E' saltato il vertice che doveva tenersi oggi tra l'esecutivo e CGIL CISL UIL, perché il governo non ha smentito le illazioni fatte dai suoi ministri, compatta la reazioni dei tre sindacati uniti... articolo su Il Corriere della Sera
La polemica dopo le interviste dei ministri Martino e Bossi
I sindacati: «Nessun incontro con il governo»
Ritenuta insufficiente la nota di Palazzo Chigi
Anche l'esecutivo rinvia il tavolo che aveva convocato
ROMA - Dopo il no dei sindacati, il governo ha deciso di rinviare l'incontro
di domani. «Al momento non sembrano mature le
condizioni per la ripresa del dialogo con le parti sociali». È
quanto si afferma in una nota della presidenza del Consiglio.
«Il governo - si annuncia poi nel comunicato - ritiene
quindi di rinviare a data da destinarsi l'incontro già fissato
per domani».
IL NO DEI SINDACATI - Il fronte sindacale è rimasto deluso dal chiarimento del Governo ed è unito nel ritenere non sufficiente la nota con cui palazzo Chigi ha affermato che non ci sono collusioni tra Sindacato e terrorismo. Cgil, Cisl e Uil hanno valutato non determinante la «marcia indietro» decisa da Berlusconi. Troppo forti le parole dei ministri Martino e Bossi e del sottosegretario Sacconi, troppo «offensive» le tesi di collusione e contiguità delle confederazioni con il terrorismo divulgate a mezzo stampa per essere sanate dal comunicato con cui Palazzo Chigi cercava di ricreare un clima di dialogo con i sindacati. E così Cofferati, Pezzotta e Angeletti hanno ribadito che domani non parteciperanno all'incontro con il Governo.
«CHIARIMENTO INSUFFICIENTE: NIENTE INCONTRO» - «La segreteria
della Cgil non considera la nota di palazzo Chigi una risposta ai gravi problemi
denunciati nella lettera inviata questa mattina al presidente del consiglio».
«La segreteria della Cgil - si legge in una nota - è riconvocata
per domani mattina alle 9.30».
«Il tentativo intervenuto di chiarimento della Presidenza del Consiglio
è insufficiente, e comunque non ancora idoneo a consentire all'incontro
di domani con il sindacato ».
IL GOVERNO NON HA SMENTITO LE ILLAZIONI - «Il Governo - si legge nella
nota della segreteria della Cisl - deve esplicitare inequivocabilmente la
propria posizione, smentendo le pesanti illazioni che mettono in correlazione
il terrorismo con il legittimo e democratico diritto di protesta». Nella
nota, quindi, si spiega che la Cisl «non condivide le dichiarazioni
esasperate di queste ultime ore pronunciate da vari esponenti del Governo
sul terrorismo e sul conflitto sociale in atto». In queste condizioni,
prosegue il comunicato, «mancano i presupposti per la nostra partecipazione
a qualsivoglia incontro. Non si può infatti convocare, in un momento
così delicato, una riunione anche sul terrorismo, per ricondurre a
serenità e responsabilità il confronto tra le parti, e nel contempo
alimentare un clima di scontro con il sindacato».
I problemi posti dal sindacato non possono che far considerare «inadeguato»
l'intervento di Palazzo Chigi. Per questo, la Uil ha confermato la decisione
di non partecipare al vertice che si sarebbe dovuto svolgere domani tra il
governo e le parti sociali. «Le dichiarazioni di alcuni esponenti di
governo - ha affermato il segretario confederale, Paolo Pirani - sono offensive
non solo nei confronti del sindacato, ma nei confronti del mondo del lavoro.
La risposta di Palazzo Chigi non è adeguata al tipo di rilievo mossi».
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E la Moratti non demorde e ritorna all'attacco con una intervista rilasciata su Il Correire della Sera. Leggete attentamente, perché come al solito NON è rivolta a noi ma all'esterno...
