3 January, 2002

 

Litigio su che cosa ha veramente detto Ciampi sulla querelle scuola pubblica scuola privata fra Polo e Ulivo.
Dal Messaggero scuola
Scuola, si litiga sul “pubblico”
Berlinguer: il Presidente ha avvertito il Polo. Aprea: no, ci incoraggia
di MARIO AJELLO

ROMA — Come vanno lette e interpretate le poche, ma corpose righe, che nel suo discorso Ciampi ha dedicato alla scuola? Se esistesse in natura il mitico «spirito bipartisan», il Polo e l’Ulivo potrebbero forse trovare un elemento di contatto e di condivisione in quel passaggio del discorso presidenziale. Ma non è così.
Nel centro-sinistra, si tende a considerare le parole del Capo dello Stato come una elegante presa di distanza rispetto alle politiche della maggioranza in materia di istruzione, mentre nel fronte opposto si dà una lettura filo-governativa delle frasi di Ciampi. Il quale si è espresso così: «Per preparare le nuove generazioni» ad affrontare bene le sfide che la storia del Ventesimo secolo ci propone, «deve operare una scuola capace di svolgere con rinnovato impegno il suo ruolo insostituibile di servizio pubblico».
Dunque, un elogio della scuola pubblica a scapito di quella privata? L’ex ministro ulivista della pubblica istruzione, Luigi Berlinguer, osserva: «Ciampi ha voluto ribadire il secondo comma dell’articolo 33 della Costituzione. Nel quale si stabilisce la preponderanza della scuola statale su quella privata. Questa preponderanza viene attualmente negata dal governo di Berlusconi. Proprio il ministro Moratti ha sostenuto che il nostro Paese vive una grave anomalia, perchè in Italia c’è un monopolio dell’istruzione statale che altrove non esiste. Il che non è vero». Valentina Aprea, sottosegretario forzista al ministero della Pubblica Istruzione, non è di questo avviso. «Ciampi - dichiara - ha voluto dare un incoraggiamento all’azione del governo in materia scolastica. Nel senso che anche gli istituti parificati rientrano nell’istruzione pubblica. E anch’essi servono a formare i ragazzi ai valori di cittadinanza, a prescindere dagli orientamenti confessionali di queste scuole». Incalza Berlinguer: «Il Polo mediti sul discorso del presidente. Tutta l’azione del governo sta andando infatti a favore di una tendenza privatistica e aziendalistica nella gestione della scuola che contrasta con i principi della Costituzione cui Ciampi fa implicitamente riferimento. Egli sa bene che nel quarto comma dell’articolo 33 è scritto: la Repubblica italiana detta regole per tutte le scuole, statali e non statali. Qui è la riprova della natura pubblica del servizio. Il quale, per funzionare, ha bisogno di regole e la legge sulla parità scolastica - approvata nel 2000 dall’Ulivo - ha stabilito queste regole. Il problema è che ora vanno applicate e il governo non le vuole applicare». Riccardo Pedrizzi, responsabile di An delle politiche per la famiglia, replica: «E’ ora di finirla di tirare Ciampi per la giacchetta». Chissà quante volte abbiamo sentito risuonare questo proposito per sognatori o finti ingenui.

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Ed ecco un articolo che riguarda da vicino i medici e la loro formazione contiunua ma che potrè riguardare anche noi. Il problema della valutazione dell'insegnante e la sua carriere è solo accantonato per il momento, perché urge la riforma, ma tornerà ben presto come corollario...
Unità on line
La riforma del ministro Sirchia: il bravo medico conosce business e inglese
di Massimo Solani


