26 May, 2002

Un articolo su la Nuova di Venezia esprime il disagio "economico" dei commissari interni e fa il punto sugli esami di stato, ma non dice che in realtà il disagio economico viene dal fatto che senza la adeguata copertura finanziaria, solo la metà circa dei compensi attuali potrà essere pagata...

Ministero senza soldi per la maturità
Protestano i prof a pochi giorni dal via alle prove
Un esercito di 17 mila studenti verso gli esami
L'anno scorso promozioni vicine al cento per cento


MESTRE. Poco più di 15 giorni all'alba. L'8 giugno termineranno le lezioni per migliaia di studenti veneziani. Alcuni potranno andare in vacanza, altri, oltre 17mila, dovranno sudare ancora sui libri per sostenere gli esami di fine ciclo. Manca meno di un mese all'avvio delle prove delle maturità (19 giugno) e già scoppiano i primi allarmismi. A lanciarli sono i commissari d'esame che si vedranno decurtare il compenso rispetto allo scorso anno. In finanziaria, infatti, sono stati stanziati appena 40 milioni di euro, 77 miliardi della vecchie lire, ossia la metà di quanto servirebbe, per il tour de force di fine anno. Gli istituti non hanno avuto ancora nessuna comunicazione ufficiale, l'allarme è stato diffuso dai siti internet dei sindacati.
Sono i siti che regolarmente i presidi consultano per ottenere informazioni attendibili. Ecco quanto il ministro Letizia Moratti è disposto a pagare: ai presidenti di commissione poco più di 1000 euro (2 milioni 233mila lire), ai commissari 366 euro, lo stesso che lo scorso anno ricevevano i membri interni. «Eppure con la nuova maturità - spiegano alcuni presidi veneziani - i compiti e le responsabilità dei commissari e dei presidenti aumentano in modo consistente».
Un piano, quello della Moratti, che si potrà attuare solamente se il ministero dell'Economia decidesse di riaprire le casse e di aumentare il budget inserito nella Finanziaria. «Sono fatti aleatori - spiega Domenico Ticozzi, preside dell'istituto tecnico per informatici Zuccate - L'errore è stato fatto in partenza: queste sono conseguenze di una legge creata con criteri ragionieristici, che nulla hanno a che vedere con gli esami e con il mondo della scuola».
E così gli insegnanti si preparano alla maturità nell'incertezza più assoluta. E non sono solo le cifre a creare il malcontento. Se l'esame piace agli studenti della privata che assaporano già la promozione facile, non piace ai docenti della scuola pubblica. L'unica vera novità di quest'anno infatti riguarda la composizione della commissione: solo il presidente arriverà da un'altra scuola, i commissari saranno gli stessi che hanno seguito i candidati durante l'ultimo anno scolastico.
«L'esame affidato ai soli commissari interni - continua Ticozzi, ma come lui la pensa la stragrande maggioranza dei presidi - è una contraddizione in termini, è come se lo scrutinio si svolgesse due volte». A cimentarsi con l'esame di maturità in provincia di Venezia saranno quest'anno 5.041 studenti, una quarantina in meno rispetto all'anno scorso. Questi dovranno superare tre prove scritte e una orale, ma sarà un anno di transizione in attesa della riforma degli ordinamenti scolastici voluta dal ministro Moratti.
Dal prossimo anno infatti due prove scritte saranno scelte dalle singole scuole, mentre la terza sarà definita dall'Invalsi, l'istituto nazionale di valutazione del sistema scolastico. Esattamente il contrario di quanto accade adesso e accadrà ancora il 19 giugno prossimo seguendo la riforma introdotta nel 1999 e che prevede due prove scritte nazionali e una decisa dalle singole commissioni. All'interno di queste, nella prossima maturità il numero di insegnanti sarà variabile da 6 a 8, dipenderà dalle discipline previste da ciascun indirizzo di studio. In provincia di Venezia saranno 62 i presidenti a capo delle 258 commissioni.
Ma gli esami non saranno solo per gli studenti delle classi superiori. A dover prolungare gli studi di qualche settimana sono anche i ragazzi delle elementari e delle medie inferiori. A cimentarsi con la loro prima prova scolastica saranno 6.336 bambini, mentre coloro che affronteranno l'esame di terza media saranno 6.422.

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Un articolo su Liberazione a proposito della mobilitazione della scuola in quest'anno scolastico...