Moratti: la scuola come comunità
No ai presidi manager, sì ai tutor
«Servono nuove figure professionali per affrontare il disagio giovanile» «Censiti 2900 corsi di laurea, bollino blu per smascherare quelli fasulli»
(f. de b.) Letizia Moratti è una donna determinata, di puntigliosa
dolcezza e di risoluto garbo. Ma sa ascoltare. Prima di arrivare a scrivere
la sua proposta di legge delega sulla Scuola, che va in discussione al Senato,
ha incontrato settanta tra associazioni, comitati, sigle sindacali; visto
centinaia di esperti, genitori; visitato istituti di mezza Penisola: come
ospite donore. E anche percorso chilometri di cortei studenteschi e
partecipato a numerose assemblee: come bersaglio della contestazione. Nel
discutere della riforma con il ministro dellIstruzione, dellUniversità
e della Ricerca (52 anni, due figli) ho sottomano qualche confronto internazionale:
spendiamo per la scuola come gli altri Paesi (fino ai quindici anni un alunno
costa alla comunità 60 mila 800 dollari contro i 43 mila e 500 della
media Ocse), ma la qualità degli studi è decisamente inferiore.
Un quarto degli studenti lascia la scuola senza un titolo secondario superiore.
Sei su dieci abbandonano luniversità al primo anno. Il livello
di istruzione della popolazione adulta è tra i più bassi dEuropa.
Il progetto Moratti ricalca larchitettura della riforma Gentile e si
propone di rinnovare profondamente la scuola lungo i due tracciati, comunicanti
tra loro, dellistruzione e della formazione. Scuola come comunità
di valori, come barriera culturale allodio e allintolleranza,
aperta e pluralista, ma nello stesso tempo custode di unidentità
nazionale.
Questa è la filosofia di fondo, se non sbaglio, della sua riforma,
ministro?
«La scuola deve innanzitutto formare le persone. Ecco perché
abbiamo messo al centro della nostra riforma gli studenti e i loro bisogni.
E deve rispondere a una sfida in più: il progressivo indebolimento
della famiglia».
Come?
«Una scuola in grado di essere anche comunità sa affrontare meglio
il nuovo disagio giovanile, frutto anche di un rapporto fra genitori e figli
più complesso e fragile, proprio di una società aperta nella
quale lofferta educativa è parcellizzata e qualche volta si polverizza
fra amicizie, media, pubblicità, mode. Una tempesta, a volte caotica,
di messaggi».
E la scuola che risposta in più può dare?
«Soprattutto, quando è buona, quando si hanno buoni insegnanti,
insegna un metodo. Un metodo per studiare, ma anche, soprattutto, per capire
e affrontare la realtà. Un metodo che deve preparare i giovani a essere
persone libere e responsabili per potere, domani, essere protagonisti della
propria vita e partecipi di quella del proprio Paese. Una scuola così
concepita, anche colmando il vuoto di spazi di aggregazione per i giovani,
torna a essere un forte collante sociale, fatto di solidarietà e senso
civico, di rispetto umano, perché sa fornire alle nuove generazioni
una buona formazione morale e spirituale».
Laica?
«Laica nella libertà di scelta delle famiglie. Ecco, quello che
noi proponiamo è un nuovo patto fra scuola e famiglia».
Vediamoli i contenuti di questo patto. La prima e più nota innovazione,
che potrebbe entrare in vigore già dal prossimo anno scolastico, è
la possibilità di iscrivere i bambini alla scuola dinfanzia a
due anni e mezzo e alla prima elementare a cinque e mezzo. Ma non è
un po presto?
«Nulla di obbligatorio. Decidano i genitori, è una loro facoltà».
Cerano state critiche da parte delle scuole cattoliche.
«Sì, perché è la prima volta che il sistema pubblico
è sceso in campo per far concorrenza a quello privato in questo settore,
favorendo laffermarsi di una pluralità di offerte».
Pressioni della Chiesa?
«Più che pressioni molte segnalazioni».
Vuol dire che la gerarchia ecclesiastica si è comportata meglio di
alcuni cattolici dello schieramento politico che la sostiene?
«Allinterno della maggioranza ci sono diverse sensibilità,
ma queste differenze arricchiscono e migliorano il nostro lavoro».
E il finanziamento della scuola privata?
«E un tema dattualità, ma di natura costituzionale.
Il mio compito è quello di migliorare la qualità di tutto il
sistema scolastico italiano che è formato al 94 per cento da istituti
statali. Mi accusano di privatizzare la scuola, ma la parola "pubblica"
dal ministero della Pubblica Istruzione non lho tolta io, lha
tolta Bassanini».
E la scuola media?