“Medici a punti” ai blocchi di partenza: è iniziata ieri, infatti, la fase due del programma di Educazione continua in medicina (Ecm), ideato per gestire ed organizzare l’aggiornamento professionale di tutti gli operatori della sanità. Cinque anni per disegnare il proprio iter formativo e conseguire così 150 crediti entro il 2006, attraverso la frequenza di seminari, tavole rotonde, meeting e convention organizzate da chiunque ottenga l’autorizzazione dal ministero della sanità.
Ad occuparsi dell’assegnazione degli accrediti necessari per l’organizzazione degli eventi formativi, come previsto dal programma Ecm, sarà una apposita commissione, presieduta dal ministro Girolamo Sirchia e composta da docenti ed esperti del settore che, fra le proposte che giungeranno a viale dell’Industria, vaglieranno quelle più adatte al conseguimento degli obiettivi formativi di interesse nazionale. A tal proposito, il ministero ha distinto questi obiettivi in due categorie: quelli di interesse generale (riferibili a tutte le categorie operanti nel settore sanitario), e quelli invece che riguardano solo alcune categorie professionali, aree e discipline. In base all’esame dei progetti, inoltre, la commissione deciderà anche il numero di crediti che le iniziative potranno riservare ai partecipanti.
Un sistema, questo della formazione continua, che con i crediti ricorda da vicino quello universitario, ma un progetto che lascia ampio campo d’azione e di iniziativa anche ad enti privati, visto che, come si legge nel documento ufficiale, comprende «l'insieme organizzato e controllato di tutte quelle attività formative, sia teoriche che pratiche, promosse da chiunque lo desideri, si tratti di una società scientifica o di una società professionale, di una azienda ospedaliera, o di una struttura specificamente dedicata alla formazione in campo sanitario».
Nel suo documento, inoltre, il ministero ha incluso come «accreditabili» anche i progetti formativi aziendali, ovvero tutti quei corsi organizzati e svolti da un’azienda sanitaria pubblica o privata e rivolti esclusivamente ai propri dipendenti e al personale convenzionato. Una iniziativa che rischia di generare differenze di trattamento in qualche modo riconducibili alle possibilità economiche degli organizzatori. Una distinzione quantomeno sospetta, per un sistema in cui gli organizzatori dei corsi diventano «providers», e che elenca fra gli obiettivi formativi di interesse nazionale anche la «cultura gestionale» e la conoscenza dell’inglese.
Naturalmente, precisa il comunicato del ministero, «il valore in crediti formativi Ecm. non deve essere visto dagli organizzatori degli eventi formativi come elemento di giudizio sul valore scientifico globale della manifestazione di per sé; esso indicherà invece esclusivamente la rilevanza professionale (o la non rilevanza) di quella particolare manifestazione ai soli ed esclusivi fini del programma nazionale di Ecm, anche alla luce degli obiettivi formativi d'interesse nazionale».
Spetta agli operatori sanitari, quindi, districarsi fra congressi, corsi e seminari, in modo da accumulare i 150 crediti necessari (10 nel 2002, 20 nel 2003 e via crescendo fino al 2006), e non incorrere poi nelle sanzioni, a dire la verità non ancora previste, del ministero.
Da ieri, quindi, gli organizzatori dei corsi desiderosi di ottenere il riconoscimento ministeriale possono inviare la propria richiesta attraverso il sito Internet del dicastero ed attendere poi la risposta. Unico limite alla presentazione delle domande la scadenza: le richieste di accredito, infatti, andranno presentate almeno 90 giorni prima della data inizio dell'evento, con allegata ricevuta di pagamento del contributo alle spese proporzionale ai crediti formativi attribuiti. Come a dire, più crediti si ottengono, più bisogna pagare al ministero.
Ma la svolta “progressista” dell’educazione continua in medicina non si ferma certo a questo: secondo il progetto messo a punto dal dicastero di viale dell’Industria, infatti, a partire dal luglio di questo anno gli operatori sanitari potranno anche accedere alla formazione a distanza. «Si tratta - precisa la nota - di programmi per i quali l'utente non deve spostarsi dal suo luogo di lavoro o dal domicilio, da svolgersi sia in gruppo che individualmente, usando materiale cartaceo o informatico». Programmi, specifica il ministero, per i quali è previsto un «livello minimo di apprendimento», certificabile attraverso il superamento di un test.
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Di un articolo sul corriere della sera per il momento riesco solo a fornire il titolo, non è possibile scaricare il testo. Ma il titolo è significativo:
Corriere della Sera
Scuola, centrosinistra «bocciato» Moratti avanti tra no e proteste
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Ecco un articolo dalla Nazione, che sembrerebbe a chi ha seguito da vicino le cose, all'interno della scuola, ad es., follia pura. E invece no: è il cavallo di battaglia dal punto di vista propagandistico per fare passare la riforma. Definire Berlinguer "stalinista" può essere carino, ma dire che la Moratti ha fatto una consultazione democratica al contrario di Berlinguer sembrerebbe troppo. Eppure la macchian degli stati generali aveva solo questo scopo, far credere che la consultazione fosse stata democratica e che i risultati corrispondessero effettivamente ai bisogni della larga maggioranza nelle scuole.
Dalla Nazione
Due riforme molto diverse