Un anno scolastico da non dimenticare Si sta concludendo, in un clima di attesa, anche quest'anno scolastico, segnato da un'ampia e costante mobilitazione, che ha visto i lavoratori della scuola impegnati in una quantità di scioperi senza precedenti, sommando quelli convocati dai sindacati di base con quelli dei confederali. Una tenuta e continuità di lotta da far invidia ai settori storicamente più impegnati della classe operaia. Conseguenza dell'inarrestabile processo di proletarizzazione di questa categoria? Vitalità dei lavoratori pubblici, grazie ad una condizione, ancora oggi, di minore ricattabilità? Identificazione con l'istituzione pubblica, sempre più tartassata, come accade da un bel po' alla scuola?
Probabilmente la risposta è nella somma di tutti questi aspetti ed altri ancora, che hanno consentito ai lavoratori della scuola di costituire una prima consistente contraddizione per il governo Berlusconi. Cosa che assume un valore ancora maggiore, se si pensa che sono già stati una vera e propria spina nel fianco di quello di centrosinistra, promotore della legge di parità e dell'avvio del processo di aziendalizzazione, che la Moratti vorrebbe ora spingere ancora più avanti. A sua volta il movimento degli studenti ha prodotto iniziative più mature, ricche nei contenuti e nelle forme di lotta, mutuate in parte dall'evento di Genova, ma incentrate prevalentemente sulla riforma della scuola.
Sembra perciò incredibile che, di fronte a tale mobilitazione, ai provvedimenti di riforma (si fa per dire), messi in campo con la legge delega ed al palese diniego del governo ad assumere impegni, almeno sulla possibilità di aprire una fase contrattuale con qualche riferimento economico certo, questo non ordinario anno scolastico si chiuda come se nulla fosse accaduto, come se gli stipendi di tanti di noi fossero stati falcidiati per scherzo. E' evidente che la "vertenza scuola" s'inserisce in un contesto più ampio, e la straordinaria partecipazione dei lavoratori del settore allo sciopero generale, con oltre il 75% di adesioni, testimonia anche di una consapevolezza su temi più generali, come quelli riguardanti le tutele sul lavoro, di questo strano ed anomalo mondo.
Ci aspettiamo ancora che qualcuno batta un colpo e si ricordi che quando si aprono vertenze dure, esse debbono avere un seguito e se possibile una conclusione positiva. Inguaribili ottimisti, siamo convinti che un patrimonio tanto grande sia ormai troppo sedimentato, perché possa sfumare la possibilità di dare un seguito a tutto quello che in questi anni di lotte è stato espresso. Siamo fortemente impegnati, come partito, nei referendum, che cercano di cogliere anche questo aspetto, ossia la necessità di dare una spinta in avanti a lotte e mobilitazioni, delle quali è altrimenti anche difficile rintracciare il senso di un percorso minimamente rivolto al futuro.
Non abbiamo mai pensato che con questi referendum si possa esaurire la necessità di generalizzare e far avanzare lotte nate comunque dal basso. Per quello che riguarda la scuola, il referendum sulla legge di parità può tentare di riconnettere tutti i temi che l'hanno attraversata in questi anni, può finalmente dare voce a quella stragrande maggioranza di italiani che sono contro il finanziamento alle scuole private e vorrebbero un vero ed esclusivo sostegno alla scuola pubblica.
La partita dei referendum è nel suo complesso una grande occasione di restituzione alla società di problemi, a cui una cattiva politica ha sottratto la possibilità di essere persino degnamente rappresentati nelle istituzioni. I temi dei diritti sul lavoro, delle tutele ambientali, della centralità della scuola pubblica parlano di uno scontro sociale forte e pericoloso, ma anche di un futuro, che per un'alternativa di sinistra non può che ripartire da questi contenuti. E' questa un'ottima occasione per dichiarare da che parte si sta, su queste questioni di fondo, e se s'intende sul serio lavorare per un'inversione di tendenza.
Decine, centinaia di banchetti per la raccolta delle firme, accompagnati possibilmente da altre iniziative, sono anche presidi di democrazia, in una fase in cui persino il Parlamento viene espropriato della possibilità di discutere e decidere su questioni che riguardano diritti fondamentali. Contattare, parlare con migliaia di persone e farle esprimere è una sfida appassionante in un momento in cui il dissenso rischia la cancellazione da parte dei media, di essere criminalizzato o penalizzato da esorbitanti sanzioni pecuniarie (Fallaci docet).
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Scattano a ripetizione inchieste giudiziarie sulle occupazioni, prendiamo ad esempio quella del Liceo Lucrezio Caro riportata da Il Mattino on line nella zona di Napoli...