«E quella che ha il compito più delicato, perché
si occupa della pre-adolescenza, unetà cruciale dello sviluppo
dei nostri ragazzi. Qui si formano i caratteri, le personalità e, ahimè,
si creano anche i disagi. Quanti programmi da rivedere, quante materie svilite».
Un esempio?
«Geometria. Era come sparita. Eppure è la materia fondamentale
che consente a un allievo il passaggio logico fra lastratto e il concreto
e viceversa».
Unaltra materia?
«Storia. Mortificata. Troppo concentrata nello studio del 900,
troppo poco sensibile allinsegnamento delle radici classiche, cristiane
e umanistiche della nostra civiltà. La più permeabile ad una
visione politica della nostra società».
Questione delicata, ministro. Linsegnamento della storia trasmette i
valori della nostra convivenza, racchiusi nella costituzione repubblicana.
Qualcuno vi vedrà intenti revisionisti. E dunque sempre un uso strumentale
e politico della storia.
«Nessun revisionismo, nessuna strumentalità. Politica ed ideologia
vanno lasciate fuori dalle aule. Io vorrei solo che i ragazzi uscissero dalla
scuola capaci di confrontarsi di più con il presente, meno esposti
al fascino delle ideologie. Spiriti critici e dunque più liberi».
Suscita perplessità anche la valutazione biennale degli studenti. La
mobilità del corpo docente raggiunge punte del 30 per cento ogni anno.
Molti insegnanti giudicheranno studenti che conoscono poco.
«Ma un ragazzo sarà sempre valutato nel corso, e alla fine, di
ogni anno scolastico. Avrà, però, la possibilità di recuperare
il suo debito formativo, nellanno successivo, in quella specifica disciplina.
Senza ripristinare lesame di settembre che comporta costi e disagi per
le famiglie».
La riforma prevede anche una valutazione di sistema. Insomma un voto alle
scuole, agli insegnanti.
«Ogni Paese valuta i livelli di apprendimento dei propri studenti. LItalia
no. Allestero sanno qual è il livello di preparazione medio di
un quindicenne, regione per regione. Noi no. E non dobbiamo dimenticarci che
siamo al ventitreesimo posto nellOcse per linsegnamento della
matematica, e al ventunesimo nella preparazione scientifica».
Non crede che il federalismo e le spinte della Lega possano portare ad una
eccessiva caratterizzazione locale dei programmi?
«No. La previsione della legge, nel suo nucleo fondamentale, garantisce,
per quanto riguarda i programmi, lidentità nazionale, nel rispetto
dellautonomia del sistema scolastico, nella valorizzazione delle tradizioni
locali. Inoltre il sistema di valutazione dei livelli di apprendimento sia
nei licei sia negli istituti della formazione garantirà qualità
omogenea alleducazione e alla formazione su tutto il territorio nazionale,
assicurando che i titoli di studio siano spendibili in Italia ed in Europa».
Tornare al sette in condotta, perché?
«Il progetto di riforma è stato costruito ascoltando e verificando.
Abbiamo formato diversi focus group, spedito ottomila questionari; favorevoli
alla reintroduzione del sette in condotta si sono dichiarati il 97 per cento
dei genitori, il 92 per cento dei docenti e l89 per cento degli studenti.
Ma non è solo per questo: leducazione civica inizia dal rispetto
nei confronti dei propri compagni, dei docenti e dei luoghi nei quali si studia».
Nel progetto è prevista lobbligatorietà dello studio di
due lingue, una dalla prima elementare e unaltra dalla prima media.
Ma oggi nelle elementari, dopo una decina danni di obbligatorietà
della prima lingua, non si è ancora raggiunta la totalità delle
classi. A livello nazionale si fa solo nel 29 per cento delle prime classi.
Chissà quando se ne insegneranno veramente due.
«Bisognerà investire, e molto, sulla formazione degli insegnanti,
sui laboratori linguistici. Il piano finanziario cè. E così
progetti concreti, non solo per la formazione dei 60 mila insegnanti che abbiamo
assunto, in un mese, lestate scorsa, ma anche per il resto del corpo
docente».
Quanto costerà questa riforma? I dubbi in Consiglio dei ministri sono
stati espressi dal responsabile dellEconomia Tremonti, preoccupato per
i conti pubblici.