Occorre avvertire i lettori che chiedono di conoscere le sostanziali differenze politiche che connotano il progetto di riforma Moratti rispetto a quello dell'accoppiata Berlinguer - De Mauro che la risposta non potrà che essere schematica e sommaria in rapporto alla complessità delle molteplici problematiche della scuola. Si possono tuttavia registrare 3 evidenti differenze. In democrazia per fare riforme occorre il consenso della maggioranza. Berlinguer la maggioranza non l'ha avuta mai né nel paese né nel parlamento. Infatti il testo dell'Ulivo sulla riforma dei cicli divenne legge perché l'allora opposizione parlamentare, contraria ad accordare la delega in bianco all'ex stalinista Berlinguer abbandonò l'aula e Rifondazione Comunista votò contro. Dunque una minoranza approvò la legge. Vale la pena ricordare poi che l'anima «popolare» dell'Ulivo barattò l'assenso alla delega per i cicli con quello sulla legge della parità scolastica. Dunque un consenso limitato nella società civile e nelle istituzioni rispetto al sostegno che, ad oggi, la Casa delle Libertà sembra garantire al progetto della Moratti.
Altro rilevante aspetto di diversità è il metodo di approccio alla riforma. Il centrosinistra chiese ed ottenne la delega per ridisegnare il sistema formativo sulla base di un modello elaborato nel ristretto degli uffici scuola di alcuni partiti della coalizione. In quel modello però finirono per non riconoscersi neppure i Ds che sostituirono, a metà dell'opera, Berlinguer con De Mauro. La Moratti invece, fin dal suo insediamento a Trastevere, ha dichiarato di non avere una sua idea di scuola, ma ha avviato la raccolta dei bisogni degli studenti e delle loro famiglie, per impostare dal basso, col supporto degli esperti di tutte le aree culturali lo schema della riforma.
Un terzo carattere che diversifica l'ispirazione riformatrice riguarda il ruolo che deve giocare lo Stato nell'istruzione ed educazione dei giovani. La Moratti auspica una scuola libera, aperta ed integrata che si ispira al pluralismo e all'intera tradizione liberale che si rifà a Rosmini, Einaudi, Salvemini e Sturzo. Del prete siciliano la Moratti ha ricordato questa affermazione: «Ogni scuola deve poter dare i suoi diplomi non in nome della Repubblica, ma in nome della propria autorità». C'è davvero un abisso dalle concezioni di Berlinguer che predicava l'autonomia delle scuole ed ogni anno inviava loro 700 atti normativi frutto di una concezione centralistica e burocratica, tipica dello statalismo comunista ancorché... ripudiato.

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Lo stesso identico articolo (!) è anche sul Resto del Carlino, a dimostrazione, se ve ne fosse bisogno, che è qualche cosa di più di una semplice butade di un articolista sprovveduto...
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Ed ecco un articolo sulla "Città" quotidiano di Salerno e provincia. Che conferma una azione generale di attacco e che è nella sostanza falso e stravolgente. Ma non ha importanza, il problema è rassicurare l'opinione pubblica... Un appunto sulle commissioni d'esame: è vero che nella finanziaria viene stabilito che le commissioni negli istitui paritari è fatta fifty-fifty, ma prima com'era? L'articolista si dimentica di dire che prima era completamente esterna, per le scuole private... E poi se tutti gli insegnanti sono interni, chi andrà a fare l'esterno nella fifty-fifty?

