA. I militanti del Voghera social forum, fatto il punto della situazione l'altra sera al centro Adolescere, si preparano a nuove mobilitazioni. Due i fronti di lotta: la manifestazione nazionale del 23 marzo a Roma e lo sciopero generale del 5 aprile, che i coordinatori del movimento vogherese auspicano possa essere «il più generalizzato possibile». Ad ottenere l'appoggio del Vsf è anche la Camera del lavoro di via XX Settembre che è pronta a portare in scena inziative a sostegno dei diritti dei lavoratori. «La situazione sociale e politica che stiamo vivendo - ricordano i coordinatori del Social forum - presenta aspetti di degenerazione, mentre si ampliano i segnali di reazione e dissenso: per questo è necessaria la partecipazione, non solo per riempire le strade ma anche per comprendere le attuali devianze della politica». L'obiettivo? «Anzitutto costruire un fronte unico per la ferma e decisa difesa dell'art. 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori. Con la stessa tenacia é anche necessario opporsi alla selvaggia legge sull'immigrazione Bossi-Fini (già approvata al Senato), alle norme che tendono a ridimensionare le leggi sulla tutela ambientale, alle logiche di "industrializzazione" della scuola insite nella riforma Moratti dai contenuti imprenditoriali. Bisogna poi dare battaglia per avere regole chiare sul versante dell'informazione radio-televisiva e perché si riaffermi il significato di democrazia e legalità». Il Voghera social forum lancia un appello: «Invitiamo i cittadini - dice - a partecipare a tutte le iniziative in agenda a livello nazionale e locale». I militanti del movimento "antiglobal" promettono «un'opera di sensibilizzazione a 360 gradi per ridare vigore alla lotta contro la globalizzazione».

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