«Lintero governo, in dieci mesi di lavoro, è stato compatto
nel porre leducazione, luniversità e la ricerca al centro
delle politiche di riforma. Il presidente del Consiglio si è impegnato
nel garantire le risorse necessarie per rilanciare il sistema educativo a
tutti i livelli. Linvestimento previsto oscilla tra i 15 e i 19 mila
miliardi di lire. Le risorse dovranno essere gradualmente reperite nei prossimi
esercizi finanziari».
Si è detto molto, e anche male, di questa riforma. Aziendalista, che
vuole sgretolare il sistema della scuola pubblica.
«Sono state dette molte falsità».
Esempio?
«Che linglese sarà a pagamento. Falso. Che vogliamo abolire
il latino dal classico. Falso. Che vogliamo mortificare linsegnamento
della musica. Falso».
Colpa anche di quellinfelice slogan elettorale della Casa delle libertà.
Quelle tre i: inglese, internet e impresa. Limpresa che sembra voler
gestire direttamente la scuola.
«Noi abbiamo bisogno di una scuola che prepari i ragazzi anche allinserimento
nel mondo del lavoro, quindi che fornisca loro strumenti indispensabili quali
le lingue e linformatica. Naturalmente, in primo luogo, abbiamo bisogno
anche di una scuola che recuperi la propria funzione educativa. Faccio un
esempio: non mi piace la figura del preside manager, è uno stereotipo.
I presidi devono prima di tutto avere una preparazione orientata a capire
le esigenze degli studenti e delle famiglie. Non ci sono clienti da accontentare
o un mercato da aggredire».
Dunque, niente scuola-azienda?
«No, scuola-comunità».
Altre falsità?
«La riforma innalza a 12 anni complessivi lobbligo di istruzione
e formazione. Si è detto che noi imponiamo una scelta troppo precoce
tra luna e laltra. Non è vero. Ai ragazzi garantiremo sempre
il passaggio, tra il sistema dei licei e quello della formazione professionale,
che sarà gestito dalle regioni, cosi come allinterno dei due
sistemi».
Gli insegnanti sono poco valorizzati, spesso ridotti a impiegati. Per non
parlare delle retribuzioni.
«Gli insegnanti devono tornare a essere professionisti, protagonisti
del cambiamento, oggi si sentono a volte schiacciati fra i presidi e i bidelli.
Devono recuperare in pieno la loro funzione educativa. Ci stiamo impegnando
in questo senso per sollevarli dal lavoro burocratico, lasciando loro più
tempo per insegnare e dialogare con le famiglie».
Gli insegnanti della scuola pubblica si sentono a volte discriminati rispetto
ai loro colleghi delle private che non sono selezionati attraverso concorsi
pubblici ma per chiamata diretta. E poi, come nellestate scorsa, voi
li assumete in massa.
«Ci sono numerose sentenze del Tar che ci impongono di eliminare ogni
disparità fra scuole statali e private parificate e poi una legge,
la 62 del 2000, sulla parità, approvata peraltro dal centrosinistra,
che noi intendiamo attuare completamente».
Di quali figure nuove ha bisogno la scuola?
«Di buoni insegnanti, buoni presidi, buoni maestri, che sappiano trasmettere
valori positivi. E ce ne sono tantissimi. Ne ho incontrati più di quanti
io mi immaginassi, in questi dieci mesi di lavoro. Ma la scuola ha anche bisogno
di tutor, figure preparate in grado di capire i giovani, di aiutarli a trovare
le loro risposte, di comprendere le loro attitudini, dando concrete prospettive
ai loro interessi, accompagnandoli nella scelta consapevole del proprio percorso
di istruzione e formazione . I tutor potrebbero assistere i ragazzi anche
nel passaggio più difficile tra scuola e università. Spesso
i giovani diplomati o diplomandi non capiscono i percorsi universitari. E
gli abbandoni, tantissimi, sono costati complessivamente alla comunità
15 mila miliardi negli ultimi dieci anni».
Nelluniversità cè una babele di corsi e di offerte.
A volte si ha la sensazione che gli atenei siano a caccia di studenti. Allingrosso.
«Abbiamo costituito al ministero una banca dati, per la prima volta
aperta a tutti gli studenti, mettendo a disposizione lofferta formativa
delle 77 università italiane e abbiamo censito 2.900 corsi di laurea,
alcuni francamente bizzarri».