l'intervento
Troppe confusioni sulla riforma Moratti

Aurelio Di Matteo, preside Da Vinci

Il giorno 27 u.s. è apparso su La Città un articolo dal titolo ''Tutti contro la Moratti, lettera di protesta dal Liceo Da Vinci''. (...) Senza apparire polemico ma solo per rispetto a chi il documento non ha firmato e che pur appartiene al Liceo Da Vinci mi corre l'obbligo di sottolineare che se un gruppo di docenti, non so quanto consistente, firmi un documento nel quale si attribuiscono al Ministro Moratti molte intenzioni e proposte false ed inesistenti, nel quale si fa confusione tra statale, pubblico e privato, non significa che siano contro la Moratti. Nello stesso Liceo Da Vinci un altro gruppo di docenti, non so quanto consistente, la pensa diversamente. Anche perché il numero di docenti che hanno aderito allo sciopero contro la Riforma si è attestato, complessivamente, intorno al 12% circa! Tralasciamo, però, questa piccola nota di polemico chiarimento verso i firmatari del documento ed affrontiamo alcuni temi concreti e circoscritti, premettendo che una Riforma non andrebbe discussa negli aspetti particolari, ma in una visione sistemica in quanto processo strutturale che interagisce con la rete di sistemi nei quali si articola la società. Cominciamo da alcuni temi presenti nel documento, lasciando ad altro momento quelli fondamentali su scuola statale, pubblica e privata e sulla Secondaria. Non mi sembra che la scelta del percorso formativo secondario, proposta al 14º anno, avvenga precocemente, soprattutto se confrontata con la previsione della Riforma Berlinguer che la poneva al 13º anno, con la possibilità dei passaggi tra istruzione e formazione e tra gli otto tipi di Liceo attraverso veri e propri Larsa territoriali che concretizzano le fumose e vaghe passerelle con quanto avviene nel resto dell'Europa, con il processo di identificazione psicologica che viene a definirsi proprio intorno al 14º anno di età. E non risponde al vero che la proposta Moratti voglia abolire il tempo pieno nella scuola di base, anzi essa va esattamente nel senso opposto. Basta, infatti, tener conto che nei cinque anni della scuola primaria le ore aumenteranno di 873 unità, passando dalle attuali 4.752 alle future 5.625, che vanno a sommarsi alle ulteriori 1.500 ore di attività educative di mensa e di post-mensa. Si prefigura in tal modo una struttura oraria nella quale tutte le scuole primarie, se lo vorranno, potranno diventare a tempo pieno! E altrettanto non vera appare l'accusa che la Moratti voglia favorire le scuole paritarie con la diversa composizione delle Commissioni per gli Esami di Stato, che non appartiene alla Riforma ma è stata prevista nella Legge Finanziaria. L' art. 22 della Finanziaria contraddice esplicitamente quest'accusa, prevedendo, infatti, una diversa composizione a secondo che si tratti di un Istituto statale o di un Istituto paritario (privato).
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Un piccolo controaltare sul Messaggero on line, una lettera di studenti che hanno speso il loro tempo e le loro vacanze...
LETTERE & E-MAIL

La protesta degli studenti
contro il ministro Moratti
Noi studenti in autogestione del liceo classico linguistico Buratti abbiamo deciso l’immediata cessazione di questa forma di protesta nei confronti della proposta di riforma scolastica avanzata dal ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti. I motivi di tale decisione sono da imputare agli atteggiamenti tenuti dalla presidenza che non ha voluto ascoltare le nostre istanze, che non ha accettato le nostre idee che pacificamente abbiamo manifestato, e ad un corpo docente che ha negato la collaborazione promessa (facendo eccezione per un’insegnante che qui ringraziamo pubblicamente).
Molti diranno che ormai l’autogestione è diventata una moda, un espediente per anticipare le vacanze natalizie, forse per qualcuno lo è stato ma la maggior parte di noi è fermamente convinta di ciò che ha fatto e sta facendo con immutato impegno, entusiasmo e sacrificio nonostante gli ostacoli posti da una presidenza cieca, aggrappata al perbenismo e alle apparenze. Siamo stati considerati assenti non solo, a ragione, dalle lezioni, ma addirittura dalla scuola nonostante la concessione di due locali, interni all’edificio.
Siamo stati stipati nell’aula magna (con capienza massima di 180 persone poiché a rischio di crollo) e nella palestra, in barba ad ogni norma di sicurezza visto che eravamo circa 450 persone.
Forse abbiamo peccato di ingenuità: avremmo dovuto far protocollare ogni richiesta, considerando che ogni nostra parte è stata male interpretata, facendo apparire ogni divieto e negazione come qualcosa di concordato fra noi e la preside.
Ci è sembrato giusto rendere note le nostre idee, ma probabilmente la libertà di esprimerle non è abbastanza tutelata.
Forse la prof.ssa Ubertini ha avuto ragione, forse ha fatto bene ad impedirci in ogni modo di protestare contro la riforma Bertagna, forse è giusto arrendersi di fronte alle decisioni altrui e tacere anche se non si considerano valide. Non importa se moltissimi insegnanti perderanno il posto di lavoro, se l’identità della scuola pubblica verrà stravolta da una riforma che consente al privato di speculare sulla formazione degli studenti, che permette a chiunque con qualunque titolo di inserirsi nella scuola e dirigerla o di inventarsi il "mestiere" di insegnante?