Quando i prof si spaccarono
Prevalse la linea dei falchi
e in classe arrivò la polizia
PAOLO MAINIERO
Alla Lucrezio Caro tira aria da ultimi giorni di scuola. Il 10 giugno si chiude e solo la giornata piovosa fa pensare che l’anno scolastico non volga al termine e che non si sia alla vigilia delle vacanze estive. Alle 13, il liceo scientifico di via Manzoni è quasi vuoto. In aula, solo poche classi, quelle della sesta ora. «Gli avvisi di garanzia? Sì, è una voce che ho sentito circolare», risponde timidamente uno studente del terzo anno. Di più non sa. O, forse, di più non vuole dire. E come lui, altri alunni danno la stessa risposta. Ma la voce è più che fondata. Gli avvisi di garanzia ci sono: i primi sette furono notificati il 26 aprile ad altrettanti studenti. Gli indagati, in totale, dovrebbero essere una settantina. Di voglia di parlarne non ce n’è molta. I professori, o almeno la gran parte di essi, glissano, non commentano, abbozzano al massimo un sorriso prima di infilarsi in un’auto o di scomparire all’orizzonte sotto un ombrello. I pochi studenti che ancora si trattengono fuori la scuola, quelli hanno raccolto la voce circolare, alzano le spalle, dicono che loro, i ragazzi raggiunti dagli avvisi, davvero non sanno chi siano. E la preside? Il capo d’istituto è al suo posto al piano terra dell’edificio. Almeno lei, Giacomina Pagano, degli avvisi di garanzia notificati ai «suoi» alunni è al corrente. «Per me - dice - la notizia non è nuova». Che è un modo come un altro per dire che lei, la preside, sin da subito ha saputo dell’iniziativa della procura minorile. Per il resto, cercare di strapparle un giudizio resta un’impresa. La Pagano non si scompone, l’unica frase che ci concede è relativa al consiglio d’istituto che si riunì subito dopo la notifica dei primi avvisi. «Ripeto - dice - quanto dissi in quella riunione: massima fiducia nell’operato della magistratura».
Ma gli avvisi di garanzia, per quanto si voglia tenere «bassa» la notizia, hanno scosso il Lucrezio Caro. La tensione, palpabile, c’è soprattutto tra i genitori dei ragazzi coinvolti nell’inchiesta. Ma anche a qualche professore non è piaciuto l’epilogo in chiave giudiziaria dell’occupazione della scuola, lo scorso dicembre. E così, emerge che sulla gestione della vicenda all’interno del liceo ci fu più di una divergenza. «C’erano falchi e colombe», dice un genitore. E un docente, uno dei pochi che non ha fretta di tornare a casa, conferma: «Non tutti appoggiavano la linea dura». Il riferimento è al collegio dei docenti che si riunì, a dicembre, quando gli alunni occuparono la scuola per protestare contro la riforma Moratti. Si divise, quel collegio, una parte era per una linea morbida. «Cerchiamo di parlare con i ragazzi, dialoghiamo, vediamo prima che piega prende l’occupazione», era la tesi delle «colombe». La linea morbida, insomma, era quella di chiamare la polizia solo in extremis, «solo - dice oggi un docente - se ci fossimo trovati di fronte a episodi di vandalismo». Prevalse la linea dura, linea di cui prese atto, successivamente, il consiglio d’istituto. «Del resto - dice un componente dell’organismo scolastico - preso atto che ci si trovava alla presenza di un reato non si poteva fare altrimenti». In via Manzoni arrivò dunque la polizia. Fu il primo passo di un’inchiesta che quattro mesi dopo ha portato agli avvisi di garanzia. E anche sull’iniziativa della procura minorile all’interno del liceo le posizioni sono state divergenti. «Massima fiducia nella magistratura», è stato il commento di tutti, al Lucrezio Caro. Ma c’è stato anche chi si è mosso perché i ragazzi non si sentissero soli, non avvertissero intorno a sè una sorta di isolamento. «Fiducia nella magistratura, ma anche solidarietà ai ragazzi», era stata in tal senso la proposta di alcuni docenti e genitori. «E invece - constatata con amarezza un padre - la scuola non ha ritenuto di esprimere alcuna solidarietà».
I primi ragazzi sono stati interrogati il 6 maggio, gli ultimi il 17 maggio. Tutti hanno negato, tutti negano. E molti contestano le modalità con cui sono stati coinvolti nell’inchiesta. C’è chi si difende sostenendo di essere stato identificato solo perché quel determinato giorno andò a scuola per capire quale fosse la situazione; c’è chi si difende facendo rilevare come sia stato coinvolto pur avendo firmato un documento contro l’occupazione della scuola. «Mio figlio - dice un genitore - si è ritrovato coinvolto in questa storia solo perché un agente della Digos gli chiese un documento e lui, educatamente, glielo esibì».
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E sullo stesso argomento un articolo su La Repubblica, sempre nella cronaca di Napoli...