Ne dica uno.
«Scienza del fiore e del verde, linguaggio umanistico del web. Avremo
dottori in queste discipline. Ebbene, il ministero metterà i bollini
blu; nei prossimi mesi definiremo standard qualitativi minimi e, grazie al
lavoro del Comitato di valutazione presieduto dal professor De Rita, indicheremo
i criteri dellofferta didattica universitaria».
Se lei dovesse scegliere oggi per un suo figlio tra una scuola pubblica e
una privata, come si orienterebbe?
«Dipende dalla scuola, dal preside, dagli insegnanti. Il patto con le
famiglie si fa discutendo, chiedendo, partecipando».
Che cosa la preoccupa di più?
«Il disagio latente di molti giovani. Oggi ci sono troppi silenzi e
noi tutti, genitori e insegnanti, dovremmo essere capaci di ascoltare anche
quello che non viene detto, affrontare la passività di molti ragazzi.
Risvegliare in loro lamore per la conoscenza, ovvero per la vita. Questo
è il vero problema della scuola italiana».
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A Torino una assemblea degli istituti professionali, articolo su La Stampa:
DAL CINEMA ETOILE L´ALLARME DEGLI ISTITUTI PER LA RIFORMA MORATTI «Salviamo
la dignità dei professionali» Scendono gli anni di studio, «tagli»
alla pratica in azienda
Quattrocento persone hanno partecipato - ieri mattina al cinema Etoile - alla
Conferenza provinciale degli istituti professionali sulla riforma Moratti
e sul passaggio alle regioni, stabilito dal governo Berlusconi in base alla
riforma in senso federalista della Costituzione (e con la soppressione della
legge 30/2000 sul riordino dei cicli). All´incontro - organizzato dall´assessore
al Sistema Educativo della Provincia, Gianni Oliva, dopo le sollecitazioni
giunte durante gli Stati Generali della scuola torinese -, dirigenti scolastici,
docenti e molti studenti (era presente in forze il Coordinamento Studentesco)
hanno riferito in primo luogo il disagio di non riuscire ad ottenere un confronto
con esponenti del governo sui contenuti della legge delega. Il preside dell´istituto
«Giolitti», Nicola Sacco, ha sottolineato che «la riforma
Moratti toglie dignità all´istruzione professionale, riducendola
ad un percorso di serie B, di 4 anni tra studio e lavoro, al termine del quale
sarà possibile accedere all´università solo con un anno
integrativo o come privatisti». Il professor Carlo Palumbo dell´«Albe
Steiner» ha riassunto quelli che vengono considerati da docenti e studenti
i punti deboli del progetto Moratti sull´istruzione professionale. A
cominciare dalla scelta precoce di un canale di formazione che si annuncia
dequalificato rispetto ai licei, «che sarà imboccato - ha detto
- soprattutto da chi ha difficoltà scolastiche o familiari, prima di
conseguire gli obiettivi della scuola dell´obbligo. Sempre più
questo canale vedrebbe ridotta la capacità di attrarre gli studenti
più preparati e si ridurrebbe ad un percorso residuale rispetto al
resto del sistema». Per Marco Masuelli, preside del «Giulio»,
«il disegno di legge ripropone l´antinomia di 50 anni fa tra chi
era destinato allo studio e chi invece doveva "andare a zappare".
Oggi questo non è più proponibile, è necessario che qualunque
percorso contempli un momento di formazione culturale alta. Su questo aveva
puntato l´istruzione professionale, senza per altro allontanarsi dalla
pratica». Ieri non sono comunque mancate critiche all´attuale
organizzazione, con 40 ore settimanali e un´alta percentuale (30% circa)
di dispersione. Per l´assessore Oliva, «occorre collegare sapere,
saper fare e mondo produttivo, assicurando a tutti un congruo numero di anni
di formazione di base, indipendentemente dalla condizione economica di partenza:
un obiettivosu cui stanno lavorando tutti i paesi più evoluti»
in relazione alle nuove esigenze del mercato del lavoro. Accogliendo un suggerimento
del preside Sacco, Oliva ha annunciato che verrà organizzata una tavola
rotonda per sensibilizzare i parlamentari torinesi di maggioranza e opposizione.
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