Lettera firmata
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Ed ecco un articolo dalla Nazione.it, in cui l'assessore parla delel cose "veramente" importanti ai poveri studenti...
Nell'incontro fra l'assessore Nurra e gli studenti
si è parlato anche di riforma e disoccupazione

PORTOFERRAIO — L'incontro tra l'assessore alla pubblica istruzione Nurra ed i rappresentanti degli studenti del Liceo è servito per approfondire tutte le problematiche legate al mondo della scuola.
«Si è parlato — dice Nurra — anche di precarietà delle strutture, pendolarismo degli insegnanti, abbandono scolastico, disoccupazione, difficoltà nell'inserimento universitario. C' stato poi un nuovo scambio di opinioni con gli studenti sulla riforma Moratti e sullo stato delle strutture delle scuole superiori locali. L'accento è stato posto sui problemi strutturali del liceo «Foresi» e sull' impossibilità di avere aule confortevoli e spaziose per rendere più proficua la permanenza a scuola di studenti e insegnanti, senza inopportuni sovraffolamenti. Fra le altre esigenze, adeguarsi alle innovazioni tecnologiche o, semplicemente, disporre di una palestra degna di questo nome».

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E di nuovo sul Resto del Carlino si riprende la solfa degli "stalinisti". Sono articoli non diretti verso gli studenti che rimarrebbero interdetti se li si chiamasse stalinisti. Inoltre qual è il senso dell'articolo? Perbacco stanno occupando il suolo pubblico e non pagano nemmeno le bollette luce acqua! Ma come! Non hanno ancora capito che siamo in democrazia e che le cose devono andare avanti nelle istituzioni con le votazioni (certo, a maggioranza precostituita, e gli altri zitti...).
Chi occupa le scuole almeno paghi luce e acqua

Perchè le autorità non stroncano l'occupazione di alcune scuole? Con il nostro tollerante paternalismo, alleviamo i no-global presuntuosi e prepotenti e i violenti di domani. Certo, non sono armati, non hanno il passamontagna, ma dimostrano la stessa mentalità giacobino-stalinista dei loro padri e nonni sessantottini.
L'occupazione è di per sè una violenza e lo è anche se leggera; anche se, per assurdo, fosse sostenuta dal cento per cento degli studenti. La scuola non è degli studenti, ma del Paese, di cui fanno parte anche gli studenti. I cattolici non gradivano molto la riforma Berlinguer, ma non hanno occupato le scuole. Se la riforma Moratti non piace, ci sono le sedi istituzionali per contrastarla e, se non ci si riesce, bisogna rassegnarsi alle regole del gioco democratico.
Ma forse alcuni degli occupanti sono ignoranti e non sanno che l'Italia è un Paese democratico e uno Stato di diritto. Loro si credono «bravi» (manzoniani) perchè occupano anche nelle feste: non sanno che una cattiva azione è ancora più grave se compiuta nelle solennità. Se sono così attenti alla spesa pubblica, comincino con il pagare la luce e l'acqua che consumano.
Concludo sperando che i più intelligenti e i più gelosi della loro libertà si avvedano presto di essere ispirati da chi ha interessi politici (per esempio i Cobas e l'assessore provinciale diessino Massimo Pironi, solidale con gli occupanti di beni non loro e non suoi).
Prof. Luciano Canini
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