gli interrogatori
"Sì, c'era caos nell'istituto ma non siamo vandali"


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SGOMENTO, incredulità e timore delle conseguenze. Ecco la ricostruzione di una storia tipo di un ragazzo raggiunto dall'avviso di garanzia. «Non ho mai avuto problemi con la giustizia, figurarsi, ho solo 16 anni. Questa cosa che mi è arrivata, piena di numeri e articoli del codice mi ha spaventato, lo ammetto. Anche perché ho pensato che avrei dato un gran dolore ai miei genitori. Che non sono severi, ma neppure teneri e poi davanti ad un atto giudiziario...».
«Ho usato un piccolo trucco per far digerire loro l'avviso di garanzia. Niente di speciale, mi sono affidato ad un altro parente, un tipo buono e comprensivo, l'ho informato pregandolo di assistermi quando avrei dovuto dirlo a papà e mamma. E' andata benino, insomma. Insomma perché comunque papà e mamma si sono preoccupati: che diavolo hai fatto in quella scuola? Tu e la tua mania di contestare tutto e tutti. Cosa hai combinato?».
«Li capisco, forse mi sarei comportato anche io in quella maniera, avrei avuto la stessa reazione. Quando si sono calmati li ho pregati di ascoltarmi, di sentire cosa era davvero successo. La scuola, ho spiegato, era già occupata e non ero certo stato io il promotore dell'occupazione comunque pacifica e legata al dissenso sulla riforma Moratti. Quando entrai, mi trovai immerso in una discussione sul cosa fare: si decise di sgomberarla. Ma poi fu nuovamente occupata».
«Di sicuro né io né i miei compagni abbiamo vietato ai professori e agli altri studenti di tenere una attività didattica. Non è che occupammo per intero la scuola, stanza per stanza, ufficio per ufficio. Non ci siamo mai sognati di andare in sala presidenza o tantomeno in quella dei professori. Occupammo sì, non vietammo nulla, però, è sicuro».
«C'era dibattito fra di noi, su cosa fare. Meglio: su come proseguire la protesta: ricordo che una frangia di studenti firmò un documento dove si dissociava da questa forma di protesta. Pur non essendo io certo un estremista della protesta, tutt'altro, non firmai però quel documento. Anche se, in cuor mio, lo condividevo».
«Leggere che avrei commesso dei furti, rubato registri o palloni da basket e fatto il vandalo, devastando così per devastare, mi ha fatto male. Non ho rubato e non ho devastato. Però i danni ci sono stati alla scuola e forse è colpa di tutti. Magari qualcuno ha esagerato o magari quando si occupa è quasi impossibile che poi non ci siano danni alla scuola. Io non ho visto sinceramente dei compagni divertirsi a rompere e scassare l'istituto. Chissà che non siano stati degli esterni, francamente non saprei dirlo. Comunque ci siamo tutti autotassati di 5 euro».
«Al giudice dico e dirò la verità. E la verità è questa. Il mio avvocato mi ha detto di stare tranquillo e di essere sincero perché non ho nulla da temere, perché non ho fatto nulla di male. Papà e mamma hanno capito e sono con me, dopo un iniziale comprensibile momento di sconforto. Ringrazio quel parente che ha mediato la notizia ai miei genitori. Ora va meglio...».


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Protestano gli insegnanti delle elementari di Firenze, articolo su La Nazione di Firenze...

. «Ecco cosa vuol tagliare i fondi», . «Ecco cosa vuol tagliare i fondi», questo ripetevano senza sosta maestre, bambini, mamme, papà e sindacalisti. Tutti insieme nel coordinamento insegnanti e genitori di nidi e materna di Firenze e tutti insieme, ieri pomeriggio, nella metà assolata di Piazza Santissima Annunziata. Il sole a picco non impedito loro di protestare contro il taglio degli insegnanti imposto dal ministero. E per spiegarsi meglio la piccola folla, circa 200 persone (senza contare chi non arrivava al metro e venti), aveva allestito, sotto il loggiato degli Innocenti, una parata di pannelli dalla calligrafia colorata e incerta, da terza elementare. Scuola per scuola, in tutto una decina, aveva i suoi bei cartelloni, per raccontare cosa è stato fatto durante l'anno appena trascorso, grazie soprattutto al «personale funzionale». Categoria burocratica che comprende gli insegnanti impegnati nei progetti collaterali, fatalmente colpita dai provvedimenti statali. Corsi di inglese basico in prima elementare, lezioni di informatica, laboratori teatrali e linguistici, «tutto questo sparirà?», si chiede con poco ottimismo, Mariella Del Corto maestra alla materna Collodi. Ma si sa già che a rischio ci sono anche servizi indirettamente rivolti alle famiglie. Quelli che se non ci fossero potrebbero mettere in crisi l'economia domestica. «Non so come faremo – dice Rosaria, due figli entrambi alla Vittorio Veneto, dietro Santa Croce – se ci tolgono il tempo prolungato dovremo trovare alternative a pagamento». Ma poi ci ripensa, «forse dovremo mettere in piedi delle coop di genitori e insegnanti, che volontariamente assistano i bambini di quelle famiglie che non possono permettersi una baby sitter». Ai sindacati (Cobas e Cgil) il compito di snocciolare i numeri della discordia. «Nella provincia di Firenze – dice Silvana Vacirca, Cobas scuola – sono necessarie almeno 40 sezioni aggiuntive di scuola materna. Non sono state concesse e per questo dall'anno prossimo torneranno a formarsi le liste d'attesa per le scuole dell'infanzia.
Come se non bastassero quelle che i genitori sono costretti a fare per gli asili nido». Una lista di 30 genitori in coda è già stata avvistata nel Quartiere 1. L'unica soluzione, prospettata anche dal (ex) provveditorato, sarà quella di farcire le aule con almeno 28 bambini. I quali, ha riforma Moratti passata, potranno avere anche meno di tre anni (2,5 anni). «Per questo ci definiamo Maestre da corsa», ironizza Sonia Quarta, insegnante del circolo didattico 11, le Cure. «Vogliono abbattere la qualità dell'istruzione pubblica. Alla fine i genitori saranno obbligati a iscrivere i propri figli alle private». Intanto il malcontento si è materializzato anche sotto forma di una ridda di documenti denuncia, sottoscritti da migliaia di genitori e docenti di tutte le scuole della provincia fiorentina. Uno in particolare è stato votato anche dal consiglio del Quartiere 4. «Siamo preoccupati – spiega Eros Cruccolini presidente del Q4 – perché è probabile che dall'anno prossimo le scuole del mio quartiere potrebbero sacrificare i programmi per l'integrazione dei bambini Rom. E dovremo governare quell'emergenza senza l'apporto fondamentale degli istituti elementari».
Michele Ontanetti

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E per finire un articolo apparso su Fuoriregistro di oggi sulla questione della paga ai commissari interni...

"Non ti pago"
di Marino Bocchi

“Non ti pago”, questo la Moratti manda a dire ai 120mila commissari interni, impegnati dalla terza settimana di giugno negli Esami di Stato.

“Malgrado il governo Berlusconi, per risparmiare, abbia cancellato i commissari esterni e le relative trasferte, in cassa il buco è di almeno 40 milioni di euro. Ma non basta. Quelli stanziati nella finanziaria, poco più di 40 milioni di euro, non sono tutti immediatamente disponibili e i compensi previsti per i commissari e i presidenti sono inferiori a quelli pagati lo scorso anno. Così, ieri pomeriggio, al termine dell' incontro tra sindacati della scuola e due direttori generali del ministero, è stata sancita la rottura. Le organizzazioni sindacali hanno chiesto un incontro immediato con il ministro Moratti ed hanno respinto la proposta di dilazionare il pagamento della metà dell' indennità, poco più di 150 euro, al luglio del 2003” (Repubblica, 24 maggio).

“Non ti pago” e’ il titolo di una bella commedia in tre atti di Eduardo De Filippo scritta e presentata al pubblico per la prima volta nel ’40. La vicenda ruota attorno al proprietario (Eduardo) di una ricevitoria del lotto che si rifiuta di pagare la vincita al fidanzato della figlia che ha indovinato la quaterna vincente giocando i numeri avuti in sogno dal padre del futuro suocero. Numeri che, secondo Eduardo, erano in realta’ destinati a lui.

“Non ti pago”, vi manda a dire il ministro. Ma voi, cari colleghi impegnati agli esami, provate col lotto, non si sa mai. Fuoriregistro vi suggerisce la seguente quaterna sulla ruota di Roma, sede di Palazzo Chigi: 13 (sta per il giorno) 5 (sta per il mese), 20 e 1 (stanno per l’anno). E che lo spirito del grande Commediografo di sinistra sia con voi.
Se la quaterna non esce, perdonateci.
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